ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

mercoledì 27 dicembre 2017

L’obiettivo finale della neochiesa


UN VANGELO SENZA GESU'CRISTO

Vogliono la chiesa senza Dio, il vangelo senza Gesù. Quando i seminari sfornavano sacerdoti ben preparati e ogni singolo cattolico, per il fatto stesso di aver ricevuto i Sacramenti, ne aveva ricevuto la preparazione dottrinale 
di Francesco Lamendola  
  

Qual è la meta finale, l’obiettivo, lo scopo di tutte le incessanti manovre, grandi e piccole, fatte di parole, gesti e omissioni, con le quali la neochiesa si sta sostituendo, un centimetro alla volta, un giorno dopo l’altro, lentamente, metodicamente, implacabilmente, alla vera Chiesa, Sposa di Gesù Cristo e fondata sulla Comunione dei Santi? Questo: arrivare ad una chiesa senza più Dio e ad un vangelo senza più Gesù Cristo, cioè senza Redenzione. E arrivarci facendo in modo che la cosa avvenga per gradi, cautamente, abilmente, come il serpente che striscia nell’erba in silenzio, e che, senza farsi accorgere, piomba all’ultimo istante sulla sua preda. 


È chiaro, infatti, che, se qualcuno si accorgesse della manovra, le cose potrebbero complicarsi; e, di fatto, qualcuno se n’è accorto, e ha lanciato l’allarme. Però, fin quando si tratta di poche persone, di piccoli numeri, la cosa non rappresenta, di per sé, un problema troppo grave. Avrebbe potuto esserlo un tempo, diciamo fino a cinquanta, quarant’anni fa, quando i seminari sfornavano ancora sacerdoti ben preparati e quando ogni singolo cattolico, per il fatto stesso di aver ricevuto i Sacramenti, aveva ricevuto anche, in preparazione ad essi, una discreta formazione dottrinale e morale: quel tanto che sarebbe bastato per non lasciarsi infinocchiare, per non scambiare, come oggi sta accadendo, la moneta falsa, e anche falsificata malissimo, per moneta buona. Oggi, però, le cose sono infinitamente più facili; la dottrina pare che la conoscano in pochi, e, come se non bastasse, essa viene costantemente sminuita, denigrata, svillaneggiata proprio da coloro i quali la dovrebbero custodire come la pupilla dei loro occhi: i pastori, i vescovi, e prima di tutti, il papa; il quale, al contrario, in una tristemente celebre omelia, ha affermato che se la dottrina crea delle divisioni, allora essa è una cosa brutta, abbasso la dottrina cattiva che divide, e abbasso i cattolici che si tengono stretti alla dottrina, perché sono solo dei rigidi, dei formalisti, degli adoratori di una vuota e arida “ideologia”, contrapponendoli, implicitamente, ai cuori generosi, ai cattolici pieni di zelo, di carità e di fede, come monsignor Paglia, che celebra le lodi ammirevoli e preclare di Marco Giacinto Pannella; come monsignor Galantino, per il quale la “riforma” di Lutero è un dono dello Spirito Santo; e come padre Sosa, generale dei gesuiti, che nega l’esistenza del diavolo e che nega l’indissolubilità del matrimonio, insieme a tutto quel che c’è scritto nei Vangeli, con la dotta e raffinata argomentazione che, a quei tempi, non essendoci i registratori, nessuno può dire con certezza quali parole, esattamente, siano uscite dalla sua bocca.
Del resto, la neochiesa, da tempo, ha coltivato le scenografie di massa, l’esteriorità, i raduni oceanici, a imitazione degli spettacoli mondani; Giovanni Paolo II, soprattutto, ha concentrato l’attenzione sulla promozione della propria immagine, il mantello svolazzante, i viaggi incessanti, le folle adoranti, i papua e gli zulù che ballano e cantano, i papa boys che ridono, saltano e frequentano le Giornate Mondiali della Gioventù a caccia di divertimento assicurato e avventure sessuali facili: non è un segreto per nessuno, non diciamo niente di blasfemo, a