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domenica 17 settembre 2017

I cattolici della strada

I fedeli in rivolta stoppano l'omoeretico Martin




Negli Stati Uniti i cattolici qualsiasi, i cattolici della strada, si sono fatti sentire e hanno impedito con le loro proteste che istituzioni di rilievo del mondo cattolico dessero spazio al gesuita James Martin, autore di un libro (Building a bridge) che viene visto dai suoi critici come una forma di appoggio al modo di vita LGBT. James Martin è stato nominato da mons. Dario Viganò, per ragioni che non ci è dato di conoscere, come consultore dell’istituzione che gestisce l’informazione della Santa Sede. James Martin è noto per le sue esternazioni filo LGBT.


Il Theological College, il seminario all’Università Cattolica di America, situato a Washington, ha cancellato una conferenza che James Martin sj avrebbe dovuto tenere il 4 ottobre prossimo durante l’ex-alumni day, il giorno in cui si celebravano i 100 anni di attività dell’istituto. Il gesuita stesso incolpa una campagna condotta da Church Militant, LifeSiteNews e un sacerdote molto presente sul web, chiamato “Father Z”.
La notizia, che riprendiamo dal sito “Vox Cantoris”, viene commentata così: “Per quello che riguarda questo prete nell’errore, ha bisogno di ritirarsi in un monastero per una vita di pentimento e riparazione per le anime che ha aiutato nella loro discesa all’Inferno, e per la salvare la propria”.
Quando si è avuto notizia della conferenza che padre James Martn avrebbe dovuto tenere c’è stata una tempesta di telefonate e e-mail di protesta; e l’università ha dovuto tenere conto delle proteste, e ha preferito, per evitare che la giornata si focalizzasse su quell’evento, cancellare la conferenza. Lo stesso James Martin sj ricorda che c’è stata un’altra cancellazione di conferenza. Questa volta era prevista per il 21 ottobre, a New York, e il padrone di casa era l’Ordine del Santo Sepolcro. “Gli organizzator mi hanno detto che hanno ricevuto e-mail irate e chiamate telefoniche da parte di parecchi membri dell’Ordine”. Anche qui padre James Martin ne dà la colpa Church Militant. E, infine, una terza cancellazione che riguarda, questa volta Londra, ed era ospitata dal Cafod (Catholic International Development Charity in England).
Il libro di James Martin, sj, anche se elogiato da alcuni cardinali progressisti come Joseph Tobin e Kevin Farrell, e criticato da cardinali come Robert Sarah, e forse ancora di più la sua attività sul web di simpatizzante del mondo LGBT stanno certamente creando reazioni negative.
È probabile che molti cattolici vedano, sotto la sottile vernice dell’accoglienza e della non-discriminazione verso gli omosessuali (anche se parlare di questo problema nel mondo clericale, per chi lo conosce, non sembra realistico) il primo passo di un tentativo di rendere accettabili pratiche e comportamenti che da sempre la Chiesa rigetta. E, in ultima analisi, di costruire una specie di cavallo di troia attraverso cui può passare anche la teoria gender, verbalmente condannata dal Pontefice, con tutti i suoi corollari: adozione per le coppie omosessuali, benedizione di “tutte le famiglie” e così via. È una vernice sottile, quella dei cosiddetti diritti; ma anche fra i vescovi c’è chi resta abbagliato.
Come, forse, Vincent Long, ofm, vescovo di Parramatta, in Australia. Ha scritto una lettera pastorale relativa al sondaggio postale che si sta preparando nel Paese in tema di matrimonio fra persone dello stesso sesso. “Bisogna ricordare che il sondaggio è su questo: gli australiani vogliono o no cambiare la definizione legale di matrimonio civile, includendo coppie dello stesso sesso. Non è un  referendum sul matrimonio sacramentale della Chiesa”. Che continuerà a considerarlo un istituto naturale stabilito da Dio per “l’unione permanente fra un uomo e una donna”. Il vescovo afferma che per molti cattolici il tema non è solo teoretico, ma profondamente personale: “possono essere persone attratte dallo stesso sesso essi stessi”, o avere parenti e amici. Il vescovo invita tutti i cattolici a esercitare la loro responsabilità “in questo discernimento comune. Non dovrebbe essere solo una risposta sì o no; dovrebbe essere un’opportunità di testimoniare il nostro profondo impegno all’ideale del matrimonio cristiano.

Ma dovrebbe essere un’opportunità per ascoltare quello che lo Spirito sta dicendo attraverso i segni dei tempi. Nella storia i nostri fratelli e sorelle gay, lesbiche (o LGBT) non sono stati trattati con rispetto, sensibilità e compassione. Purtroppo la Chiesa non è sempre stata  un posto in cui si sono sentiti benvenuti, accettati e amati…quindi dobbiamo impegnarci nel compito di raggiungere i nostri fratelli e sorelle LGBT, affermando la loro dignità e accompagnandoli nel nostro viaggio comune verso la pienezza della vita e dell’amore in Dio”.


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