LA VITA IN GRAZIA DI DIO
La vita di grazia è la vita di Dio nell’uomo. La vita soprannaturale, la vita divina, è sì un’altra vita ma non è aliena e sconosciuta a noi uomini: non è una dimensione cui non possiamo accedere
di Francesco Lamendola
Sono stato crocifisso con Cristo e non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me. Questa vita nella carne, io la vivo con la fede nel Figlio di Dio, che mi ha amato e ha dato se stesso per me: con queste stupende parole san Paolo, nella Lettera ai Galati (2, 20) ci fa capire che cosa avviene allorché l’anima, purificata dal peccato, fiduciosa e abbandonata interamente in Dio, attraverso l’amore di Gesù Cristo e illuminata dallo Spirito Santo, rinasce a nuova vita, la vita divina, pur continuando a dimorare nel corpo.
Immersi come siamo nella dimensione naturale, tendiamo a dimenticarci che la natura non è tutto, e che il nostro corpo di carne non è tutto; tendiamo a scordarci che esiste una vita soprannaturale, dalla quale discendono nell’anima la salute, la forza, la bellezza, la trasparenza, la gioia. Oppure, se ci pensiamo, siamo indotti a immaginare che questa vita soprannaturale e invisibile si annidi chissà dove, si sottragga alla vista in chissà quali altezze, e, insomma, che non giungeremo mai a farci alcuna idea esatta di quel che essa sia, perché i nostri sensi e la nostra ragione sono troppo limitati per poterlo fare. Tuttavia si tratta di un errore evidente: la vita soprannaturale, la vita divina, è, sì, un’altra vita, ma essa non è aliena e sconosciuta a noi uomini, astratta, irraggiungibile; non è una dimensione cui non possiamo accedere, o lo possiamo solamente per pochi, fortunati istanti di intensa preghiera e contemplazione. Al contrario, la vita divina irrompe in noi, nella nostra anima, già qui, adesso, nella dimensione terrena, ogni qualvolta noi ci poniamo in stato di grazia, cioè ogni qualvolta, purificati dal peccato, sgombri dalla concupiscenza e aperti all’azione dei Sacramenti, che sono come altrettante porte e finestre dalle quali entrano l’aria, la luce e il calore celesti, la presenza di Dio abita in noi, dimora in noi; e noi non viviamo più la vita di prima, la nostra vita, una vita carnale, ma viviamo un’altra vita, la sua vita, la vita del Signore che è entrato in noi e ha trovato in noi un tempio atto a riceverlo.
Scriveva Jacques Leclerc (Bruxelles, 1891-Beaufrays, Lovanio, 1971), sacerdote, noto professore all’Università Saint Louis della capitale belga e, in seguito, all’Università cattolica di Lovanio, studioso di teologia morale e di metafisica, nonché animatore di un movimento cattolico della Vallonia, nel suo libro Meditazioni di vita cristiana (titolo originale: Trente meditations sur la vie chretienne, Tournai-Paris, Casterman, 1947; traduzione dal francese, Milano, Edizioni Paoline, 1956, pp. 78-85):
È dunque vero, o Signore, che tutta la mia vita è diventata tua; che ciò che si chiama vita soprannaturale forma ormai tutta la mia vita e quindi non c’è più nulla in me, eccettuato il peccato che non sia tuo quanto mio, che, se sono virtuosi, i miei atti sono tuoi, sono di te, atti di Cristo, atti di Dio, e che c’è in essi qualcosa di divino (qualcosa: non so con esattezza cosa) che, quantunque siano atti dell’uomo, sono nello stesso tempo atti di Dio risultando ognuno di essi non la sovrapposizione di un atto di Dio ad un atto dell’uomo (come avveniva per le divinità d’Omero che si combattevano nel cielo al di sopra dei Greci e dei Troiani che si davano battaglia in terra), ma un unico atto, una sola volontà che nello stesso tempo è di Dio e nostra, che è di Dio essendo nostra?...
