ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

domenica 24 dicembre 2017

Non come vorrebbero farci credere

              CHI FESTEGGEREMO IL 25 DICEMBRE ? 



Ma  la nascita di chi festeggeremo il prossimo 25 dicembre? Di un uomo-dio  inventato dalla teologia scientifica modernista che ne esalta l’umanità verso la divinità con la scusa di renderlo più credibile?
E’ necessario domandarcelo poiché  i “manipolatori” del  Concilio Vaticano II  han  tentato in tutti i modi di  renderci più “adulti” per aiutarci a  evitare il rischio di inconsapevole eresia (criptoeresia, secondo  Karl Rahner ) dove, < per  considerare Gesù  vero Dio , si lasciava troppo in secondo piano il fatto che egli è vero uomo > , con una  sua storia umana.
Questo rischio  era secondo loro dovuto ai Vangeli non sufficientemente storici, fatti da testimonianze sospette di testimoni non oculari, in contraddizione fra loro. E costoro considerano la concezione verginale di Maria materia accessibile e credibile solo per fede e non per ricerca storica.
Sempre per costoro il Padre Nostro, come noi lo recitiamo oggi, non è quello di Gesù, bensì è stato adattato dalle prime comunità per esprimere la concezione necessaria e voluta di Gesù. Sempre secondo loro  il vero Gesù insegnava la ripartizione equa delle risorse in relazione all’ambiente e spiegava che il regno di Dio è gratuito, senza bisogno di meritarlo, essendo la salvezza già ottenuta.
Dio per loro non è certo (come penso invece io) meritocratico. Inoltre, di fatto, sembrano ignorare la sua Resurrezione, perché senza prove attendibili, così  sembrano ignorare il male, il peccato originale, il diavolo, l’inferno, ecc.


Poiché però il 25 prossimo è Natale, e il Natale deve tornare ad avere il senso originale per il bene di tutti, propongo una riflessione da “bambini”, non da adulti, come voleva Gesù stesso. Ho la triste  impressione  che, anche all’interno della Chiesa, qualcuno  si prepari a non accogliere Gesù quale Salvatore , spiegando che non c’è  più bisogno di essere salvati, non essendoci nessuno  da salvare perché siamo già tutti salvi.
Un tempo nelle omelie natalizie si ricordava la non accoglienza a Betlemme  della Sacra Famiglia, quale rifiuto simbolico del Salvatore. Oggi invece questa non accoglienza della Sacra Famiglia viene configurata (persino  da parte di Vescovi) alla nostra non accoglienza … degli immigrati. Oggi troppi neoteologi, che non hanno studiato Tommaso d’Aquino, rappresentano il rapporto Dio/mondo lasciando intendere che Dio, dopo averlo creato, lo ha lasciato evolvere per conto suo, restando  (panteisticamente)  ovunque in ogni creatura e ambiente. E’ naturale che in tal modo l’Incarnazione diventi una metafora. Questi teologi pensano tanto e pregano poco, dimenticando che nulla di importante nella storia della vita umana nasce dal pensiero, bensì dal cuore e invece di seguire l’esortazione “fate penitenza, cambiate la vostra mente e credete al Vangelo (Marco 1-14) “continuano a  elucubrare e non fare esercizi spirituali (magari quelli di Sant’Ignazio di Loyola…).

Perciò vorrei ricordare che il Gesù che ricorderemo il 25 dicembre non è qualcuno che si è identificato con Dio e diventa Dio, Gesù era Dio, dal principio (“prima che Abramo nascesse, io sono …” Gv, 8-58). Incarnazione significa che la parola viva di Dio (Logos) in virtù dello Spirito Santo si fa uomo, non entra in un uomo!
Nella incarnazione Dio (occulto) si rivela. Detta confusione è dovuta alla strenua attività del Suo “grande avversario” che riesce a confondere scientificamente-storicamente la storia negando che Egli “entra nella storia e fa la storia”, grazie alla Sua nascita umana, proprio quella che festeggeremo il 25.