meno di voler essere ipocriti. E dunque in una Chiesa dove non contano più il silenzio, il raccoglimento, la pietà; dove nessuno parla più di penitenza, tanto meno di preghiera e di digiuno; in una chiesa siffatta, dove conta solo integrare i migranti, accogliere i musulmani, lavare i piedi ai poveri (davanti alle telecamere) e trasformare le basiliche in mense per i poveri, sempre per la gioia delle televisioni e per la soddisfazione della Comunità di sant’Egidio, se pure qualcuno si accorge che il trucco c’è, e mette in dubbio che il magistero sia quello di sempre, e la chiesa sia quella di sempre, e che il papa stia facendo il suo dovere di custode della fede e di propagatore del Vangelo, visto che fa dei viaggi “apostolici” nei quali non gli esce dalle labbra neanche il nome di Gesù Cristo, semmai quello di Buddha e del santo di cui ha scelto il nome, poco male: nessuno lo ascolta, nessuno gli dà retta, anzi, lo liquidano definendolo un nemico del papa (è il nuovo spartiacque creato dalla neochiesa: non più amici o nemici di Cristo, ma amici e nemici di questo papa), e la cosa finisce lì.
Hanno perfino creato un vocabolo nuovo, per screditare in partenza qualsiasi voce critica nei confronti della neochiesa e del (falso) papa Bergoglio: il vocabolo è ultratradizionalista, dove, come ben si sa, già la parola “tradizionalista” suona, da molti anni a questa parte, diciamo dalla scomunica di monsignor Lefebvre, nel 1988 (che fu dovuta a motivi disciplinari e non dottrinali), come una condanna senza appello; figuriamoci ultratradizionalista. Per essere ultratradizionalisti, evidentemente, bisogna non solo essere cattivi, ma anche un po’ folli: se già erano un po’ folli i vecchi tradizionalisti, gli ultratradizionalisti devono essere proprio del tutto schizzati, completamente svitati, sbullonati, e quindi totalmente non credibili, qualsiasi cosa venga loro in mente di dire o di fare. Si tratta di un vocabolo creato quasi contemporaneamente al suo “gemello”, evocato sui mezzi di (pseudo) informazione a proposito della politica (presentata però non come tale, ma come emergenza umanitaria), e più precisamente della invasione africana ed islamica dell’Europa, descritta come una normale vicenda migratoria che gli europei devono accogliere con generosità e spirito di solidarietà, pur sapendo benissimo che i “profughi” sono, al novanta per cento, dei falsi profughi, e che in mezzo a loro non mancano certo né i delinquenti di professione, né i fanatici, né i terroristi: il vocabolo gemello è ultradestra. Nelle recenti elezioni austriache, ad esempio, ha vinto l’ultradestra, stando a quel che dicono i mass media politicamente corretti, cioè praticamente tutti i media del mondo: vale a dire una destra che più destra non si può; il che evoca immagini di razzismo, di fascismo, d’intolleranza, brutale, e, in controluce, se non proprio Auschwitz, qualche cosa di simile. Attenzione, dunque: come la società civile è minacciata dai rigurgiti dell’ultradestra, così la neochiesa è minacciata da quelli dell’ultratradizionalismo: e come la prima è presa d’assalto da orde di pericolosissimi fascisti, come si è visto in quel di Como e in qualche spiaggia romagnola, allo stesso modo le coraggiose riforme del papa ”francescano” sono avversate e ostacolate in ogni modo da un manipolo di biechi individui, falsi ed ipocriti, impregnati di spirito oscurantista e reazionario, farisei e sepolcri imbiancati, gli stessi che già nostro Signore denunciava con parole di fuoco, ai suoi tempi (perché in questo caso, sì, i Sosa e tutti i neopreti sanno molto bene, e sono più che sicuri, di quali parole esattamente abbia adoperato Gesù Cristo, e in quale contesto, e riferendosi a chi).
