ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

domenica 4 febbraio 2018

“Liberare” il cristianesimo dai lacci dogmatici

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Papa Francesco apre le porte alla “teologia queer”?



Papa Francesco apre le porte della Chiesa cattolica alla “teologia queer”? La domanda sorge spontanea dopo aver appreso che a guidare gli imminenti e oramai tradizionali esercizi spirituali di Ariccia rivolti allo stesso Papa Bergoglio e ai membri della Curia romana è stato chiamato il sacerdote-poeta portoghese José Tolentino de Mendonça, conosciuto per essere un fan di Suor Maria Teresa Forcades i Vila,  una teologa nota per le sue posizioni “queer” che proprio in questi giorni si trova in Italia per presentare il suo libro “Siamo tutti diversi! Per una teologia Queer” (Castelvecchi Editore).

Come riferisce l’Osservatore Romano, i prossimi esercizi spirituali di Quaresimain programma dal 18 al 23 febbraio ad Ariccia presso la Casa del Divin Maestro, saranno infatti tenuti dal sacerdote-poeta, vicerettore dell’università cattolica di Lisbona e consultore del Pontificio consiglio della cultura, che ha scelto come tema della sua meditazione l’«Elogio della sete».
Ma chi è Suor Teresa Forcades? La Forcades è una monaca di clausura presso il monastero benedettino di Montserrat che gira il mondo per diffondere l’odierno verbo omosessualista all’interno della Chiesa cattolica. In tale ruolo, è intervenuta giovedì 1 febbraio a Reggio Emilia, nell’ambito di un ciclo di conferenze sul tema “La teologia delle donne”, volte a promuovere l’accettazione dell’omosessualità nella Chiesa cattolica, di cui, come spiega il sito dei cristiani LGBT gionata.org, “sono protagoniste teologhe donne che con la loro capacità di analisi riescono a caratterizzare e dare un valore specifico al pensiero teologico, per offrire un punto di vista nuovo, differente, rinnovante, inclusivo  rivolto a chi si sente ai “margini” della chiesa”. Intervistata a margine della sua presentazione, la suora spagnola ha sottolineato come il rapporto tra Chiesa e omosessualità sia finalmente cambiato grazie all’avvento di Papa Francesco che ha tentato di fare il possibile attraverso il Sinodo sulla Famiglia per mutare l’atteggiamento della Chiesa nei confronti dell’omosessualità:
Papa Francesco io penso che abbia provato a fare un passo in avanti in questo senso con il sinodo della famiglia, non è riuscito a farlo ma non è la stessa atmosfera di quando non c’era Papa Francesco. Per esempio suor Jeannine Gramick, che lavora da tanti anni negli Stati Uniti per l’accettazione non solo dell’essere omosessuale ma anche dell’attività omosessuale, dell’amore omosessuale fisico, ha detto che da quando è arrivato Papa Francesco non ha più avuto la pressione che subiva prima per non fare questo tipo di apostolato”.
Quindi la Forcades ha precisato come in Sudamerica e in Oceania, le Chiese locali stiano compiendo importanti “passi in avanti” nel dialogo con gli omosessuali. in maniera più rapida rispetto all’Europa, ammettendo comunque che, negli ultimi da tempi, e precisamente appunto dall’arrivo del pontefice argentino, anche per quanto riguarda la sua esperienza stia trovando porte molto più aperte: “La mia esperienza fino ad oggi è che ho trovato più gente e persone che mi supportano, mi appoggiano e mi stanno vicino”.
La Forcades è dunque una suora nettamente “schierata” che non ha mai fatto mistero delle sue posizioni eterodosse in materia di sessualità e di “rinnovamento” della Chiesa e proprio per questo viene celebrata e portata in palmo di mano dal mainstream culturale, favorevole ad una “rivoluzione queer” all’interno della Chiesa cattolica.
Il 19 aprile 2015, intervistata dal Corriere della Sera, alla domanda se fosse favorevole o meno ai matrimoni gay, aveva risposto così: 
«Si, perché le identità sessuali non vanno considerate come scatole chiuse che Dio vuole complementari le une con le altre e che devono restare per sempre così, fissate in ruoli definiti e separati. Vivo nel mondo e vedo persone dello stesso sesso che si amano e mi chiedono: “Perché dovrebbe essere sbagliato?”. Sembrano felici, si amano davvero. Perché dunque non dovrebbero essere benedetti? Perché non dentro alla Chiesa? Perché non dobbiamo esultare di fronte all’amore qualunque forma assuma ».
