ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

sabato 7 ottobre 2017

Hanno la vocazione ?


La crisi dei sacerdoti


Avendo avuto la grande grazia di aver letto “Il Sacerdote non s’appartiene” del Ven. mons. Fulton Sheen, sono rimasto colpito dalla lettura degli articoli di Avvenire di don Gino Rigoldi (QUI) e di don Albino Sanna, Segretario nazionale Unione apostolica del clero (Ua), (QUI) relativi alla formazione permanente del Clero.

Don Sanna illustra 6 punti chiave:

1) Vivere la comunione e la condivisione nel ministero, sia con i confratelli che con il popolo di Dio, è il primo percorso pratico per realizzare una armoniosa formazione permanente.
2) Offrire disponibilità e impegno personale allo studio, all’approfondimento e alla lettura della realtà in modo da avere sempre presente il cammino che sta facendo la Chiesa e la propria comunità oggi.
3) Favorire e partecipare alle iniziative promosse per il clero a tutti i livelli (Esercizi e Ritiri spirituali, Cenacoli, Incontri Foraniali o di Vicaria, Corsi di formazione teologica, biblica, pastorale, Raduni di clero tra amici, di momenti di ricorrenze particolari o di feste, pellegrinaggi, ecc.).
4) Osare percorsi nuovi uscendo dalla consuetudine, non conservando solo l’esistente, ma assumendo un nuovo stile evangelizzatore, intercettando i reali bisogni profondi della gente, andando incontro agli altri con gioia.
5) Curare la fraternità e l’amicizia tra il clero, il riferimento costante a una guida spirituale, la disponibilità a sentirsi e operare come membro di una comunità di fratelli, come in una famiglia, condividendo le gioie pastorali.
6) Dare spazio all’incontro con Gesù Cristo nel silenzio e ascolto orante. Il tempo della contemplazione è prezioso e vivificante. ‘Mi ami tu?’. Vivere la centralità dell’Eucaristia e curare la propria vita interiore sono la prima attività pastorale e la vera e piena realizzazione della formazione permanente.


Giustamente don Rigoldi si chiede “se l’ordine dei 6 punti proposti da don Albino rappresentasse una scala di priorità o se invece le proposte fossero offerte in ordine sparso”. Bene, ho pensato, adesso don Gino dirà che il punto prioritario è il n. 6: dare spazio all’incontro con Gesù Cristo nel silenzio e ascolto orante. Invece, sorpresa (ma non troppo), prosegue don Rigoldi: “Nel dubbio, vorrei intervenire per suggerire di dare la priorità al quinto punto, ‘Curare la fraternità e l’amicizia tra il clero’ e via con il consueto sociologismo d’accatto. 
Leggiamo alcuni brani di Mons. Sheen:

“innanzitutto il sacerdote è chiamato a essere con-vittima e con-redentore con il Signore Gesù offerto sulla croce e sull’altare: non basta alleviare le necessità materiali dei fratelli, occorre annunciare Gesù Cristo, farlo conoscere e amare. Convertire le anime a Lui e questo è frutto di santità, di unione con Dio”.


La formazione permanente più importante è tutta nelle parole di Fulton Sheen:

Giuda è dapprima un ladro, poi un traditore e infine un aperto alleato del nemico. Ha rubato dai fondi apostolici, è stato preso da un odio nevrotico sia per il denaro che per se stesso e, per ultimo, si è tolta la vita, ma l’incrinatura, quando ha fatto la sua prima comparsa? Quando è cominciato l’impercettibile crollo, tanto impercettibile che gli Apostoli, durante l’Ultima Cena, non se ne avvidero? È cominciato quando colui ch’era chiamato a essere Sacerdote e vittima ha rifiutato di accettare le parole del suo Signore: «Questo è il pane disceso dal cielo, non come quello che mangiarono i padri vostri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno» (Gv 6, 58). La carne! Indubbiamente essa spiega certi aspetti della debolezza sacerdotale. Attaccamento alle cose del mondo! Amore per i titoli azionari! Lusso! Alcool! Nominiamo qualsiasi peccato che ci possa venire in mente. Sono questi gli strascichi che accompagnano il declino del sacerdozio, ma nella veste della santità vi era già uno strappo ancor prima che queste altre forme di nudità e di vergogna facessero la loro comparsa. Nostro Signore sa dove questi palesi e scandalosi peccati ebbero origine. Forse ebbero origine in una «Messa d’un quarto d’ora»; in un «ringraziamento d’un minuto»; in un rapido salto dalla camicia da notte al camice; in una carenza di visite al Salvatore Eucaristico, essendo queste limitate alle visite «ufficiali», quando si «deve» celebrare la Messa o qualche altro ufficio divino. Quindi, l’uomo che è Sacerdote; sempre e ovunque, per l’Eucaristia non è stato capace di essere un Sacerdote Eucaristico. Se un chirurgo si tiene a distanza dal corpo e dal sangue dell’uomo, non perderà la sua perizia? Non è egli specificamente autorizzato alla sua professione appunto in funzione del corpo e del sangue? Ma noi, che non siamo soltanto «autorizzati» ma «ordinati» in funzione del Corpo e del Sangue, come potremo conservare il nostro potere, la nostra santità, la nostra perizia di Sacerdoti se non mediante la fede più viva nel Corpo e nel Sangue di Cristo?
[…] La lezione è chiarissima. Noi siamo Sacerdoti Eucaristici. Osservando un prete celebrare la Messa si può capire come tratta le anime nel confessionale; come si comporta con i poveri e gli ammalati; se si interessa o no delle conversioni; se si preoccupa maggiormente di piacere a monsignor Vescovo che al Signore Dio; con quanta efficacia sa infondere pazienza e rassegnazione in chi soffre; se è un amministratore o un Pastore; se ama i ricchi o i ricchi e i poveri; se predica soltanto le questue o la parola del Cristo. La corruzione morale del Sacerdozio inizia dalla mancanza di una fede ardente nella presenza Eucaristica, dalla quale fede invece inizia la santità.


