Le infelici metafore di papa Bergoglio
Roma, 11 ottobre 2017, Discorso ai partecipanti all'incontro promosso da Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione
Quando si cerca di spiegare le cose serie con metafore da poco, si corre sempre il rischio di banalizzare il serio fino a renderlo ridicolo.
Lo stesso accade col provare ad offrire concetti importanti attraverso un linguaggio popolare, attuando una sorta di volgarizzazione che finisce con lo stravolgerne il vero significato originario.
Il Signore giustamente ammoniva dal dare le perle ai porci (cfr. Mt. 7, 6), ma occorre anche tenere presente che spesso chi si dispone a volgarizzare, spinto dall’idea di meglio far comprendere ai più, incomincia col formare in sé medesimo una distorta comprensione di ciò che pensa di dover offrire alla comprensione altrui.
Venendo al dunque, ancora una volta papa Bergoglio si lancia in una reprimenda contro l’integra conservazione del Deposito della Fede.
Parlando a coloro che dovrebbero promuovere la “nuova” evangelizzazione, questo 11 ottobre 2017, ha tenuto a precisare che
Lo stesso accade col provare ad offrire concetti importanti attraverso un linguaggio popolare, attuando una sorta di volgarizzazione che finisce con lo stravolgerne il vero significato originario.
Il Signore giustamente ammoniva dal dare le perle ai porci (cfr. Mt. 7, 6), ma occorre anche tenere presente che spesso chi si dispone a volgarizzare, spinto dall’idea di meglio far comprendere ai più, incomincia col formare in sé medesimo una distorta comprensione di ciò che pensa di dover offrire alla comprensione altrui.
Venendo al dunque, ancora una volta papa Bergoglio si lancia in una reprimenda contro l’integra conservazione del Deposito della Fede.
Parlando a coloro che dovrebbero promuovere la “nuova” evangelizzazione, questo 11 ottobre 2017, ha tenuto a precisare che
«La Tradizione è una realtà viva e solo una visione parziale può pensare al “deposito della fede” come qualcosa di statico. La Parola di Dio non può essere conservata in naftalina come se si trattasse di una vecchia coperta da proteggere contro i parassiti!»
Questo concetto, preceduto e seguito da altri introduttivi ed esplicativi, è fondato sull’equivoco già insito nel titolo del Pontificio consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione, il promotore dell’incontro ai cui convenuti si è rivolto papa Bergoglio.
Quel “nuova” che aggettiva l’evangelizzazione, sembrerebbe dover indicare che si tratta di una evangelizzazione da rifare: una stessa evangelizzazione da ripetere “di nuovo”; ma accade anche che possa indicare una evangelizzazione “nuova”: una evangelizzazione che si differenzi da quella originaria. Spesso l’intenzione è solo quella di “rinnovare” le parole per esprimere la stessa cosa, ma altrettanto spesso accade che le parole nuove finiscano col veicolare nuovi concetti, tali da non esprimere più la stessa cosa.
E’ quello che accade da cinquant’anni, da quando Giovanni XXIII (Gaudet Mater Ecclesia, 3) pretese che
Questo è esattamente quello che ricorda papa Bergoglio in questo suo discorso, ma per comprenderne meglio il significato è necessario leggere le spiegazioni che ne dà lo stesso Giovanni XXIII.
In questa precisazione si trova esattamente l’equivoco di cui dicevamo prima.
Posto che i cosiddetti “nostri tempi” sono tali da richiedere che “le verità … contenute nella nostra veneranda dottrina” vengano nuovamente “annunziate”, ne deriva che se non si coglie la causa vera di questa esigenza, si finisca con lo stravolgere la dottrina.
Qui, né Giovanni XXIII né papa Bergoglio apportano il minimo chiarimento, limitandosi a richiamare la necessità che la dottrina «sia approfondita ed esposta secondo quanto è richiesto dai nostri tempi».
Ma cos’è questo famoso “quanto richiesto dai nostri tempi”?
I nostri tempi sono tempi di apostasia, tempi in cui l’allontanamento da Dio ha finito col tradursi in una lotta a Dio, come dunque sarebbe possibile esporre la dottrina di Dio «secondo quanto richiesto» dai nemici di Dio?