Pochi mesi più tardi, il 9 febbraio 2016, su La Repubblica aveva chiarito ulteriormente il suo pensiero in materia, rispondendo alla domanda, “Cosa pensa delle unioni civili e dei matrimoni omosex, possono essere considerati come un sacramento, possono funzionare agli occhi di Dio e della società?”, con le seguenti parole: “Un sacramento è la manifestazione dell’amore di Dio nello spazio e nel tempo. L’amore è sempre sacramento di Dio se rispetta la libertà dell’altro. L’amore possessivo, al contrario, anche se è tra un uomo e una donna, può non essere sacramentale nel significato profondo del termine”. Interpellata poi riguardo al suo pensiero sui bambini “adottati” da una famiglia omosex, con due padri o con due madri, la teologa queer aveva spiegato di non vederci alcun tipo di problema: “Sí, assolutamente. Quello di cui i bambini hanno bisogno è di un amore adulto, maturo e responsabile da genitori che antepongano le loro necessità alle proprie e che sappiano nello stesso tempo porre loro dei giusti limiti e aiutarli a crescere. Il fatto di crescere con due donne o con due uomini non rappresenta nessun problema”.
Sembra dunque all’apparenza inconcepibile, se non fosse rivelatore di un preciso “disegno politico” interno alla Chiesa cattolica, la scelta vaticana di chiamare a condurre gli esercizi spirituali di Ariccia José Tolentino de Mendonça, un sacerdote noto per il suo legame con un personaggio così “esposto” e discusso come suor Teresa Forcades. Un legame fondato su una evidente comunanza di pensiero attestato da un libro della suora catalana intitolato, A teologia feminista na história, in cui il sacerdote-poeta ha dedicato una lusinghiera prefazione nella quale tesse le lodi dell’originali idee dell’autrice di cui l’Occidente (e la Chiesa), come si legge, farebbe bene a fare tesoro: “Forse la storia dell’Occidente sarebbe stata diversa se fosse stato adottato un modo simbolico, aperto e sensibile di approcciare il reale invece delle trionfali grammatiche univoche che conosciamo. Ripeto: forse la storia era diversa. Ed è proprio qui che questo straordinario lavoro di Teresa Forcades i Vila, la teologia femminista della storia, che il lettore ha in mano, viene in nostro soccorso”.
Tolentino de Mendonça sottolinea dunque come l’apostolato della Forcades debba essere preso a modello per “liberare” il cristianesimo dai lacci dogmatici del passato e del presente:
Teresa Forcades i Vila è un nome che, per molte ragioni, vale la pena aver presente. (…) Ovunque agisca, il suo metodo è coraggiosamente lo stesso: indicare le contraddizioni e cercare alternative di interpretazione che sostengano una rottura di significato e civiltà. Una delle convinzioni con cui questo libro ci lascia è che il futuro del cristianesimo dipende molto dal processo di sgombero che siamo capaci di fare del suo passato e del suo presente. C’è molto silenziamento, c’è troppa vita sommersa, c’è una repressione culturale che fa sì che la storia, nella sua versione dominante, nasconda ciò che la mette in questione e la muove in altre direzioni. Il Vangelo di Giovanni dice che “lo Spirito soffia dove vuole” (Gv 3, 8), ma la storia non sempre lo sa. Ora, abbiamo bisogno di ascoltare la stessa cosa raccontata in un altro modo, segnalata da altre voci, da diciture insolite, a partire da altre esperienze”.
Il pregio di Suor Forcades, sempre secondo Tolentino de Mendonça, sarebbe dunque quello di aver messo in evidenza l’importanza dell’etica della relazione libera da norme rigide e codificate: “Teresa Forcades i Vila ci ricorda la cosa essenziale: che Gesù di Nazareth non ha codificato né regolato. Gesù visse. Cioè, ha costruito un’etica della relazione; somatizzava la poetica del suo messaggio nella visibilità della sua carne; espose come premessa il proprio corpo”.
Quali frutti spirituali potranno ottenere i partecipanti agli esercizi spirituali di Ariccia date queste premesse? (Lupo Glori)
  • OMOERESIA

