ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

mercoledì 20 settembre 2017

Vedrà* la motu che non si ferma più!(finché sbatte?)

Matrimonio e famiglia, motu proprio del Papa: risposta ai dubia?

Ancora un altro Motu proprio, il quarto dall’inizio dell’anno e il ventiduesimo dall’inizio del pontificato: così papa Francesco sta cambiando la Chiesa. L’ultimo in ordine di tempo (per chi avesse avuto ancora qualche dubbio a riguardo) va a demolire progressivamente il Pontificio Istituto per la Famiglia voluto da Giovanni Paolo II in quello che sembra ormai un lontano 1981. Anche in questo caso, come già successo con altri documenti, la modifica sembra sibillina, di poco conto, un semplice adeguamento al mondo che cambia. Se si va a leggere il testo (relativamente breve) si scorge un passaggio discutibile, nel quale si afferma che la Chiesa deve si salvaguardare l’idea del matrimonio alla luce degli insegnamenti di Cristo e della Sua Chiesa, ma che non può fermarsi a questo.


 “Il cambiamento antropologico-culturale – sostiene papa Francesco –  che influenza oggi tutti gli aspetti della vita e richiede un approccio analitico e diversificato, non ci consente di limitarci a pratiche della pastorale e della missione che riflettono forme e modelli del passato. […] Nel limpido proposito di rimanere fedeli all’insegnamento di Cristo, dobbiamo dunque guardare, con intelletto d’amore e con saggio realismo, alla realtà della famiglia, oggi, in tutta la sua complessità, nelle sue luci e nelle sue ombre”. A leggere queste parole sembra che la chiesa guidata da San Giovanni Paolo II avesse un’idea “chiusa” di famiglia, incapace di accogliere le diversità che i “mutamenti antropologici” hanno determinato nel tessuto sociale. Una chiesa che non sa capire (ne lo vuole?) le ferite delle famiglie di oggi. La modifica radicale dell’Istituto, infatti, verte proprio sullo spostamento (a detta del Papa) di questa sensibilità, come se in passato si guardasse solo al proprio orticello, senza porre attenzione, gesti di vera umanità alle tante problematiche in cui la famiglia è incorsa negli ultimi cinquant’anni. Se non fosse così non sarebbe stato necessario questo mutamento. È lo stesso Bergoglio a ricordarlo: “Questa stagione sinodale ha portato la Chiesa a una rinnovata consapevolezza del vangelo della famiglia e delle nuove sfide pastorali a cui la comunità cristiana è chiamata a rispondere”.
Ma al Sinodo le cose sono davvero andate così? In verità al Sinodo è emersa una Chiesa spaccata proprio sul tema della famiglia, dove una buona parte di vescovi (su alcuni punti determinanti, la maggioranza dei due terzi) ha dimostrato prudenza nel voler letteralmente “gettare” la Chiesa troppo dentro le avanguardie sociali ricordando come sia essa a guidare la storia e non viceversa. Proprio sul tema delle “ferite” alla famiglia è stata ribadita la dottrina di sempre, vicinanza e aiuto alle coppie in difficoltà, ma fermezza su pastorale familiare e dottrina, consapevoli che essa non può subire mutamenti radicali nel tempo, in quanto voluta così da Cristo stesso. Dai continui messaggi sibillini che invece provengono da Santa Marta sembra proprio che di mutamenti ce ne sono e ce ne saranno, sia in ordine pastorale che dottrinale (Amoris Letitia docet). D’altronde lo stesso papa Francesco nel discorso che tenne nell’ottobre 2016 proprio al Pontifico Istituto Giovanni Paolo II (citando appunto AL) , aveva ricordato come è “giusto infatti riconoscere che a volte «abbiamo presentato un ideale teologico del matrimonio troppo astratto, quasi artificiosamente costruito, lontano dalla situazione concreta e dalle effettive possibilità delle famiglie così come sono. Questa idealizzazione eccessiva, soprattutto quando non abbiamo risvegliato la fiducia nella grazia, non ha fatto sì che il matrimonio sia più desiderabile e attraente, ma tutto il contrario”.
Quindi, ricapitolando, visto che la Chiesa in passato (passato prossimo….) ha “idealizzato” il matrimonio cristiano quasi fosse un mito irraggiungibile, si è pensato di adeguarlo alla società attuale, manifestantesi in nuovi modelli ed esperimenti. Non è un caso, forse, che il nuovo titolo dell’Istituto riporta la dicitura “scienza” in rapporto alla famiglia. Sarebbe interessante sapere (nel documento non è spiegato) cosa il papa intenda con “scienza della famiglia”. Viene in mente, però, che laddove c’è scienza c’è anche sempre esperimento, rischio, avanguardia. Sembra quasi che nonostante parte della Chiesa rimanga, non solo prudente su certi temi che gravitano intorno al delicato tema della famiglia, ma ferma sui punti fissati dalla Sacra Scrittura e dalla Dottrina, faccia seguito la scelta di un Pontefice che tira dritto per la sua strada, infischiandosene del reale risultato del Sinodo sulla famiglia, della collegialità e delle richieste di chiarezza. È singolare come uno dei quattro firmatati dei “dubia” su alcuni punti di AL, il card. Caffarra (recentemente scomparso), sia stato anche il primo preside, voluto proprio da Giovanni Paolo II, a dirigere l’Istituto sulla famiglia, in quello che sembra sempre più un lontano 1981. Un’ultima coincidenza. Il motu proprio che modifica, chiudendo, il “vecchio” Istituto è stato pubblicato ieri, 19 settembre (anche se il documento riporta la data dell’8 settembre), giorno nel quale, un anno fa, i quattro cardinali hanno presentato al Papa i “dubia” sull’AL. Che il papa abbia voluto rispondere così?

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