Un mistero! Un mistero avvolto nelle nubi dei miasmi sulfurei che avvolgono il mondo, e i “nostri tempi”, da alcuni secoli. Un mistero che il Vaticano II e i papi successivi, fino a papa Bergoglio, pretendono di aver risolto ricorrendo al sofisma di “annunciare in modo nuovo e più completo il Vangelo di sempre ai nostri contemporanei”.
Ed è lo stesso Giovanni XXIII che ha detto come bisogna fare, e che poi è stato fatto:
Ed è questo «nuovo esame», questo esaminare la dottrina di sempre «più largamente e più a fondo», che rende l’idea dello stravolgimento della dottrina operato in questi anni, perché, essendo impossibile trovare nella dottrina qualcosa di corrispondente a «quanto richiesto dai nostri tempi», si è stati costretti a piegare la dottrina a questa “richiesta” e si è fabbricata una dottrina che non è solamente espressa in “modo nuovo”, ma che è “nuova” e corrispondente, non più all’insegnamento di Nostro Signore, ma a «quanto richiesto dai nostri tempi»… una dottrina “nuova” che non è più la dottrina cattolica e apostolica.
Quando papa Bergoglio, credendo di essere persuasivo, se ne viene fuori con l’espressione «La Parola di Dio non può essere conservata in naftalina come se si trattasse di una vecchia coperta da proteggere contro i parassiti! No.», in realtà incappa in un lapsus, poiché la sua stessa metafora non può fare a meno di richiamare i parassiti che sono sempre in agguato per distruggere qualunque cosa, e questi parassiti, riguardo alla dottrina cattolica, sono gli eretici, i riformatori, gli esaminatori, i fautori dell’aggiornamento: i novatori del Vaticano II e i papi che lo hanno applicato.
Altro che “naftalina”! E’ divenuto sempre più urgente spostare del tutto la “coperta”, riporla fuori dall’armadio infestato di parassiti, perché perda anche le uova nascoste depositate dalle bestie infestanti in tutti questi anni.
La povera “coperta”, dopo il trattamento subito in questi anni, è diventata un colabrodo, che non copre più niente se subito non si provvede a rattopparla come si deve e a renderla di nuovo la “coperta” di sempre.
Non ci soffermeremo a ricordare la contraddizione fra “tradizione” e «Parola di Dio è una realtà dinamica, sempre viva, che progredisce e cresce perché è tesa verso un compimento che gli uomini non possono fermare», come sostiene stoltamente papa Bergoglio, notiamo solo due cose: una sovversiva ed una falsa.
Quindi, afferma papa Bergoglio, nella dottrina vi sarebbero degli argomenti “decisamente contrari” alla “nuova comprensione” di essa. Argomenti che vanno tralasciati.
Ecco che cosa significa che «La Tradizione è una realtà viva e solo una visione parziale può pensare al “deposito della fede” come a qualcosa di statico», significa che non è più la comprensione dell’uomo che deve conformarsi alla dottrina insegnata dal Signore, ma sarebbe questa dottrina a doversi conciliare con la nuova comprensione.
Come dicevamo prima, papa Bergoglio insegna che la dottrina cattolica consegnata dal Signore nel “deposito della fede”, perché fosse mantenuta integra e cosi trasmessa fino al Suo ritorno, dovrebbe conciliarsi con la “nuova comprensione” dell’uomo e del mondo che hanno dichiarato guerra a Dio.
Non ci vuole una scienza per capire che questo “vescovo di Roma” non è un custode, ma un sovvertitore dell’insegnamento di Nostro Signore, trasmessoci dagli Apostoli.
Si suppone che sia uno dei successori degli Apostoli, per di più sedente sul Soglio del primo degli Apostoli, e si constata invece che ne è un erede indegno e illegittimo, per di più usurpatore di un posto che, per questa sua macchia d’origine, non può e non potrà mai essere il suo.
San Vincenzo di Lerino
«Questa legge del progresso secondo la felice formula di san Vincenzo da Lérins: «annis consolidetur, dilatetur tempore, sublimetur aetate» (Commonitorium, 23.9: PL 50), appartiene alla peculiare condizione della verità rivelata nel suo essere trasmessa dalla Chiesa, e non significa affatto un cambiamento di dottrina.»