Oggi, verrebbe accusato di fare proselitismo… MEGLIO NON SI POTREBBE CAPIRE LA CRISI DEI SACERDOTI!
Oggi, primo venerdì del mese, preghiamo il Sacratissimo Cuore di Gesù per i nostri Sacerdoti.
Lui e solo Lui è la formazione permanente del Clero!

Andrea Mondinelli





Autore:
Andrea Mondinelli

Fonte:
CulturaCattolica.it
http://www.culturacattolica.it/attualit%C3%A0/in-rilievo/abbiamo-detto-gli-editoriali/la-crisi-dei-sacerdoti


Ho la vocazione ? Cosa devo fare?" Se vuoi! Vieni! Seguimi"!




Presentazione

Padre Barielle fu il direttore spirituale del Seminario San Pio X di Ecône, scelto per questo compito così importante dallo stesso mons. Marcel Lefebvre. Egli scrisse il seguente testo, del quale daremo alcuni estratti, per spiegare i principi della dottrina cattolica concernente la Vocazione.

Immagine correlata
Dedica
a San Giuseppe,
patrono delle vocazioni.

Introduzione

“Che immenso tesoro

un prete veramente buono

ovunque egli si trovi!”

San Pio X, esortazione al clero.


Tutti sono chiamati alla santità, a salvarsi come dice San Pietro: “Iddio di ogni grazia ... vi ha chiamati in Gesù Cristo alla eterna sua gloria”. Qui non intendiamo parlare della vocazione alla salvezza, propria di ogni uomo, ma della vocazione particolare con la quale Dio chiama ad uno stato di vita superiore dove, oltre ai comandamenti di Dio, l’uomo, rinunciando al mondo per donarsi totalmente al Creatore, si impegna ad osservare i consigli evangelici. Il nome “vocazione” è strettamente riservato a quest’ultimo stato di vita.

Sono chiamato da Dio a scegliere uno stato di vita di perfezione? O piuttosto a restare nella vita comune? Ovvero: “Ho la vocazione?”

Ecco una domanda che ha turbato molte anime generose. Posso, devo donarmi totalmente a Dio? Persino anime consacrate, di fronte alle tentazioni o al demonio, si turbano e si pongono la domanda: “Sono sulla strada giusta? Non mi sarò ingannato entrando in seminario, in convento?” Ed il demonio ne approfitta per ingannarle, scoraggiarle e turbarle con una serie di scrupoli: “chissà se …? Sono nella giusta via …?” etc. Se ci apprestiamo ad affrontare questo importante argomento, è per illuminare i giovani che si pongono questa grande domanda dalle conseguenze incalcolabili: “ho la vocazione?” […]

Capitolo I - Esistono più vocazioni di quanto si creda

Dio ha sempre dato al mondo le vocazioni necessarie.

Se tutti coloro che sono stati chiamati da Dio avessero risposto, il mondo sarebbe già convertito; bisogna tuttavia tener presente:

a) Quelli che non sono nati! Per le famiglie cristiane numerose è sempre stata una gioia e un onore vedere uno dei propri figli scelto da Dio e chiamato a particolare vocazione: Sant’Ignazio era undicesimo; […]; San Francesco Saverio, tredicesimo; Santa Caterina da Siena, ventiquattresima. Se la Signora Martin avesse rifiutato il suo nono figlio, il mondo non avrebbe Santa Teresa di Lisieux!

b) I figli unici, adorati, non abituati ai sacrifici, una famiglia che non tiene in grande considerazione Dio, salve le debite eccezioni, non sono un terreno propizio per le vocazioni.

c) La mostruosità di una educazione che fa continuamente astrazione da Dio e da Cristo. E’ la posizione sbandierata da quanti vogliono e sostengono l’insegnamento ateo, ossia quell’insegnamento che, per partito preso, ignora volutamente Dio, la sua rivelazione, la divinità di Gesù Cristo e i nostri doveri nei suoi confronti. Non c’è nulla di peggio per inaridire le vocazioni maschili, e ancor più quelle femminili.

d) Chi si sente chiamato, ma non vuole rispondere.



