Avvenire fa lo spot allo “Ius Soli e “dimentica l’aborto
Già da diversi anni i dati Istat certificano il drammatico calo delle nascite nel nostro paese, tanto che il numero dei morti ha ormai superato quello dei nati. Eppure, Avvenire, il quotidiano dei vescovi italiani, sembra focalizzare l’attenzione sul problema demografico proprio ora, guarda caso nel bel mezzo del dibattito politico circa l’approvazione dello “Ius soli”.
In un articolo dell’otto ottobre dal titolo “Senza i figli degli immigrati inverno demografico più rigido”, Francesco Riccardi descrive con dovizia di particolari statistici il trend negativo delle nascite in Italia, per concludere che l’apporto demografico degli stranieri, seppur non sia risolutivo, rappresenta una delle poche ancore di salvezza cui aggrapparsi.
In sostanza, il quotidiano Avvenire pare mettere in luce dati certi e ormai ampiamente noti per finalità puramente ideologiche, dal momento che nell’articolo non v’è alcune menzione circa le cause profonde dell’inverno demografico del nostro paese, se non un timido riferimento a motivazioni generiche e facili da spendere, come la crisi economica e i cambiamenti culturali. Nessun accenno dunque alla causa prima del drammatico calo delle nascite in Italia ma anche in Europa, ossia l’aborto volontario.
E’ opportuno ricordare che sono ormai sei milioni i morti ufficiali dall’entrata in vigore della sciagurata legge 194/1978, di cui a maggio 2018 ricorrerà il cinquantennale della sua approvazione. Sappiamo inoltre che, in realtà, il numero dei bambini a cui è stato impedito di nascere è di gran lunga superiore al dato numerico ufficiale (già di per sé ampiamente significativo), visto l’avvento anche nel nostro paese della nuova frontiera dell’aborto chimico, con l’immissione nel mercato di un gran numero di efficaci pesticidi umani, e considerato il fatto che i bambini uccisi nel corso degli ultimi decenni a loro volta avrebbero messo al mondo dei figli. Pertanto, il numero complessivo di cittadini italiani che mancano all’appello sono un numero impressionante che sfugge alle statistiche ma che certamente ammonta a decine e decine di milioni. Per di più, la mentalità contraccettiva e abortista, ingenerata soprattutto dal cattivo esempio prodotto da norme contro la vita e contro l’uomo, ha infettato larga parte delle famiglie italiane, non più aperte alla vita. Occorre dunque sottolineare che senza la piaga dell’aborto libero, legale e gratuito in Italia non vi sarebbe il problema demografico e probabilmente neppure quello economico.
Alcuni parlamentari appartenenti ai soliti schieramenti politici stanno facendo lo sciopero della fame per protestare contro la presunta violazione dei diritti umani a causa della mancata approvazione dello Ius soli, che impedirebbe soprattutto ai bambini stranieri che nascono in Italia di essere considerati cittadini italiani a tutti gli effetti.
Nessuna protesta con annesso sciopero si leva dalle aule parlamentari né tantomeno dai vescovi italiani a favore di tutte quelle decine di milioni di bambini e cittadini italiani a cui è stato letteralmente impedito di nascere con la violenza. Ironia della sorte, sotto la scure dell’aborto di stato e dell’insensato principio di autodeterminazione della donna cadono anche i figli degli stranieri, come evidenziato anche nell’articolo apparso su Avvenire; quegli stessi figli per i quali, ipocritamente, parte della politica e del mondo cattolico più in vista si straccia le vesti perché non vengono ancora riconosciuti come cittadini italiani …
Per fortuna, o meglio, grazie alla Provvidenza ci pensa la Marcia per la Vita a rompere la coltre di silenzio, menzogne e ipocrisia che copre il più grande genocidio dell’umanità. Ogni anno, ormai dal 2011, decine di migliaia di persone sfilano per le vie della capitale per protestare senza giri di parole contro l’aborto volontario, contro la legge 194. La Marcia per la Vita è una manifestazione che si svolge nell’arco di una giornata ma i cui effetti si protraggono durante tutto il corso dell’anno e lo dimostra il clamoroso e quasi inspiegabile successo mediatico dell’evento, la nascita di nuovi gruppi e associazioni prolife, il crescente numero delle adesioni alla Marcia.
