NEOCHIESA: FACCIAMO IL PUNTO
Il corto circuito della neochiesa massonica di Jorge Mario Bergoglio che ha preso il nome con inaudita mancanza di modestia di San Francesco: sta demolendo sotto i nostri occhi la vera Chiesa e vorrebbe anche il nostro applauso di Francesco Lamendola
La crisi che la Chiesa sta vivendo ai nostri giorni è, senza dubbio, la più grave di quante ne ha vissute, e superate, nel corso della sua lunghissima storia. E la gravità non consiste solamente nelle effettive, numerose e gravissime deviazioni dottrinali e morali, nel disordine liturgico, nella pastorale degenerata in mera demagogia; la gravità consiste prima di tutto nel fatto che la deviazione non viene percepita come tale, o non viene percepita affatto, oppure, cosa ancor peggiore, viene percepita come un miglioramento, come un progresso, come un salutare rinnovamento. E le cose sono giunte al punto che quanti sono scivolati nell’apostasia considerano “strani”, “sbagliati”, anacronistici, e, quindi, reprensibili, coloro i quali sono rimasti fedeli alla vera dottrina; e, disponendo del sostegno della maggior parte delle commissioni, delle Conferenze Episcopali, delle Facoltà teologiche, della stampa, delle radio e televisioni cattoliche, nonché, da ultimo, del papato stesso, esercitano una pressione tale da far credere che l’autentica Chiesa sia quella rappresentata da loro, e che quanti non condividono la loro impostazione, la loro “linea” – quella postconciliare, ovviamente – ne sono fuori.
Hanno una bella faccia tosta: è dagli anni Sessanta del ‘900 che la “loro” chiesa è tutta infiltrata da massoni; la “Lista Percorelli” elencava fior fiore di cardinali e vescovi, anche nelle posizioni-chiave del Vaticano, da Villot, a Casaroli, a Poletti, a Marcinkus - iscritti alla Massoneria: E si era nel 1978, all’indomani dell’elezione di Albino Luciani al soglio pontificio; e si sa come poi è andata a finire con quel pontefice. O meglio, non si sa e non si saprà mai; ma i sospetti ci sono, e pesano, perché non poggiano sul niente, ma su indizi precisi: non per nulla Giovanni Paolo I aveva dichiarato di volere, per prima cosa, ripulire la Santa Sede dalla presenza massonica, e si accingeva a silurare sia Villot che Marcinkus. Sta di fatto che, con l’azione convergente di questi porporati e monsignori affiliati alle logge, non c’è quasi più spazio significativo, nella struttura visibile della Chiesa, che non sia stato occupato da esponenti dell’ala progressista e neomodernista, il che ha “spostato” il modo di sentire dei cattolici su posizioni sempre più lontane dalla vera dottrina, ma senza che la maggioranza di essi se ne sia resa conto. L’opera di distruzione della Tradizione è stata così efficiente e sistematica, che ormai molti cattolici delle ultime generazioni ignorano cosa sia la vera dottrina cattolica: dei teologi, non conoscono che quelli “della liberazione”; di preti, non vedono che quelli “di strada”, e di vescovi, non sanno altro che questa mala razza di massoni, modernisti e bergogliani. Non sanno più cos’è la vera musica sacra, la vera arte sacra, la vera liturgia; il catechismo l’hanno appreso, in maniera grottesca o ridicola, da insegnanti laici stipendiati, privi, a loro volta, di una solida preparazione dottrinale e, più ancora, di una sperimentata fedeltà alla Tradizione; le omelie che sentono a Messa, la domenica, sono un concentrato di banalità o autentiche eresie; il Sacramento della confessione, per loro, è una chiacchierata formale con un prete che poi dà l’assoluzione facile e scontata, anzi, dovuta, mentre l’Eucarestia è un rito simbolico, nel quale, come i protestanti, si “ricorda” l’Ultima Cena di Gesù, e non la sua Presenza Reale nelle specie del Pane e del Vino. Le preghiere liturgiche nella parte finale della Messa, hanno abituato i fedeli a “pregare”, cioè a rivolgere vane parole, non certo a Dio, ma a se stessi, per ogni specie di problema politico e sociale, tranne che innalzare l’anima verso Dio. Proibito rivolgere un pensiero al dramma dell’aborto, praticato a livelli industriali; al divorzio, divenuto cosa normale e perfino lecita; all’eutanasia, un “diritto civile” che non si può negare a chi soffre; alle unioni di fatto, anche omosessuali, ormai considerate delle conquiste sociali irrinunciabili e addirittura dei segni di civiltà, qualcosa di cui anche il cristiano dovrebbe andar fiero, perché riconoscono il nobile sentimento dell’”amore”, che è, in fondo – essi dicono - il vero e specifico messaggio di Gesù Cristo agli uomini.