Uno su tre

Uomini esperti come San Giovanni Bosco e Sant’Alfonso De’ Liguori, dicevano: “Un fanciullo su tre ha la vocazione”.



Errori sulla vocazione

Alcuni credono che per avere la vocazione sia necessario averne l’attrattiva. Ora c’è chi non è attratto, ma ha la vocazione; e c’è chi ne ha il desiderio, anche in modo evidente, ma è lontano dall’avere la vocazione perché privo delle disposizioni richieste.

Altri immaginano la vocazione come una voce interna che dice: “vieni!”

Altri, ancora, dimenticano che vi sono vocazioni molto diverse. Ho conosciuto un sacerdote che, per la salute cagionevole, non ha potuto essere certosino, ma è divenuto un santo parroco di campagna e morì canonico di cattedrale, in concetto di santità.

Vi sono vocazioni che esigono salute ed intelligenza non comuni. Altre, però, pur esigendo un grande amore per Dio, possono convenire ad un soggetto di salute delicata e poco istruito, come l’umile fratello portinaio divenuto San Pasquale Baylon.

San Gerardo aveva capito!

Sant’Alfonso De’ Liguori aveva appena aperta una casa per favorire le vocazioni di sacerdoti e fratelli. Il giovane Gerardo Maiella ne intese parlare. Senza esitare abbracciò il padre e la madre e partì. Per strada, incontrò un amico che gli chiese: “Dove vai?” “Vado a farmi Santo!” e vi andò. Grazie a questo gesto la Madonna gli permise di realizzare il suo grande desiderio di santità. E tu? Perché non potresti fare come San Gerardo? Si vis! Se lo vuoi!

Rispondere alla vocazione è obbligatorio?

Non bisogna dire: “Chi, per propria colpa, non è stato fedele alla chiamata sarà necessariamente dannato”. No! Questo è falso!

Qualsiasi peccato, per quanto grande possa essere, se ci si umilia e si domanda perdono a Dio, viene perdonato. Dio accorda tutti i mezzi necessari alla salvezza.

E’ però vero che un uomo, rifiutando per sua colpa di seguire la volontà di Dio, manifestata in modo certo e pressante, perché vi sono anche chiamate più pressanti di altre, si priverebbe di molte grazie e comprometterebbe la propria salvezza eterna. Se San Francesco di Assisi fosse rimasto mercante di tessuti e Sant’Ignazio cavaliere alla corte, è lecito domandarsi cosa sarebbero diventati.

Quante ragazze si sarebbero santificate, avrebbero progredito nell’amore divino e avrebbero attirato tante benedizioni divine sulla terra prendendo Gesù come sposo; invece, legate ad un marito onanista, vizioso o leggero, in mezzo a peccati di tutti i tipi, con pochissimi soccorsi religiosi, hanno avuto una ben altra vita! Ugualmente, quanti giovani avrebbero avuto una vita feconda di meriti per la gloria di Dio ed invece, legati troppo frettolosamente ad una moglie superficiale, egoista o testarda, vivono nel peccato per avere la pace in casa; triste pace, che prelude sovente a terribili conti da rendere al Sovrano Giudice!

Quante volte la scelta generosa del più alto servizio avrebbe strappato l’interessato dalla mediocrità e, per lo stesso fatto, da moltissime cadute!

E’ dunque di estrema importanza porsi questa domanda: “Ho la vocazione?”

Uomini che non vi avevano mai pensato e che un giorno si sono posti tale domanda, hanno avuto una vita interamente trasformata che li ha portati a raggiungere la santità; e ancor di più, essi sono diventati lo strumento di salvezza nelle mani di Dio per migliaia e migliaia di anime, come San Paolo, San Francesco Saverio, Sant’Alfonso De’ Liguori e molti altri.

Tutti i giovani cattolici devono porsi questa domanda dalle conseguenze incalcolabili. Gli “Esercizi Spirituali”, specialmente se sono fatti secondo il vero metodo di Sant’Ignazio, sono il mezzo migliore per risolvere razionalmente questo problema. Infatti essi ottengono le disposizioni volute: a) per vederci chiaro, b) per avere il coraggio necessario.



