Profanazioni di chiese e intimidazioni alla Bussola
Bombing su Facebook e una pagina anti-Bussola sul quotidiano L’Arena di Verona: gli ultras di don Paolo Pasetto sono passati al contrattacco. L’articolo firmato da Andrea Zambrano, titolato “Sbando ecclesiale: chiesa-circo e parroco-pagliaccio”, centrato sul veglione di Capodanno festeggiato in chiesa a Marcellise (Verona), è andato di traverso al sacerdote. Il quale ha chiamato a raccolta i suoi adepti (i parrocchiani sono in gran parte emigrati in altre chiese nei dintorni per poter partecipare a liturgie ortodosse), che hanno preso a bombardare la pagina Facebook di Zambrano per difendere don Paolo e la sua parrocchia “inclusiva”.
Non paghi hanno portato il loro grido di dolore al quotidiano locale “L’Arena”,che ieri ci ha dedicato un lungo articolo (titolo: Solidarietà a don Paolo. «Ce ne vorrebbero altri») in cui, oltre a riportare le principali argomentazioni degli adepti di don Paolo, il giornalista Vittorio Zambaldo pretende anche di darci lezioni di giornalismo e di morale cristiana. Nei messaggi dei fan del parroco, oltre a invitare Zambrano a recarsi a Morcellise a partecipare alle messe di don Paolo, si elencano i suoi tanti meriti: dall’accoglienza a chiunque fino alla sua umanità, dalla preparazione culturale alla capacità di rinnovare la fede di quanti lo seguono.
Peccato che il contenuto dell’articolo di Zambrano non c’entri nulla con le presunte doti umane e pastorali di don Paolo. Come i nostri lettori sanno, da un po’ di tempo abbiamo lanciato la campagna #Salviamo le chiese per denunciare l’uso improprio che purtroppo un po’ ovunque si fa dello spazio sacro dedicato al culto di Dio. Molte sono le segnalazioni che ci arrivano da fedeli di ogni parte d’Italia, stufi di un malcostume diffuso, molto più di quanto anche noi ci aspettassimo.
È in questo scenario che siamo incappati nella parrocchia di Marcellise: un breve video che ci è stato recapitato, mostra il veglione di San Silvestro svoltosi sotto le volte della storica chiesa di Marcellise con don Paolo intento a deliziare il pubblico con numeri circensi da clown. È semplicemente questo che abbiamo giudicato e non l’attività in parrocchia di don Paolo. Peraltro “parroco-pagliaccio” non è un insulto gratuito al sacerdote (come il giornalista veronese sembra pensare) ma è proprio la descrizione dell’attività svolta dal parroco nella circostanza per intrattenere i suoi adepti fino alla mezzanotte.
Quindi le domande corrette a cui rispondere sono queste: organizzare un veglione di San Silvestro all’interno di una chiesa è sì o no una profanazione? Sì, lo è. E un parroco che nell’occasione si trasforma in un circense sta facendo qualcosa come minimo di inopportuno, sì o no? Decisamente sì. Ecco, questo è il punto: le chiese non sono circoli ricreativi né ristoranti né sale congressi; e lo spazio sacro a soli scopi sacri va destinato. Lo abbiamo già spiegato abbondantemente nelle settimane scorse. Solo a questo dovrebbero rispondere don Paolo, i suoi adepti e anche le autorità ecclesiastiche diocesane. Tutto il resto, compreso il fiancheggiamento di giornalisti compiacenti, è solo tentativo di intimidazione. Che ovviamente respingiamo.
Riccardo Cascioli
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Matrimonio celebrato in volo, l'ultima del Papa
L’ultima tappa del viaggio apostolico in Cile del Papa sarà ricordata per sempre, perché per la prima volta nella storia un matrimonio è stato celebrato in volo, o si potrebbe anche dire al volo, da un Papa. Sull’aereo che trasportava Francesco dalla capitale Santiago a Iquique, capitale della regione Tarapacà, nel nord del Paese, il Papa ha unito in matrimonio Carlos Ciuffardi, 41 anni, e Paula Podest Ruiz, 39 anni, rispettivamente steward e hostess della compagnia aerea Latam.
Sposati civilmente da più di dieci anni, i due dovevano sposarsi in chiesa nel 2010, ma la loro parrocchia è stata distrutta dal terremoto e quindi hanno rimandato. Carlos e Paula hanno due figli e probabilmente in questi otto anni non hanno trovato nessuna altra occasione per unirsi in matrimonio davanti a un altare, così quando il Papa gli si è avvicinato per la foto di rito gli hanno chiesto una benedizione. Francesco gli ha domandato se erano sposati e loro hanno risposto che lo erano solo civilmente.