Nessuno mai è giunto ad esprimere queste cose che con la loro profondità, per poco che ci si pensi, ci lasciano sbalorditi. È vero che tutta la mia vita che in questo momento è divenuta la tua vita , che la tua grazia scende fino alle radici del mio essere, mi trasforma nel più intimo di me, in modo che tutto ciò che procede da me procede nello stesso tempo da te e che il mistero della tua Incarnazione, proprio la tua, di Cristo, si rinnova in me (beninteso, secondo una filiazione adottiva, poiché Tu solo sei Figlio nella pienezza della filiazione, quantunque si tratti di una filiazione adottiva del tutto diversa da quanto chiamiamo adozione noi uomini, perché la nostra adozione non è, in fondo, che un atto giuridico, mentre la tua adozione, a te propria, è trasformante) e che è nel mio essere che avviene una mutazione quando la tua vita mi invade?
In questo modo dunque tutta la mia vita umana diventa divina; proprio la mia vita umana, quindi non devo cercare il divino al di fuori dell’umano. Non è che sia umano, ma si manifesta nell’umano, come ad es. in te, nella tua persona divina di Uomo-Dio che nello stesso tempo trovo tanto umana e tutta divina. Ed anche su di un piano più modesto, su quello cioè in cui la vita divina si realizza in me, tutto è divino in me. Il tuo tocco fa sgorgare in me, come hai detto tu stesso, una fonte d’eternità, ed ormai come lo dice anche il tuo Apostolo, “sia che mangi o che beva” anche negli atti più semplici, tutto è divino in me. […]
E questa azione divina si manifesta anche al di fuori. Coloro che avvicinano il cristiano notano in lui un qualche cosa di indefinibile, una specie di luce e di pace e nello stesso tempo di delicatezza, di carità, di una prerogativa che non si trova affatto altrove. La vita musulmana, l’antica cultura greca, lo spirito di un libero pensatore che sia onesto, ogni genere di vita ha una sua propria intensità: quella della vita cristiana rappresenta il mistero in cui il divino e l’umano si ritrovano. “Vedete come si amano”, dicevano i pagani indicando i primi cristiani, ed anche oggi al passaggio di un buon cristiano, il profumo del divino si spande sotto i suoi passi e fa aleggiare la nostalgia di una purezza che non è di questo mondo. Si legge nel libro dell’Esodo che quando Mosè, chiamato dal Signore sul Sinai per ricevere le tavole della legge, salì sulla montagna, “la gloria del Signore si posò sul Sinai, avvolgendolo come una nube quasi di fuoco ardente”. Anche sul cristiano dimora questa “gloria del Signore”, riflesso di quanto i discepoli vedevano in Gesù; la si nota nella vita del cristiano, perché traspare dalla sua anima nelle sue azioni, nelle sue parole e persino nell’espressione del volto. È essa che attira, che converte, che anima tutto il corpo della Santa Chiesa perché essa è la vita divina in mezzo agli uomini.[…]
Sì, Signore; dammi la grazia di percepire questi valori che non possono essere afferrati dai carnali, questi divini ed autentici valori che si sviluppano in noi senza bisogno di scartare la natura perché puramente spirituali e trascendenti ogni creato, perché il divino ha la prerogativa di essere talmente incomparabile che il naturale non lo intralcia, né lo nasconde, ma si fa strada in qualunque cosa e ovunque. Dio per parlare a Balaam si è servito della di lui asina; ai magi ha parlato per mezzo della stella, ai pastori per mezzo degli angeli; egli solo è il padrone del proprio linguaggio e si serve degli strumenti che egli stesso sceglie. In noi, attraverso la vita soprannaturale frutto della redenzione, egli fa di più ancora che parlare: ci prende interamente e riconferma su di noi l’abbraccio della sua divinità. Tutta la nostra natura umana, in parole più vere, tutta la nostra vita di uomini, è inondata della sua luce; non devo cambiare nulla della mia vita umana all’infuori del peccato, perché Dio vi traspaia ed il mio essere nuoti nella sua gioia.
La vita di grazia è la vita di Dio nell’uomo
di Francesco Lamendola
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