Capitolo II - Ho la vocazione ?

E’ indispensabile avere le idee chiare su questo problema, altrimenti molti chiamati non risponderanno e le anime che potrebbero salvarsi forse non lo saranno affatto. Ma come sapere se sono chiamato?

Sant’Ignazio non pone la domanda in questa forma astratta ...

... prima di tutto perché spesso lo si sa bene soltanto dopo … ossia Dio può domandare a qualcuno il sacrificio di Abramo, sacrificargli il figlio Isacco per provarne l’obbedienza. San Camillo entrò due volte dai Cappuccini e due volte fu obbligato ad uscirne: Dio lo riservava per fondare l’ordine dei Camilliani. San Benedetto Labre entrò in un convento di Trappisti … e ne uscì. E il signor Martin, futuro papà di Santa Teresa del Bambin Gesù, non andò forse a bussare alla porta di San Bernardo per sollecitare la sua ammissione? Gliela rifiutarono. Dio aveva altri disegni, ma il suo atto di generosità resta.

Quanti giovani sono entrati in seminario o in convento e ne sono usciti legittimamente. Non soltanto non devono vergognarsi, ma nel giorno del giudizio saranno stupiti della ricompensa straordinaria ed eterna che allora riceveranno per avere, un giorno della loro giovinezza, compiuto il gesto di abbandonare tutto per Cristo. Gesto di cui il Maestro si è accontentato.

Dio ha voluto che in tutte le scelte di vita ci fosse un rischio. C’è ben un rischio anche in tutti i matrimoni, o in tutti i reclutamenti nella Marina o nell’Esercito! Perché non rischiare anche per Cristo? In tutti i casi, sappiate che questo rischio sarà ben ricompensato.

Dunque, Sant’Ignazio non pone la domanda nella forma: “ho la vocazione?” Ma in un modo più concreto, ossia:



“Cosa devo fare, oggi?”

Il problema, così posto, è più facile da risolvere. Un uomo di buona volontà, per quanto poco rifletta giunge abbastanza facilmente a sapere ciò che Dio vuole che faccia, almeno per il momento.

Perché la domanda: “Cosa devo fare oggi?” Viene rischiarata da principi teologici e da avvenimenti provvidenziali che manifestano la volontà di Dio, volontà che dobbiamo sempre voler seguire.

A volte, la volontà di Dio si manifesta repentinamente, con estrema chiarezza. Altre volte, le vie della Provvidenza si manifestano progressivamente. Dio esige la nostra buona volontà, la nostra ricerca. Il gioco vale bene la candela!

Avviene assai spesso che la vocazione non si manifesti di per sé spontaneamente, ma che occorra scoprirla, quasi come la gemma evangelica nascosta nel campo. Dio infatti, che riserva a sé la chiamata dei suoi eletti, richiede tuttavia l’opera collaboratrice dei suoi sacri ministri, affinché i giovani avvertano l’azione della grazia celeste e conducano a maturità il germe divino deposto nelle loro anime.

“Non voi avete scelto Me …”

Anzitutto la vocazione viene da Dio, non da noi. Il termine “vocazione” deriva dalla parola latina “vocare”: chiamare. E’ Dio che chiama.

Non è raro, anche nelle famiglie cristiane, constatare una deformazione precoce nei confronti del bambino al quale si pone questa domanda: “Cosa vorresti fare da grande?”

Se il bambino, il giorno precedente, è stato impressionato dalla visita di un vescovo, o di un ufficiale di aviazione, o di un vigile urbano, risponderà: “Voglio fare il vescovo … l’aviatore … i vigile …”

Sant’Ignazio, nel preambolo per la considerazione degli stati di vita, Esercizi Spirituali, n° 135, così si rivolge agli esercitandi: “Cominceremo, contemplando la Sua vita (di Nostro Signore), a investigare e a domandare a Dio in quale stato o genere di vita la sua Divina Maestà si degnerà servirsi di noi”.

La prospettiva cambia. Non siamo noi che dobbiamo scegliere in primo luogo, ma Dio. Ciò non deve mai essere dimenticato.

“Non siete voi che avete scelto me, ma io ho scelto voi”.

Non si tratta dunque di sapere se mi piace o no, ma se Dio mi chiama. Si tratta di cercare “dove Dio si degnerà servirsi di me” durante il mio breve pellegrinaggio terreno, il cui fine è “lodare, onorare e servire Dio” quaggiù “e salvare così la mia anima”. Grazie a questa luce potremo vedere la volontà di Dio su di noi.

E Sant’Ignazio continua, al n° 23 degli Esercizi, che bisogna “scegliere unicamente ciò che meglio ci conduce al fine per il quale siamo stati creati”.

Se vuoi! Vieni! Seguimi!

