ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

giovedì 5 ottobre 2017

Ciò che manca di peso


Correctio filialis un primo bilancio


(di Roberto de Mattei) Il 25 settembre, all’indomani della pubblicazione della Correctio filialis a papa Francesco, il portavoce della Sala Stampa Vaticana, Greg Burke, ha smentito con ironica sufficienza la notizia diffusa dall’Ansa, secondo la quale l’accesso al sito della Correctio sarebbe stato bloccato dalla Santa Sede: «Figurarsi se facciamo questo per una lettera con 60 nomi». Il direttore della Sala Stampa, che giudica le iniziative in base al numero dei “followers”, può essere interessato a sapere che www.correctiofilialis.org, a otto giorni dalla sua messa on-line, ha avuto oltre 180mila singoli visitatori e 330 mila pagine visitate. Le visite vengono da 200 diversi paesi dei cinque continenti. L’Italia e gli Stati Uniti guidano il numero degli accessi. Inoltre, la lettera di correzione indirizzata a papa Francesco da 62 studiosi, è stata condivisa, al 3 ottobre, da 216 teologi, pastori, professori, studiosi di tutte le nazionalità, le cui firme sono visibili sul sito. Ad essi vanno aggiunti decine di migliaia di aderenti,che hanno apposto le loro firme sul sito ufficiale o su altri siti cattolici, che sostengono attivamente l’iniziativa quali onepeterfive.com, lifesitenews.com, katholisches.Info.