Perché Gesù è venuto al mondo? Non per annunciare misericordia per tutto e tutti, ma per annunciare la necessità di redenzione, per invitare l’uomo a convertirsi. E’ venuto al mondo per contrastare le potenze del male che si oppongono alla volontà di Dio,  che pretendono di fare una contro-creazione opposta a quella di Dio. Eppure troppi teologi di oggi hanno  trasformato il principe del male in una specie di comico, alla “piccolo diavolo” di Benigni.
I frutti della venuta di Cristo dipendono dalla disponibilità degli uomini a realizzare con opere la Sua volontà, con opere virtuose fatte con merito, non con parole. Il messaggio di Gesù non è di amore incondizionato, è messaggio di salvezza mirante a farci aprire gli occhi, a cercare il senso della vita, spiegando che tutto fallirà se ci si allontana da Dio.
Attenzione Cristo non è un mero fondatore di una religione, come altri. Altre religioni vengono dal mondo, Cristo non fonda una religione, porta il messaggio di Dio in evidente contrasto con  le altre religioni. Il perdono da lui predicato è espiazione, l’iniquità resta tale se l’uomo non lotta per combatterla. Redenzione non significa “tutti salvi” per il sacrifico di Cristo, Redenzione è la struttura portante della vita cristiana di ieri e di oggi, lo spirito di redenzione deve essere operativo sempre, non si è esaurito. Chi confonde tutto ciò è un certo spirito gnostico che sembra trionfare dopo il Vaticano II. Troppi teologi in auge sostengono che le parole di Cristo son state scritte dai discepoli e nessuno era lì con il registratore. Vero, non avevano il registratore, ma avevano una fede che li ha portati al martirio.

Ricordare tutto ciò su un giornale laico e serio, come La Verità  è importante, perché il contenuto della civiltà cristiana, di cui tutti beneficiano (i laici in primis), si è formato grazie alla Rivelazione. Negandola o confondendola, chiedendo alla scienza ed alla storia di stabilire solo loro chi era Gesù, è  errato e pericoloso. Non è solo  pericolosamente sinergico con il processo di sincretismo religioso necessario a creare una omogeneizzazione multicultualista (sostenuta dagli immigrazionisti), ma anche a preparare il processo di disumanizzazione che è anticamera della  auspicata “creazione artificiale”.

Il Cristo, la cui nascita  festeggeremo il 25 dicembre , da 2000 anni è quello della fede reale. E’ la fede reale infatti che si è ordinata a Cristo, non Cristo si è conformato alla fede, come vorrebbero farci credere. Se il Cristo reale finisce per esser considerato (troppo) uomo, il senso della vita si sarà costretti a cercarlo attraverso l’esistenza  reale (esistenzialismo di  Heidegger , “maestro” di Rahner). Cristo è il criterio di misura e conoscenza del “reale”, non è il “reale” il criterio di conoscenza di Cristo.

Il prossimo 25 dicembre ricordiamolo e riflettiamoci.

di Ettore Gotti Tedeschi



Pubblicato su La Verità del 24 dicembre 2017



http://www.unavox.it/ArtDiversi/DIV2269_Gotti-Tedeschi_Chi_festeggeremo_il_25_dicembre.html