Tutti segnali che lasciano ben sperare e che stimolano gli organizzatori a proseguire con rinnovato vigore nel lungo e faticoso cammino verso la cancellazione dall’ordinamento giuridico italiano di leggi ingiuste e omicide come la 194.
Del resto, gli incredibili passi in avanti compiuti dall’amministrazione Trump nella lotta all’aborto sono il frutto dell’attivismo prolife americano cresciuto in quantità e qualità grazie alla march for life che si svolge a Washington ogni anno da quasi cinquant’anni.
Il problema demografico italiano non si risolve facendo lo spot allo Ius soli ma diffondendo quella cultura della vita che non può non contemplare la ferma condanna della legge 194 e di tutte quelle norme che violano il primo dei diritti, quello alla vita. (A.D.M)
ITALIA: CHI SONO I PIU' DEBOLI?
di Francesco Lamendola
Una delle ragioni – una, non certo la sola – del deterioramento del servizio pubblico, nell’Italia dei nostri giorni, è l’avvento di una filosofia buonista, basata sui falsi dogmi dell’accoglienza indiscriminata e dell’inclusione ogni costo di qualsiasi soggetto, per quanto difficile o problematico, la quale ha creato e crea ogni giorno situazioni assurde, insostenibili, costi altissimi per la comunità, non solo in termini economici, ma anche riguardo alla qualità della vita, del lavoro, dello studio, della sanità, dei trasporti, eccetera. Di fatto, e nel giro di due o tre decenni, si è operato un vero e proprio capovolgimento di prospettiva, che si riflette nell’offerta dei servizi sociali, ma che parte da molto più lontano e riguarda il nuovo orientamento dello Stato e della Chiesa nei confronti dei processi della globalizzazione. Detta in parole semplici: i problemi, la sicurezza e il benessere dei cittadini italiani non sono più la priorità dello Stato; e la cura e la salvezza delle anime dei cattolici non sono più la priorità della Chiesa. Entrambi, lo Stato e la Chiesa, hanno deciso che le loro priorità sono altre: che devono farsi carico di una integrazione a trecentosessanta gradi, la quale si trasformerà, nel giro d’un paio di generazioni – e questa è scienza statistica - in una sostituzione di popolazione e di religione: al posto degli italiani ci sarà una popolazione meticcia di numerose lingue, razze e culture, e al posto della religione cattolica ci saranno decine di culti, ma uno s’imporrà sicuramente su tutti, se non altro con il peso dei numeri: l’islamismo.
Contemporaneamente, anche le persone appartenenti a dei gruppi o a delle categorie minoritarie otterranno, come già sta accadendo, un ampliamento sempre maggiore dei loro diritti, a detrimento dei diritti altrui. Il diritto dei militanti omosessuali di celebrare i loro Gay Party, o quello delle organizzazioni LGBT d’insegnare l’ideologia gender negli asili e nelle scuole, confliggerà con il diritto di chi non ritiene tollerabili simili spettacoli e iniziative; e la maggioranza degli italiani dovrà chinare la testa e tacere, sotto la minaccia di denunce e di pesanti multe, o peggio, dato che il Parlamento si appresta a varare delle leggi in tal senso: leggi che non prevedono l’oggettività del “reato”, ma, cosa inaudita e totalmente antigiuridica, la soggettività della presunta parte lesa, ossia la “percezione” di una offesa da parte di chi intende sporgere denuncia contro un supposto reato di omofobia. Allo stesso modo, il “diritto allo studio” e, naturalmente, all’inclusione, di un bambino autistico, o caratteriale, magari anche violento, configge, evidentemente, con il diritto allo studio da parte dei suoi compagni di classe, costretti a frequentare un ambiente in cui vige il terrore: ma il legislatore ha deciso che, in tali situazioni, deve comunque prevalere la tutela della pare “più debole”, e dunque non si discute sull’inclusione di quel ragazzino. Anche se il ragazzino è cresciuto e ha terminato la scuola dell’obbligo, e vuol proseguire fino al diploma superiore: il suo diritto a frequentare la scuola - una scuola nella quale non impara nulla, non socializza, non fa altro che vegetare con la presenza, costosa per la comunità, di un apposito insegnante di sostegno. La scuola non può rifiutarsi di iscriverlo e di accoglierlo, i compagni (e gli insegnanti) devono accettare e tacere. Altrimenti sono “cattivi”, cioè non inclusivi, non solidali, non accoglienti.