Guido Mocellin, su Avvenire del 27 settembre, ha dovuto ammettere che, nella «blogosfera ecclesiale», grazie a un «moderno sito web in sei lingue», «i post sulla «correzione filiale» rivolta a Papa Francesco «in ragione della propagazione di eresie» sono stati i più presenti negli scorsi giorni: hanno costituito il 30% di tutti quelli che ho potuto consultare tra sabato 24 e lunedì 26 settembre». Se si vuole rimanere sul piano delle cifre, il numero dei cardinali, vescovi e teologi che si sono levati contro la Correctio, in difesa della Amoris laetitia, è irrilevante. Perfino il cardinale più vicino a papa Francesco, il segretario di Stato Pietro Parolin, ha assunto un atteggiamento di quasi equidistanza, dichiarando che «le persone che non sono d’accordo esprimono il loro dissenso ma su queste cose si deve ragionare, cercare di capirsi». Ciò che manca di peso, al di là del numero, è la sostanza delle argomentazioni con cui si è tentato di replicare alla Correctio. Lo sforzo maggiore, fino a raggiungere le acrobazie dei sofisti, lo si deve al deputato-filosofo Rocco Buttiglione su Vaticaninsider del 3 ottobre. Il passaggio centrale della Amoris laetitia cricato dai firmatari della Correctio, secondo Buttiglione, è «una cosa assolutamente tradizionale, che abbiamo studiato tutti da bambini nel catechismo della Chiesa cattolica, non solo in quello nuovo di san Giovanni Paolo II ma anche in quello vecchio di san Pio X».
È vero – ammette Buttiglione che esiste «una impossibilità assoluta di dare la comunione a chi sia in peccato mortale (e questa regola è di diritto Divino e quindi inderogabile) ma se, a causa della mancanza di piena avvertenza e deliberato consenso, non vi sia peccato mortale, la comunione si può dare, dal punto di vista della teologia morale, anche ad un divorziato risposato». Per Buttiglione, come per il teologo di fiducia di papa Bergoglio, mons. Victor Manuel Fernández, il problema di fondo sarebbe quello della “imputabilità” degli atti. Una imputabilità che difetterebbe alla larga maggioranza dei conviventi more uxorio, perché le concrete situazioni in cui essi vivono attenuano la loro consapevolezza e, soprattutto, rendono loro praticamente impossibile osservare la legge del Signore. Con il che si contraddice tranquillamente il Concilio di Trento, che colpisce di anatema chi dice che «per l’uomo giustificato e costituito in grazia, i comandamenti di Dio sono impossibili da osservare» (Denz-H, n. 1568). «Dio infatti non comanda l’impossibile; ma quando comanda ci ammonisce di fare quello che puoi, di chiedere quello che non puoi, e ti aiuta perché Tu possa» (Denz-H, n. 1356).       
D’altronde, i vescovi che applicano l’insegnamento di papa Francesco, non si ispirano né al catechismo di Pio X, né a quello nuovo di Giovanni Paolo II. Nelle loro diocesi, i divorziati risposati, perfettamente consapevoli della loro situazione, esigono la comunione e ad essi, secondo l’Amoris laetitia, la comunione viene concessa come un legittimo diritto. Per giustificare questa pratica immorale, si arriva a falsificare il pensiero di san Tommaso d’Aquino. Ma un valente moralista italiano che ha sottoscritto la Correctio, don Alfredo Morselli, ha mostrato, su Messainlatinodel 3 ottobre, l’impossibilità di armonizzare l’Esortazione di papa Francesco con la dottrina di san Tommaso. Don Morselli ricorda alcuni passi inequivoci del Dottore Angelico che affermano il contrario del § 301 della Amoris laetitia: «La buona intenzione non è sufficiente a determinare la bontà di un atto: poiché un atto può essere in sé cattivo, e in nessun modo può diventare buono» (Super Sent., lib. 2 d. 40 q. 1 a. 2 co.). «Vi sono alcune [azioni umane] che hanno una deformità annessa inseparabilmente, come la fornicazione, l’adulterio, e altre cose di questo genere, che non possono essere compiute moralmente bene in alcun modo» (Quodlibet IX, q. 7 a. 2 co.).
In coerenza con l’autentico tomismo, mons. Fernando Ocáriz oggi Prelato dell’Opus Dei, in occasione di un convegno promosso per celebrare i 20 anni dell’Humanae Vitae, ricordava che «l’esistenza di norme particolari di morale naturale, aventi un valore universale ed incondizionato appartiene alla dottrina cattolica, ed anzi è una verità di fede» (Humanae Vitae 20 anni dopo, Edizioni Ares, Milano 1989, p. 129). Tra queste il divieto della contraccezione e la proibizione dell’adulterio. È cambiato o cambierà l’insegnamento delle Università di Santa Croce e di Navarra, promotrici di quel convegno, assieme all’Istituto Giovanni Paolo II? C’è da chiederselo, dopo l’intervista del 30 settembre a Infovaticana.com, in cui l’attuale vicario dell’Opus Dei Mariano Fazio, censura altri membri della prelatura che hanno firmato la Correctio, accusandoli di «scandalizzare tutta la Chiesa». L’intervista è curiosa: né i vescovi argentini né quelli maltesi, che autorizzano l’adulterio nelle loro diocesi sono colpevoli di scandalizzare la Chiesa, ma lo è chi protesta contro questi scandali. Il Papa, secondo Fazio, si può criticare, ma in circoli privati, mai pubblicamente. Nella valanga di commenti contrari, che ha sommerso il blog di Infovaticana, ce n’è uno lapidario: «E san Paolo?» Non fu proprio san Paolo a correggere pubblicamente san Pietro (Gal. 2, 7-14)? La franchezza apostolica di san Paolo e l’umiltà del principe degli apostoli Pietro sono rimasti da allora come il modello della giusta relazione tra chi esercita l’autorità e chi ad essa filialmente, ma non acriticamente, obbedisce. La fede non può mai contraddire la ragione. Ma rifiutare di pensare fa comodo, soprattutto quando l’esercizio della ragione costringe ad assumersi responsabilità sgradite.
Non rifiuta di pensare uno dei più autorevoli firmatari della Correctio, il teologo e filosofo della scienza don Alberto Strumia, che in un’intervista del 30 settembre al quotidiano Il Giornale, ha spiegato:
«La “dottrina della Chiesa” non è inventata dai teologi e neppure dai Papi, ma è fondata sulla Scrittura e radicata nella tradizione della Chiesa. Il Papa è al servizio, come custode e garante di questa continuità e non può spezzarla neppure velatamente, lasciando intendere, con formulazioni ambigue, che oggi si possa credere e fare il contrario di ciò che è stato insegnato finora, dal Magistero, su questioni essenziali come la dottrina dei sacramenti o la morale familiare, con la motivazione che i tempi sono cambiati e il mondo esige un adeguamento. Per questo è un dovere di carità, che ha come scopo la “salvezza delle anime”, come si diceva un tempo, e la difesa della stessa dignità del soglio di Pietro e di colui che lo occupa, mettere con il massimo rispetto in risalto queste ambiguità». (…) «Osare di indirizzare una correzione dottrinale al Papa lo si può e lo si deve fare solo quando è in pericolo la verità della fede e quindi la salvezza degli appartenenti al popolo di Dio».
In un’epoca di ottenebramento delle coscienze, la Correctio filialis esprime il sensus fidei di decine di migliaia di cattolici che ricordano filialmente al loro Supremo Pastore che la salvezza delle anime è il loro massimo bene e che per nessuna ragione al mondo si può commettere il male o transigere con esso. (Roberto de Mattei)
Amoris laetitia, verginità consacrata e castità                                     