Nel capitolo X del Vangelo di San Matteo, Nostro Signore ci dà una lezione magistrale sulla questione. Un giovane avvicina Gesù: “Maestro, cosa posso fare per avere la vita eterna?” “Se vuoi entrare nella vita eterna, osserva i Comandamenti.” Il giovane replica: “Ma tutto questo io l’ho osservato fin dalla mia fanciullezza.” Gesù lo guarda e l’ama, osserva San Marco. Il giovane è idoneo. Il Signore l’ha capito dalla sua risposta e gli lancia l’appello: “Si vis!” Non gli resta che volerlo. “Se vuoi essere perfetto, va, vendi ciò che hai, donalo ai poveri e avrai un tesoro in cielo; poi vieni e seguimi!”

Se lo vuoi” Dio rispetta la libertà: “Si vis!”

Dall’altra parte invece la chiamata di Dio non è rispettata ed il giovane si allontana rattristato. La riflessione che fece allora Gesù, lascia dubitare della sua salvezza.

Tornando a noi: a questo punto, possediamo due elementi in merito alla vocazione:

1) La chiamata di Dio: chiamata che sarà concretizzata dal vescovo o dal superiore ecclesiastico, in nome della Chiesa, dall’ammissione ad uno stato di perfezione.

2) La volontà libera del candidato: “Se lo vuoi!”

Restano da esaminare gli altri elementi che permetteranno ai superiori di pronunciare l’appello e al candidato di rispondere, di presentarsi all’appello, di tutto lasciare per donarsi totalmente a Dio in questo o in quello stato di vita superiore, o “vocazione”.



Madonna del Buon Consiglio,

degnateVi illuminarmi !

San Giuseppe,

patrono e custode delle vocazioni,

aiutatemi !





Capitolo III - Ma come sapere se sono chiamato ?

Parla, o Signore, che il tuo servo ti ascolta!

Per saperlo, bisogna innanzitutto pregare. Una vocazione richiede molte preghiere:

a) per vederci chiaro;

b) per mettersi nella giusta disposizione

Dite con San Paolo: “Signore, cosa vuoi che faccia?” e con il giovane Samuele: “Parla, o Signore, che il tuo servo ti ascolta”. Invocate al Madonna del Buon Consiglio; pregate San Giuseppe patrono delle vocazioni; l’Angelo custode; il Santo di cui portate i nome.

Andate a fare gli Esercizi spirituali di Sant’Ignazio.



Cinque segni che indicano al candidato che può proseguire con sicurezza di coscienza

1 - Comprendere che, in tale vocazione, servirò meglio il Signore, mi santificherò di più, lavorerò meglio alla mia salvezza e a quella delle anime, glorificherò meglio Dio in questa vita e in cielo.

Parlando di coloro che abbracciano la castità per il Regno dei Cieli, Nostro Signore dice che ciò non può essere compreso senza una grazia speciale: “Non tutti capiscono questa parola, ma soltanto quelli ai quali è stato concesso” (S. Matteo XIX). Non si tratta di sapere che in teoria la vocazione religiosa è più degna di quella ordinaria; ma se io, con le mie qualità concrete, servirò il Signore nella scelta fatta. Compreso questo, si ha già una prima indicazione divina.

2 - Avere le disposizioni richieste

Nella XV Annotazione, Sant’Ignazio dice che: “fuori degli esercizi è lecito e meritorio spingere” non tutti, ma “tutte le persone che probabilmente hanno le disposizioni richieste” a scegliere “la verginità, lo stato religioso ed ogni forma di perfezione evangelica”. Ecco un elemento indicatore molto importante. Si può affermare che se qualcuno non ha le disposizioni richieste, normalmente, non è chiamato da Dio. Attenzione! Dio lo chiama, forse, ad un’altra vocazione; ma sicuramente non a quella per la quale gli mancano le disposizioni richieste. Esempio di disposizioni richieste: una sufficiente intelligenza, per affrontare gli studi; una sufficiente salute, per svolgere il ministero; avere buon senso, per dirigere se stessi e gli altri.

3 - Non devono esserci controindicazioni

E’ noto ciò che si intende in medicina per “controindicazione”: chi ha il cuore ammalato non può fare l’aviatore né lo scaricatore; chi ha seri problemi di vista non può condurre mezzi pubblici, etc. Esistono “controindicazioni” anche nella vocazione.

Alcune di diritto naturale, altre imposte dal Diritto Canonico. Un giovane, unico sostegno della famiglia povera oppure un uomo con debiti o procedimenti penali pendenti, non possono entrare in noviziato senza prima aver regolato queste questioni. Un figlio illegittimo non può diventare sacerdote; altrettanto per certe infermità, o tare, o colpe pubbliche, almeno per alcune vocazioni. Ugualmente per certe abitudini di cui il giovane non riesce a correggersi.

