ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

mercoledì 13 settembre 2017

Cuor di leoni e di pecora


Denuncia contro i vescovi belgi     
           

(di Christophe Buffin de Chosal) Un gruppo di cattolici belgi aveva inviato una denuncia al cardinale Gerhard Müller, prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, che è stata poi reindirizzata al cardinale Ouellet, Prefetto della Congregazione per i Vescovi, a causa dell’improvviso dimissionamento dello stesso cardinale Müller.
La denuncia riguarda il cardinale Josef De Kesel, arcivescovo di Malines-Bruxelles, e i vescovi francofoni del Belgio per aver, collettivamente, preso le distanze dal professor Stéphane Mercier, licenziato dall’Università Cattolica di Lovanio per aver definito l’aborto un omicidio. Invece di sostenere il coraggioso docente che ha solo ricordato la morale della Chiesa all’interno di un’istituzione cattolica, i vescovi belgi lo hanno abbandonato al linciaggio mediatico, affermando che la sua posizione era “grottesca”.
Ad una domanda circa il licenziamento, la portavoce dell’Università Cattolica di Lovanio, Tania Van Hemelryck, ha pubblicamente sconfessato il professor Mercier, spiegando che «sono degli argomenti assolutamente inaccettabili visto che UCL difende il diritto fondamentale all’aborto» che è uno dei suoi «valori» (RTL e RTBF, 21 marzo 2017).
Il cardinale Jozef De Kesel e i vescovi belgi francofoni non hanno reagito a questa presa di posizione, ancora più scandalosa per il fatto che emana da un’università cattolica, e hanno ignorato tutte le richieste pervenute dagli ambienti cattolici di cogliere l’occasione per ribadire la loro adesione all’insegnamento morale della Chiesa sull’aborto.
Gli autori della denuncia accusano quindi il cardinale Josef De Kesel e i vescovi francofoni del Belgio: 1) di non aderire alla morale cattolica poiché si rifiutano di qualificare l’aborto come un crimine, 2) di aver commesso una grave ingiustizia lasciando che fosse sanzionato un professore fedele all’insegnamento della Chiesa, e 3) di aver recato scandalo per non aver ammonito l’Università Cattolica di Lovanio sulla questione dell’aborto.
Vista la mancata risposta dei vescovi, i firmatari della denuncia chiedono di avviare un’indagine per verificare le accuse e procedere con le adeguate sanzioni, vale a dire una pubblica ritrattazione da parte del cardinale Josef De Kesel e dei vescovi francofoni e le loro dimissioni collettive.
Gli autori della denuncia giustamente sottolineano che «il Belgio è all’avanguardia nella legislazione permissiva sulla morale della famiglia e sul rispetto della vita. Il divorzio colpisce una famiglia su tre e, a Bruxelles, una famiglia su due.
Il concubinato e l’adulterio sono situazioni ormai banali. La pratica religiosa è notevolmente diminuita e l’età media dei pochi parrocchiani è di circa 65 anni. I vescovi si sono concentrati su un progetto di desacralizzazione e di vendite di chiese – spesso contro la volontà dei loro parrocchiani. I seminari si svuotano. I conventi vengono venduti. Non si può che constatare che questa situazione, già tragica sotto il cardinale Danneels, è diventata disperata dopo l’avvento del cardinale De Kesel». «I nostri vescovi – continuano gli autori – sembrano oggi più interessati a gestire la bancarotta e la liquidazione della Chiesa del Belgio che a lavorare per una nuova evangelizzazione.
Infangati dagli scandali di pedofilia, cercano soprattutto di essere ben visti adottando posizioni progressiste in chiara rottura con la dottrina della Chiesa. La loro fede e la loro morale sono più che dubbiose. D’altra parte invece, la loro sottomissione al potere politico, al “dogma” del “politicamente corretto”, ai “valori umanistici” e, infine, la loro collaborazione attiva ad un’apostasia generale, sono così evidenti che Roma potrà presto deplorare la scomparsa del cattolicesimo in Belgio e la persecuzione degli ultimi fedeli». Più che una denuncia, è una richiesta di aiuto. Sarà ascoltata? (Christophe Buffin de Chosal)
Austria: condanna di 4 mesi per aver affermato la dottrina cattolica sull’omosessualità
Il 5 settembre 2017  Günther Schneeweiß-Arnoldstein, direttore del blog cattolico kreuz-net.at è stato condannato dalla Corte penale regionale di Vienna a 4 mesi di prigione con la condizionale, per presunto “incitamento contro gli omosessuali“. La sentenza non è definitiva ma è emblematica di quello è l’odierno clima culturale austriaco e costringe ora l’accusato a ricorrere in appello.
Il “crimine d’odio” del quale è si è reso colpevole Schneeweiß-Arnoldstein è stato quello di avere scritto, in un articolo pubblicato nel dicembre 2015, che l’omosessualità attiva è un comportamento “deviante” che rientra nel peccato di “fornicazione” e che la sifilide è una “punizione divina“.
A nulla sono valse la dichiarazioni di difesa del suo avvocato Kurt Kadavy, che ha cercato di spiegare alla Corte come tali affermazioni siano parte della dottrina morale cattolica di sempre in tema di omosessualità e che il termine “fornicazione” sia un vocabolo tecnico e teologico presente nella Sacre Scritture ad indicare il rapporto sessuale al di fuori del matrimonio.
Il giudice Gerald Wagner non ha sentito ragioni, e seppur non mettendo in discussione che tali espressioni fossero nell’ambito degli insegnamenti cattolici, ha giudicato le dichiarazioni “una degradante umiliazione” per gli omosessuali e per questo meritevoli di condanna.
La condanna del blogger austriaco Günther Schneeweiß-Arnoldstein alla pena detentiva di 4 mesi per istigazione all’odio nei confronti degli omosessuali, per aver osato affermare l’insegnamento perenne del magistero cattolico in tema di omosessualità, rappresenta un emblematico quanto allarmante preavviso di quelli che sono gli obiettivi dei paladini del web “politicamente corretto”: silenziare e punire esemplarmente tutte le voci fuori dal coro ideologico.

Rodolfo de Mattei


Nessun commento:

Posta un commento

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.