ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

martedì 12 settembre 2017

I semi della dissoluzione


PSICOLOGIA DELL'APOSTASIA

L’apostasia silenziosa del nostro tempo è la forma più comoda, più facile, che milioni di ex cattolici hanno scelto per fingere di essere ancora cattolici; e un clero infedele con essi. Quando il magistero infallibile: fallisce 
di Francesco Lamendola   
  

Apostasia deriva dalle due parole greche apò, lontano, e stàsis, collocarsi, situarsi, e indica il fatto di ripudiare, apertamente e formalmente, la propria religione, di solito per convertirsi ad un’altra, oppure, almeno in teoria, per rifiutare qualsiasi altra fede e la stessa credenza in Dio. Non siamo del tutto convinti che apostasia sia la parola giusta per definire quel che sta accadendo nella Chiesa cattolica ai nostri giorni: infatti, se, da un lato, vi è indubbiamente un ripudio della fede, così come essa è sempre stata tramandata e dichiarata definitiva, dall’altro tale ripudio non avviene in maniera aperta, né, tanto meno, pubblica: è, piuttosto, un ripudio silenzioso e quasi tacito. Inoltre, gli apostati della Chiesa cattolica sono, in primissimo luogo, gli esponenti della gerarchia e un gran numero di sacerdoti: i quali, più che convertirsi e aderire ad un’altra religione, o ad un altro sistema di credenze, stanno cercando trasformare dall’interno la fede cattolica, quale essi, e tutti gli altri fedeli, l’avevano ricevuta, e quale era stata tramandata per duemila anni, sostanzialmente inalterata, soprattutto nei contenuti teologici e morali. Così, sviati da questo clero infedele, milioni e milioni di cattolici si sono trovati, a un certo punto, a seguire una dottrina e una morale che non erano più cattoliche, ma praticamente senza rendersene conto; anzi, con la ferma persuasione di essere cattolici nell’unico significato possibile della parola. Che il loro fosse una cattolicesimo adulterato, stravolto, rovesciato sulle sue basi, moltissimi non lo sapevano e non lo sanno tuttora: in fondo, i cattolici seguono i loro pastori con fiducia e senza sospetto; così sono sempre stati abituati a fare: ad insegnare la vera dottrina e la giusta morale, ci pensa il clero, ed essi lo seguono.


