ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

sabato 28 aprile 2018

Dracula for royal baby

NE HANNO GIA’ UCCISI MILIONI.

“Quanti milioni di persone sono state uccise nelle guerre  sferrate dagli Stati Uniti dopo l’11 Settembre?”  E’  la domanda a cui cerca di rispondere da anni Nicolas JS Davies, un giornalista americano   con un gruppo di collaboratori volontari. Pubblica articoli e libri che sono poco giornalistici, perché cercano di valutare attraverso le varie fonti quanti sono i morti ammazzati da Usa e Gran Bretagna. Sono articoli e libri faticosi da leggere. Davies cerca di essere preciso  e documentato, perché, scrive “rendersi conto della vera scala dei crimini commessi resta un dovere pressante, da un punto di vista morale, politico e giuridico”.
Dunque è in vista  di un processo internazionale che occorre la triste precisione dei morti, con l’indicazione delle fonti  e  la  loro valutazione critica.
Perché “è importante sapere se le nostre guerre uccidono milioni di persone, o soltanto 10 mila, come dai sondaggi, crede  la gente nel Regno Unito e negli USA”.

http://www.comresglobal.com/wp-content/themes/comres/poll/Iraqi_death_toll_survey_June_2013.pdf
“La maggior parte degli americani direbbero che  importa sapere se la parte della Germania nella seconda guerra mondiale ha causato milioni di morti o solo 10 mila.  Preferire il secondo termine è un delitto penale in Germania e in altri paesi”.



“Il sangue sulle nostre mani”, ultimo libro di N Davies.
Per  il solo Irak, Davies valuta il numero di civili – non soldati combattenti né insorti  in armi  – ma civili uccisi,  nei 15 anni dal 2003 al 2017, ammonta a 2 milioni e 440 mila, di cui forse il 40 per cento sotto i 15 anni.  Le fredde cifre non riescono a dire gli orrori  che  hanno sparso le truppe occidentali, i bambini  nati mostruosi per l’uranio impoverito,  quelli   mai disseppelliti dalle macerie a cui sono state ridotte città intere, i 1600 corpi mutilati che nel solo mese di ottobre 2006 riempirono l’obitorio di Baghdad, per gli squadroni della morte sunniti contro gli sciiti, e la vendetta di questi  – una   violenza settaria deliberatamente eccitata secondo il Piano Kivunim.  Le fredde cifre non possono dire quello che ciascuno  di quei 2 milioni e 400 mila civili  ha provato di spavento, orrore e sofferenza di morte.
Davies ripubblica un’immagine che in qualche modo li riassume tutti.


E’ Samar Hassan, di 5 anni,  che urla disperata perché papà e mamma sono stati appena uccisi mitragliati da soldati americani;   con la loro vecchia auto si erano avvicinati  ad un posto di blocco, era il crepuscolo del  18 gennaio 2005.   La bambina ha nelle mani e sul volto il sangue ancor fresco dei genitori  massacrati  e di uno dei cinque fratellini, ferito.  Gli assassini appartenevano al primo  battaglione, 5 ° corpo di combattimento della Brigata Stryker della 25 ° divisione di fanteria di Ft. Lewis, Washington.



Il fotografo, Chris Hondros, premiato per questa foto, è poi stato ucciso in Libia nel 2011. Le foto appartengono a Getty Images.
Pubblico questo perché dalle espressioni di soddisfazione dei capi sionisti, si capisce gli Macron, la lobby e l’Arabia Saudita hanno convinto  Trump a mantenere le truppe in Siria del Nord, quindi a continuare la guerra per gli anni a venire.
Nella conferenza stampa a Washington se ne è vantato. “Dovremo costruire la nuova Siria ecco perché la tenuta americana è importante.  Il giorno in cui finiremo questa guerra contro lo Stato Islamico [sic] se noi partiamo definitivamente e totalmente, lasceremmo la parola al regime iraniano, a  Bachar Assad e i suoi uomini, ed essi prepareranno la nuova guerra. Alimenteranno i nuovi terroristi”.
Quanto ad Avigdor Lieberman, il ministro della guerra israeliano, parlando ad un media saudita: “Questi sono gli ultimi giorni del regime dell’Iran.  Se  l’Iran attacca Tel Aviv [e  perché dovrebbe attaccare Tel Aviv? Si prepara un false flag? Israele colpirà Teheran e ogni postazione militare in Siria”.
Poiché  tutte le guerre scatenate dagli Stati Uniti dopo l’11 Settembre sono state guerre per Israele,  ad Israele non basta ancora.