Oppure prendiamo una famiglia di zingari (ma si può ancora dire “zingari”, o si rischia una denuncia?), la quale, individuato un appartamento sfitto, vi penetra e vi s’insedia come fosse roba sua: un giorno il legittimo proprietario gira la chiave e si trova la casa occupata. Ebbene: in un Paese normale, la legge sarebbe dalla sua e l’appartamento verrebbe immediatamente sgombrato e restituito a colui al quale appartiene, e che, su di esso - cosa non certo trascurabile - paga fior di tasse, anche se non vi abita, perché, mettiamo, quella è la casa lasciatagli in eredità dai suoi genitori, che l‘hanno acquistata con una intera vita di lavoro; ma in Italia no, le cose non vanno così: da noi, bisogna tutelare il diritto del “più debole”. E così il disgraziato proprietario dovrà umiliarsi a pietire, come chiedesse un favore personale, ora dal sindaco, ora dal comandante dei Carabinieri, per vedersi trattato con crescente impazienza, quasi con fastidio, e manca poco che gli dicano chiaro e tondo: Ma se lei ha due case e una di esse è vuota, che cosa pretende? È logico, e in fondo è giusto, che ci vada ad abitare chi non ne ha neppure una. Il lavoro, il risparmio, il rispetto della legalità, il pagamento scrupoloso e puntuale delle tasse, tutto questo non conta nulla: l’unica cosa che conta è la priorità di tutelare il soggetto più debole. Già: solo che, a questo punto, bisognerebbe vedere chi sia davvero il più debole, fra i due.
Ma facciamo un caso più concreto e specifico, che meglio renda l’idea del clima di buonismo forsennato instaurato oggi Italia dalle nostre cosiddette classi dirigenti e dalla nostra cosiddetta classe intellettuale. Prendiamo il caso di una famiglia d’immigrati, non occorre precisare di quale provenienza, ciascuno s’immagini quel che vuole; l’unica cosa che interessa è che stiamo parlando di situazioni non solo reali, ma frequenti; non solo frequenti, ma divenute assolutamente normali, anche se, forse, a ben considerare, tanto normali non sono, né tali sarebbero considerate in altri Paesi, anche europei, a cominciare dalla Germania. Poniamo che quella famiglia sia formata da un padre, una madre e due o tre figli; e che, pur disponendo di regolari permessi di soggiorno, se non, addirittura, della cittadinanza, in quella famiglia nessuno si sia dato la pena d’imparare un minimo la lingua italiana, al punto che quando i genitori si presentano alla segreteria scolastica per iscrivere i loro figli, non riescono neppure a farsi capire. Alla fine, interviene un insegnante che parla l’inglese, e allora, per mezzo di questo interprete improvvisato, la comunicazione è possibile, e l’iscrizione viene espletata regolarmente. C’è un particolare, però: i due figli appena iscritti, oltre a non sapere una parola d’italiano, sono portatori di un ritardo mentale che il distretto sanitario ha classificato come di “media gravità”, il che significa, per i non addetti ai lavori, che non sono assolutamente in grado di seguire il programma scolastico, anzi, che non sono in grado neanche di capire le cose più semplici. E si aggiunga che non stiamo parlando di un asilo o di una scuola elementare, ma di un liceo. Proprio così: di un liceo, dove si studiano la filosofia, il latino, la storia dell’arte, eccetera. E si consideri inoltre che non stiamo parlando dell’età dell’obbligo scolastico, ma del triennio superiore, con un esame di Stato alla fine del percorso. In una scuola tedesca, la direzione si riserverebbe di dire a quei genitori: Spiacenti, ma i vostri figli non hanno i requisiti per frequentare la nostra scuola; iscriveteli alla scuola inferiore, di tipo professionale, oppure cercate di collocarli in un istituito specializzati per seguire i ragazzi con difficoltà cognitive. Da noi, questo linguaggio sarebbe impossibile; ma, soprattutto, sarebbe impossibile questa linea. Da noi, chiunque ha il diritto di iscrivere i suoi figli dove vuole e quando vuole. Ci vorrebbe un apposito insegnante di sostegno, ma la sua presenza è assicurata solo per poche ore alla settimana: per il resto, devono pensarci i professori ordinari. Anche se non hanno alcuna esperienza e alcuna competenza per fare un programma d’insegnamento differenziato; e anche se, quand’anche le avessero, non potrebbero permettersi di piantare in asso una classe di trenta ragazzi per seguirne uno che, in ogni caso, non può andare oltre un programma forse di prima elementare, più no che sì.