Papa Bergoglio che, come si vede ad ogni pie’ sospinto, odia tutto ciò che sa di “antico”, ecco che se ne viene con un’espressione latina ripresa dal Commonitorium di San Vincenzo di Lerino. Perché?
Per usare un’espressione ad effetto: da sembrare lapidaria e inattaccabile, perché meglio possa passare la sua falsificazione.
Per sostenere il “progresso” della dottrina, egli richiama un testo che dice:
«Anche il dogma della religione cristiana … Progredisce, consolidandosi con gli anni, sviluppandosi col tempo, approfondendosi con l’età (annis consolidetur, dilatetur tempore, sublimetur aetate)».
Ora, la citazione è esatta, ma il suo uso è scorretto, malizioso e fuorviante… il solito sistema rivoluzionario, di cui è intriso tutto il Vaticano II: usare un concetto corretto e condiviso per distorcerlo e farlo servire per un nuovo concetto scorretto e inaudito.
Nel fare questa considerazione, San Vincenzo da Lerino presenta prima una premessa e poi una conclusione.
Premessa:
Conclusione:
Cosa vuol dire tutto questo?
Vuol dire che papa Bergoglio non ha letto il Commutorium di San Vincenzo di Lerino, ne in latino né in italiano, ha solo incaricato qualche suo amico gesuita di trovare una bella frase ad effetto che facesse al caso suo… e così com’era, senza neanche pensarci su, l’ha buttata lì convinto di fare un figurone.
E invece ha dimostrato ancora la sua leggerezza, la sua pochezza, la sua capziosità, la sua malevola volontà, aggravate dalla supponente convinzione che i suoi uditori e i suoi lettori siano tutti dei gonzi che si bevono ogni panzana partorita dalla sua vulcanica mente rivoluzionaria.
Questo è quello che insegna San Vincenzo di Lerino: sviluppo sì, che sia sempre “sviluppo organico”, ma guai a produrre una contraddizione tra il prima e il dopo, si raccoglierebbe il frutto della zizzania e non il frutto del frumento… il frutto della menzogna e non il frutto della genuina verità.
Quel “nuova” che aggettiva l’evangelizzazione, sembrerebbe dover indicare che si tratta di una evangelizzazione da rifare: una stessa evangelizzazione da ripetere “di nuovo”; ma accade anche che possa indicare una evangelizzazione “nuova”: una evangelizzazione che si differenzi da quella originaria. Spesso l’intenzione è solo quella di “rinnovare” le parole per esprimere la stessa cosa, ma altrettanto spesso accade che le parole nuove finiscano col veicolare nuovi concetti, tali da non esprimere più la stessa cosa.
E’ quello che accade da cinquant’anni, da quando Giovanni XXIII (Gaudet Mater Ecclesia, 3) pretese che
«noi non dobbiamo soltanto custodire questo prezioso tesoro, come se ci preoccupassimo della sola antichità, ma, alacri, senza timore, dobbiamo continuare nell’opera che la nostra epoca esige, proseguendo il cammino che la Chiesa ha percorso per quasi venti secoli.»
Questo è esattamente quello che ricorda papa Bergoglio in questo suo discorso, ma per comprenderne meglio il significato è necessario leggere le spiegazioni che ne dà lo stesso Giovanni XXIII.
«Al presente bisogna invece che in questi nostri tempi l’intero insegnamento cristiano sia sottoposto da tutti a nuovo esame, con animo sereno e pacato, senza nulla togliervi, in quella maniera accurata di pensare e di formulare le parole che risalta soprattutto negli atti dei Concili di Trento e Vaticano I»
E per far questo, dice il Papa buono,
«occorre che questa dottrina certa ed immutabile, alla quale si deve prestare un assenso fedele, sia approfondita ed esposta secondo quanto è richiesto dai nostri tempi. Altro è infatti il deposito della Fede, cioè le verità che sono contenute nella nostra veneranda dottrina, altro è il modo con il quale esse sono annunziate, sempre però nello stesso senso e nella stessa accezione.»
In questa precisazione si trova esattamente l’equivoco di cui dicevamo prima.