La fedeltà gay è in Diocesi: la Chiesa smette di insegnare

Il quotidiano torinese «La Stampa» esordisce così: «La diocesi di Torino dà lezione di fedeltà alle coppie gay». E già uno sobbalza sulla sedia. Poi, subito, l’articolo dà la parola a don Gianluca Carrega, responsabile diocesano della «pastorale degli omosessuali». Il quale mette le mani avanti: la fedeltà, la diocesi, solo «la propone, perché non vogliamo erigerci troppo a maestri, ma vogliamo dire che anche i gay meritano la fedeltà». Due affermazioni col botto e al prezzo di una: non sia mai che i pastori si erigano a maestri, ci mancherebbe; no, nel nuovo clima della «misericordia» devono limitarsi ad accompagnare. Compagni di strada, mica maestri, non sia mai.
La Chiesa, sia chiaro, non ha (più) niente da insegnare a nessuno, titoli di enciclica come Mater et magistra sono obsoleti, fuorvianti e, ma sì, privi di misericordia nella loro assertività. Bisogna, invece, guardare ai segni dei tempi. Per esempio, don Carrega l’anno scorso ha partecipato a un solo matrimonio etero e a ben tre unioni civili gay. Così lui su «La Stampa». Rimane, tuttavia, il quesito: le nozze gay a Torino hanno superato quelle classiche? O il Nostro è stato invitato più in Comune che in chiesa? O è lui che preferisce presenziare alle unioni civili? Boh. In ogni caso, testimonia: «È stato bello, ogni volta una festa: quella legge ha portato molti frutti, io li ho visti e li riconosco».
Che tenerezza. Si evince che l’unico matrimonio etero non ha festeggiato adeguatamente, anzi, deve essere stato proprio triste, così tradizionale, così sorpassato. Tuttavia, la legge Cirinnà sulle unioni civili ha una grave lacuna: non prevede, tra i diritti e i doveri della coppia, l’obbligo di fedeltà. Un paradosso (parole di don Carrega, che, tra l’altro, insegna nella Facoltà Teologica torinese). Perciò la Diocesi di Torino, con a capo l’arcivescovo Nosiglia, ha dedicato a questo tema un ritiro quaresimale rivolto alle coppie gay, intitolato «Degni di fedeltà». Per single e coppie, il 24 e 25 febbraio p.v. nel convento delle suore Figlie della Sapienza. I giornalisti Martinengo e Assandri a questo punto hanno fatto a don Carrega una domanda maliziosa: visto che è previsto il pernottamento, le coppie avranno camere matrimoniali? Ma «don Gianluca resta nel vago»: mah, si vedrà, quel che conta è che il posto letto sia comunque garantito. 
Nell’incontro si discuterà «del valore della fedeltà e dell’amore, alla luce del messaggio biblico», insieme al padre gesuita Pino Piva. Carrega: «Su questi temi dobbiamo affiancare le coppie più che dirigere, d’altra parte non sarebbe onesto per chi, come me, è etero e celibe». Giusto: la Chiesa, per duemila anni composta di celibi, non ha niente da insegnare a nessuno in materia sessuale. Accompagnare, affiancare, mi raccomando, non mettere bocca, limitarsi a contemplare. Il gesuita (e te pareva), certo, dovrà fare i salti mortali per coniugare platea gay e «messaggio biblico», visto quel che la Bibbia pensa dei gay, ma scommettiamo che riuscirà a cavarsela. Ora, don Carrega non le manda a dire e parla apertamente di «controsenso» nell’insegnamento tradizionale della Chiesa.
Infatti –dice - se un omosex cade in un peccato sessuale e si confessa, viene assolto e può fare la comunione. Se invece ha un’unione stabile, no.  «Ma così rischiamo di fare tanti danni, incentivare tra i fedeli la clandestinità e la deresponsabilizzazione». Be’, lo stesso discorso vale anche per gli etero non sposati in chiesa, ma se don Carrega non è in grado di cogliere la differenza (è teologia morale) non saremo noi a spiegargliela. Magari potrebbe farlo, se ne ha voglia, il suo arcivescovo. No, don Carrega ha le idee chiare, perché il problema non sono i gay ma la Chiesa, che deve finalmente fare «una riflessione sul valore dell’affettività omosessuale». Per venti secoli l’ha condannata, ora è finalmente sorto il sol dell’avvenire. Contrordine, compagni. 
Rino Cammilleri
"La Diocesi di Torino sceglie la via dell'anàtema: allontaniamoci al più presto da questi mistificatori e traditori di Cristo" Di Finan Di Lindisfarne