Ma non è ancora tutto. Supponiamo – ma stiamo parlando di situazioni estremamente reali e concrete – che i due ragazzi, iscritti a quella scuola, senza saper parlare l’italiano, senza saper fare due più due, senza saper leggere le ore sul quadrante di un orologio – non siano due ragazzi, ma due ragazze. In quella famiglia, proveniente da quella cultura, le donne non contano (e la madre, infatti, quando pure la si vede, fa scena muta; parla solo il padre, solo che parla un’altra lingua; e se un impiegato o un insegnante si permette di rivolgere la parola alla moglie, lui s’inalbera e gli dice, aggressivo, che è con lui che bisogna parlare). Pertanto, mentre il personale di quella scuola si fa letteralmente in quattro per trovare il modo di far apprendere qualcosa a quelle ragazze, di integrarle, di farle sentire a loro agio, il padre se ne infischia altamente, anzi, si mostra perfino meravigliato di tanta sollecitudine: quale spreco di tempo e di energie! Tanto, appena finita la scuola, per loro non ci sarà altro: andranno a lavare pavimenti o a spostare scatoloni in qualche magazzino, nel migliore dei casi; sposarsi, sarà difficile, visto il loro ritardo e il loro aspetto fisico, decisamente obeso e sgraziato. Dunque, mentre la famiglia non si preoccupa di quel che avviene a scuola, ma le basta aver parcheggiato le figlie, la scuola si preoccupa, eccome, e i professori si sentono in colpa per non poter fare abbastanza, date le circostanze: il tutto, quando milioni di italiani poveri sono praticamente abbandonati a se stessi e ai loro problemi.
Questa, che abbiamo descritto, è una situazione-tipo: ce ne sono a centinaia di migliaia, a milioni, nel nostro Paese, in ogni ambito della società, a tutti i livelli: è la filosofia del buonismo, dell’accoglienza illimitata, dell’inclusione indiscriminata, Se qualcuno avanza qualche obiezione, anche solo di carattere tecnico o pratico, invariabilmente si sente rispondere: Dobbiamo includere: queste sono le direttive che vengono dal ministerro. Non c’è niente da fare: inclusione la nuova parola passe-partout, la nuova parola magica del neovangelo progressista e mondialista. E allora, dice la classe politica, armiamoci e partite!; mobilitate l’inventiva, l’intelligenza, la creatività: siamo o non siamo un popolo creativo, capace d’improvvisare qualsiasi cosa? Inventiamoci le soluzioni: anche se mancano i soldi, gli strumenti, i supporti, il tempo, le risorse: non importa! Non bisogna fare resistenza, non bisogna opporsi, remare contro: la parola d’ordine è una sola: includere. Tutti, maestre, infermieri, medici, autisti di mezzi pubblici, forze dell’ordine, impiegati delle poste o delle ferrovie, sindaci, assessori, guardia costiera, personale giudiziario: tutti costoro vengono sistematicamente distratti dai loro eri compiti istituzionali e si vedono sottrarre tempo e risorse per farsi carico di problemi pressoché insolubili, disperati, e, soprattutto, che non sarebbero di loro competenza, che esulano dai loro doveri e dalle loro responsabilità: qualcuno li ha gettati sulle loro spalle, qualcuno ha preso delle decisioni politiche che li obbligano a turni massacranti, a rotazioni vorticose, raschiando le risorse fino all’osso, sino al fondo del barile, devono lavorare sempre di più con sempre meno mezzi a disposizione, i poliziotti devono uscire più spesso di pattuglia per sorvegliar ei quartieri, ma perfino i soldi per la benzina delle auto sono sempre meno, bisogna far quadrare il cerchio, arrampicarsi sugli specchi, fare letteralmente i miracoli. E tutti questo per cose? Per mandare avanti un sistema assurdo, fatto di generosità all’ingrosso verso chi non se la merita, di solidarietà ideologica che si traduce in una selezione ala rovescia, e intanto i nostri giovani migliori, laureati e m talentuosi, hanno perso la speranza, vedono come vanno le cose e capiscono che un lavoro decente in Italia, non lo troveranno nemmeno fra vent’anni, ci sono troppi baroni che occupano le poltrone a vita, troppi furbi e troppi raccomandati, niente da fare, il merito non conta niente e la buona volontà nemmeno.
