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martedì 20 marzo 2018

Instaurare omnia contra Christum

DOTTRINA SOCIALE
Immigrazionismo? È contro la tradizione della Chiesa

L'intervista ad Andrea Riccardi de L'Espresso, conferma che la gerarchia ecclesiastica e parte del mondo cattolico persegue l'idea di accoglienza generalizzata degli immigrati. Cosa che però significherebbe cancellare almeno due princìpi cardine della Dottrina sociale della Chiesa.



L’intervista rilasciata da Andrea Riccardi a L’Espresso - tra le tante cose che meriterebbero di essere prese in considerazione - sull’esito elettorale conferma quanto osserviamo da tempo, ossia una chiara adesione della gerarchia ecclesiastica e di gran parte del mondo cattolico, compreso Andrea Riccardi, all’idea di favorire una accoglienza degli immigrati pressoché priva di filtri e piuttosto ampia e generalizzata.

Si deve notare però che questo nuovo atteggiamento si distingue da quanto tradizionalmente proposto dalla Dottrina sociale della Chiesa, ossia un governo delle migrazioni guidato dal criterio del bene comune. Conseguenza, infatti, di questo nuovo atteggiamento sembra essere la sostituzione del bene comune con la società multireligiosa, vista come il fine della società. Una accoglienza senza i filtri e senza il governo del bene comune intende come buona in sé la società multireligiosa che ne deriva, al punto che anche i cattolici dovrebbero lavorare per essa piuttosto che per il bene comune o per essa in quanto coincidente col bene comune.


La questione deve il proprio interesse al fatto che una nuova impostazione di questo genere comporterebbe una consistente revisione della Dottrina sociale della Chiesa, della sua struttura e dei suoi fondamenti. Non faccio il processo alle intenzioni, e quindi non posso dire se lo scopo di questa “apertura” al fenomeno immigratorio sia proprio di mutare la Dottrina sociale della Chiesa in alcuni punti fondamentali, però non posso esimermi da una oggettiva verifica della importante questione.

Se la società multiculturale, e non il bene comune, è il fine della politica quando si occupa di immigrazione, allora capita che due principi cardine della Dottrina sociale della Chiesa crollano su se stessi.

Il primo è il diritto naturale che, fino a prova contraria, è una delle fonti insostituibili della Dottrina sociale della Chiesa. E’ noto che non tutte le religioni rispettano il diritto naturale. Quelle che ammettono la poligamia o la superiorità antropologica di un gruppo su un altro oppure dell’uomo sulla donna lo fanno in dispregio del diritto naturale. Così avviene pure per le religioni che stabiliscono una relazione immediata tra rivelazione divina e diritto civile, assegnando alla rivelazione una dimensione giuridica immediata. Per molte religioni Dio non è Verità e quindi non è tenuto a rispettare la ragione sicché quelle religioni non passano attraverso il naturale di cui non tengono conto. Per altre Dio non è Persona e quindi risultano incapaci di fondare adeguatamente la dignità della persona umana richiesta anche dal diritto naturale. Senza parlare poi delle mutilazioni fisiche rituali, della prostituzione sacra o di altri atteggiamenti ancor più terra terra.

Del principio del bene comune fa parte integrante il rispetto del diritto naturale, mentre del concetto di società multiculturale esso non fa parte. Sostituire il primo con la seconda comporta quindi la rinuncia al principio del diritto naturale, cosa impossibile senza cambiare i connotati della Dottrina sociale della Chiesa. Quello di bene comune è un principio assoluto, quello di società multiculturale è un principio relativo al bene comune che da quello dipende.

Il secondo elemento fondamentale che verrebbe meno è quello della centralità di Dio nella costruzione della società terrena. Le encicliche sociali ripetono all’unisono che non c’è soluzione alla questione sociale fuori del Vangelo, che il primo fattore di sviluppo umano è il Vangelo, che l’adesione ai valori del cristianesimo non è solo utile ma è indispensabile per la costruzione del bene comune. In altre parole affermano che senza il Creatore la creatura crolla su se stessa e che non c’è un ambito del creato che sia indipendente dal Creatore.