Ora, non esiste peggior malattia di quella che il paziente non riconosce come tale, perché non solo rifiuta l’idea di doversi curare, ma si scaglia con rabbia contro quanti tentano di fargli presente che, in lui, c’è qualcosa che non va. Ma come possono i cattolici infiltrati dall’eresia modernista – e parliamo, ovviamente, per quelli in buona fede – ritrovare la giusta via e recuperare l’autentico rapporto nella relazione con Dio e con la Chiesa, se è la Chiesa stessa, o una parte consistente di essa – quella che noi preferiamo chiamare la neochiesa gnostica e massonica, e che sta alla vera Chiesa press’a poco come la pianta parassita sta alla pianta cui essa s’è abbarbicata, per vivere a sue spese come un organismo estraneo, finché l’avrà condotta alla morte – a tenerli nell’illusione che vada tutto bene, e di essere i membri della Sposa di Cristo, semmai di doversi “difendere” contro i colpi di coda di un integralismo cattolico oscurantista e reazionario, che non accetta il salutare rinnovamento per mero egoismo o per chissà quali altri inconfessabili ragioni? E tuttavia, se non vi sarà una tale presa di coscienza, la Chiesa continuerà ad esser trascinata sempre più lontano da se stessa, dall’ortodossia, e dall’unione mistica con Cristo, con gli Angeli, con i Santi e con la Vergine Maria: i quali, guarda caso, non si “aggiornano”, con vogliono piacere al mondo, non hanno niente a che fare con le smanie affannose di “riforma” che agitano tanti cattolici e li hanno portati, in nome di un falso ecumenismo e di un falso dialogo inter-religioso, a proclamare apertamente che Lutero aveva ragione, e la Chiesa cattolica torto; che il concilio di Trento e il Vaticano I sono stati degli errori, o peggio; che il Sillabo, la Pascendi, e praticamente tutti i documenti del Magistero, che vanno dalla scomunica della Massoneria, rinnovata da diversi pontefici a partire dal 1738 (con la bolla In eminenti apostolatus) e mai ritirata, nei quali si esprime un giudizio sulle correnti del pensiero moderno e sulla pratiche morali della società moderna, sono stati “superati” e, se non proprio annullati, in qualche modo “congelati” dalla “svolta” rappresentata dal Concilio Vaticano II e, ancor più, dagli “approfondimenti” liturgici, pastorali e dottrinali degli anni successivi. Per cui il cattolico “moderno” – un’espressione priva di senso, e tuttavia adoperata volentieri dai membri della neochiesa – non prova alcun imbarazzo, né vede alcun problema reale, se, nelle sue idee e nella sua vita pratica, pensa e agisce in maniera diametralmente opposta a quella del vero Magistero. Nulla, di ciò che è relativismo e disordine morale, gli sembra indegno di far parte della sua vita e di stare all’interno della Chiesa: né il fatto di essere divorziato, né di aver praticato l’aborto, né di essere favorevole all’eutanasia, né di essere fautore dei cosiddetti matrimoni omosessuali. Non gli sembra strano, ma giusto e naturale, che gli islamici entrino in chiesa e partecipino alla santa Messa, né che il B’nai B’rith giudaico, a partire dagli anni Sessanta del ‘900, scriva l’agenda delle riforme della Chiesa cattolica, fino ad aver ottenuto che sia tolta la preghiera per la conversione dei giudei, cioè fino al riconoscimento che il giudaismo è mezzo sufficiente per la salvezza eterna e che, quindi, almeno riguardo agli ebrei – ma il ragionamento, per coerenza logica e storica, non può non essere esteso agli islamici, ai buddisti, agli induisti, ai taoisti, ai teosofi, agli spiritisti, ai seguaci del Voodoo e perfino agli atei militanti – non c’è bisogno del Vangelo, né di Gesù Cristo; e che Gesù Cristo, pertanto, poteva risparmiarsi la pena d’incarnarsi in un corpo umano, di soffrire e di morire sulla croce, nonché di risorgere. Poteva risparmiarsene la fatica, dal momento che basta fare ciò che detta la coscienza, e seguire onestamente la propria fede, per essere salvi: Dio, infatti, dice e ripete il papa Francesco, attende tutti, accoglierà tutti, perdonerà tutti. E che cosa resta, a questo punto, del cristianesimo?