Il sistema buonista e assistenzialista, in verità, era stato creato nel corso del tempo, è una specialità italiana (si pensi alle 28.000 guardie forestali siciliane); l’immigrazione degli ultimi decenni gli ha dato nuova linfa e l’ha fatto espandere, fino a configurarsi come un totalitarismo democratico, fondato sulla dubbia categoria del politicamente corretto, formata, a sua volta, dai cascami di alcune ideologie morte degli ultimi due secoli: stranissimo miscuglio di marxismo, capitalismo di rapina, radicalismo, liberismo selvaggio, egualitarismo russoviano e giacobino, odio e rancore implacabile nei confronti del merito, del genio, del coraggio, del valore, dell’intelligenza, in nome di un appiattimento delle diversità, secondo i dettami di un catto-comunismo che è diventato la dottrina ufficiale - e non solo quella sociale, ma anche la dottrina teologica e dogmatica – della neochiesa massonica e gnostica dei nostri giorni, escrescenza parassitaria e abusiva della vera Chiesa cattolica, la Sposa di Gesù Cristo. Più passa il tempo e più ci si accorge di quanto coraggiosi, intrepidi e ammirevoli siano stati i papi del XIX secolo e della prima metà del XX: i tanto bistrattati (dai cattolici di sinistra) Pio IX, Poi X, Pio XII: degli autentici giganti, pieni di amore e timor di Dio, a confronto dei quali i Paglia, i Galantino, per non parlar dei Bianchi o dei Mancuso, rivelano la loro autentica statura di nani chiacchieroni e insignificanti, capaci solo di fare da mosche cocchiere ai mirti e ai riti (anticristiani) della modernità. Parliamo della Chiesa perché essa era l’ultima istituzione tradizionale ad aver conservato la sua identità, la sua fierezza e la sua capacità critica nei confronti del mondo moderno, sulla base di una tradizione due volte millenaria: ora anch’essa si è arresa, ha alzato bandiera bianca, ha contraffatto il marchio di fabbrica e smercia un prodotto falso, spacciandolo per quello buono. Lo Stato e le sue istituzioni, la scuola, l’università, la ricerca, le professioni, per non parlare delle imprese e delle banche, già da tempo avevano piegato le ginocchia alle nuove logiche del buonismo e del solidarismo truffaldino, che spaccia per “profugo” chiunque si presenti al largo delle coste italiane a bordo di un barcone, fosse pure il peggior delinquente.
Come andrà a finire? Male, naturalmente. Anche se ci resta una vaga, remotissima speranza: che gli italiani si destino da questo sonno incomprensibile e che reagiscano, cacciando a pedate i traditori…
Ma chi sono i più deboli, oggi, in Italia?
di Francesco Lamendola
L’Austria blinda il Brennero e i Paesi nord-europei prorogano i controlli: cosa succederà da lunedì?