In quest’ultimo caso vi è un indicazione importante circa l’esistenza o meno della vocazione.

4 - Donarsi a Dio significa accettare le rinunce richieste dalla pratica dei Consigli evangelici

“E’ molto meglio non far voto, che farlo e poi non mantenerlo” dice l’Ecclesiaste. Qualcuno che, ad esempio, non vuole osservare la castità, la povertà o l’obbedienza, non deve impegnarsi nella vita religiosa. Un uomo che pecca contro la castità, non deve proseguire senza aver prima corretto le sue cattive abitudini; dice San Bernardo: “Una lunga castità è una seconda verginità”.

5 - Infine, bisogna trovare un vescovo o una congregazione che accetti il candidato

Questo è il segno ufficiale della chiamata di Dio. Se non trovate alcun vescovo e nessuna congregazione che Vi accetti, state tranquilli: è segno che Dio non vi chiama.

Tuttavia attenzione! Non giudicate troppo presto, né troppo sommariamente. Qualcuno può non essere adatto per una congregazione e trovarsi bene in un’altra. Allo stesso modo può sbagliarsi chi ritiene, a prima vista, che un ragazzo non ha la vocazione. E’ permesso insistere e cercare altrove, soprattutto se un soggetto dimostra di possedere i cinque segni indicati



Il Diritto Canonico riduce a quattro i segni di vocazione:

1) retta intenzione;

2) appello del vescovo;

3) qualità necessarie;

4) mancanza di irregolarità o impedimenti.



Chi soddisfa queste quattro condizioni può donarsi a Dio senza timore di sbagliare?

Si! Anche se non ne ha voglia! A meno che non si tratti di una ripugnanza invincibile o di una accettazione forzata per le pressioni della famiglia: in questi casi il giovane non soddisferebbe le condizioni richieste.

Il teologo Noldin dice: “Chiunque, avendo l’idoneità e la retta intenzione, aspira al sacerdozio, può presentarsi al vescovo”. […]



Giovane, se lo vuoi!

Ecco un qualsiasi giovane vivace, intelligente, ben disposto al matrimonio, ammirato e conteso da diverse ragazze. Non avrebbe che l’imbarazzo della scelta!

Ma, colpito dalla mancanza di operai evangelici, dal gran numero d’anime che si perdono, intravvede tutte le conseguenze che avrà, per la salvezza del mondo, la sua rinuncia alle gioie permesse del matrimonio … se consacrasse tutta la vita al sevizio di Dio. Vede il risultato di questo dono in un Francesco Saverio, in un Giovanni Bosco, in un Vincenzo de’Paoli, in un Giovanni Maria Vianney e si chiede: “Perché non io?”

Possiede i cinque segni già indicati: 1) Comprende l’efficacia che avrebbe il suo sacrificio nel servizio di Dio e della Santa Chiesa. Il numero delle famiglie trasformate e la sua maggiore santificazione! 2) Ha le disposizioni richieste. 3) Se si dona a Dio è ben deciso, con la sua grazia, a osservarne gli obblighi. 4) E’ privo di controindicazioni. 5) Troverà facilmente un vescovo o una congregazione che l’accettino.

Ebbene, questo giovane può chiedersi: “Dio mi chiama? Gli consacro la vita? Mi voto al suo servizio?”

La risposta è, senza alcun dubbio positiva! Questo giovane può considerare rivolte a sé le parole del Divino Maestro: “Si vis! Se vuoi essere perfetto, va’, vendi ciò che hai, donalo ai poveri e avrai un tesoro in cielo; pio vieni e seguimi” (San Matteo cit.).

“Nessuna cosa - dice Sant’Ignazio - mi deve muovere a prendere questi o quei mezzi o a lasciarli, se non unicamente il servizio e lode di Dio, nostro Signore, e la salute dell’anima mia” (169).

San Tommaso (ST II-II 189,10) dice che “occorrono più ragioni per non farsi religioso che per farlo”; egli ripete più volte nello stesso articolo: “Soprattutto, non cercare consigli presso coloro che ti ascolteranno” e riporta il pensiero di San Girolamo: “Affrettati, te ne prego, e se esiti rompi gli ormeggi piuttosto di perdere il tuo tempo a scioglierli”.

Una volta risolta davanti a Dio la questione della vocazione, bisogna smettere di consultare a destra e a sinistra ed esitare. E’ il classico mezzo usato dal demonio per imbrogliare e scoraggiare un gran numero di chiamati.