(Un sacerdote firmatario della Correctio) Ai numeri 159-161, l’esortazione apostolica Amoris laetitia (AL) si appoggia alla catechesi di Giovanni Paolo II del 14 aprile 1982 per affermare la complementarietà tra matrimonio e verginità per cui l’uno non è inferiore all’altra, sono «due diversi stati di vita», «complementari in modo tale che uno può essere più perfetto per qualche aspetto e l’altro può esserlo da un altro punto di vista» (AL 159).
Sono «due modalità diverse di amare» (AL 161). Sebbene sia un’esortazione su matrimonio e famiglia, sarebbe stato opportuno che AL citasse qualche testo in più circa la verginità per il Regno dei Cieli. In quella catechesi dell’82 Giovanni Paolo II mostra anche una certa preoccupazione anti-«manichea», o anti-gnostica, nel ribadire la dignità del corpo umano e la santità della vocazione e dell’amore coniugale.
C’è da ribadire però che sulla questione dei divorziati risposati AL non è in linea con Giovanni Paolo II il quale invece, in Familiaris consortio n. 84, insegna che i divorziati risposati possono ricevere l’assoluzione sacramentale e l’Eucaristia solo se rinunciano a vivere more uxorio.
Nulla di ciò in AL, per questo (ma non solo) si è arrivati ai Dubia e alla Correctio filialis. Alla luce di questi fatti si fa strada il sospetto che dietro quei brani di AL 159ss, si nasconda un qualche disprezzo protestantico per la verginità consacrata. Forse l’estensore di AL non conosce l’esortazione apostolica Vita consecrata (VC) del 25 marzo 1996 in cui Giovanni Paolo II scrive al n. 32 che «un’oggettiva eccellenza è da riconoscere alla vita consacrata, che rispecchia lo stesso modo di vivere di Cristo. Proprio per questo, in essa si ha una manifestazione particolarmente ricca dei beni evangelici e un’attuazione più compiuta del fine della Chiesa che è la santificazione dell’umanità. La vita consacrata annuncia e in certo modo anticipa il tempo futuro, quando, raggiunta la pienezza di quel Regno dei cieli che già ora è presente in germe e nel mistero, i figli della risurrezione non prenderanno né moglie né marito, ma saranno come angeli di Dio (cfr Mt 22, 30). In effetti, l’eccellenza della castità perfetta per il Regno, a buon diritto considerata la “porta” di tutta la vita consacrata, è oggetto del costante insegnamento della Chiesa».
Al n. 18 di VC leggiamo: «I consigli evangelici, con i quali Cristo invita alcuni a condividere la sua esperienza di vergine, povero e obbediente, richiedono e manifestano, in chi li accoglie, il desiderio esplicito di totale conformazione a Lui. Vivendo “in obbedienza, senza nulla di proprio e in castità”, i consacrati confessano che Gesù è il Modello in cui ogni virtù raggiunge la perfezione. […] È questo il motivo per cui nella tradizione cristiana si è sempre parlato della obiettiva eccellenza della vita consacrata».
Al n. 105 di VC, ancora sulla vita consacrata: «È importante che Vescovi, presbiteri e diaconi, convinti dell’eccellenza evangelica di questo genere di vita, lavorino per scoprire e sostenere i germi di vocazione con la predicazione, il discernimento e un saggio accompagnamento spirituale».
Dunque complementarietà sì, sotto un certo aspetto, tra verginità e matrimonio, ma senza negare l’oggettiva eccellenza della prima sul secondo. Perché AL non ha precisato questa «oggettiva eccellenza» almeno in una nota a piè pagina? Non si dimentichi quanto asserisce il Concilio di Trento nel canone 10 sul Sacramento del Matrimonio contro luterani e calvinisti: «Se qualcuno dirà che lo stato coniugale è da preferirsi alla verginità o al celibato e che non è cosa migliore e più beata rimanere nella verginità e nel celibato, che unirsi in matrimonio [cf. Mt 19,11s; 1Cor 7,25s.38.40], sia anatema» (Denz, 1810).