Confermo ciò che ho detto nel mio articolo di pochi giorni fa: a mio parere, si stanno sottovalutando le elezoni politiche di domenica in Austria. Mentre state leggendo questo articolo, a Vienna è in corso il dibattito televisivo tra i candidati alla Cancelleria e come mostra questa foto,
sono stati accolti da proteste legate allo scandalo delle fake news su Facebook contro il popolare e favoritissimo ministro degli Esteri, Sebastian Kurz, che ha visto i socialisti perdere ulteriore credibilità. Chi ha avuto Francesco Giuseppe, mal sopporta certe americanate. Anche nel 2017. Ad oggi, quando mancano tre giorni al voto, l’esito iù probabile è infatti quello di una vittoria dell’OVP che porti a un’alleanza con la FPO; di fatto un governo di centrodestra molto spostato sulla destra. E decisamente determinato a mettere subito in chiaro alcune cose. Mentre infatti a Vienna si preparava il tappeto rosso fuori dagli studi televisivi, altrove accadevano cose più interessanti. Soprattutto per noi.
L’Austria ha infatti annunciato per domani l’entrata in funzione del posto di controllo anti-migranti lungo la ferrovia del Brennero. Da tempo le autorità austriache, in collaborazione con quelle italiane, controllano i treni internazionali diretti a nord ma per evitare rallentamenti del traffico internazionale, nella stazione ferroviaria di Seehof, sul versante austriaco del valico, è stato ora realizzato un binario appositamente dedicato ai controlli dei treni in transito. Direte voi, tutto nella norma. Per niente. Perché il check point sarà presentato domani, alle ore 14.45, durante un sopralluogo in presenza del ministro degli Interni, Wolfgang Sobotka, del governatore tirolese Guenther Platter e del capo della polizia tirolese Helmut Tomac. Insomma, un po’ troppe autorità per un qualcosa di rituale. E, soprattutto, a nessuno può sfuggire il timing della decisione, ovvero a poche ore dal voto politico. Propaganda disperata del governo, lato socialista, per recuperare consensi con un atteggiamento legge ed ordine nell’ultimo giorno di campagna elettorale e in favore di telecamere?
Certamente sì ma non solo. Perché sempre oggi la Germania ha reso noto di aver esteso per altri sei mesi i controlli sui passaporti proprio al confine con l’Austria e per i voli provenienti dalla Grecia, motivando il provvedimento con le preoccupazioni per possibili attacchi terroristici. Lo ha dichiarato il ministero degli Interni tedesco, Thomas De Maiziere, il quale ha confermato che la Germania ha notificato l’atto alla Commissione europea, al Consiglio dell’Unione europea, al presidente del Parlamento europeo e ai ministri degli Interni degli Stati dell’Unione europea con una lettera inviata mercoledì. La Commissione, di suo, ha dato il via libera alla Germania per controllare il confine con l’Austria nel 2015, in occasione dell’ondata di rifugiati e migranti lungo la rotta balcanica ma l’autorizzazione temporanea scadrà l’11 novembre.
Certamente sì ma non solo. Perché sempre oggi la Germania ha reso noto di aver esteso per altri sei mesi i controlli sui passaporti proprio al confine con l’Austria e per i voli provenienti dalla Grecia, motivando il provvedimento con le preoccupazioni per possibili attacchi terroristici. Lo ha dichiarato il ministero degli Interni tedesco, Thomas De Maiziere, il quale ha confermato che la Germania ha notificato l’atto alla Commissione europea, al Consiglio dell’Unione europea, al presidente del Parlamento europeo e ai ministri degli Interni degli Stati dell’Unione europea con una lettera inviata mercoledì. La Commissione, di suo, ha dato il via libera alla Germania per controllare il confine con l’Austria nel 2015, in occasione dell’ondata di rifugiati e migranti lungo la rotta balcanica ma l’autorizzazione temporanea scadrà l’11 novembre.
E sempre oggi, anche Danimarca e Francia hanno compiuto lo stesso passo. “La Commissione sta valutando le notifiche”, ha spiegato la portavoce dell’esecutivo comunitario agli Affari interni, Natasha Bertaud, che non ha voluto fornire le motivazioni alla base dei nuovi provvedimenti. Insomma, la Germania vende la panzana dell’anti-terrorismo ma viene subito smentita dalla Commissione, la quale si cela dietro il “no comment” riguardo le vere ragioni: cosa sanno tra Austria e Germania che noi non sappiamo? Dopo aver sfanculato gli USA, ora la Turchia si prepara forse a rompere l’accordo sui migranti con l’Europa, facendo invadere di fatto la rotta balcanica proprio alla vigilia dell’inverno?