Posto che i cosiddetti “nostri tempi” sono tali da richiedere che “le verità … contenute nella nostra veneranda dottrina” vengano nuovamente “annunziate”, ne deriva che se non si coglie la causa vera di questa esigenza, si finisca con lo stravolgere la dottrina.
Qui, né Giovanni XXIII né papa Bergoglio apportano il minimo chiarimento, limitandosi a richiamare la necessità che la dottrina «sia approfondita ed esposta secondo quanto è richiesto dai nostri tempi».
Ma cos’è questo famoso “quanto richiesto dai nostri tempi”?
I nostri tempi sono tempi di apostasia, tempi in cui l’allontanamento da Dio ha finito col tradursi in una lotta a Dio, come dunque sarebbe possibile esporre la dottrina di Dio «secondo quanto richiesto» dai nemici di Dio?
Un mistero! Un mistero avvolto nelle nubi dei miasmi sulfurei che avvolgono il mondo, e i “nostri tempi”, da alcuni secoli. Un mistero che il Vaticano II e i papi successivi, fino a papa Bergoglio, pretendono di aver risolto ricorrendo al sofisma di “annunciare in modo nuovo e più completo il Vangelo di sempre ai nostri contemporanei”.
Ed è lo stesso Giovanni XXIII che ha detto come bisogna fare, e che poi è stato fatto:
«bisogna invece che in questi nostri tempi l’intero insegnamento cristiano sia sottoposto da tutti a nuovo esame, … occorre che la stessa dottrina sia esaminata più largamente e più a fondo» (Gaudet… 5).
Ed è questo «nuovo esame», questo esaminare la dottrina di sempre «più largamente e più a fondo», che rende l’idea dello stravolgimento della dottrina operato in questi anni, perché, essendo impossibile trovare nella dottrina qualcosa di corrispondente a «quanto richiesto dai nostri tempi», si è stati costretti a piegare la dottrina a questa “richiesta” e si è fabbricata una dottrina che non è solamente espressa in “modo nuovo”, ma che è “nuova” e corrispondente, non più all’insegnamento di Nostro Signore, ma a «quanto richiesto dai nostri tempi»… una dottrina “nuova” che non è più la dottrina cattolica e apostolica.
Quando papa Bergoglio, credendo di essere persuasivo, se ne viene fuori con l’espressione «La Parola di Dio non può essere conservata in naftalina come se si trattasse di una vecchia coperta da proteggere contro i parassiti! No.», in realtà incappa in un lapsus, poiché la sua stessa metafora non può fare a meno di richiamare i parassiti che sono sempre in agguato per distruggere qualunque cosa, e questi parassiti, riguardo alla dottrina cattolica, sono gli eretici, i riformatori, gli esaminatori, i fautori dell’aggiornamento: i novatori del Vaticano II e i papi che lo hanno applicato.
Altro che “naftalina”! E’ divenuto sempre più urgente spostare del tutto la “coperta”, riporla fuori dall’armadio infestato di parassiti, perché perda anche le uova nascoste depositate dalle bestie infestanti in tutti questi anni.
La povera “coperta”, dopo il trattamento subito in questi anni, è diventata un colabrodo, che non copre più niente se subito non si provvede a rattopparla come si deve e a renderla di nuovo la “coperta” di sempre.
Non ci soffermeremo a ricordare la contraddizione fra “tradizione” e «Parola di Dio è una realtà dinamica, sempre viva, che progredisce e cresce perché è tesa verso un compimento che gli uomini non possono fermare», come sostiene stoltamente papa Bergoglio, notiamo solo due cose: una sovversiva ed una falsa.
«Lo sviluppo armonico della dottrina, tuttavia, richiede di tralasciare prese di posizione in difesa di argomenti che appaiono ormai decisamente contrari alla nuova comprensione della verità cristiana. »
Quindi, afferma papa Bergoglio, nella dottrina vi sarebbero degli argomenti “decisamente contrari” alla “nuova comprensione” di essa. Argomenti che vanno tralasciati.