Si è palesata, in tal modo, una forma di passività, d’inerzia, sia morale che intellettuale, che minava alle fondamenta la fede di tanti cattolici: perché una fede che non è pienamente consapevole di sé, ma si affida quasi completamente al giudizio altrui, cova i semi della propria dissoluzione. La fede non è una tecnica. L’idraulico è un tecnico: se si rompe un tubo dell’acqua, si chiama l’idraulico per ripararlo; la maggior parte delle persone si fidano di lui e aspettano lui, né osano metter mano a un lavoro del quale non si ritengono esperte. Ma per la fede non può essere la stessa cosa. È vero che i vescovi e i sacerdoti sono i pastori del gregge; ma il gregge non può essere una turba di ciechi che si lasciano guidare in qualunque direzione, magari verso il precipizio. Il cristiano è una persona desta e consapevole, svegliata da Gesù Cristo e desiderosa di uniformarsi a Lui, quale unico modello. Se i pastori, impazziti o malvagi, a un certo punto deviano dalla retta via, il cristiano autentico se ne dovrebbe accorgere: dovrebbe rendersi conto di quel che sta accadendo, e dovrebbe esigere una chiarificazione, senza la quale egli smetterà di considerare i suoi pastori come tali, e, sia pure con molta sofferenza, cercherà in se stesso, e soprattutto nell’aiuto soprannaturale del Signore, quella guida che gli è venuta a mancare, non per sua colpa, ma per colpa altrui. E questo perché la fede non è una tecnica, né è una magia, e neppure un insieme di norme e di dogmi puramente legalistici: la fede è la fede di tutti, illuminati dalla Grazia del Signore e sostenuti dall’azione dello Spirito Santo, mediante i Sacramenti. Pertanto la fede autentica non si lascia ingannare, non si lascia confondere, non si lascia traviare, perché riconosce la voce del vero pastore e riconosce i veri insegnamenti di Gesù Cristo. Se, per esempio, Gesù dice: L’uomo non separi ciò che Dio ha unito, e un certo sacerdote dichiara che il matrimonio cristiano può anche essere infranto, è evidente che il fedele consapevole sa a quale delle due voci dare ascolto, e capisce quale delle due sta mentendo, cioè si sta allontanando dal Vangelo. Poi, una volta stabilito e riconosciuto il principio della indissolubilità, si possono vedere, sempre con occhio misericordioso, i singoli casi, le specifiche situazioni: si può vedere, ad esempio, se un matrimonio era, in realtà, nullo, perché contratto in condizioni tali da non esser valido (purché questa rimanga l’eccezione e non diventi una scappatoia generalizzata per aggirare il comandamento stabilito da Dio); ma il principio rimane, e chi lo mette in dubbio non è in linea col Vangelo, non è conforme alla Parola di Gesù.
Ma cos’è che spinge una persona, un sacerdote, a divenire apostata, in questa particolare forma, subdola e mascherata, trascinando, con sé, nell’errore – e questa è la sua colpa più grave – anche i fedeli che vedono in lui una guida sicura? Un tempo, quello delle “vecchie” eresie, dall’arianesimo al catarismo, era il fascino di una dottrina nuova o di una nuova interpretazione della dottrina: tutto nasceva, perciò, da un atto di superbia intellettuale, dalla pretesa di aver capito, meglio di quanto insegnasse il Magistero, la divina Rivelazione. Oggi le cose sono in parte cambiate. L’antico peccato di superbia è sempre lì, vivo e operante, ed è la molla fondamentale che spinge le anime lontano dalla verità; però le tendenze ereticali sono divenute così forti e talmente diffuse, che non sentono più la necessità di distinguersi dalla “vecchia” ortodossia, per proclamare un nuovo credo: hanno trovato preferibile, e anche assai più comodo, restarsene bene incistate dentro la Chiesa, e buttar fuori i seguaci dell’autentica dottrina, cioè i veri cattolici, secondo la rozza, ma efficacissima strategia del cuculo: fuori i legittimi abitatori del nido, dentro gli intrusi, che si fanno servire e accudire dai genitori. In fondo, è la stessa strategia adottata dai migranti/invasori: ciò che si propongono è di sostituire, un poco alla volta, gli italiani, facendosi però chiamare italiani anche loro, e pretendendo di essere più italiani di loro, anche grazie a una cittadinanza ottenuta all’ingrosso, mediante un atto puramente formale deciso da un Parlamento che agisce in maniera illegittima e contraria agli interessi nazionali; ma senza mostrare amore, né rispetto, né disponibilità ad assimilare i valori italiani, l’identità italiana, le tradizioni italiane, anzi, con l’obiettivo, neanche tanto dissimulato, di sopraffarli e di estinguerli, sostituendoli coi propri. Dunque, tornando alla Chiesa, il gioco si è svolto in questo modo: quando gli eretici si sono accorti di essere, se non la maggioranza, comunque un gruppo assai numeroso; e, soprattutto, quando si sono resi conto di stare interpretando un segreto desiderio dei fedeli, cioè quello di avere a disposizione una religione più accomodante, più indulgente, più permissiva, allora essihanno attuato l’equivalente di un colpo di Stato e si sono impadroniti della direzione della Chiesa, tacciando di errore e comminando la scomunica ai veri cattolici, come è accaduto a monsignor Marcel Lefebvre.
