I fedeli in rivolta stoppano l'omoeretico Martin
Negli Stati Uniti i cattolici qualsiasi, i cattolici della strada, si sono fatti sentire e hanno impedito con le loro proteste che istituzioni di rilievo del mondo cattolico dessero spazio al gesuita James Martin, autore di un libro (Building a bridge) che viene visto dai suoi critici come una forma di appoggio al modo di vita LGBT. James Martin è stato nominato da mons. Dario Viganò, per ragioni che non ci è dato di conoscere, come consultore dell’istituzione che gestisce l’informazione della Santa Sede. James Martin è noto per le sue esternazioni filo LGBT.
Il Theological College, il seminario all’Università
Cattolica di America, situato a Washington, ha cancellato una conferenza che
James Martin sj avrebbe dovuto tenere il 4 ottobre prossimo durante l’ex-alumni
day, il giorno in cui si celebravano i 100 anni di attività dell’istituto. Il
gesuita stesso incolpa una campagna condotta da Church Militant, LifeSiteNews e
un sacerdote molto presente sul web, chiamato “Father Z”.
La notizia, che riprendiamo dal sito “Vox Cantoris”, viene
commentata così: “Per quello che riguarda questo prete nell’errore, ha bisogno
di ritirarsi in un monastero per una vita di pentimento e riparazione per le
anime che ha aiutato nella loro discesa all’Inferno, e per la salvare la
propria”.
Quando si è avuto notizia della conferenza che padre James
Martn avrebbe dovuto tenere c’è stata una tempesta di telefonate e e-mail di
protesta; e l’università ha dovuto tenere conto delle proteste, e ha preferito,
per evitare che la giornata si focalizzasse su quell’evento, cancellare la
conferenza. Lo stesso James Martin sj ricorda che c’è stata un’altra
cancellazione di conferenza. Questa volta era prevista per il 21 ottobre, a New
York, e il padrone di casa era l’Ordine del Santo Sepolcro. “Gli organizzator
mi hanno detto che hanno ricevuto e-mail irate e chiamate telefoniche da parte
di parecchi membri dell’Ordine”. Anche qui padre James Martin ne dà la colpa
Church Militant. E, infine, una terza cancellazione che riguarda, questa volta
Londra, ed era ospitata dal Cafod (Catholic International Development Charity
in England).
Il libro di James Martin, sj, anche se elogiato da alcuni
cardinali progressisti come Joseph Tobin e Kevin Farrell, e criticato da
cardinali come Robert Sarah, e forse ancora di più la sua attività sul web di
simpatizzante del mondo LGBT stanno certamente creando reazioni negative.
È probabile che molti cattolici vedano, sotto la sottile
vernice dell’accoglienza e della non-discriminazione verso gli omosessuali
(anche se parlare di questo problema nel mondo clericale, per chi lo conosce,
non sembra realistico) il primo passo di un tentativo di rendere accettabili
pratiche e comportamenti che da sempre la Chiesa rigetta. E, in ultima analisi,
di costruire una specie di cavallo di troia attraverso cui può passare anche la
teoria gender, verbalmente condannata dal Pontefice, con tutti i suoi
corollari: adozione per le coppie omosessuali, benedizione di “tutte le
famiglie” e così via. È una vernice sottile, quella dei cosiddetti diritti; ma
anche fra i vescovi c’è chi resta abbagliato.
Come, forse, Vincent Long, ofm, vescovo di Parramatta, in
Australia. Ha scritto una lettera pastorale relativa al sondaggio postale che
si sta preparando nel Paese in tema di matrimonio fra persone dello stesso
sesso. “Bisogna ricordare che il sondaggio è su questo: gli australiani
vogliono o no cambiare la definizione legale di matrimonio civile, includendo
coppie dello stesso sesso. Non è un
referendum sul matrimonio sacramentale della Chiesa”. Che continuerà a
considerarlo un istituto naturale stabilito da Dio per “l’unione permanente fra
un uomo e una donna”. Il vescovo afferma che per molti cattolici il tema non è
solo teoretico, ma profondamente personale: “possono essere persone attratte
dallo stesso sesso essi stessi”, o avere parenti e amici. Il vescovo invita
tutti i cattolici a esercitare la loro responsabilità “in questo discernimento
comune. Non dovrebbe essere solo una risposta sì o no; dovrebbe essere un’opportunità
di testimoniare il nostro profondo impegno all’ideale del matrimonio cristiano.
Ma dovrebbe essere un’opportunità per ascoltare quello che
lo Spirito sta dicendo attraverso i segni dei tempi. Nella storia i nostri
fratelli e sorelle gay, lesbiche (o LGBT) non sono stati trattati con rispetto,
sensibilità e compassione. Purtroppo la Chiesa non è sempre stata un posto in cui si sono sentiti benvenuti,
accettati e amati…quindi dobbiamo impegnarci nel compito di raggiungere i
nostri fratelli e sorelle LGBT, affermando la loro dignità e accompagnandoli
nel nostro viaggio comune verso la pienezza della vita e dell’amore in Dio”.
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