È pur vero che molti indizi, e da molti anni, facevano pensare che fosse in atto una manovra oscura, quasi un gioco di prestigio, un gioco delle tre carte, per sostituire la neochiesa alla vera Chiesa di Cristo, facendo sparire quest’ultima sotto gli occhi dei fedeli, ma facendo sì che non se ne rendano conto; ed è altrettanto vero che tutte queste cose erano, e sono, implicite nella stessa fede cristiana: basta leggere i Vangeli e la Passione di Gesù; basta leggere le Lettere di san Paolo; basta leggere il libro dell’Apocalisse. E Léon Bloy, uno che aveva capito molte cose, soleva dire che, per conoscere le ultime novità, lui andava a leggersi le Lettere di san Paolo e l’Apocalisse. Non si dice forse, nelle Scritture, che, com’è stato perseguitato dagli uomini il Verbo Incarnato, saranno perseguitati anche i suoi seguaci? E non si dice forse che verranno dei falsi maestri, i quali riusciranno a sedurre e ingannare molti, allontanandoli alla Verità? E non si dice che il diavolo, simile a un leone ruggente, se ne va in giro cercando anime da divorare, e che bisogna stare sempre in guardia, altro che abbattere muri e spalancare porte, perché da quei muri abbattuti e da quelle porte spalancate il diavolo può entrare con estrema facilità, fingendo, sino al’ultimo, di non essere quel che è, ma vestendo, anzi, i panni del buon cristiano? Ecco: abbiamo peccato di rilassatezza, d’ignavia, e anche d’ingenuità. Sapevamo che il momento sarebbe venuto; sapevamo che la prova sarebbe arrivata: ce lo aveva predetto Gesù in persona; e sapevamo che si deve vegliare e pregare, pregare sempre, senza stancarsi, e vegliare giorno e notte, perché nessuno sa quando verrà il Padrone, ma prima del Padrone potrebbe arrivare qualcun altro, anzi, sicuramente verrà quell’altro, e forse è già arrivato: quello che semina la zizzania nel buio della notte, e che prepara insidie nell’ombra, come è suo costume, per rovinare l’opera del Figlio di Dio. Quando avremmo dovuto vegliare, abbiamo dormito; quando avremmo dovuto pregare, ci siamo distratti; quando avremmo dovuto far penitenza, abbiamo gozzovigliato: traviati dal malefico consumismo abbiano sostituito l’adorazione delle cose all’adorazione di Dio solo e unico. E la neochiesa ci ha incoraggiati in tale sbandamento, se non altro con le sue omissioni: quando mai ci raccomanda la penitenza?
Ecco: questo è un  punto chiave. Senza la penitenza, la fede è morta; senza la penitenza, l’anima rimane chiusa al soprannaturale; senza la penitenza, le norme morali ci scivolano addosso come l‘acqua, e noi siamo pronti e solleciti a fabbricarcene di nuove, secondo le nostre personali necessità, e abbiamo anche l’ardire di giustificare un simile abuso in nome di una interpretazione più “matura”, più “profonda”, più “concreta” del Vangelo di Gesù Cristo. Questa è stata la perversione teologica incominciata dal Concilio Vaticano II e portata avanti, scientemente, deliberatamente, dal neoclero e dai sopratutto dai neoteologi – i Kasper, i Küng, i Schillebeeckx, i Congar, fino ai loro nipotini odierni, i Grillo, i Bianchi, i Mancuso (!): la pretesa, blasfema, eretica, di poter cambiare la dottrina, con la scusa d’averla capita di più (ma più di chi? più di san Paolo? Più di sant’Agostino? Più di san Tommaso d’Aquino?); di poter cambiare la morale, con la scusa di dare più importanza al volto misericordioso di Dio (ed espungendo del tutto il peccato, il giudizio, l’inferno, cioè quella che padre Ermes Ronchi definisce “la pedagogia della paura”: il che significa falsificare il Vangelo e contraddire la Parola di Dio). Un popolo cristiano che ha scordato il valore della penitenza è un popolo cristiano agonizzante: la