Il titolo di questo nostro intervento rammenta a tutti, al cólto pubblico nonché all’inclita guarnigione, quella briosa e fanfarona cavatina con cui il dottor Dulcamara, personaggio centrale del melodramma donizettiano “L’Elisir d’amore” (Atto I, sc. 5), solenne nella comica cialtroneria da magliaro, annuncia, con squilli di trombetta ai villici di un paesucolo basco, il suo arrivo proclamandosi benefattore dell’umanità, possessore di mirabolanti panacee, prodigiose pomate e tisane che, con generosa larghezza e quasi quasi gratis, offre ai borghigiani con ovvia promessa di felicità.
Siffatto modello di narrator di carabattole, di falsità - diciamola tutta - ci è venuto alla memoria quando, scorrendo in rete le pagine delle varie testate giornalistiche, nella fattispecie ‘L’Avvenire’ – organo della CEI - la nostra attenzione è stata attratta dal titolo di un articolo a firma di tal teologo Roberto Righetto così recitante “In paradiso con i nostri corpi giovanili. E senza animali” (17 agosto 2017).
Poiché siamo stati, fino a giorni fa’, impegnati nella stesura finale di una nostra ricognizione filologica sul Paradiso dantiano – che segue le precedenti due cantiche e dove abbiamo allegato varie citazioni riferite alla questione dei corpi risorti (Summa Theologica Supplemento, q. 81, a. 1, resp / De Civitate Dei, XX, 16) - ci è parso opportuno e utile darne una lettura pur presentendo in esso un che di fetido e di velenoso, rivestito di affabulatoria, mielosa discorsività, un frutto col verme prodotto da quell’albero che è il foglio portavoce della Cei classificato, all’autentica anagrafe teo/botanica, come “albero cattivo”. E allora, per maggior comodo, lo abbiamo scaricato nel cartaceo sui cui avremmo segnato, in blu e in rosso, i passaggî più interessanti.
Il supposto teologo, con un incipit accattivante, dice di aver tratto l’idea di questo suo intervento da una “chicca preziosa” (!) di Jacques Maritain e, dopo aver affiancato indebitamente costui a San Tommaso Aq., ci svela lo splendore di quella chicca che tanto l’ha entusiasmato, effettuando, dopo rapida ricognizione circa l’aspetto del corpo glorioso ‘post resurrectionem’ coinvolgendo anche Dino Buzzati, una virata sul futuro dei dannati.
Ma che fine faranno costoro? si domanda Righetto rispondendosi immediatamente con le parole dell’oracolo: <<Maritain giunge a ipotizzare una liberazione finale che si potrà realizzare grazie alle implorazioni di pietà rivolte a Dio da parte dei salvati. “Poiché l’eternità consuma tutti i tempi, bisognerà pure che a un certo momento i luoghi bassi dell’inferno sìano svuotati. Se è così, Lucifero senza dubbio sarà l’ultimo a cambiare. Ma anche per lui si pregherà, si griderà. E alla fine anche lui sarà restituito al bene. Umiliato sempre, ma umile ora”>>.
Scempiaggine balorda di uno che è stato accreditato come ‘neotomista’ e che un fànfano di Avvenire ci scodella come “chicca”.
L’eternità consuma il tempo. Che vuol dire? Dopo il gran giudizio finale il tempo scompare per cui ci spieghi il dott. Righetti che cosa voglia dire, Maritain, con quel ‘consuma’ e ci spieghi, inoltre, che rapporto corre tra la fine del tempo e la salvezza dei dannati. Un neotomista, che come tale vien indicato Maritain, sarebbe stato molto attento, e rispettoso anche, se avesse letta e fatta sua la parte della Summa – Supplementum - dalla LXXIV fino alla XCIX Quaestio -, invece di rilanciare la stramberìa di Origene e della sua ‘apocatastasi’, di un ritorno cioè allo stato di primigenia beatitudine, eresìa condannata dal Concilio di Costantinopoli II, e si sarebbe ben guardato, lui ‘neotomista’, di far a pugni con la logica, e ancor prima con la parola di Cristo (Mt. 25, 41), laddove pone un periodo ipotetico di 1° tipo (realtà) “se è così” deducendone pertanto la certezza all’indicativo col dire che “Lucifero senza dubbio sarà l’ultimo a cambiare” (in meglio).
Se proprio avesse voluto esprimere un’ipotesi in quanto tale avrebbe dovuto scrivere “se fosse così”, ma al suggeritore di Paolo VI andava comodo metterla al positivo per darsi la risposta che aveva già messo in preventivo.
Eh sì, perché l’autore di “Umanesimo integrale”, con quel suo confuso cianciar di tempo e di eternità, se ne esce con un imperativo futuro, così come si comprende da quel suo ‘bisognerà pure. . . che i luoghi bassi dell’inferno sìano svuotati” quasi che un’entità oscura, la mitica ‘ananche’ – necessità – abbia il comando del mondo.
O forse è Maritain, il misericordioso, che esige che ciò avvenga. Non appare, infatti, alcun timore in lui e nel suo recensore ‘avveniristico’, di smentire il Verbo di Dio che colloca l’inferno nell’eternità. No! Bisognerà che l’inferno abbia fine. Così parlò Jacques e così riporta Righetto.
Ci voleva una rispolveratina a Balthasar e al suo ‘inferno vuoto’; ci voleva una ripresa bischera della caramellosa, eretica ed offensiva immagine di una Vergine Maria che, come afferma Bergoglio, di notte quando tutti dormono, apre la porta celeste ai peccatori che Pietro invece tiene fuori e lontani. (Radio Vaticana, 15/8/2013) e ci voleva, ancora l’eco alla dichiarazione sacrilega del Preposito Generale S. J. Arturo Sosa secondo cui molto di quanto Gesù dice “va contestualizzato” talché anche la figura del demonio andrebbe riportata quale proiezione emotiva delle paure inconsce dell’uomo (Il Foglio, 2/6/2017) della qual cosa è da ritenere notevole il tempismo con cui il gesuita, che siede sulla cattedra di Pietro, ha dato conferma col confessare di essersi sottoposto, all’età di 43 anni, a un trattamento di psicoanalisi, di quella velenosa pseudoscienza priva di pietas e di caritas, atea soprattutto, che asserisce, appunto, il demonio o gli spiriti del male essere proiezioni delle turbe e delle paure che fervono nell’Es. (Ora si comprendono le continue sciocchezze e gli sfondoni che caratterizzano la cultura di Bergolgio sia in alta che in bassa quota).
Insomma, con questo continuo stillar di novità, che lentamente come “gutta cavat lapidem”, si diffonde e si inculca nella coscienza della comunità cattolica la convinzione che l’inferno, seppure dovesse esistere – alla faccia della Scrittura, della Parola di Dio, della Perenne Dottrina della Chiesa – sarebbe tuttavìa vuoto o, quanto meno un luogo di pena transitorio, un doppione del Purgatorio il qual luogo di espiazione verrà abolito e rottamato come già l’emerito B XVI liquidò il Limbo.
Ci aspettiamo, in questo pontificato e sulle colonne corrose di Avvenire, altri interventi e altre ‘chicche’ sin quando non sarà proclamata, apertis verbis, l’inesistenza dell’Inferno e il Paradiso per tutti.
E allora saran dolori, o rustici!
di L. P.
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