«E allora», ha raccontato il neosposo, «lui ci ha chiesto: ‘Volete che io vi sposi ? Siete sicuri ?’». Noi gli abbiamo risposto subito di sì. Poi lui ci ha detto che c’era bisogno di un testimone. Allora sono andato subito a cercarlo. Così è iniziata una piccola cerimonia lì sul posto, ci siamo presi la mano. Il Papa ci ha poi chiesto se c’era amore nel nostro matrimonio, se volevamo continuare così per tutta la vita. Gli abbiamo detto di sì, era quello che volevamo. Dieci anni fa ci siamo conosciuti proprio sopra un aereo. E ancora oggi è la nostra vita”.
Il matrimonio in volo ha permesso di accelerare di molto i tempi di quei corsi prematrimoniali cui l’esortazione apostolica Amoris laetitia dedica un capitolo intero. Peraltro, al n. 207 l’esortazione ricorda che nei corsi prematrimoniali «non si tratta di dare loro tutto il Catechismo, né di saturarli con troppi argomenti».
Trovati i testimoni - il proprietario della compagnia aerea Latam, Ignacio Cueto, e monsignor Mauricio Rueda, prelato colombiano organizzatore dei viaggi papali - Francesco ha celebrato il rito a 36.000 piedi di altezza, tra le nuvole. «Il matrimonio», avrebbe detto Francesco secondo resoconti giornalistici, «è il sacramento che manca nel mondo, speriamo che quello che avete fatto voi sia di ispirazione per altre coppie». Poi è stato redatto il certificato di matrimonio su di un normale foglio A4.
Nel matrimonio al volo, alcune raccomandazioni del diritto canonico per celebrare fruttuosamente il sacramento, tipo accostarsi alla confessione e all’Eucaristia, non sappiamo come siano state considerate. Sulle necessarie investigazioni prematrimoniali, previste dal canone 1067, probabilmente si è andati per le vie brevi. Di certo non è stato seguito il canone 1068: «In pericolo di morte, qualora non sia possibile avere altre prove, né sussistano indizi contrari, è sufficiente l'affermazione dei contraenti, anche giurata se il caso lo richiede, che essi sono battezzati e non trattenuti da impedimento». Anche se, in effetti, quando si viaggia in aereo non si sa mai cosa possa succedere.
«Il Papa», hanno raccontato gli sposi, «ci ha poi chiesto: ‘La signora è sempre il capo tra di voi? Allora il matrimonio funziona perfettamente’. Questa cosa non era assolutamente programmata. Il Papa si è offerto e noi abbiamo accettato. Pensare di essere sposati dal Papa sopra un aereo è una cosa senza paragoni, meravigliosa».
Una volta sbarcato a Iquique, nord del Cile, il Papa ha celebrato messa al Campus Lobito, venti chilometri a nord della città. Ad attenderlo non proprio una folla di gente, le cronache parlano di circa 50.000 persone, meno del previsto. Nell’omelia Francesco ha ricordato che «Iquique è una “terra di sogni”; una terra che ha saputo ospitare gente di diversi popoli e culture, gente che ha dovuto lasciare i propri cari e partire». Per continuare ad essere una terra che riconosce il «grido del popolo di Dio, il grido del povero», occorre essere attenti: «Siamo attenti», ha detto, «a tutte le situazioni di ingiustizia e alle nuove forme di sfruttamento che espongono tanti fratelli a perdere la gioia della festa. Siamo attenti di fronte alla precarizzazione del lavoro che distrugge vite e famiglie. Siamo attenti a quelli che approfittano dell’irregolarità di molti migranti, perché non conoscono la lingua o non hanno i documenti in regola. Siamo attenti alla mancanza di casa, terra e lavoro di tante famiglie». Per questo bisogna impegnarsi, ha concluso il Papa, «e poi, lasciamo che Gesù possa completare il miracolo».
L’ultima tappa del viaggio apostolico in Cile del Papa sarà ricordata per sempre, perché per la prima volta nella storia un matrimonio è stato celebrato in volo, o si potrebbe anche dire al volo, da un Papa. Sull’aereo che trasportava Francesco dalla capitale Santiago a Iquique, capitale della regione Tarapacà, nel nord del Paese, il Papa ha unito in matrimonio Carlos Ciuffardi, 41 anni, e Paula Podest Ruiz, 39 anni, rispettivamente steward e hostess della compagnia aerea Latam.