neochiesa di questi ultimi anni gli sta solo assestando il colpo di grazia. In quanto cristiani, in quanto cattolici, noi eravamo già, per la maggior parte, dei cadaveri ambulanti. Senza la penitenza, non c’è la fede; e senza la fede, di quale mai cristianesimo stiamo parlando? Stiamo solo buttando parole al vento: un cristianesimo senza fede non esiste, è una contraddizione in termini. Resta una dottrina sociale, sempre più terrena, sempre più immanente, sempre più a senso unico, materialista e presuntuosa: con l‘aggravante della cattiva coscienza, perché Dio, in una tale dottrina, è ridotto a fare da paravento di una stanza vuota. È una dottrina dell’uomo per l’uomo, dove Dio non c’è più, tanto meno Gesù  Cristo.
Questo, infatti, è l’obiettivo finale della neochiesa: portare i cattolici, poco alla volta, evitando che una scossa troppo brusca possa destarli dal loro sonno, verso una chiesa senza più Dio e verso un vangelo senza più Gesù Cristo. Non è affatto un traguardo impossibile; al contrario, è ormai piuttosto vicino. Se qualcuno non lo crede possibile, vuol dire che sta ancora dormendo. Di solito, giunti a questo punto, qualcuno dei cattolici semiaddormentati avanza la seguente obiezione: Sì, è vero; ci sono delle cose che non vanno, ci sono degli eccessi, degli abusi; c’è un po’ troppa confusione, ogni sacerdote va per conto suo, e le Conferenze episcopali anche, per cui si rischia di compromettere l’unità pastorale, dottrinale e liturgica della chiesa. Ma da qui a trarre la conclusione che esiste un disegno globale; da qui a pensare che il papa e le gerarchie della chiesa sono parte consapevole di un tale progetto, di un tale disegno scellerato, ce ne corre… Voi “conservatori” interpretate tutto male, ingigantite i fatti, vi irrigidite, senza sforzarvi di capire i tempi nuovi, e la necessità che la chiesa, per riuscire a raggiungere gli uomini moderni, accetti alcuni aspetti del mondo moderno. Ebbene, sono i tipici discorsi di chi non ha voglia di svegliarsi del tutto, ma preferisce sonnecchiare beatamente il più possibile; in fondo, è così dolce dormire, cullati dalle suadenti melodie della neochiesa: niente peccato, ma solo misericordia; niente dottrina, ma solo la coscienza individuale; niente penitenza, ma solo l’esercizio dei legittimi diritti; niente mortificazione della carne, solo gioia e divertimento; niente sforzo verso la santificazione, solo assecondare gli umani desideri; niente sacrificio, solo la pienezza del qui ed ora; niente trascendenza, solo la realtà di questa vita; niente mistero, solo la ragione; niente dogmi, solo la morale della situazione; niente spiritualità, solo problemi sociali che vanno affrontati e risolti. Quanti cattolici, o piuttosto ex cattolici (che non sanno di esser tali) sono già del tutto ipnotizzati da queste dolcissime melodie? Quanti di loro sentono, pensano, parlano e agiscono non più come dei cattolici, cioè come uomini nuovi, rinati in Cristo, ma come gli uomini vecchi del paganesimo e del giudaismo, idolatri, arroganti, avari, lussuriosi, senza timor di Dio, senza senso del limite, gonfi e superbi di un amore del prossimo che è solo la proiezione strumentale del loro smisurato amor di se stessi? Davvero non arrivano a vedersi, quando parlano e quando agiscono: davvero non vedono quel che chiunque, dall’esterno, vede benissimo: che essi non credono più in Dio, e meno ancora nella divinità di Gesù Cristo, ma che credono solamente in se stessi, e cercano solo l’approvazione degli uomini, una volta ottenuta la quale sono del tutto appagati e soddisfatti, né desiderano altro? Ma cosa credevano, che il Vangelo fosse una camomilla? Spiacenti, ma si sono sbagliati, e di molto. 