Irak. Nati  così  per uranio impoverito.

Aiutino italiano ai jihadisti?



Un tweet di Don Lazzara: “altro mistero che è sfuggito al mainstream: tra il materiale militare consegnato dai jihadisti ai governativi è stata trovata un’ambulanza di una onlus italiana. Forse non è chiaro che i “ribelli moderati”, sono i terroristi che hanno fatto stragi di civili in Siria”.


https://www.maurizioblondet.it/ne-hanno-gia-ucciso-milioni/



NATALIE PORTMAN: UN’ALTRA ANTISEMITA


Perché  l’attrice ha rifiutato il premio Genesis, detto “Il Nobel Ebraico”  perché assegnato “alle personalità eccezionali che rappresentano i valori ebraici per il bene dell’umanità” (SIC: infatti anni fa lo vinse il miliardario  Bloomberg, ex sindaco di New York).
L’attrice aveva dichiarato:
“I maltrattamenti di coloro che soffrono delle atrocità di oggi, semplicemente non quadra con i miei valori ebraici. Proprio perché ho a cuore Israele, devo ergermi contro la violenza, la corruzione l’ineguaglianza  e  l’abuso di potere”.


(Ci si aspetta che venga sottoposta ad interrogatorio per La Difesa della Razza)


https://www.maurizioblondet.it/natalie-portman-unaltra-antisemita/



BILANCIO 2017 DEI BOMBARDAMENTI USA


Sotto Trump.

43 938 bombe  su 7 paesi.

Su Siria e Irak, insieme agli alleati (fra cui la Francia) hanno lanciato  39 577 nel 2017, ossia  30 %   più che nel 2016 (30 700) e 600 %  più che nel  2014 (6 292).
Sull’Afghanistan,  4 361 bombe nel 2017,  quindi  320 % di più che  2016 (1 337) e 465 %  più che nel  2015 (937). 
Nello Yemen:  126  attacchi aerei  nel 2017,   in aumento del  360 % sul   2016 (35).
Somalia:  35  attacchi  2017  aumento del  250%   sul  2016 (14).
Pakistan: solo 5 attacchi aerei nel 2017, ma comunque in grande aumento rispetto ai 3 nel 2016 – per lo più nella zona di confiene con l’Afghanistan.
Libia: la sola diminuzione.  8 attacchi (con meno di 10 bombe per attacco) nel 2017, contro le 496 bombe del 2016.

Fonte:  «Combined Forces Air Component Commander 2012-2017» Airpower Statistics
http://www.afcent.af.mil/Portals/82/Documents/Airpower%20summary/Airpower%20Summary%20-%20March%202018.pdf?ver=2018-04-18-082920-030
Ovviamente senza dichiarazione di guerra e senza mandato ONU. La scusa generale: combattere il terrorismo.
Trump ha superato Obama. Eppure non era d’accordo.

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https://www.maurizioblondet.it/bilancio-2017-dei-bombardamenti-usa/

885 feriti e 3 martiri. Oggi, l'ennesima strage (censurata) del regime d'Israele contro il popolo palestinese


Ennesimo venerdì della Great Return March a Gaza. Ennesimo venerdì di sangue


di Paola di Lullo

Per il quinto venerdì di seguito, i palestinesi della Striscia di Gaza, hanno dato vita alla Great Return March, una serie di marce, sit in e veglie, che andranno avanti fino al 15 maggio, volte a ricordare ad Israele ed al mondo intero che esistono. E resistono. E chiedono, pacificamente, e dopo 70 anni, l'applicazione della Risoluzione ONU 194 che prevede il diritto al ritorno di ogni palestinese espulso da Israele, nella propria terra. Mi preme ricordare, come ogni venerdì, che non c'è nessuna fazione politica, dietro queste iniziative. Che nascono invece da una spinta solo e tutta popolare, indipendentemente dall'appartenenza politica. Più precisamente, le iniziative sono state messe in campo dal Coordinating Committee of the March of Return (Comitato di Coordinamento della Marcia di Ritorno) che, in una dichiarazione, ha affermato che i profughi palestinesi sono pronti ad intraprendere delle marce pacifiche verso Israele per tornare alle loro case in conformità con le risoluzioni internazionali, come già riportato https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-la_nuova_forma_di_protesta_pacifica_palestinese_che_rischia_di_mettere_in_crisi_israele/13944_23509/
Oggi, giornata dei giovani, protagonisti ed autori della maggior parte delle iniziative. Vittime anche della maggior parte dei proiettili sparati dai cecchini israeliani. Alcuni di loro sarebbero riusciti ad attraversare la barriera di filo spinato che separa la Striscia di Gaza dai Territori Occupati del '48, a Jabalya, nord della Striscia. Israele ha fatto fuoco senza pietà.