I genitori non hanno il diritto di impedire ai figli di donarsi a Dio, e nemmeno di imporre una lunga dilazione, per esempio chiedendo di attendere la maggiore età, la conclusione degli studi, il raggiungimento di questo o quell’obbiettivo … E’ un abuso di cui dovranno rendere conto a Dio. Il giovane che domandò a Gesù il permesso di seppellire suo padre prima di rispondere alla chiamata, non ritornò.

Il giovane non faccia attendere Dio. Per ciò che gli riguarda, quando la situazione è chiara, si doni subito generosamente a Cristo e, appena sarà possibile, realizzi il suo progetto. “Temo il Signore che passa e più non torna” diceva Sant’Agostino.



Presto giovane, deciditi!

Sant’Ignazio, n. 185 e 187, dice: “ - A un giovane che ti assomiglia, cosa consiglieresti per la maggior gloria di Dio e per le più grande perfezione della sua anima? - Trovandoti in punto di morte, cosa vorresti aver scelto? - I tuoi diversi argomenti cosa valgono davanti al Tribunale di Dio?”

Non esitare. Agisci di conseguenza. Si vis! Comprendi la grazia, comprendi l’onore che ti è fatto. “Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ha destinati ad andare a portare frutto, e il vostro frutto permanga” (San Giovanni XV).



Capitolo IV - Risposta alle obiezioni

I - Ma a questa stregua, tutti dovrebbero darsi a Dio. Sarebbe la fine del mondo!

Il santo padre Berthier rispondeva: “Sarebbe la più bella fine del mondo!”

Rassicuratevi, il “Si vis - se vuoi” molti non lo vogliono! Inoltre i cinque segni indicati sono una selezione che va lontano. Ma siccome il nostro pellegrinaggio terreno ci è dato come mezzo per amare e servire Dio liberamente e meritare poi di goderlo in un’estasi eterna di contemplazione e d’amore, dobbiamo scegliere tutto ciò che ci può aiutare a meglio raggiungere il fine. E’ Dio che ci invita.



II - La mia attrattiva per la carne, non è un ostacolo alla vocazione?

No, salvo un eccezionale temperamento da energumeno, Sant’Alfonso si arrabbiava quando gli obiettavano la concupiscenza della carne contro la vocazione. “Ma credere - rispondeva - che non vi verrà nel matrimonio? Avrete occasione di peccare all’interno e al di fuori di esso, mentre nella vita religiosa avrete meno occasioni e più soccorsi. Sarebbe un peccato contro la speranza credere di non poter resistere ai demoni, con tutti i soccorsi che dona la regola”.

Di fatto - ma non lo si sa abbastanza! - è relativamente facile praticare la castità nella vita religiosa: colui che osserva la modestia degli occhi e dei sensi; che rispetta la regola nelle relazioni con il mondo esterno; che fugge le occasioni di peccato; che prega, si confida a Maria, pratica la mortificazione, espone filialmente i propri errori e tentazioni al direttore spirituale, passa al contrattacco con la preghiera e la penitenza appena il tentatore si avvicina … costui praticherà facilmente la perfetta castità. E’ una delle grazie e delle gioie più pure della vita religiosa.



III - Non conosco tutte le congregazioni per poter scegliere.

Non è necessario conoscerle tutte per decidersi, come non si aspetta di conoscere tutte le donne per sposarsi, o di provare tutte le scarpe di Roma per decidersi ad acquistarne un paio.

E’ Dio che conduce. Se chiama, farà conoscere la congregazione dove Vi vuole, o se Vi vuole nel clero diocesano.

Sant’Alfonso raccomanda soprattutto di non scegliere una comunità religiosa rilassata o contaminata da cattive dottrine.



IV - Che dire di colui che dubita della sua vocazione?

Chi è entrato in uno stato di vita religiosa con retta intenzione e la legittima chiamata dei superiori, è sulla strada buona. Deve però ricordarsi che “il diavolo è bugiardo” (San Giovanni 8), non deve inquietarsi né cambiare vita, disprezzi queste tentazioni: non ci si sbaglia donandosi a Dio!

Se il nemico cerca di ricondurre a sentimenti di puro egoismo l’eletto del Signore, egli scacci il demonio e rinnovi con tutto il cuore la sua totale consacrazione, per mezzo del Cuore Immacolato di Maria e il ricorso a San Giuseppe “terror demonum”. Continui senza discutere ad eseguire con diligenza i propri doveri di stato e il demonio fuggirà.

Se la preghiera è il grande mezzo per conoscere la propria vocazione e per rispondervi, essa è ugualmente il grande mezzo per perseverarvi. “Chi prega si salva e chi non prega si danna” scriveva sant’Alfonso ed aggiungeva: “Tutti i dannati sono all’inferno perché hanno cessato di pregare, non ci sarebbero se non avessero smesso di pregare”.