Ma nella società multiculturale questa indispensabilità della religione cattolica sparisce, in quanto anche tutte le altre religioni sono indispensabili se il fine è, appunto, la società multi-culturale. Anzi, la presunzione di indispensabilità del cattolicesimo confliggerebbe con la società multiculturale e sarebbe quindi dannosa e da evitare. L’idea, allora, della società multiculturale comporta l’equiparazione della fede cattolica a tutte le altre fedi, e nel contempo l’indispensabilità di tutte le religioni, ossia la loro uguaglianza indifferente alla verità. L’apertura indiscriminata alle immigrazioni comporta un’idea relativistica della religione e, quindi, un rovesciamento come un calzino della Dottrina sociale della Chiesa.

Proviamo ad immaginare una società multireligiosa senza il cattolicesimo. Non ci sarebbe bene comune né potrebbe esserci. Proviamo ad immaginare una società con la presenza della sola religione cattolica e quindi non multireligiosa. Qui potrebbe esserci il bene comune. Mentre tutte le altre religioni insieme non sono in grado di produrre il bene comune, la sola presenza della religione cattolica sarebbe in grado di farlo. Proprio questo è quanto viene negato dal principio della società multiculturale come fine dell’azione sociale e politica, ma proprio questo è quanto ha sempre affermato la Dottrina sociale della Chiesa.

Stefano Fontana

http://www.lanuovabq.it/it/immigrazionismo-e-contro-la-tradizione-della-chiesa

IL CASO DELLA OPEN ARMS
L'Italia vuole a tutti i costi gli sbarchi degli immigrati
Open Arms, una Ong spagnola che opera nel Mediterraneo, arriva prima della Guardia Costiera libica a soccorrere due gommoni alla deriva carichi di emigranti. Dopo esser stati respinti da Malta (che ha soccorso solo i casi più gravi) e dalla Spagna, i volontari spagnoli sono approdati in Italia. Continuiamo ad esser complici del traffico.



Il caso dei migranti illegali accolti in Sicilia dopo che la nave dell’Ong Open Arms era sfuggita a una motovedetta libica che voleva riportare indietro i clandestini, mette in luce alcuni aspetti che “condannano” l’Italia a restare il paradiso dell’immigrazione illegale.

Venerdì la nave Proactuva Open Arms ha soccorso due gommoni con a bordo oltre 200 immigrati illegali salpati dalla Libia in difficoltà, in acque internazionali (73 miglia dalle coste libiche) ma all’interno della zona operativa per la ricerca e soccorso della Guardia Costiera di Tripoli. Secondo la versione della Ong iberica un pattugliatore libico ha intimato all'equipaggio di consegnare le persone soccorse. Al rifiuto di Proactiva, i militari hanno sfoderato le armi minacciando di aprire il fuoco. La Ong spagnola ha però mantenuto a bordo i 218 salvati allontanandosi. La Guardia Costiera libica fornisce però un'altra versione. "Smentiamo qualsiasi minaccia nei confronti dell'equipaggio dell'organizzazione straniera, malgrado il loro comportamento provocatorio" – ha detto un portavoce - “e il mancato rispetto della bandiera dello Stato libico nelle acque libiche". La motovedetta era "pronta all'operazione di salvataggio più di un'ora e mezza prima di questa nave" della Ong, ma "la presenza di due canotti dell'organizzazione nella zona dell'obiettivo ha rovinato l'inizio dell'operazione di recupero”. Da parte sua, la Guardia Costiera italiana ha sottolineato che il coordinamento dell’operazione era stato "assunto dalla Guardia Costiera libica" e che la Ong ne era a conoscenza.

L’intervento della nave di Open Arms mette quindi ancora una volta in luce il ruolo delle Ong, al di sopra delle leggi e degli accordi tra gli Stati, teso a portare in Italia più migranti illegali possibile contrastando la Guardia Costiera libica che con l’aiuto di Italia e Ue ferma i clandestini e li riporta in Libia consegnandoli alle agenzie dell’Onu per il rimpatrio. L’aspetto umanitario della vicenda è irrilevante poiché i migranti sarebbero stati in ogni caso soccorsi dai libici ma in tal caso non sarebbero sbarcati in Italia. Questa seconda parte della vicenda mette infatti in ridicolo Roma e il suo governo, già segnalatosi nelle ultime settimane (dalla crisi di Cipro con la Turchia per la nave dell’Eni bloccata dalla flotta turca alle tensioni tra Occidente e Russia) per la sua irrilevanza.