La demolizione dell’opera di Cristo è a buon punto
Ecco perché facciamo fatica a immaginare dei modernisti che siano realmente in buona fede; pure, senza dubbio, ve ne devono essere, e parecchi. In tal caso, è necessario pensare che sia proprio la loro fede ad essersi affievolita, intiepidita, oltre che le capacità di discernimento logico e teologico. Se la fede si spegne, quel che resta è l’impalcatura esteriore della religione; perché, dopotutto, a molti fa pur sempre comodo sapere di appartenere a una religione, anche se quella religione, che poi sarebbe il cattolicesimo, l’hanno adattata alle loro specifiche esigenze, alla loro mentalità, alla loro sensibilità, alla loro morale, insomma l’hanno modificata in tutto ciò che faceva loro comodo, ed adesso se ne servono in maniera utilitaria, come ci si serve degli oggetti materiali che rendono più comoda la nostra vita, come il termosifone che ci scalda, o come l’automobile che ci consente di recarci al lavoro senza troppa fatica e senza prendere la pioggia, nei giorni cattivi. Allo stesso modo i modernisti si servono del cattolicesimo: non hanno il coraggio di dichiararlo morto e inutile, e di gettarlo via, per una forma d’ipocrisia, di viltà e di desiderio di quieto vivere; non vogliono essere costretti a ripensare la loro vita, a fare a meno di un dio che li ha pur sempre accompagnati, coi suoi riti, sin dalla più tenera fanciullezza. In compenso, essi prendono le forbici e tagliano via tutto quel che, per loro, costituisce un problema, tutto ciò che potrebbe dare fastidio; e parlano continuamente solo della parte del Vangelo che conviene ai loro desideri, che conforta la loro fragilità, ma senza pretendere da essi un serio impegno per divenire più forti, per convertirsi veramente e per provare ad essere seguaci di Gesù Cristo non solamente a parole, ma coi fatti, anche quando ciò è molto, ma molto scomodo, e anche quando non c’è nessuno ad applaudirli e a lodarli, anzi, ci sono solamente volti seri ed espressioni ostili, nessuna prospettiva di carriera e una grande probabilità di andare incontro, invece, a maltrattamenti e persecuzioni. Ma che ne sanno di maltrattamenti e persecuzioni, i cattolici odierni di tenenza modernista? Essi pensano che sia tutto facile, che sia tutto dovuto, che Gesù stesso sia solo un distributore di diritti e di biglietti gratuiti per il Paradiso, e che quei biglietti siamo a disposizione di tutti, ma proprio di tutti, anzi, specialmente dei peccatori, indipendentemente dal fatto di essersi pentiti dei loro peccati e di aver domandato perdono a Dio, oppure no. Una enorme confusione dottrinale, un incredibile rovesciamento della giusta prospettiva teologica e morale: proprio quello che volevano cardinali e i vescovi massoni, quale frutto della loro lunga, paziente, perfida opera d’infiltrazione nella Chiesa e di sotterraneo inquinamento degli eterni insegnamenti di Gesù Cristo.
Facciamo il punto
di Francesco Lamendola
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Sosa Abascal e papa bergoglio: i gesuiti al vertice della neochiesa
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