Ho deciso di riprendere l'articolo di Fra Cristoforo perchè trovo agghiacciante che si riesca anche solo a minimizzare come qualcosa di innocuo quello che viene riportato nell'articolo della Stampa.

L'arcivescovo Nosiglia organizza ritiri spirituali per preparare i giovani sodomiti alla fedeltà reciproca.




Prosit!

Qui non parliamo di una Chiesa che pecca di buonismo o ingenuità. Siamo al contrario davanti a un qualcosa di estremamente dannoso per le anime.
In primo luogo per quelle anime di quei ragazzi che vivono una croce e che purtoppo sono incappati in falsi maestri, i quali, invece di predicare il vero, fomentano l'inganno.

Ecco cosa viene dichiarato:

...
La diocesi di Torino dà lezione di fedeltà alle coppie gay. O, meglio, «la propone, perché non vogliamo erigerci troppo a maestri, ma vogliamo dire che anche i gay meritano la fedeltà». Don Gianluca Carrega, responsabile della «pastorale degli omosessuali», racconta di un personale sorpasso negli inviti ricevuti dai suoi amici: l’anno scorso ha partecipato a un solo matrimonio che potremmo definire «tradizionale», di una coppia etero, e a ben tre unioni civili gay.


«È stato bello, ogni volta una festa: quella legge ha portato molti frutti, io li ho visti e li riconosco», racconta il sacerdote che ha ricevuto l’investitura ufficiale dall’arcivescovo, monsignor Cesare Nosiglia.

Il fatto che il Sacerdote in questione, durante il ritiro "spirituale" (bisogna comprendere a quale spirito sia dedicato), dedicherà parole alla FEDELTÀ di COPPIA (SIAMO IN PRESENZA DI OMOSESSUALI) È QUALCOSA CHE NAVIGA NELLA BLASFEMIA, NELLA PERDITA DELLA FEDE E NELLA DISSOLUZIONE DELLA MORALE. La parola tecnica è sfacelo.
Don Carrega definisce la legge Cirinnà con "ha portato molti frutti".

Continua l'articolo:
«La legge può anche non prevedere l’obbligo di fedeltà - spiega don Gianluca - ma riflettendo sull’affettività dei gay, possiamo dire che ciascuno merita un amore esclusivo, unico. La legge può decidere quali siano i requisiti minimi, ma noi vogliamo parlare di qualità del rapporto».

...


La diocesi più avanti della Cirinnà? Le aperture di don Gianluca gli sono costate l’accusa, da parte della rivista ultracattolica «Il Timone», di essere un prete «omoeretico». Ma lui agisce in nome e per conto della diocesi, è uno dei pochissimi con un incarico ufficiale di questo tipo in Italia. E non ha paura di parlare di «controsenso» nell’insegnamento tradizionale della Chiesa.

...