Vogliono la chiesa senza Dio, il vangelo senza Gesù

di Francesco Lamendola

continua su:
http://www.accademianuovaitalia.it/index.php/cultura-e-filosofia/teologia-per-un-nuovo-umanesimo/3657-un-vangelo-senza-gesu

ENZO BIANCHI/ L’ex priore di Bose: “E’ IMPOSSIBILE AMARE GESU’ , possiamo solo volergli bene, ecco perché”…

Una lunga e itinerante intervista a Enzo Bianchi appare sul Corriere della Sera a firma Elvira Serra: la giornalista è andata direttamente a Bose dove il monaco laico ha fondato e dirigeva fino allo scorso gennaio la Comunità di preghiera con monaci di entrambi i sessi. Provengono da Chiese cristiane diverse e per questo motivo il suo fondatore Bianchi è da sempre considerato un outsider non sempre “ortodosso” in alcune posizioni sulla Chiesa Universale Cattolica; una intervista che ripercorre l’intera vita di Enzo Bianchi, uno dei più grandi estimatori di Papa Francesco ma anche amico di Ratzinger e critico di Papa Wojtyla. Insomma, un personaggio che per prima cosa va considerato per quello che è: non è un prete, non è un vescovo e neanche un Cardinale – anche se alcune voci lo davano come probabile “nominato” da Bergoglio per il prossimo conclave, ecco qui il retroscena di qualche mese fa – ma un uomo “innamorato” di Cristo che in più occasioni si è esposto su varie tematiche centrali della fede cristiana (anche se troppo spesso, forse, considerato un autentico esponente della Chiesa Cattolica, senza esserlo).

“GESÙ È IMPOSSIBILE AMARLO”, ECCO PERCHÈ..

Buona parte dell’intervista si concentra sul ruolo della donna nella Comunità di Bose e nella stessa Chiesa, con l’intervistatrice che spinge molto su questo tasto partendo dallo “scandalo” di due fidanzate nel passato dell’ex priore di Bose: «Sui vent’anni ho avuto due ragazze con cui c’è stato un rapporto di giovani innamorati. Si sono sposate, ci vediamo ancora quando vengono a trovarmi a Bose». In realtà è un elemento normalissimo, come tanti altri preti hanno vissuto nel corso della loro gioventù: come amava ripetere Giovanni Paolo II, essere preti significa essere innamorati della vita, e chi ha vissuto l’amore in gioventù per una donna non è affatto da condannare, anzi è un fattore di positiva attestazione della vitalità personale e affettiva, pronta a donare la propria vita per Cristo come unica vera fonte di amore. Proprio su questo concetto però ci soffermiamo, seguendo un altro passaggio minoritario nell’intervista ma interessante per i risvolti religiosi e umani: «il mio passo prefetto del Vangelo è quello di Giovanni 21. Gesù chiede a Pietro: “Simone, mi ami più di tutte le tue cose?”. Attenzione, traducono “mi ami più di tutti gli altri”, ma sarebbe vergognoso se Gesù mettesse in concorrenza Pietro con gli altri discepoli. Qui ci sono due verbi, agapao, ti amo, e fileo, ti voglio bene. Pietro risponde sempre ti voglio bene, lo stesso farò io quando mi sarà chiesto conto». Insomma, per il priore di Bose non si può realmente amare Gesù: «noi non conosciamo l’amore fino in fondo, a Gesù possiamo dire solo: cerco di volerti bene. Pietro sapeva di avere rinnegato Gesù tre volte, e io come posso dire di non averlo mai rinnegato?». Secondo Bianchi l’uomo spesso dimentica e tradisce la richiesta di Cristo, fa peccato di “omissione” e lui stesso dice di averlo fatto nella sua vita da laico monaco: «Sono quelli che mi bruciano di più la lingua quando annuncio il Vangelo, perché dico agli altri quello che nella vita non sempre sono riuscito a fare».