San Bernardo, davanti ai tranelli del demonio esclamava: “Ratio spei meae, Maria! - Ragione della mia speranza è Maria!” Come Madre della Chiesa, la Regina degli Apostoli potrebbe abbandonare i consacrati che l’invocano? “Nella tempesta, guarda alla Stella, invoca Maria!”

La perseveranza nella vita religiosa è molto facile, anche se sono pochi i mezzi usati: “so in chi ho posto la mia fede” (San Paolo a Timoteo) perché Dio non abbandona mai chi confida in Lui.

“La paura di coloro che temono di non poter raggiungere la perfezione entrando nella vita religiosa è irragionevole”, dice San Tommaso e cita le parole di Sant’Agostino: “Perché esiti? Gettati in Lui. Non avere paura: Egli non si ritirerà per lasciarti cadere. Gettati con tutta sicurezza, e Dio ti accoglierà e ti guarirà” (Confessioni VIII).



Capitolo V - Maria veglia sui seminaristi

La tentazione di fuggire

Un seminarista di 13-14 anni ha un improvviso colpo di testa: sbatte la porta della classe e parte. Scende di corsa la scale, afferra la maniglia della porta che s’apre sulla strada … è una vecchia maniglia ottagonale in rame cesellato, traballante e riattaccata al suo perno con un chiodo storto … il momento è decisivo: se passa la porta sa che non tornerà più!

Tutta la sua vocazione è in gioco. Una voce gli grida forte dal fondo del cuore: “Se oltrepassi questa porta, le anime che avresti dovuto salvare non si salveranno!” Il giovane esita, intravvede la tragica posta del suo “colpo di testa”, la voce si fa più forte: “Se passi questa porta …”

Egli lascia la maniglia e ritorna sui suoi passi: Maria ha impedito una catastrofe!

Più tardi, vecchio missionario di 80 anni, rabbrividirà al pensiero che per quel “colpo di testa” adolescenziale, il demonio avrebbe impedito centinaia e migliaia di conversioni ed aumentato il numero delle anime dannate.

Preghiamo per i seminaristi, ringraziamo il Signore per aver posto Maria a tutela della vocazioni.



Un seminarista scoraggiato

Uno studente domenicano completamente privo di memoria si convince, in realtà è il demonio che glielo suggerisce, che non riuscirà mai a completare gli studi: “senza memoria è impossibile. Parti!”

Delle alte mura circondano il convento; il portone è chiuso. Una sera, presa una scala, il giovane tenta la fuga ma, arrivato in cima, una grande e bella Signora accompagnata da due Sante, lo attende sulla sommità del muro: “Perché vuoi partire?” “Non ho memoria e sono incapace di fare gli studi.” “Ebbene, ritorna! Da oggi avrai una buona memoria, diventerai sapiente e farai molto bene. Affinché tuttavia tu sappia che ti ho ottenuto questa grazia dal Figlio mio, nella tua vecchiaia durante una predica perderai improvvisamente la memoria per poi ritrovarla. Racconterai allora questa grazia e dopo non dovrai far altro che prepararti alla morte”.

Fu così che Sant’Alberto Magno divenne professore alla Sorbona a Parigi, maestro di San Tommaso d’Aquino; vescovo di Ratisbona fece un bene immenso. Diventato vecchio, durante una predica, perse per un momento la memoria e raccontò di quella Grazia che aveva ottenuto dalla Vergine.

Affidiamo i nostri seminaristi alla Santa Vergine, che Maria vegli su di essi.



“Il più grande dono che Dio possa fare ad una famiglia, è un figlio sacerdote” (San Giovanni Bosco)

“E chiunque avrà abbandonato la casa, o i fratelli, o le sorelle, o il padre, o la madre, o i figli, o i campi per amor del mio nome, riceverà il centuplo e possederà la vita eterna” (San Matteo XIX).

Sono urgenti per difendere la Chiesa altri Giovanni Bosco, Francesco Saverio, Vincenzo de’Paoli … ma anche altre Caterina da Siena, Giovanna d’Arco, Chiara d’Assisi, Scolastica, Teresa d’Avila


Non esitate!



Preghiera per conoscere la propria vocazione

O mio Dio, Voi che siete il Dio della sapienza e del consiglio, Voi che leggete nel mio cuore la retta volontà di piacere a Voi soltanto e di regolarmi, riguardo alla mia scelta di vita, conforme alla Vostra santissima volontà:

concedetemi, per l’intercessione della Santa Vergine e dei miei Santi Patroni, la Grazia di conoscere quale stato di vita io debba prendere e, conosciutolo, di abbracciarlo.

Concedetemi di cercare in esso e di accrescere la Vostra gloria, operare la mia salute spirituale e meritare il premio celeste che avete promesso agli esecutori della Vostra Divina volontà.

Amen!


(fonte Fraternità Sacerdotale San Pio X)

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