Feriti ancora i giornalisti, a dimostrazione che la scritta Press sul giubbino non solo non protegge, ma anzi attira i cecchini.
Dopo la morte di Yasser Murtaya e quella di Mohammed Abu Hussein, deceduto ieri per le ferite riportate il 13 aprile scorso, oggi sono stati feriti, in incidenti separati, almeno sette giornalisti mentre lavoravano per documentare le proteste.

Il fotoreporter Nabil Derbeih è stato colpito alla testa ad est di Jabaliya, nel nord di Gaza; il fotografo Hashem Hamada è stato colpito alla testa con una bomboletta di gas lacrimogeno a est di Gaza City, mentre Abd al-Rahman al-Kahlout è stato colpito nel piede nella stessa area.

Il fotografo Mohammed al-Masri ha sofferto per l'eccessiva inalazione di gas lacrimogeno nell'area di Jabalya, mentre i giornalisti Iyad Abu Ghaza e Hassan Youssef sarebbero stati feriti dopo essere stati presi di mira direttamente con bombolette di lacrimogeni ad est del campo profughi di al-Bureij.
Nel frattempo, la corrispondente del canale di notizie Al Mayadeen, Lana Shaheen, è svenuta dopo aver inalato gas lacrimogeni a est di Gaza City.

Un gruppo di giornalisti di Palestine TV è stato colpito con bombolette di lacrimogeni, causando l'eccessiva inalazione degli stessi da parte del team di giornalisti.
Sono circa 66 i giornalisti feriti dall'inizio della marcia.

Il ministero della Sanità di Gaza ha anche riferito che un ospedale da campo ad est di al-Bureij è stato preso di mira con i lacrimogeni, colpendo gravemente quattro paramedici.

I feriti, da proiettili veri, proiettili ad espansione, rubber bullet e lacrimogeni, sono 883, alcuni dei quali in gravi condizioni.

Purtroppo, non sono mancati i martiri. Almeno tre, mentre scrivo. Solo due i nomi finora rilasciati da Ashraf Al-Qudra, portavoce del ministero della Sanità. Si tratta di Abdul Salam Baker, 29 anni, colpito al petto a Khuza'a, Khan Younis, sud di Gaza Strip, e di Mohammed Amin al-Maqid, 21 anni.

Secondo dati dell’Organizzazione per i diritti umani dell’Onu, che ha definito eccessivo l’uso della forza da parte di Israele, nelle quattro dimostrazioni precedenti sono stati uccisi 41 manifestanti e 5.511 sono rimasti feriti. Particolare preoccupazione destano 1.700 feriti, colpiti con proiettili veri, che presentano ferite di gravità tale che i medici di Gaza affermano di non aver più visto dopo Protective Edge dell'estate 2014.

Quindi, con oggi, siamo a 44 morti e 6.396 feriti. Persone, non numeri. Vite, alcune troncate, altre spezzate dalle numerose amputazioni, altre ancora devastate per sempre dai traumi psicologici. Persone che chiedono che sia rispettato un loro semplice, basilare diritto, quello ad una vita decorosa. Persone che chiedono che la cosiddetta comunità internazionale ricordi che esistono, ricordi che sono morti che vivono, sotto occupazione e sotto assedio. Persone che chiedono gli sia riconosciuto di tornare nelle loro terra, villaggi, città, come sancito dall'ONU. Già...l'ONU

FONTI : Palinfo
Paltodays
Ma'an News Arabic
Middle East Monitor
Middle East Eye
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