Anche la "correctio"
genera "dubia". Il commento di un filosofo del diritto
Ricevo e pubblico. L'autore è magistrato amministrativo a Roma e studioso di filosofia e di diritto. Questo suo commento alla "correctio" rivolta a papa Francesco per le eresie di cui si sarebbe fatto propagatore suona come voce costruttiva di quel "dialogo" sull'interpretazione di "Amoris laetitia" che il segretario di Stato cardinale Pietro Parolin ha ieri definito "importante anche all'interno della Chiesa", che il cardinale Gerhard Müller ha auspicato venga intrapreso tra un gruppo di cardinali nominati dal papa e i critici e i dubbiosi, e in cui lo stesso Francesco è intervenuto il 10 settembre – quando la "correctio" gli era già stata recapitata –, dicendo testualmente ai gesuiti della Colombia in un incontro a porte chiuse, stando a quanto poi riferito da "La Civiltà Cattolica":
"[Voglio] dire una cosa che credo vada detta per giustizia, e anche per carità. Infatti, sento molti commenti – rispettabili, perché detti da figli di Dio, ma sbagliati – sull’esortazione apostolica post-sinodale. Per capire 'Amoris laetitia' bisogna leggerla da cima a fondo. A cominciare dal primo capitolo, per continuare col secondo e così via… e riflettere. E leggere che cosa si è detto nel Sinodo.
"Una seconda cosa: alcuni sostengono che sotto 'Amoris laetitia' non c’è una morale cattolica o, quantomeno, non è una morale sicura. Su questo voglio ribadire con chiarezza che la morale di 'Amoris laetitia' è tomista, quella del grande Tommaso. Potete parlarne con un grande teologo, tra i migliori di oggi e tra i più maturi, il cardinale Schönborn. Questo voglio dirlo perché aiutiate le persone che credono che la morale sia pura casistica. Aiutatele a rendersi conto che il grande Tommaso possiede una grandissima ricchezza, capace ancora oggi di ispirarci. Ma in ginocchio, sempre in ginocchio…".
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QUALCHE DOMANDA, PRIMA DI PARLARE DI ERESIA
di Francesco Arzillo
1. La pubblicazione di una formale “correctio” indirizzata addirittura al papa suscita parecchi interrogativi.
È possibile correggere i correttori? La tradizione speculativa medievale ci dice di sì: basti pensare al famoso “Correctorium fratris Thomae” di William de la Mare, a sua volta contraddetto dai vari “Correctoria corruptorii” ad opera di vari autori.
A fronte di un atto così grave e singolare, che supera con audacia il fossato che separa il “dubium” dal giudizio in una materia così delicata, è possibile limitarsi per ora ad alcune domande, in relazione alle sette proposizioni additate come "false ed eretiche" e ai relativi presupposti che emergono dalla lettura dell’intero testo.
2. Cominciamo con due questioni di metodo.
2.1. In primo luogo, le proposizioni individuate come eretiche sembrano costituire già il frutto di un’ermeneutica delle dichiarazioni e dei documenti papali, oltre che – cumulativamente – delle azioni ed omissioni attribuite al medesimo. Si tratta di proposizioni “di secondo grado”, per così dire.
La prima domanda è quindi duplice:
– perché non sono state riprodotte, nella parte centrale del testo formulata in latino, direttamente ed esclusivamente le proposizioni originali dei testi papali?
– nel caso che le proposizioni si intendano come riferite anche a comportamenti attivi e omissivi del papa, è stata fornita una dimostrazione sufficiente circa la congruenza delle stesse con tali comportamenti?
2.2. La seconda domanda è:
– la qualificazione di eresia viene qui considerata nel suo senso proprio, il quale attiene alle dottrine che richiedono l’assenso di fede teologale (dottrine “de fide credenda”) ai sensi del can. 750 § 1 del Codice di diritto canonico?
Oppure gli estensori intendono attribuire la qualifica di “eresia” anche alle affermazioni che contrastino solamente con le dottrine “de fide tenenda” di cui al can. 750 § 2 del Codice, tra le quali, secondo la nota dottrinale illustrativa della congregazione per la dottrina della fede allegata al Motu Proprio del 1998 “Ad tuendam fidem”, rientrano anche non poche verità di ordine morale? E in caso positivo, come si giustificherebbe questa qualificazione, che non sembrerebbe conforme alle indicazioni della medesima nota?
3. Procediamo ora con le successive domande in calce alle sette proposizioni definite "false ed eretiche":
1) “Una persona giustificata non ha la forza con la grazia di Dio di adempiere i comandamenti oggettivi della legge divina, come se alcuni dei comandamenti fossero impossibili da osservare per colui che è giustificato; o come se la grazia di Dio, producendo la giustificazione in un individuo, non producesse invariabilmente e di sua natura la conversione da ogni peccato grave, o che non fosse sufficiente alla conversione da ogni peccato grave”.
In quale punto del suo insegnamento il papa parla di impossibilità di osservare i comandamenti da parte di chi è giustificato?
Ci si riferisce qui a un’impossibilità assoluta o a una più o meno grave difficoltà concreta, anche temporanea?
Le due ipotesi sono equiparabili in relazione alla dottrina esposta nel capitolo 11 del decreto sulla giustificazione del Concilio di Trento?