Qualcosa c’è di sicuro da nascondere. Magari qualche patto segreto fra CDU, CSU e Liberali sul futuro governo, visto che gli alleati bavaresi della Merkel non sono affatto soddisfatti della quota 200mila migranti l’anno messa sul tavolo dalla Cancelliera per rompere le riserve rispetto al nuovo esecutivo. Se così fosse, non solo saremmo di fronte a una sconfessione della Merkel ma a una vera e propria blindatura del fronte Nord. Cui Vienna ha risposto, da subito, con il rafforzamento dei confini del Brennero.
Qualcosa c’è di sicuro da nascondere. Magari qualche patto segreto fra CDU, CSU e Liberali sul futuro governo, visto che gli alleati bavaresi della Merkel non sono affatto soddisfatti della quota 200mila migranti l’anno messa sul tavolo dalla Cancelliera per rompere le riserve rispetto al nuovo esecutivo. Se così fosse, non solo saremmo di fronte a una sconfessione della Merkel ma a una vera e propria blindatura del fronte Nord. Cui Vienna ha risposto, da subito, con il rafforzamento dei confini del Brennero.
E attenzione, perché qualcuno avanza scenari ancora più estremi rispetto al futuro austriaco post-elezioni, se davvero si arriverà a un’alleanza OVP-FPO. “Il Paese di Sebastian Kurz sarà molto euro-critico e sempre più vicino all’est dei Visegrad”, ha dichiarato oggi a Berlino, in un incontro con la stampa straniera di cui l’ANSA ha dato riscontro, una delle massime esperte di politica austriaca, Alexandra Foederl-Schmid, ex direttrice di “Der Standard”, quotidiano che la settimana scorsa dava in un suo sondaggio esclusivo la FPO come secondo partito. “Soprattutto i contatti del ministro degli Esteri e candidato cancelliere dell’OVP con l’Ungheria di Viktor Orban sono molto forti. Su chi otterrà il primo posto non ci sono molti dubbi, sarà importante vedere chi arriverà secondo”.
E se fosse davvero l’FPO, quel legame con Budapest potrebbe crescere e migliorare ancora. Certo, il Rosatellum-bis p materia molto più interessante ma attenzione a continuare con questo generale disinteresse per il voto della piccola Austria: lunedì mattina potremmo svegliarci in un’Europa con prospettive diverse. A partire dal Brennero. E con la Germania in fase di incubazione politica nazionale e fresca di risultati dalle regionali della Bassa Sassonia, lo shock potrebbe anche essere maggiore. Perché se il Nord chiude del tutto e, come al solito, noi ci svegliamo con il gregge già fuggito, stavolta potrebbe essere dura arginare il danno. Austriaci e tedeschi non libici, non i compri con i soldi e le promesse. A quel punto la nostra solo assicurazione sarebbe Erdogan. E penso di aver detto tutto.
E se fosse davvero l’FPO, quel legame con Budapest potrebbe crescere e migliorare ancora. Certo, il Rosatellum-bis p materia molto più interessante ma attenzione a continuare con questo generale disinteresse per il voto della piccola Austria: lunedì mattina potremmo svegliarci in un’Europa con prospettive diverse. A partire dal Brennero. E con la Germania in fase di incubazione politica nazionale e fresca di risultati dalle regionali della Bassa Sassonia, lo shock potrebbe anche essere maggiore. Perché se il Nord chiude del tutto e, come al solito, noi ci svegliamo con il gregge già fuggito, stavolta potrebbe essere dura arginare il danno. Austriaci e tedeschi non libici, non i compri con i soldi e le promesse. A quel punto la nostra solo assicurazione sarebbe Erdogan. E penso di aver detto tutto.
Sono Mauro Bottarelli, Seguimi su Twitter! Follow @maurobottarelli
https://www.rischiocalcolato.it/2017/10/laustria-blinda-brennero-paesi-nord-europei-prorogano-controlli-cosa-succedera-lunedi.html
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