Il Bambino, la luce, la pace, i pastori

    «In Gesù Cristo, il Figlio di Dio, Dio stesso, Dio da Dio, si è fatto uomo. A Lui il Padre dice: “Tu sei mio figlio”. L’eterno oggi di Dio è disceso nell’oggi effimero del mondo e trascina il nostro oggi passeggero nell’oggi perenne di Dio. Dio è così grande che può farsi piccolo. Dio è così potente che può farsi inerme e venirci incontro come bimbo indifeso, affinché noi possiamo amarlo. Dio è così buono da rinunciare al suo splendore divino e discendere nella stalla, affinché noi possiamo trovarlo e perché così la sua bontà tocchi anche noi, si comunichi a noi e continui ad operare per nostro tramite».
Sono parole di Benedetto XVI, pronunciate nell’omelia della santa messa di mezzanotte del Natale 2005, il primo Natale da pontefice per Joseph Ratzinger.
Il Bambino nel presepe
Il Natale, disse il papa, è questo:  «Dio è diventato uno di noi, affinché noi potessimo essere con Lui, diventare simili a Lui. Ha scelto come suo segno il Bimbo nel presepe: Egli è così. In questo modo impariamo a conoscerlo. E su ogni bambino rifulge qualcosa del raggio di quell’oggi, della vicinanza di Dio che dobbiamo amare ed alla quale dobbiamo sottometterci: su ogni bambino, anche su quello non ancora nato».
L’eterno di Dio scende nell’effimero dell’uomo e trascina il nostro oggi transeunte nell’oggi eterno. Che espressione stupenda!
Luce nelle tenebre
Ma Benedetto XVI non si concentrò solo sulla dimensione del tempo. Considerò anche la luce, che è così importante nella liturgia della messa di Natale. Lo spunto è offerto dal Libro del profeta Isaia: «Su coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse» (9, 1) e dal brano tratto dalla lettera di san Paolo a Tito: «È apparsa la grazia» (2, 11). Testi che il papa commentò così: «L’espressione “è apparsa” appartiene al linguaggio greco e, in questo contesto, dice la stessa cosa che l’ebraico esprime con le parole “una luce rifulse”: l’”apparizione”, l’”epifania”,  è l’irruzione della luce divina nel mondo pieno di buio e pieno di problemi irrisolti. Infine, il Vangelo ci racconta che ai pastori apparve la gloria di Dio e “li avvolse di luce” (Lc 2, 9). Dove compare la gloria di Dio, là si diffonde nel mondo la luce. “Dio è luce e in Lui non ci sono tenebre”, ci dice san Giovanni (1 Gv 1, 5). La luce è fonte di vita».
Quando parliamo di luce che irrompe nelle tenebre, pensiamo alla conoscenza, alla verità, all’amore. «Luce significa soprattutto conoscenza, significa verità in contrasto col buio della menzogna e dell’ignoranza. Così la luce ci fa vivere, ci indica la strada. Ma poi, la luce, in quanto dona calore, significa anche amore. Dove c’è amore, emerge una luce nel mondo; dove c’è odio, il mondo è nel buio. Sì, nella stalla di Betlemme è apparsa la grande luce che il mondo attende. In quel Bimbo giacente nella stalla, Dio mostra la sua gloria, la gloria dell’amore, che dà in dono se stesso e che si priva di ogni grandezza per condurci sulla via dell’amore. La luce di Betlemme non si è mai più spenta. Lungo tutti i secoli ha toccato uomini e donne, “li ha avvolti di luce”».
La carità frutto della fede
E «dove è spuntata la fede in quel Bambino, lì è sbocciata anche la carità, la bontà verso gli altri, l’attenzione premurosa per i deboli ed i sofferenti, la grazia del perdono. A partire da Betlemme una scia di luce, di amore, di verità pervade i secoli. Se guardiamo ai santi – da Paolo ed Agostino fino a san Francesco e san Domenico, da Francesco Saverio e Teresa d’Avila a Madre Teresa di Calcutta – vediamo questa corrente di bontà, questa via di luce che, sempre di nuovo, si infiamma al mistero di Betlemme, a quel Dio che si è fatto Bambino. Contro la violenza di questo mondo Dio oppone, in quel Bambino, la sua bontà e ci chiama a seguire il Bambino».
Non permettiamo che la fiamma si spenga