2) “I cristiani che hanno ottenuto il divorzio civile dal coniuge con il quale erano validamente sposati e hanno contratto un matrimonio civile con un’altra persona (mentre il coniuge era in vita); i quali vivono 'more uxorio' con il loro partner civile e hanno scelto di rimanere in questo stato con piena consapevolezza della natura della loro azione e con il pieno consenso della volontà di rimanere in questo stato, non sono necessariamente nello stato di peccato mortale, possono ricevere la grazia santificante e crescere nella carità”.
3) “Un cristiano può avere la piena conoscenza di una legge divina e volontariamente può scegliere di violarla in una materia grave, ma non essere in stato di peccato mortale come risultato di quell’azione”.
Premesso che al n. 305 di "Amoris laetitia" si dice che “a causa dei condizionamenti o dei fattori attenuanti, è possibile che, entro una situazione oggettiva di peccato – che non sia soggettivamente colpevole o che non lo sia in modo pieno – si possa vivere in grazia di Dio, si possa amare, e si possa anche crescere nella vita di grazia e di carità, ricevendo a tale scopo l’aiuto della Chiesa”, in che senso questo passo rispecchierebbe le affermazioni di cui alle proposizioni "eretiche" 2 e 3, mentre sembra invece contraddirle puntualmente, con riferimento al requisito della colpevolezza soggettiva?
Inoltre, in quale altro passo dei suoi documenti o discorsi il papa ha affermato che tali cristiani, in presenza di una piena consapevolezza della natura della loro azione e con il pieno consenso della volontà, non sarebbero in peccato mortale?
4) “Una persona, mentre obbedisce alla legge divina, può peccare contro Dio in virtù di quella stessa obbedienza”.
Da dove è tratta questa proposizione, formulata in questi termini?
5) “La coscienza può giudicare veramente e correttamente che talvolta gli atti sessuali tra persone che hanno contratto tra loro matrimonio civile, quantunque uno dei due o entrambi siano sacramentalmente sposati con un’altra persona, sono moralmente buoni, richiesti o comandati da Dio”.
In quale rapporto si colloca questa proposizione con quella di "Amoris laetitia" 303? Dove si legge: "Ma questa coscienza può riconoscere non solo che una situazione non risponde obiettivamente alla proposta generale del Vangelo; può anche riconoscere con sincerità e onestà ciò che per il momento è la risposta generosa che si può offrire a Dio, e scoprire con una certa sicurezza morale che quella è la donazione che Dio stesso sta richiedendo in mezzo alla complessità concreta dei limiti, benché non sia ancora pienamente l’ideale oggettivo".
Si tratta di una diversità solo linguistica e di genere espressivo, o anche di una diversità di contenuto?
6) “I principi morali e le verità morali contenute nella Divina Rivelazione e nella legge naturale non includono proibizioni negative che vietano assolutamente particolari generi di azioni che per il loro oggetto sono sempre gravemente illecite”.
L’affermazione di "Amoris laetitia" 304 secondo cui “è vero che le norme generali presentano un bene che non si deve mai disattendere né trascurare, ma nella loro formulazione non possono abbracciare assolutamente tutte le situazioni particolari” davvero contraddice sotto ogni aspetto la dottrina dell’"intrinsece malum"?
Ciò accade anche ove si tenga conto, nel valutare le situazioni particolari, dei profili attinenti alla colpevolezza soggettiva, che in quanto tali non attengono all’oggetto delle azioni?
7) “Nostro Signore Gesù Cristo vuole che la Chiesa abbandoni la sua perenne disciplina di rifiutare l’Eucaristia ai divorziati risposati e di rifiutare l’assoluzione ai divorziati risposati che non manifestano la contrizione per il loro stato di vita e un fermo proposito di emendarsi”.
Si vuole qui dire che l’abbandono della disciplina (da intendersi come disciplina canonica) sussiste anche ove si ricorra alla classica “probata praxis in foro interno”, rivista alla luce delle indicazioni di "Amoris laetitia", per quanto attiene all’assoluzione in confessione?
Per quanto concerne l’Eucarestia, qual è il rapporto, secondo la "mens" degli estensori della "correctio", ai fini che qui interessano, tra la nozione di “peccato mortale” e la nozione di “peccato grave manifesto” dell’art. 915 del Codice di diritto canonico come interpretata dalla “Dichiarazione circa l’ammissibilità alla santa Comunione dei divorziati risposati” del pontificio consiglio per i testi legislativi, emanata nell’anno 2000?
4. Le domande qui suggerite non esauriscono il tema. Si spera però che possano indurre qualche ulteriore riflessione negli autori della “correctio” e in coloro che dovessero condividerne la proposta senza neppure immaginare l’enorme complessità delle questioni in gioco quando si adopera la parola “eresia”, in particolare se applicata a testi magisteriali.
In ogni caso, il fedele cattolico che presta il doveroso “religioso ossequio dell’intelletto e della volontà” (can. 752) al magistero ordinario papale, nel cui ambito rientra anche “Amoris laetitia”, va incoraggiato a mantenersi in tale positiva disposizione di spirito.
Per il resto, la vicenda dell’interpretazione e dell’applicazione di questo testo vedrà probabilmente ulteriori sviluppi e contributi da parte dei pastori, dei teologi, dei fedeli.
Né va esclusa la possibilità di ulteriori – forse auspicabili – interventi della sede petrina, in un futuro più o meno prossimo.
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