LE CRITICHE A GIOVANNI PAOLO II

Il dubbio e la discussione è quanto di più descrittiva per l’opera di Enzo Bianchi: un dubbio sulla sua fede nella Chiesa, il dubbio nel suo rapporto con Dio, il dubbio come fattore di indagine e di scoperta. Per il priore di Bose, non sempre ortodosso nel suo seguire la Chiesa – tant’è che spesso viene accusato di “tenere” insieme più anime diverse del cristianesimo, predicando per Chiese e confessioni diverse – l’amore di Dio è elemento essenziale: «La fede è faticosa, è una lotta, come dice San Paolo, non è una pace. Nella fede si vivono tanti dubbi, poi l’amore per il Signore Gesù Cristo vince sul dubbio e si va avanti così. Ma si ricordi che il monaco è un esperto di ateismo. Il monaco sa che ogni uomo ha l’inferno dentro di sé, ha delle regioni non evangelizzate, degli abissi che deve esplorare. Gli atei sentono una vicinanza e una simpatia per i monaci per la ricerca solitaria profonda in cui a volte nell’oscurità si incontra la nientità, che è niente di niente: sa che vertigini può dare?». Questo dubbio però non ha tolto un profondo rapporto con gli ultimi sei pontefici vissuti e che lo stesso Bianchi ha incontrato nella sua lunga “militanza” nel Canavese: «Pio XII è stato il papa dell’ammirazione di un ragazzo: a 9 anni sono stato da lui e gli ho portato una damigianina di vino del Monferrato, ero stato premiato per la conoscenza del Vangelo con altri bambini di ogni regione». Parole dolci “al miele” per Giovanni XXIII – «Grazie a lui e al Concilio esiste Bose» – Paolo VI («L’ho amato per la finezza spirituale, la cultura, la capacità di sentire la modernità e anche la sua sofferenza») e Benedetto XVI, «Ratzinger Per me un grande teologo e un caro amico che conosco dal 1976. Mi ha nominato esperto a due sinodi: è stato un gesto di elezione e fiducia verso di me di cui gli sarò sempre grato». Non lesina invece critiche al Santo Padre Giovanni Paolo II, considerato da sempre per Bianchi uno dei maggiori “freni” del Concilio Vaticano II, per il priore di Bose una pietra miliare nella storia della Chiesa. «Da un lato lo amavo per le aperture all’umanità e alle religioni, dall’altro mi sembra che qualche volta avesse una interpretazione restrittiva del Concilio Vaticano II». Oggi è felicemente “schierato” per l’opera di Francesco che reputa abbia portato nella Chiesa una primavera, un’apertura, «un clima di libertà e un’attenzione ai poveri di cui mi rallegro».enzo_bianchi_priore_monaco_comunita_bose_twitter_2017_thumb660x453.jpg
FONTE : ILSUSSIDIARIO.NET
https://benedettoxviblog.wordpress.com/2017/12/27/enzo-bianchi-lex-priore-di-bose-e-impossibile-amare-gesu-possiamo-solo-volergli-bene-ecco-perche/

“Il delirio del prete che abolisce il Natale: ecco il testo integrale della lettera nella quale giustifica le sue ‘scelte pastorali’ ” Di Finan Di Lindisfarne