Tutta l’evoluzione della civiltà moderna stava già andando in quella direzione: la Chiesa ha vissuto per ultima la crisi generale dei valori che il consumismo ha introdotto nella nostra società e che ha preso un ritmo incalzante da quando ha incominciato a diffondesi il “benessere”, cioè la società dei consumi: il che, nel caso dell’Italia, è avvenuto fra gli anni ’50 e l’inizio degli anni ’60 del Novecento. Le persone, le famiglie, i giovani, si sono visti a portata di mano tutta una serie di cose che prima non si sarebbero neanche sognati di avere, passando in pochi anni dalla mentalità della sobrietà, del risparmio e del sacrificio, alla mentalità del consumo, dell’ostentazione e dello spreco. Dovunque le sirene del consumismo aprivano nuovi orizzonti all’egoismo, al narcisismo, all’edonismo individuale; e dovunque si aprivano, s’incrinavano i rapporti sociali, i legami familiari, la solidità delle unioni matrimoniali, il rispetto filiale verso i genitori, l’autorevolezza degli insegnanti. La Chiesa è stata l’ultima roccaforte della vecchia concezione della vita, fondata sulla sobrietà, il lavoro, il senso di responsabilità; è stata l‘ultima a tenere alta la bandiera del dovere, quando tutti gli altri, intorno a lei, parlavano ormai solo di piacere e di ricerca della felicità. Da ultimo, qualcosa si è incrinato e spezzato anche al suo interno; un certo numero di seminaristi, poi di sacerdoti, soprattutto giovani – quelli che non se n’erano già andati per le strade del mondo – hanno creduto di fare cosa giusta e adeguata ai tempi nuovi, ”aggiornando” la dottrina cattolica e ”revisionando” la morale cattolica. Dapprima timidamente, poi, via via, con sempre maggior audacia e decisione, hanno cominciato a proclamare lecito ciò che prima era illecito, e a considerare normale ciò che era sempre stato considerato anormale. Hanno fatto proprio il relativismo della cultura moderna e come logico punto d’arrivo d’un simile atteggiamento, anche l’indifferentismo religioso. Non è importante seguire il Vangelo di Cristo, qualunque religione porta alla verità, anzi, qualunque coscienza, che sia o che non sia illuminata dalla luce divina, perché tanto, in fondo a ogni coscienza, traluce qualcosa della divinità stessa (tendenza al naturalismo e al panteismo). Nel frattempo i seminaristi erano diventati preti, i preti erano diventati vescovi, e i vescovi erano stati promossi cardinali: e le loro nuove idee, le loro nuove concezioni sono arrivate a sedere sui seggi più alti. Il pontificato di papa Francesco è il punto finale di questa scalata delle tendenze eretiche e moderniste verso il vertice della Chiesa cattolica. Ed ora, in particolare con l’enciclicaAmoris laetitia, si pone, per la prima volta, un problema del tutto nuovo: il Magistero infallibile, che fallisce; l’insegnamento della Chiesa, ispirata da Dio, che mostra di non essere più ispirato da Dio. La confusione è giunta al culmine, e, nella confusione, i “novatori” premono sempre di più sul pedale dell’acceleratore. Sentono che è arrivato il loro momento e non vogliono lasciarselo scappare; vogliono creare una situazione di non-ritorno, in modo che, anche dopo di loro, la Chiesa non possa mai più tornare ad essere ciò che era ”prima”. Per intenderci, ciò che essa era prima del Concilio Vaticano II. Per riuscire nell’intento, hanno bisogno di far sparire, di cancellare ogni traccia di ciò che essa era: e come negli Stati Uniti d’America, oggi, si abbattono le statue di Cristoforo Colombo, per far dimenticare la verità storica, cioè che furono gli Europei a giungere in quel continente, così essi vogliono cancellare ogni traccia di ciò che la Chiesa era prima della loro “riforma”: quando l’eresia era ancora l’eresia, e Lutero, per fare un esempio, non era un portatore di “doni spirituali”, come ha asserito papa Francesco, ma un frate ribelle, sensuale, violento, contumace alla Chiesa, trascinatore nell’errore di milioni di cristiani, e causa della spaccatura della Chiesa e della stessa civiltà europea; quando gli ebreidovevano convertirsi, se volevano aspirare alla salvezza, e riconoscere quel Gesù Cristo che i loro padri avevano messo in croce (ma ora è proibito anche solo ricordarlo); e quando gli islamici erano i nemici dichiarati, che sempre avevano cercato di distruggere il cristianesimo e sempre avevano cercato d’imporre il Corano con la spada, e coi quali, pertanto, parlare di dialogo era un non senso, fermo restando il rispetto dovuto a ogni essere umano in quanto tale, e quindi anche ad essi, ma come persone e non come islamici. Il fatto è che la cultura relativista aveva fatto breccia in pieno nella mente dei modernisti: in fondo, tutto il modernismo altro non è che una resa in massa allo storicismo e al naturalismo, allo scientismo e al pluralismo, inteso come dissoluzione del principio di verità e del principio di autorità. Non è vero ciò che è vero, ma è vero ciò che l’uomo decide che lo sia.

Psicologia dell’apostata e dell’apostasia

di Francesco Lamendola
 
Del 12 Settembre 2017
continua su:

Nessun commento:

Posta un commento

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.