Certamente oggigiorno ci sono laici coniugati e con prole più santi, più virtuosi, più cattolici di certi Pastori e consacrati. Ad esempio, non sono forse laici i più coraggiosi sostenitori della libertà di usare il Vetus Ordo Missae e della reazione cattolica agli errori dottrinali contenuti in AL e altrove? Questo ovviamente non autorizza a negare, tacere e far dimenticare l’oggettiva eccellenza della verginità e della vita consacrata vissute integralmente nella pienezza della carità soprannaturale.
Oltre ai brani di AL segnalati nella nostra Correctio filialis ce ne sono altri in materia di purezza che potrebbero suscitare a dir poco qualche perplessità, se non proprio scandalo, nei semplici: lo sdoganamento del concetto di «erotismo più sano» [AL 151]. – nell’ambito delle «prospettive pastorali», il suggerimento di stimolare i giovani sposi «a crearsi delle proprie abitudini», ad esempio «è buona cosa darsi sempre un bacio al mattino» [AL 226]. Noi sacerdoti dobbiamo dire agli sposi di darsi un bacio ogni mattino ? e perché solo uno, o solo al mattino? Ma non si scade così nel ridicolo o addirittura nel morboso? Gli sposi non sanno già queste cose?
Un accentuato «Sì all’educazione sessuale» [AL 280-287] citando al riguardo il Concilio Vaticano II [Gravissimus educationis, n. 1] e la Relatio finalis 2015 n. 56 nella quale si auspica «un nuovo e più adeguato linguaggio» per «introdurre i bambini e gli adolescenti al tema della sessualità» [AL 281].
Cosa? «introdurre i bambini … al tema della sessualità»? Forse era molto più sicuro e chiaro citare anche gli Orientamenti pratici del documento “Sessualità umana: verità e significato” del Pontificio Consiglio per la Famiglia (1995), ad esempio i nn. 112-114.118-120.123-127.139, dove sono enunciati chiaramente i caratteri di una corretta educazione all’affettività: «diritto-dovere primario» dei genitori («educatori primari») nel guidare i figli su tale tema mediante «dialogo personale» e «formazione individuale nell’ambito della famiglia», formare «alla castità» il bambino e il giovane, «rispetto per la sua innocenza e tranquillità», non presentare «materiale di natura erotica», non «offendere oggettivamente la modestia», ecc… Sorge qualche domanda: il tentativo di “battezzare” il concetto di erotismo, l’enfasi sul bacio mattutino, ecc., indicano forse l’influsso del ghostwriter di AL, l’argentino Mons. Victor Manuel Fernandez, noto per il suo libro del 1995 “Guariscimi con la tua bocca. L’arte di baciare”? [ http://chiesa.espresso.repubblica.it/articolo/1351303.html?refresh_ce ].
Toccherà agli operatori pastorali insegnare o suggerire anche quell’arte? Un altro punto molto strano è il dire che AL è tutta tomista, solo perché ci sono citazioni tratte da testi di San Tommaso. Eppure uno dei sacerdoti firmatari ha dimostrato in modo convincente che il tomismo di AL è più nominale che reale. [http://blog.messainlatino.it/2017/10/quando-san-tommaso-disse-amoris.html#more]. Si arriva persino a manipolare il Dottore Angelico, così chiamato per la purezza del suo cuore e la sublimità d’ingegno! Insomma nella Chiesa di oggi vediamo circolare i seguenti virus: mentalità fluida o relativista, accoglienza inconfessata e sottobanco delle istanze del modernismo, crescenti simpatie luterane.
Ad esempio il foglietto liturgico delle Edizioni San Paolo per la Messa domenicale del 01 ottobre 2017 proponeva un articolo sulla Riforma di Martin Lutero in cui anche noi cattolici siamo invitati alla «gratitudine per “i doni spirituali e teologici” della Riforma protestante»… Chi accoglie positivamente questi virus finirà facilmente col relativizzare dogmi di fede e morale, vizi e virtù, testi biblici, scritti di santi, pronunciamenti del Magistero “passato”, diritto canonico e rispetto per la giustizia…
Pastori infetti da tali virus sono ahimé capaci di perseguitare altri Pastori e gregge, ma non possono pretendere un’obbedienza vincolante e divina ai loro abusi ed errori. O Gesù, Buon Pastore, pietà di noi! Mandaci Pastori secondo il Tuo Cuore che ci guidino in scienza e intelligenza ! [cf. Ger 3,15] (Un sacerdote firmatario dellaCorrectio)

Nessun commento:

Posta un commento

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.