Se il tuo parroco cambia le parole della consacrazione
In questo momento della storia della Chiesa, sono saltati - nel cervello
di molti - tutti i freni che il buon senso pone alla stupidità. Tra
Comunioni sacrileghe, liturgie inter-confessionali, assoluzioni a chi
non ha il proposito di cambiar vita, caricature della Misericordia,
beatificazioni di eresiarchi, caccia ai cosiddetti “nemici del Papa”… – e
la lista è ancora lunga –, adesso è esplosa anche la funesta moda della
formula della consacrazione eucaristica mutata ad libitum del celebrante.
Tanti buoni fedeli sono allarmati: “La S. Comunione che ricevo è il vero
Corpo di Cristo?”; “Ma avviene la Transustanziazione?” “Una siffatta
Messa è valida?”
Poiché stanno circolando sul WEB dichiarazioni allarmanti circa il
valore della consacrazione eucaristica con le parole della consacrazione
stoltamente cambiate, è opportuno ricordare alcuni princípi della buona
teologia sacramentaria.
A) Spiegazione dei termini
un sacramento è celebrato validamente quando è compiuto in modo tale da
essere un “segno di cosa sacra che santifica l’uomo”; in altre parole il
mistero (perdono dei peccati, rigenerazione in Cristo etc.) accade,
succede, si realizza.
Sacramento “illecito”:
un sacramento è celebrato illecitamente quando la celebrazione viene svolta disobbedendo alle norme liturgiche.
Quindi un sacramento può essere celebrato:
1) validamente e lecitamente
2) validamente e illecitamente
3) invalidamente e illecitamente
(non può esserci un sacramento celebrato lecitamente in modo invalido)
B) La celebrazione eucaristica
L’essenziale della forma dell’Eucarestia, ciò che è necessario per la
validità, sono le parole “Questo è il mio Corpo - Questo è il mio
Sangue”
Es.: se in un campo di concentramento un sacerdote ha pochi secondi per
celebrare la S. Messa, per non farsi vedere dai carcerieri, e se ha una
briciola di pane e una goccia di vino, può dire solo queste parole e
celebra validamente la S Messa.
Se invece un sacerdote cambia arbitrariamente – senza un motivo gravissimo – le parole prescritte dal Messale, ma lascia sostanzialmente intatta la forma, la S Messa è celebrata in modo gravemente illecito ma è valida.
Se il sacerdote non crede nella transustanziazione per ignoranza o
perché subisce la pressione dei cosiddetti “teologi”, ma ha nel cuore
l’intenzione di fare ciò che fa la Chiesa, la S Messa è valida, ma
illecita.
Se un sacerdote coscientemente non vuole fare ciò che fa la Chiesa, anche se usa le parole giuste, non c’è la S. Messa.
Tra “stolto, improvvido” ed “eretico formale” c’è una enorme differenza.
Gesù, agente principale in ogni celebrazione sacramentale, può agire per
mezzo di un prete ingenuo, maldestro o sprovveduto, ma non può agire in
chi coscientemente e volontariamente si oppone all’azione sacramentale
così come si svolge nella Chiesa.
C) Suggerimenti pratici
In ogni caso è bene cercare una S. Messa celebrata da un bravo sacerdote.
Se il sacerdote non altera l’essenziale, in particolare se lascia
intatta la copula “è”, in mancanza di meglio (e se non ci sono altri
fatti gravi) si può assistere alla S. Messa, dissociandosi interiormente
dalla disobbedienza del sacerdote.
Se c’è la possibilità di andare a Messa dove viene detta bene, bisogna
andare lì, onde evitare la cooperazione formale (= rendersi
oggettivamente complici) a un atto di culto illecito.
In questa situazione ecclesiale, rimane il dovere di studiare al meglio
il Catechismo della Chiesa Cattolica (non nell’edizione commentata da
autori neo-modernisti).
Rimane il dovere di completare a casa il catechismo ai propri bambini,
supplendo alle lacune e correggendo gli errori: nei casi più gravi,
ritirare i bambini dal catechismo e portarli in altra parrocchia.
Inoltre, anche se le speranze umane sono alquanto ridotte, è opportuno avvisare il Vescovo, secondo quanto suggerisce l’istruzione Redemptionis Sacramentum, § 184:
Ricordiamoci allora quanto ci dice il santo profeta Ezechiele: “…se tu ammonisci il malvagio ed egli non si allontana dalla sua malvagità e dalla sua perversa condotta, egli morirà per il suo peccato, ma tu ti sarai salvato” (Ez. 3,19).
Inoltre, anche se le speranze umane sono alquanto ridotte, è opportuno avvisare il Vescovo, secondo quanto suggerisce l’istruzione Redemptionis Sacramentum, § 184:
“Ogni cattolico, sia Sacerdote sia Diacono sia fedele laico, ha il diritto di sporgere querela su un abuso liturgico presso il Vescovo diocesano o l’Ordinario competente a quegli equiparato dal diritto o alla Sede Apostolica in virtù del primato del Romano Pontefice. È bene, tuttavia, che la segnalazione o la querela sia, per quanto possibile, presentata dapprima al Vescovo diocesano. Ciò avvenga sempre con spirito di verità e carità”.Qualcuno potrebbe dire che i Vescovi intervengono con decisione solo se un parroco osa celebrare la S. Messa in latino, oppure se fa una predica contro il peccato di omosessualità, oppure se si rifiuta di dare la S. Comunione in mano; ma se un prete cambia suo arbitrio le parole della consacrazione… sciocchezzuole…
Ricordiamoci allora quanto ci dice il santo profeta Ezechiele: “…se tu ammonisci il malvagio ed egli non si allontana dalla sua malvagità e dalla sua perversa condotta, egli morirà per il suo peccato, ma tu ti sarai salvato” (Ez. 3,19).
E soprattutto, non dobbiamo meravigliarci se gli empi, i tiepidi, i
carrieristi e i traditori fanno la loro parte: facciamo noi bene la
nostra, e meglio facciamo, prima finisce la notte.
di Don Alfredo Morselli
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