Una Chiesa che propone tale pastorale è qualcosa di totalmente scellerato.
Doveroso, ovviamente, sostenere Cascioli e il Timone nelle sue precedenti dichiarazioni. E faccio mia la parola 'omoeretico'. La trovo appropriata.

Una precisazione, in aggiunta.
Risulta difficile non attribuire questo andazzo generale al vertice con la 'V' maiuscola, che ha preferito segare un Don Minutella, ma mai interviene per falciare opere diaboliche come quella descritta.

Ecco perchè quando leggo codesti episodi non riesco ad accettare chi cerca di santificare il Papa regnante demonizzando solamente chi gli sta intorno.
Non sono pochi coloro i quali portano avanti tale tesi, compresi alcuni che ammiro e che stimo per la loro difesa della Dottrina Cattolica.
Non riesco ad appoggiare però questo pensiero, arrivati a questo punto, e dopo tanta acqua passata sotto questi dolorosi ponti.

Si moltiplicano ormai i casi di chierici che calpestano le fondamenta del cristianesimo facendola sempre franca, coperti da Vescovi che non fanno davvero nulla per raddrizzare queste piante storte. Sono fatti pubblici, come tanti altri invece condannati dal Pontefice regnante, che però riguardano solo lavoro, immigrazione, bullismo, ecologia e sociale. Ma quelli che riguardano la difesa dei principi negoziabili vedono sempre lo stesso protagonista in prima linea: il silenzio.

Qualcuno può obiettare che sono state fatte omelie contro il gender. Si. Ma quando c'è da intervenire al momento giusto regna il silenzio.


Come non ricordare la dichiarazione: "Il Papa non si immischia nella politica italiana" alla vigilia della legge Cirinnà?

Rimangono al contrario indelebili nelle menti dei fedeli -che spesso ne parlano sui social- dei casi come quello di Don Pusceddu.


Don Pusceddu

A differenza di chi non si immischiò nella politica, questo prete sardo durante una normale omelia del Maggio 2016 nella parrocchia in cui era parroco, decise di tuonare contro una legge che portava alla distruzione della famiglia, ricordando cosa la Dottrina Cattolica dice in termini di omosessualità.
Lesse il passo di San Paolo che si riferisce alla condanna per chi commette peccati come la sodomia e pertanto "merita la morte" (la condanna eterna).
I circoli omosex lo accusarono furbescamente di voler "mandare a morte" gli omosessuali, aggiungendo una petizione per farlo silurare come prete.
Leggete qui:
www.riscossacristiana.it/dichiarazioni-i…




Mons. Miglio

A quanto risulta dai vari articoli, il Vescovo lo rimosse, punendolo.
Seguirono le scuse dell'Arcivescovo (Mons. Miglio) alla comunità LGBT e la frase di Bergoglio: "La chiesa deve chiedere scusa ai gay".
Niente di nascosto o oscuro. Tutto pubblico e manifesto.

Quindi, amici lettori, ci troviamo dinnanzi a una chiesa (possiamo chiamarla in questo modo?) che rimuove un prete che sta leggendo un passo del Vangelo, e non fa nulla contro chi nega il Credo (don Fredo), oppure chi benedice sull'altare coppie omosessuali da poco sposate civilmente (Don Scordato, stessa diocesi di Don Minutella).

Appello all'Arcivescovo Nosiglia: Sua Eccellenza è ancora in tempo per agire correttamente.
Rimuova queste iniziative diaboliche per piacere a Dio
, e non si preoccupi di piacere al mondo. Noi la sosterremo.
Ora le lobby possono pure essere forti, ed è innegabile che andremo verso una persecuzione (anche legalmente parlando) su questi argomenti.

Ma quando saremo davanti al Giusto Giudice, non avremo da temere, e ringrazieremo di aver scelto la fedeltà alla Dottrina di Cristo.
Ed io, personalmente, non vorrei trovarmi nei panni di chi ha predicato che vivere rapporti omosessuali è un dono di Dio che va sviluppato e vissuto nella sua interezza, anche nell'aspetto carnale.

Finan Di Lindisfarne


anonimidellacroce2018

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