Come avrete letto nei precedenti articoli di Fra Cristoforo,
https://anonimidellacroceblog.wordpress.com/2017/12/26/breve-appunto-a-proposito-di-ultimi-tempi-altro-che-vietare-i-matrimoni-qui-hanno-proprio-abolito-la-messa-di-fra-cristoforo/
https://anonimidellacroceblog.wordpress.com/2017/12/26/appello-urgente-al-cardinal-bagnasco-fermate-don-farinella-gli-anonimi-della-croce/
è fresco fresco questo emblematico caso del ‘prete’ (?) che, per uno suo tutto personalissimo modo di vedere la questione sociale, è convinto di fare cosa buona e giusta, abolendo il Santo Sacrificio. A Natale, soprattutto.
Qui sotto potete trovare il testo integrale delle sue motivazioni.
Parlando di scelte pastorali e sostenendo che Cristo era un profugo -quando invece Maria e Giuseppe stavano andando solo a farsi censire- (quindi oltre che folle, anche ignorante), il sedicente uomo vestito da sacerdote, si lancia in un delirio fatto di giudizi sommari, un pizzico di odio al capitalismo di stampo marxista e una retorica tutta da politicante.
Questo, infatti, è il sedicente prete: un mero politicante.
E tale rimane.
Un uomo che veste l’abito sacerdotale per perorare la sua causa politica come lo facevano i preti della teologia della liberazione che furono per questo rimproverati da chi di dovere nel tempo che fu.
Ma nell’era di Francesco I codesti sono uomini illustri, pieni di “zelo” sociale.
I silenzi delle gerarchie verso costoro ci fanno pensare che siano pienamente accondiscendenti, mentre altre tipologie di preti, quelli che ribadiscono gli insegnamenti cattolici di sempre, vengono messi a tacere.
L’argomentazione chiave dell’epistola sono le tante ingiustizie che ci sono nel mondo. Dopo una scarica di odio verso i cosiddetti fascisti-cattolici che lui definisce razzisti -forse perchè sono preoccupati dell’emoraggia di immigranti che arrivano senza alcun controllo- decide che il Natale non si fa.
Motivazione: è troppo ipocrita festeggiare il Natale perchè è simbolo di un sistema economico assassino.
Quest’uomo è da allontanare prestamente dalla Chiesa Cattolica, cari lettori.
E mi auguro che il Cardinale Bagnasco, che in passato ha comunque difeso certi valori (non è mia intenzione aprire una discussione sul Cardinal Bagnasco, per inciso), non perda tempo ad ascoltare questo pazzo e lo sospenda.
Sarebbe infatti ridicolo vedere continuare nei suoi uffici un uomo del genere, e non oso pensare quali nefandezze possa insegnare ai suoi parrocchiani o in confessione.
Qui siamo all’apostasia pura.
E il ‘signor Farinella’ ha sicuramente un futuro nella CGIL o in qualche sindacato di estrema sinistra, ma non di certo come Sacerdote della Chiesa, il cui compito è quello di predicare Cristo, non qualche posizione politica.
Non è nostra intenzione, solitamente, prestarci a gogne mediatiche, ma avendo assistito a parecchi preti in gamba -che predicavano la sana Dottrina- purgati come persone pericolose in questi ultimi tempi, ci aspettiamo che questo personaggio a questo punto venga licenziato a tempo zero.
L’ingannevole serpente ha trovato un’ottima argomentazione (che poi è la stessa che voleva usare Giuda contro Gesù accusandolo di aver sprecato l’unguento costoso), usando il tema del sociale.
Davanti agli scandali della povertà, delle ingiustizie e di popoli che stanno soffrendo, questo prete, seguendo un filone già ben consolidato, strumentalizza cose più grandi di lui per accusare chi non è politicamente dalla sua parte.
Pensate forse che egli, come tanti altri, sia veramente mosso dallo spirito di carità?
Se questo falso prete fosse davvero mosso dall’amore, non vomiterebbe odio in primis contro Cristo, il quale gli ha comandato di celebrare la Messa, non di fare il sindacalista, il politicante o il sociologo. In secondo luogo verso i suoi concittadini cattolici.
L’umiltà di questo clero non esiste più. E’ solo una parola vuota.
La scusa della povertà diventa solo l’occasione per accusare quelli che comunque sono i suoi fratelli.
Perchè, caro il mio ‘prete’, quelli che lei chiama fascisti, sono suoi fratelli, tanto quanto lo sono gli immigrati.
Ed è per questo che la sua lettera, se fosse giunta a casa mia, l’avrei respinta al mittente con una scritta a caratteri cubitali:
“VADE RETRO, SATANA!”.
Le stesse parole che Gesù disse a Pietro, le rivolgo a lei: “Tu non ragioni secondo Dio, ma secondo gli uomini!”.
Tornasse all’umiltà questo prete, ricordandosi che il suo primo dovere è celebrare la Messa e pascolare il gregge, invece di pensare di risolvere i problemi del mondo facendo il politicante.
Starà a Dio giudicare il mondo, lei pensi a pregare e a fare il prete nella sua zona, che è quello per cui è stato incaricato.
A voi le deludenti parole:
“Premetto che quest’anno nella mia chiesa, d’accordo con i frequentatori abituali, abbiamo fatto una «scelta pastorale»: non celebriamo la veglia di Natale né la Messa di Capodanno né quella dell’Epifania. In altre parole, di fatto, aboliamo il Natale.
San Torpete in Genova, dal sec. XII è parrocchia riservata alla famiglia dei marchesi Cattaneo-Della Volta, la quale nel 1995 con atto notarile la cedette alla diocesi di Genova. Al termine del primo restauro, durato 10 anni, nel 2005, fui nominato «Amministratore parrocchiale». Mi trovo quindi in una parrocchia aperta al pubblico, ma senza territorio e, di fatto, senza parrocchiani perché i discendenti dei Cattaneo-Della Volta, circa una quarantina di persone, sono sparsi per il mondo. La parrocchia è frequentata da persone che provengono da ogni quartiere di Genova, anche da fuori Genova. Non pochi per partecipare impiegano un’ora e anche un’ora e mezza per venire e altrettante per tornare. La liturgia che si svolge a San Torpete non è «la Messa della mutua» o dei saldi, ma è una scuola della Parola e dura da un’ora e mezza e due ore. Tenendo conto di «questa» realtà, abbiamo deciso di privilegiare «solo la domenica – Dies Domini», tralasciando tutto il resto, Veglia, Capodanno ed Epifania che capitando di sabato si addossano le une alle altre, con ingorgo per noi ingestibile. Motivi di fede. Celebrare il Natale come gli altri anni, come se nulla stesse accadendo, significherebbe compiere un atto d’inciviltà, di mistificazione e di complicità. Oggi Natale è il contrario di quello dovrebbe significare: esattamente l’opposto. Esso è strumento di un sistema economico assassino, che fomenta lo sperpero, alimenta la falsità dei falsi sentimenti d’occasione (a Natale bisogna essere buoni!!!!) e illude perché tutto lo scempio delle ingiustizie, delle immoralità e del buonismo a buon mercato si ritualizza nel contesto di una religiosità blasfema. Si inneggia al presepe col Bambino, Maria e Giuseppe, attorniati da pastori, oche e animali vari, facendo finta di non sapere che quel Bambino è un Profugo, che scappa dalla polizia di Erode, ricercato per essere fatto fuori, emigrante in Egitto in cerca di salvezza e di fortuna, nato fuori dall’abitato perché nessuno lo voleva. Solo i pastori, gli emarginati «impuri» del tempo lo assistono, mentre nel tempio di Gerusalemme splendono le luci e si elevano i canti al Dio dei cieli e compagnia cantando. Nel 2017 Cristo non nasce in Italia, in Europa, negli Usa e non nasce nelle chiese: Egli nasce e resta nei campi profughi della Turchia che sperpera lautamente i tre miliardi della UE perché Gesù Bambino sia tenuto lontano dai Paesi europei, ubriachi di «civiltà cristiana». Egli è in Libia, dove i tanti Gesù Bambini senza pastori, Magi o pecorelle e nenie, sono stuprati, venduti, violentati e anche assassinati. Quest’anno Gesù nasce “dentro il Mediterraneo”, che assume la forma di una tomba. L’arte bizantina ha sempre raffigurato la culla di Gesù nascente a forma di sarcofago/tomba, forse immaginando che un giorno sarebbe successo «alla grande» a centinaia e centinaia di Gesù Bambini colpevoli di cercare la vita. In Italia, in Europa, negli Usa, nel Mondo, rigurgiti pericolosi di fascismo stanno strozzando la fragile Democrazia e sono proprio i fascisti che difendono «la civiltà cristiana» e i valori cristiani, mentre affermano il loro razzismo.”

Finan Di Lindisfarne
https://anonimidellacroceblog.wordpress.com/2017/12/26/il-delirio-del-prete-che-abolisce-il-natale-la-lettera-integrale-nella-quale-giustifica-le-sue-scelte-pastorali-di-finan-di-lindisfarne/

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