Ecco che cosa significa che «La Tradizione è una realtà viva e solo una visione parziale può pensare al “deposito della fede” come a qualcosa di statico», significa che non è più la comprensione dell’uomo che deve conformarsi alla dottrina insegnata dal Signore, ma sarebbe questa dottrina a doversi conciliare con la nuova comprensione.
Come dicevamo prima, papa Bergoglio insegna che la dottrina cattolica consegnata dal Signore nel “deposito della fede”, perché fosse mantenuta integra e cosi trasmessa fino al Suo ritorno, dovrebbe conciliarsi con la “nuova comprensione” dell’uomo e del mondo che hanno dichiarato guerra a Dio.
Non ci vuole una scienza per capire che questo “vescovo di Roma” non è un custode, ma un sovvertitore dell’insegnamento di Nostro Signore, trasmessoci dagli Apostoli.
Si suppone che sia uno dei successori degli Apostoli, per di più sedente sul Soglio del primo degli Apostoli, e si constata invece che ne è un erede indegno e illegittimo, per di più usurpatore di un posto che, per questa sua macchia d’origine, non può e non potrà mai essere il suo.
San Vincenzo di Lerino
«Questa legge del progresso secondo la felice formula di san Vincenzo da Lérins: «annis consolidetur, dilatetur tempore, sublimetur aetate» (Commonitorium, 23.9: PL 50), appartiene alla peculiare condizione della verità rivelata nel suo essere trasmessa dalla Chiesa, e non significa affatto un cambiamento di dottrina.»
Papa Bergoglio che, come si vede ad ogni pie’ sospinto, odia tutto ciò che sa di “antico”, ecco che se ne viene con un’espressione latina ripresa dal Commonitorium di San Vincenzo di Lerino. Perché?
Per usare un’espressione ad effetto: da sembrare lapidaria e inattaccabile, perché meglio possa passare la sua falsificazione.
Per sostenere il “progresso” della dottrina, egli richiama un testo che dice:
«Anche il dogma della religione cristiana … Progredisce, consolidandosi con gli anni, sviluppandosi col tempo, approfondendosi con l’età (annis consolidetur, dilatetur tempore, sublimetur aetate)».
Ora, la citazione è esatta, ma il suo uso è scorretto, malizioso e fuorviante… il solito sistema rivoluzionario, di cui è intriso tutto il Vaticano II: usare un concetto corretto e condiviso per distorcerlo e farlo servire per un nuovo concetto scorretto e inaudito.
Nel fare questa considerazione, San Vincenzo da Lerino presenta prima una premessa e poi una conclusione.
Premessa:
«Vi è certamente molta differenza fra il fiore della giovinezza e la messe della vecchiaia, ma sono gli stessi adolescenti di una volta quelli che diventano vecchi.
Si cambia quindi l’età e la condizione, ma resta sempre il solo medesimo individuo. Unica e identica resta la natura, unica e identica la persona. Le membra del lattante sono piccole, più grandi invece quelle del giovane. Però sono le stesse.
«Le membra dell’uomo adulto non hanno più le proporzioni di quelle del bambino. Tuttavia quelle che esistono in età più matura esistevano già, come tutti sanno, nell’embrione, sicché quanto a parti del corpo, niente di nuovo si riscontra negli adulti che non sia stato già presente nei fanciulli, sia pure allo stato embrionale.
Non vi è alcun dubbio in proposito.
«Questa è la vera e autentica legge del progresso organico. Questo è l’ordine meraviglioso disposto dalla natura per ogni crescita. Nell’età matura di dispiega e si sviluppa in forme sempre più ampie tutto quello che la sapienza del creatore aveva formato in antecedenza nel corpicciuolo del piccolo.
«Se coll’andar del tempo la specie umana si cambiasse talmente da avere una struttura diversa oppure si arricchisse di qualche membro oltre a quelli ordinari di prima, oppure ne perdesse qualcuno, ne verrebbe di conseguenza che tutto l’organismo ne risulterebbe profondamente alterato o menomato. In ogni caso non sarebbe più lo stesso.
«Anche il dogma della religione cristiana deve seguire queste leggi. Progredisce, consolidandosi con gli anni, sviluppandosi col tempo, approfondendosi con l’età. »
Si cambia quindi l’età e la condizione, ma resta sempre il solo medesimo individuo. Unica e identica resta la natura, unica e identica la persona. Le membra del lattante sono piccole, più grandi invece quelle del giovane. Però sono le stesse.
