La nuova messa e la Messa cattolica
Il 3 aprile 1969 il Papa Paolo VI pubblicava la Costituzione apostolica Missale Romanum che promulgava due documenti importanti relativi alla riforma del rituale della Messa: la Institutio generalis ed il Novus ordo missae.
Si trattava di un cambiamento radicale del rito della S.Messa eseguito in spirito ecumenico cioè per rendere accettabile il rito liturgico della Messa Cattolica anche alle altre confessioni cristiane.
Il grande artefice della riforma fu Mons.Bugnini ma ad essa parteciparono attivamente sei pastori protestanti, uno dei quali dichiarò senza mezzi termini: “Uno dei frutti del nuovo Ordo sarà forse che le comunità non cattoliche potranno celebrare la santa cena con le stesse preghiere della Chiesa cattolica. Teologicamente è possibile” (Max Thurian della comunità protestante di Taizé. La Croix, 30-05-1969).
Si era infatti eliminato dalla S.Messa tutto ciò che vi era di specificamente cattolico; in modo particolare ciò che ricordava che la S.Messa è un vero sacrificio propiziatorio cioè offerto a Dio in espiazione dei nostri peccati, e la dottrina relativa della Presenza Reale di Gesù nell'Eucarestia, vera vittima di espiazione. Concetti questi inaccettabili per i protestanti, secondo i quali la Messa non è altro che una cena, il ricordo dell'ultima cena di Gesù che ne rende presente la memoria.
Contro di essi si erse il Concilio di Trento rigettando con forza tali errori e stabilendo per sempre la dottrina cattolica sulla S.Messa.
Il cambiamento liturgico quindi rimetteva in discussione non soltanto forme esterne ed accidentali di espressione della fede nel culto a Dio ma la dottrina stessa, il dogma cattolico già definito inequivocabilmente e perennemente. Tutto questo non mancò quindi di suscitare gravi reazioni nel mondo cattolico di cui la più autorevole fu senz'altro quella dei Cardinali Bacci ed Ottaviani (all'epoca prefetto del S.Uffizio), i quali, nella lettera che presentava al Papa Paolo VI uno studio teologico sulle carenze e gli errori della nuova messa, non esitavano ad affermare che tale Novus Ordo Missae “rappresenta, sia nel suo insieme che nei particolari, un impressionante allontanamento della teologia cattolica della Santa Messa, quale formulata nella sessione XXIII del Concilio di Trento” (Lettera al Papa Paolo VI del 5-10-1969).
A continuare questa battaglia in difesa della S.Messa tradizionale e di tutta la fede, intaccata dalle innovazioni del Concilio Vaticano II e del post-Concilio, la Provvidenza suscitò Sua Eccellenza Mons. Marcel Lefebvre, vescovo missionario infaticabile in Africa, Superiore della congregazione dei Padri dello Spirito Santo.
Egli non esitò a reagire a questa autodemolizione della Chiesa, fondando la fraternità Sacerdotale San Pio X, per trasmettere il sacerdozio cattolico e con esso la vita della grazia ai fedeli tramite la predicazione, i sacramenti e soprattutto la celebrazione del Santo Sacrificio della Messa, cuore della Chiesa, che con la nuova riforma, si cercava invece di distruggere.
Nonostante i frutti evidenti della sua opera, manifesti nelle numerose vocazioni presenti nei suoi seminari, diffusi ormai sui cinque continenti, veniva attaccato e perseguitato da uomini di Chiesa che, per realizzare un falso ecumenismo, erano scesi a tutti i compromessi con l'errore, e non potevano sopportare un vescovo cattolico.
Non poteva essere altrimenti, soltanto una chiesa sincretista, quella del Concilio Vaticano II, quella della laicizzazione degli stati, quella della visita alla Sianagoga e del congresso delle religioni ad Assisi, poteva scomunicare un vescovo cattolico. “Lux in tenebris lucet et tenebres eam non comprhenderunt”. La luce brilla nelle tenebre e le tenebre la rifiutano. L'abbraccio sincretista di Assisi, come aveva rifiutato la presenza della statua della Madonna di Fatima, non poteva sopportare il richiamo alla fede di un vescovo che continuava ad essere cattolico.
E allora...? La persecuzione, la calunnia.