Sposati civilmente da più di dieci anni, i due dovevano sposarsi in chiesa nel 2010, ma la loro parrocchia è stata distrutta dal terremoto e quindi hanno rimandato. Carlos e Paula hanno due figli e probabilmente in questi otto anni non hanno trovato nessuna altra occasione per unirsi in matrimonio davanti a un altare, così quando il Papa gli si è avvicinato per la foto di rito gli hanno chiesto una benedizione. Francesco gli ha domandato se erano sposati e loro hanno risposto che lo erano solo civilmente.
«E allora», ha raccontato il neosposo, «lui ci ha chiesto: ‘Volete che io vi sposi ? Siete sicuri ?’». Noi gli abbiamo risposto subito di sì. Poi lui ci ha detto che c’era bisogno di un testimone. Allora sono andato subito a cercarlo. Così è iniziata una piccola cerimonia lì sul posto, ci siamo presi la mano. Il Papa ci ha poi chiesto se c’era amore nel nostro matrimonio, se volevamo continuare così per tutta la vita. Gli abbiamo detto di sì, era quello che volevamo. Dieci anni fa ci siamo conosciuti proprio sopra un aereo. E ancora oggi è la nostra vita”.
Il matrimonio in volo ha permesso di accelerare di molto i tempi di quei corsi prematrimoniali cui l’esortazione apostolica Amoris laetitia dedica un capitolo intero. Peraltro, al n. 207 l’esortazione ricorda che nei corsi prematrimoniali «non si tratta di dare loro tutto il Catechismo, né di saturarli con troppi argomenti».
Trovati i testimoni - il proprietario della compagnia aerea Latam, Ignacio Cueto, e monsignor Mauricio Rueda, prelato colombiano organizzatore dei viaggi papali - Francesco ha celebrato il rito a 36.000 piedi di altezza, tra le nuvole. «Il matrimonio», avrebbe detto Francesco secondo resoconti giornalistici, «è il sacramento che manca nel mondo, speriamo che quello che avete fatto voi sia di ispirazione per altre coppie». Poi è stato redatto il certificato di matrimonio su di un normale foglio A4.
Nel matrimonio al volo, alcune raccomandazioni del diritto canonico per celebrare fruttuosamente il sacramento, tipo accostarsi alla confessione e all’Eucaristia, non sappiamo come siano state considerate. Sulle necessarie investigazioni prematrimoniali, previste dal canone 1067, probabilmente si è andati per le vie brevi. Di certo non è stato seguito il canone 1068: «In pericolo di morte, qualora non sia possibile avere altre prove, né sussistano indizi contrari, è sufficiente l'affermazione dei contraenti, anche giurata se il caso lo richiede, che essi sono battezzati e non trattenuti da impedimento». Anche se, in effetti, quando si viaggia in aereo non si sa mai cosa possa succedere.
«Il Papa», hanno raccontato gli sposi, «ci ha poi chiesto: ‘La signora è sempre il capo tra di voi? Allora il matrimonio funziona perfettamente’. Questa cosa non era assolutamente programmata. Il Papa si è offerto e noi abbiamo accettato. Pensare di essere sposati dal Papa sopra un aereo è una cosa senza paragoni, meravigliosa».
Una volta sbarcato a Iquique, nord del Cile, il Papa ha celebrato messa al Campus Lobito, venti chilometri a nord della città. Ad attenderlo non proprio una folla di gente, le cronache parlano di circa 50.000 persone, meno del previsto. Nell’omelia Francesco ha ricordato che «Iquique è una “terra di sogni”; una terra che ha saputo ospitare gente di diversi popoli e culture, gente che ha dovuto lasciare i propri cari e partire». Per continuare ad essere una terra che riconosce il «grido del popolo di Dio, il grido del povero», occorre essere attenti: «Siamo attenti», ha detto, «a tutte le situazioni di ingiustizia e alle nuove forme di sfruttamento che espongono tanti fratelli a perdere la gioia della festa. Siamo attenti di fronte alla precarizzazione del lavoro che distrugge vite e famiglie. Siamo attenti a quelli che approfittano dell’irregolarità di molti migranti, perché non conoscono la lingua o non hanno i documenti in regola. Siamo attenti alla mancanza di casa, terra e lavoro di tante famiglie». Per questo bisogna impegnarsi, ha concluso il Papa, «e poi, lasciamo che Gesù possa completare il miracolo».
Lorenzo Bertocchi
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