Tra rimbalzi di responsabilità e la supposta volontà italiana di punire l’Ong spagnola per il suo arbitrario intervento, sembrava che nessuno autorizzasse la nave a raggiungere un porto dove sbarcare i clandestini. Malta ha inviato una motovedetta per raccogliere una bimba di tre mesi disidratata e con la scabbia e sua madre, ma non ha accettato gli altri. Neppure la Spagna, che pure avrebbe potuto farsi carico dei clandestini imbarcati da una organizzazione iberica, ha voluto saperne. La Libia, con una serietà che ridicolizza ancora di più le ambiguità di italiani ed europei, premeva perché le venissero riconsegnati i clandestini, ma la nave di Open Arms si è rifiutata di tornare indietro e non ha chiesto al suo paese di bandiera (la Spagna) di poter sbarcare in un suo porto.

L’Ong, come tutte le altre attive nel Mediterraneo, voleva ad ogni costo portare i clandestini in Italia e c’è riuscita. Quasi superfluo aggiungere che alla fine Roma ha dato il via libera allo sbarco a Pozzallo aggiungendo altri 218 di altri clandestini agli oltre 650 mila fatti sbarcare dal 2013 a oggi da ben tre governi italiani. Il via libera è stato concesso "attese le precarie condizioni dei migranti a bordo e le previste condizioni meteomarine in peggioramento". Una decisione che conferma come la politica italiana sui migranti illegali resti ondivaga e contraddittoria: sosteniamo ed equipaggiamo la Guardia costiera libica ma accogliamo chi sfugge ai libici e viene soccorso da Ong o navi militari Italiane e dell'Ue. Tale politica mantiene in vita tra i migranti la speranza di poter raggiungere illegalmente l’Europa, incoraggiando i trafficanti e impedendo di far cessare i flussi da Libia, paese che molto più seriamente dell’Italia sta affrontando, tra mille difficoltà, traffici e trafficanti.

Nei giorni scorsi la Giustizia libica ha emesso 205 mandati di arresto nei confronti di libici e stranieri accusati di essere coinvolti nel traffico di essere umani verso l'Europa. "Ci sono 205 mandati contro persone che hanno organizzato l'immigrazione illegale e il traffico di essere umani, le torture, le uccisioni e gli stupri" ha detto Il direttore dell'Ufficio indagini della Procura generale libica, Seddik Al Sour. La rete include membri dei servizi di sicurezza, capi di campi di detenzione per migranti e responsabili di ambasciate africane, così come molti responsabili del dipartimento immigrazione libico, ha sostenuto Al Sour che ha rilevato legami diretti fra trafficanti e lo Stato Islamico. Viene quindi ribadito il già ben noto legame tra terrorismo islamico e immigrazione, un business che, come anche il caso di Open Arms dimostra, vede le Ong condividere con i trafficanti l’interesse a portare i clandestini in Italia mantenendo aperta la rotta illegale.

La vicenda conclusasi a Pozzallo dimostra, una volta per tutte, la necessità di chiudere l’accesso ai porti italiani delle navi delle Ong lasciando agli Stati e ai loro strumenti militari e di polizia la gestione di un fenomeno che riguarda direttamente gli interessi nazionali.

Gianandrea Gaiani
http://www.lanuovabq.it/it/litalia-vuole-a-tutti-i-costi-gli-sbarchi-degli-immigrati

Nazionalità e globalismo


Testo del video
Nazionalità e globalismo: oggi sono considerati termini agli antipodi, contrapposti l’una all’altro. Eppure, non è sempre stato così e non è ovunque così, come spiega in questa intervista il prof. Matteo D’Amico.
Secondo Aristotele, per l’uomo, essere socievole, memore e grato del proprio passato, era naturale condividere «vincoli morali comuni», gli stessi Valori, tanto in famiglia quanto nello Stato, voluto da Dio e ben diverso dalla congerie frammentata di ideologie, conosciuta oggi come democrazia.
Oggi, viceversa, si è giunti ad un «rovesciamento anticristico della pietas», che induce a contrapporsi a Dio, nonché ad odiare la Patria e la famiglia. Questo tipo di nazionalismo è in qualche modo “nuovo”…
Per ricostruire quanto perduto, dobbiamo dunque «ripartire dal nostro cuore, che deve accogliere» Cristo. Non c’è altra via.

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