«Le membra dell’uomo adulto non hanno più le proporzioni di quelle del bambino. Tuttavia quelle che esistono in età più matura esistevano già, come tutti sanno, nell’embrione, sicché quanto a parti del corpo, niente di nuovo si riscontra negli adulti che non sia stato già presente nei fanciulli, sia pure allo stato embrionale.
Non vi è alcun dubbio in proposito.
«Questa è la vera e autentica legge del progresso organico. Questo è l’ordine meraviglioso disposto dalla natura per ogni crescita. Nell’età matura di dispiega e si sviluppa in forme sempre più ampie tutto quello che la sapienza del creatore aveva formato in antecedenza nel corpicciuolo del piccolo.
«Se coll’andar del tempo la specie umana si cambiasse talmente da avere una struttura diversa oppure si arricchisse di qualche membro oltre a quelli ordinari di prima, oppure ne perdesse qualcuno, ne verrebbe di conseguenza che tutto l’organismo ne risulterebbe profondamente alterato o menomato. In ogni caso non sarebbe più lo stesso.
«Anche il dogma della religione cristiana deve seguire queste leggi. Progredisce, consolidandosi con gli anni, sviluppandosi col tempo, approfondendosi con l’età. »
Conclusione:
«È necessario però che resti sempre assolutamente intatto e inalterato.
«I nostri antenati hanno seminato già dai primi tempi nel campo della Chiesa il seme della fede. Sarebbe assurdo e incredibile che noi, loro figli, invece della genuina verità del frumento, raccogliessimo il frutto della frode cioè dell’errore della zizzania. È anzi giusto e del tutto logico escludere ogni contraddizione tra il prima e il dopo. Noi mietiamo quello stesso frumento di verità che fu seminato e che crebbe fino alla maturazione. Poiché dunque c`è qualcosa della primitiva seminagione che può ancora svilupparsi con l’andar del tempo, anche oggi essa può essere oggetto di felice e fruttuosa coltivazione.»
«I nostri antenati hanno seminato già dai primi tempi nel campo della Chiesa il seme della fede. Sarebbe assurdo e incredibile che noi, loro figli, invece della genuina verità del frumento, raccogliessimo il frutto della frode cioè dell’errore della zizzania. È anzi giusto e del tutto logico escludere ogni contraddizione tra il prima e il dopo. Noi mietiamo quello stesso frumento di verità che fu seminato e che crebbe fino alla maturazione. Poiché dunque c`è qualcosa della primitiva seminagione che può ancora svilupparsi con l’andar del tempo, anche oggi essa può essere oggetto di felice e fruttuosa coltivazione.»
Cosa vuol dire tutto questo?
Vuol dire che papa Bergoglio non ha letto il Commutorium di San Vincenzo di Lerino, ne in latino né in italiano, ha solo incaricato qualche suo amico gesuita di trovare una bella frase ad effetto che facesse al caso suo… e così com’era, senza neanche pensarci su, l’ha buttata lì convinto di fare un figurone.
E invece ha dimostrato ancora la sua leggerezza, la sua pochezza, la sua capziosità, la sua malevola volontà, aggravate dalla supponente convinzione che i suoi uditori e i suoi lettori siano tutti dei gonzi che si bevono ogni panzana partorita dalla sua vulcanica mente rivoluzionaria.
«Sarebbe assurdo e incredibile che noi, loro figli, invece della genuina verità del frumento, raccogliessimo il frutto della frode cioè dell’errore della zizzania.
È anzi giusto e del tutto logico escludere ogni contraddizione tra il prima e il dopo.»
Questo è quello che insegna San Vincenzo di Lerino: sviluppo sì, che sia sempre “sviluppo organico”, ma guai a produrre una contraddizione tra il prima e il dopo, si raccoglierebbe il frutto della zizzania e non il frutto del frumento… il frutto della menzogna e non il frutto della genuina verità.
di Giovanni Servodio
http://www.unavox.it/ArtDiversi/DIV2181_Servodio_Tradizione_e_naftalina.html
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.