Siccome in quel Natale del 2005 l’albero per la piazza San Pietro fu donato da una regione austriaca i cui abitanti portarono al papa anche una fiamma accesa a Betlemme, Benedetto XVI commentò: «Il vero mistero del Natale è lo splendore interiore che viene da questo Bambino. Lasciamo che tale splendore interiore si comunichi a noi, che accenda nel nostro cuore la fiammella della bontà di Dio; portiamo tutti, col nostro amore, la luce nel mondo! Non permettiamo che questa fiamma luminosa accesa nella fede si spenga per le correnti fredde del nostro tempo! Custodiamola fedelmente e facciamone dono agli altri! In questa notte, nella quale guardiamo verso Betlemme, vogliamo anche pregare in modo speciale per il luogo della nascita del nostro Redentore e per gli uomini che là vivono e soffrono. Vogliamo pregare per la pace in Terra Santa: Guarda, Signore, quest’angolo della terra che, come tua patria, ti è tanto caro! Fa’ che lì rifulga la tua luce! Fa’ che lì arrivi la pace!».
Pace: comunione nell’Eucaristia
A Natale si parla tanto di pace, ma spesso in modo generico e superficiale. In realtà noi cristiani che cosa dobbiamo intendere veramente con questa parola?
Tra i cristiani, spiegò il papa, la parola pace ha assunto un significato tutto speciale: è diventata la parola «che designa la comunione nell’Eucaristia». Quando diciamo pace intendiamo la pace di Cristo. «Attraverso tutti i luoghi dove si celebra l’Eucaristia una rete di pace si espande sul mondo intero. Le comunità raccolte intorno all’Eucaristia costituiscono un regno della pace vasto come il mondo. Quando celebriamo l’Eucaristia ci troviamo a Betlemme, nella “casa del pane”. Cristo si dona a noi e ci dona con ciò la sua pace. Ce la dona perché noi portiamo la luce della pace nel nostro intimo e la comunichiamo agli altri; perché diventiamo operatori di pace e contribuiamo così alla pace nel mondo».
Vigilanti come i pastori
Fra tutte le persone che ricevono il messaggio di pace («pace in terra…»), Benedetto XVI puntò l’attenzione sui pastori. «Soffermiamoci in questa notte sui pastori. Che specie di uomini sono? Nel loro ambiente i pastori erano disprezzati; erano ritenuti poco affidabili e, in tribunale, non venivano ammessi come testimoni. Ma chi erano in realtà? Certamente non erano grandi santi, se con questo termine si intendono persone di virtù eroiche. Erano anime semplici. Il Vangelo mette in luce una caratteristica che poi, nelle parole di Gesù, avrà un ruolo importante: erano persone vigilanti. Questo vale dapprima nel senso esteriore: di notte vegliavano vicino alle loro pecore. Ma vale anche in un senso più profondo: erano disponibili per la parola di Dio, per l’Annuncio dell’angelo. La loro vita non era chiusa in se stessa; il loro cuore era aperto. In qualche modo, nel più profondo, erano in attesa di qualcosa, in attesa finalmente di Dio. La loro vigilanza era disponibilità, disponibilità ad ascoltare, disponibilità ad incamminarsi; era attesa della luce che indicasse loro la via. È questo che a Dio interessa. Egli ama tutti perché tutti sono creature sue. Ma alcune persone hanno chiuso la loro anima; il suo amore non trova presso di loro nessun accesso. Essi credono di non aver bisogno di Dio; non lo vogliono. Altri che forse moralmente sono ugualmente miseri e peccatori, almeno soffrono di questo. Essi attendono Dio. Sanno di aver bisogno della sua bontà, anche se non ne hanno un’idea precisa. Nel loro animo aperto all’attesa la luce di Dio può entrare, e con essa la sua pace. Dio cerca persone che portino e comunichino la sua pace. Chiediamogli di far sì che non trovi chiuso il nostro cuore. Facciamo in modo di essere in grado di diventare portatori attivi della sua pace,  proprio nel nostro tempo».
Con queste parole di Benedetto XVI, buon Natale a tutti!
Aldo Maria Valli
http://www.aldomariavalli.it/2017/12/23/il-bambino-la-luce-la-pace-i-pastori/