Dalla promulgazione del Novus Ordo Missae, di questo nuovo rito a sapore protestante, le reazioni contro questa nuova liturgia non hanno cessato di moltiplicarsi, anche perché i frutti disastrosi di quella riorma liturgica sono sempre più evidenti. Queste reazioni portarono la Sacra Congragazione per il Culto Divino a concedere un indulto per la celebrazione della santa Messa tridentina. Con una lettera del 3 ottobre 1984 ai presidenti delle conferenze episcopali si accordava ai vescovi diocesani la possibilità di “usufruire di un indulto, onde concedere ai sacerdoti insieme a quei fedeli, che saranno indicati nella lettera di richiesta da presentare al proprio Vescovo, di poter celebrare la S.Messa, usando il Messale Romano secondo l'edizione del 1962”. Le condizioni per la concessione di questo indulto dovevano essere: da una parte il riconoscimento da parte dei richiedenti della legittimità e dell'esattezza dottrinale del Messale Romano promulgato da Papa Paolo VI nel 1970; dall'altra l'esclusione per le celebrazioni, a parte casi straordinari, di Chiese parrocchiali. Un tale indulto fu considerato dai cattolici desiderosi di ritornare all'antico rito di celebrazioen della S.Messa come ingiusto e degradante. Ingiusto perché appunto imponeva il riconoscimento dell'esattezza dottrinale della messa riformata che invece continua ad essere il nodo del problema; degradante perché i cattolici che desideravano assistere ad una liturgia che continuasse ad esprimere totalmente la fede cattolica, erano considerati come una specie di fedeli di “serie B”, non aventi diritto neppure ad una parrocchia ed alla celebrazione dei sacramenti. […]
Ma per ricordare a sacerdoti e fedeli che nessun indulto è richiesto per la celebrazione della S.Messa detta di San Pio V, si legga la ⇒Bolla Quo Primum Tempore con la quale il Santo Pontefice stabilì perennemente la Liturgia della Messa e concesse in perpetuo ad ogni sacerdote la possibilità di celebrarla. La forza delle sue parole hanno fatto pensare a più di un teologo che egli avesse avuto come una visione di questi ultimi tempi in cui la S.Messa cattolica sarebbe stata attaccata e stravolta. Per questo, quasi a proteggerla perennemente, pubblicò la bolla il cui tenore porta veramente a meditare.
È evidente che il Novis Ordo Missae non vuole più rappresentare la fede di Trento. A questa fede, nondimeno, la coscienza cattolica è vincolata in eterno. Il vero cattolico è dunque posto, dalla promulgazione del Novis Ordo, “in una tragica necessità di opzione” (Breve esame critico del Novu ordo Missae. Cardinali Ottaviani e Bacci).
Se il nuovo rito della Messa non rappresenta più la fede di Trento che altro non è che la fede cattolica e se ne allontana, è evidente che rappresenta un'altra fede che non è più quella cattolica. […] Come poter assistere allora ad un rito che non vuole più rappresentare la fede di Trento, cioè la fede cattolica? Un rito che “rapprsenta, sia nel suo insieme che nei particolari, un impressionate allontanamento dalla teologia cattolica della Santa Messa" (Cardinali Ottaviani e Bacci)?
D'altra parte si può forse perdere la Messa la domenica? Non si commette così peccato mortale?
Se è vero che dai comandamenti di Dio non si può mai essere dispensati, è vero anche che vi può essere dispensa da un precetto della Chiesa, quando l'obbedirvi diventa fisicamente o moralmente impossibile. Ora, assistere alla Messa la domenica è un precetto della Chiesa che specifica come essa intenda che i cattolici santifichino le feste.
Da questo precetto il cattolico può essere dispensato “da ogni grave motivo quale esiste in caso di notevole incomodo, di danno corporale o spirituale, che dovesse derivare a noi o ad altri” (Jone – Comp. di Teol. Morale).
Ora assistere a questa nuova liturgia riformata in senso protestante, vedere la profanazione della SS.Eucarestia tramite la comunione sulla mano ed altre fantasie della liturgia moderna ci procura indubbiamente un danno spirituale. Ecco perché tale nuova messa non soltanto non obbliga al precetto festivo, ma deve essere disertata dai cattolici che vogliono conservare la loro fede. […] Non dimentichiamo che la Chiesa ha sempre vietato di assistere alle messe di scismatici ed eretici, anche se valide (C.J.C. can.1258, S.Tommaso, Summa Teologica III pars q 82 a.9).
Cosa fare allora?
Fare il possibile, a prezzo anche di sacrifici, per assistere alla S.Messa di sempre. Se non lo si può tutte le domeniche almeno periodicamente (ad esempio una volta al mese).
Quando non si può assistere ad una S.Messa tradizionale è importante santificare la festa pregando, recitando la corona del S.Rosario, leggendo la S.Messa sul messale per unirsi spiritualmente alle S.Messe celebrate su tutta la terra. “I genitori devono spiegare ai loro figli perché preferiscono pregare in casa, piuttosto di andare ad una cerimonia pericolosa per la loro fede” (Mons.Lefebvre, Il colpo da maestro di Satana, pag.106).
In questo modo si preserverà la propria fede e quella dei propri figli dal pericolo di protestantizzazione rappresentato dalla nuova liturgia e si otterranno ugualmente da Dio le grazie necessarie per perseverare nella vita cristiana.
(Dal messale Romano quotidiano, testo latino completo e traduzione italiana di S.Bertola e G. Destefani - commento di D.C.Lefebvre O.S.B. - edizione aggiornata 1962 - Edizioni S.Francesco di Sales)
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