“Il Natale più triste della mia vita”

Pubblichiamo un’email arrivata in redazione in cui viene raccontato come anche nelle nostre parrocchie il culto del “povero” ha preso il posto dell’adorazione del Divin Bambino.
Carissimi Gestori,
mi conoscete come “settimanale”, mi chiamo L. e sono un laico sposato, con figli ed anche nipoti perché sono vecchio, ho da poco superato gli 80 e con una vita ricca di avvenimenti, sono innamorato di Maria Santissima e di san Giuseppe, e con loro sono sempre ritornato sui miei passi, come il quinto mistero gaudioso, per ritrovare il vero Gesù, ogni volta che lo perdevo.
Gesù e il suo Natale, quanta amarezza quest’anno, per questo vi scrivo questa lettera che forse non entra nelle cronache, ma dai peggioramenti che ho constatato in questi ultimi anni, non saprei che altro pensare.
Da una settimana ho cercato di confessarmi per prepararmi bene al Natale ma, con dispiacere ho notato che a differenza degli altri anni, quest’anno anche i più bravi sacerdoti si sono eclissati dai confessionali. Ricercati in tre parrocchie rionali, non ne ho trovato neppure uno disponibile e non che fossero impegnati nel sacro, ma erano tutti impegnati a preparare “la cena di Natale”.
A loro ho detto: “Ma non ci sono i diaconi e i laici per fare queste cose, toccando a voi di preparare le anime e i cuori per ospitare degnamente Gesù?”.
Mi sono sentito rispondere: “Il papa ci invita ad apparecchiare per i poveri, tu sei una brava persona, non hai peccati mortali, fai un bell’esame di coscienza e nell’atto penitenziale della messa, sarai assolto”.
Mi sono sentito cadere il mondo addosso ed una profonda tristezza ha riempito la mia anima. Ho fatto presente loro che sono anziano e che potrei terminare il mio percorso molto presto e che avrei voluto essere trovato pronto anche per questo Natale, per accogliere Gesù come si deve. Mi hanno risposto che ero esagerato e che nella “carne del povero”avrei soddisfatto ogni pena. Ho risposto, che visto che stavamo perdendo tempo a dire stupidaggini (poiché la carità a casa mia non manca mai), se potevano confessarmi in quel frangente. Mi è stato risposto che dovevano “andare” e che erano già in ritardo.
Sono tornato a casa con l’amarezza nel cuore. Ho fatto adorazione Eucaristica, ho chiesto a Lui di provvedere, ho chiesto a san Giuseppe di mantenere le sue promesse sulla salvezza di un’anima a lui devota, ma non sarà la stessa cosa, questo Natale è triste perché penso al fatto che questi sacerdoti, bravi e sinceri, non hanno sollecitato le anime a confessarsi, e a chi voleva è stato detto di stare tranquilli. Non è così che però va il vangelo!
Fino a cinque anni fa, questi tre sacerdoti erano solerti in chiesa dedicando, sotto le feste di Natale e Pasqua, molte ore al confessionale, e sempre ne trovavi uno disponibile, girando le tre parrocchie rionali. Poi è stato un crescendo anomalo, già l’anno scorso fu difficile ma alla fine si trovò il compromesso e si riuscì a trovarli, a turno, nei confessionali e vi posso assicurare che c’era la fila. Quest’anno è stato un crollo improvviso, da una settimana non ci sono loro in chiesa, ed è tutto un via vai per organizzare cene.
Ma a Gesù Bambino che è il primo mendicante dei nostri cuori, chi ci pensa più? Possiamo davvero accostarci al prezioso alimento così come siamo messi? E basta davvero occuparsi dei poveri per soddisfare i peccati personali? Io penso di no! Non solo perché così mi è stato insegnato, ma perché me lo insegna san Paolo e tutto il Vangelo. Nella mia vita mi sono preparato tre volte con l’Estrema Unzione degli infermi, ora vedo in pericolo il dolce Viatico perché se un anziano è in salute, ed è praticante, si da per scontato che l’anima sia a posto, è come dare a Gesù gli scarti: lo scarto del nostro tempo, della fede e delle azioni. L’Eucaristia è sempre più associata alla carne dei poveri, alla carne degli uomini, così che Maria stessa, Madre di Gesù, è messa nella sua maternità alla pari della maternità di noi peccatori.
Quale imbroglio ci stanno imponendo dalle gerarchie della Chiesa? Supplico la Sacra Famiglia di aiutarci, e supplico i sacerdoti a mettersi una mano sulla coscienza per non lasciarci morire di “fame”, la fame spirituale, la fame di Gesù vivo e vero, la fame del paradiso.
Allora vorrei gridare “Buon Natale a Gesù Bambino” e a tutti voi, ringraziandovi per le riflessioni. Mentre in queste ultime ore tutti sono indaffarati per le cene, pensiamo a Maria Santissima che sta per dare alla luce il Verbo Divino. Gesù è felice che noi ci prepariamo alla gioia, ma per il suo essere nato per noi, cerchiamo di riceverlo degnamente con fede e l’anima ben apparecchiata e pronta alla morte, come diceva sant’Alfonso de Liguori, perché se pensiamo soltanto al ventre, l’anima imputridirà all’inferno.
L. (settimanale).

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