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Sono stati pubblicizzati poche ore fa i risultati definitivi delle elezioni politiche ungheresi dell’8 aprile. Orban, Fidesz, il card. Erdoe e il voto dei cattolici. Una premessa d’attualità su Alfie e sulla Siria.
PREMESSA
Drammatiche le sfide cui in questi giorni sono confrontati i cristiani su diversi fronti. Oltre a quella che vede il piccolo Alfie Evans e i suoi eroici genitori lottare disperatamente– con il sostegno morale di tanti cattolici di Liverpool e nel mondo - contro il cinismo dell’ospedale Alder Hay Hospital e la disumanità di una certa giustizia inglese (con la vergognosa insensibilità e complicità delle gerarchie della Chiesa cattolica d’Inghilterra), c’è quella che si sta sviluppando sul fronte siriano, con l’attacco dell’altra notte portato da USA, Gran Bretagna, Francia contro obiettivi governativi a Damasco e Homs.
Su tale atto presumibilmente illegale e certo potenzialmente pericolosissimo riproduciamo la reazione del francescano padre Bahjat Elia Karakach, superiore del convento dedicato alla conversione di san Paolo, la parrocchia principale di rito latino di Damasco. Ha detto il religioso all’agenzia Sir della Cei: “Sapevamo che esisteva l’intenzione di bombardare da parte degli Usa dopo il presunto attacco chimico alla Ghouta orientale ma la speranza era riposta in un’indagine oggettiva sull’uso di armi chimiche e che per questo non ci sarebbero stati lanci di missili”. Speriamo “non si ripeta quanto già avvenuto in Iraq che fu invaso nel 2003 perché il regime di Saddam Hussein era stato accusato di possedere armi di distruzione di massa. Armi che non furono mai trovate. La volontà è distruggere la Siria. Il progetto va avanti con queste bombe. Non ci resta che pregare per la pace ora”.
Leggiamo anche quanto dichiarato all’agenzia Dire da monsignor Antoine Audo, vescovo caldeo di Aleppo e presidente di Caritas Siria: “Usano l’argomento degli attacchi chimici solo per continuare la guerra, alimentare il commercio di armi e compiacere l’Arabia Saudita. Vogliono dimostrare il loro potere ma come vescovi e come cristiani diciamo che alla storia delle armi chimiche non crediamo”.
“E’ solo un argomento per alimentare la guerra in Siria e il commercio delle armi, sfruttando la lotta tra sunniti e sciiti e compiacendo l’Arabia Saudita e le altre potenze del Golfo”.
“C’è un governo legittimo che sta avendo la meglio su gruppi islamisti terroristi nella Ghouta, dopo aver ripreso il controllo di Aleppo e di Deir Ezzor. Proprio allora cominciano a parlare di armi chimiche, sostenendo di voler difendere diritti umani e democrazia”. “La Siria è al centro di un conflitto geostrategico, nel quale ha un ruolo pure la competizione per le risorse petrolifere. Il risultato è che a pagare sono sempre i civili, i poveri e chi non è in grado di proteggersi. Come cristiani non crediamo nella giustizia di Trump. Aspettiamo quella di Dio”
LE ELEZIONI POLITICHE UNGHERESI: I RISULTATI DEFINITIVI
Da poche ore sono stati comunicati i risultati definitivi delle elezioni ungheresi dell’8 aprile. La vittoria del primo ministro Viktor Orban e del suo partito, Fidesz, è stato confermata anche dopo lo scrutinio dei voti degli ungheresi oltreconfine (minoranze ungheresi negli Stati vicini) e degli ungheresi emigrati. Alta la partecipazione, oltre il 68% (l’8% in più del 2014). Con il 49, 27%, dei voti (2.824.206) Fidesz mantiene per la terza volta consecutiva la maggioranza parlamentare dei due terzi (133 seggi su 199), necessaria per eventuali modifiche costituzionali. L’opposizione di destra (Jobbik), con il 19,06% dei voti (1.092.669) incamera 26 seggi; i socialisti ottengono l’11,91% dei voti (682.602 voti), con 20 seggi; i verdi liberal-socialisti hanno raccolto il 7,06% (404.425 voti) con 8 seggi; la Coalizione democratica (sempre di sinistra) il 5,37% (308.068 voti) con 9 seggi. Un seggio a testa è andato a un indipendente ex-Fidesz, al rappresentante della minoranza tedesca, al movimento Egyűtt (insieme, sinistra).
Interessanti i risultati dei 18 collegi uninominali di Budapest: 6 Fidesz, 7 socialisti, 3 Coalizione democratica, uno a verdi e a Egyűtt.
Insieme dei collegi uninominali (105): Fidesz 91, Jobbik 1, socialisti 8, Coalizione democratica 3, verdi 1, come Egyűtt.
Fidesz ha trionfato dunque nell’intero Paese, salvo che – come ampiamente previsto - a Budapest, dove la sinistra nel suo insieme ha vinto secondo tradizione in 11 collegi, i verdi in uno (a Budapest centro), Fidesz in 6 (nei quartieri ovest ed est). Per il resto Orban ha fatto il pieno quasi dappertutto: tra l’altro a Gyor, Debrecen, Kecksemet, Miskolc, Nyiregyhaza, Esztergom. A Pecs uno dei due seggi è andato a un indipendente ex-Fidesz, a Szegen uno dei seggi è stato vinto dai socialisti.
Rispetto al 2014 i votanti sono aumentati di circa 600mila unità (da 4.918.651 a 5.506.350). In particolare i consensi per Fidesz si sono accresciuti di circa 550mila. Quelli per i socialisti sono diminuiti di circa 600mila. I voti per Jobbik sono aumentati di 70mila, quelli dei verdi di 140mila. Nuovi i 300mila voti per la Coalizione democratica.
COME LA PENSA ORBAN SU CRISTIANESIMO E SOCIETA'
(dal quotidiano Magyar Idök, 23 dicembre 2017)
“Nel Vangelo secondo Marco il secondo comandamento di Cristo suona così: “Ama il tuo prossimo come te stesso”. Sono in molti a citare oggi in Europa questo comandamento di Cristo. E vogliono rinfacciarci che - nonostante ci confessiamo cristiani - non vogliamo e non permettiamo l’insediamento in Europa di milioni di persone provenienti da altri continenti.
Dimenticano però l’altra parte del comandamento, perché questo insegnamento è composto di due parti: dobbiamo amare il prossimo ma dobbiamo amare pure noi stessi. Amare noi stessi vuol dire anche accettare e difendere tutto ciò che noi siamo. Amare noi stessi vuol dire amare la nostra patria, la nostra nazione, la nostra famiglia, la cultura ungherese e la civiltà europea. È in questo contesto che la nostra libertà, la libertà ungherese si è sviluppata e potrà svilupparsi ancora. (…)
Quando fissiamo i limiti della nostra identità indichiamo nella cultura cristiana la fonte del nostro orgoglio e la forza che ci sostiene. Il cristianesimo è cultura e civiltà. Viviamo in esso.
In questo momento ad essere sotto attacco sono le fondamenta della nostra vita, del nostro mondo. Il sistema immunitario dell’Europa viene coscientemente indebolita. Vorrebbero che non fossimo più quelli che siamo. Vorrebbero che diventassimo ciò che non vorremmo essere. Vorrebbero che ci mescolassimo con popoli venuti da altri continenti e, per rendere meno problematico il processo, a cambiare dovremmo essere noi. Al lume delle candele del Natale si vede benissimo che attaccando la cultura cristiana intenderebbero anche distruggere l’Europa. Vorrebbero toglierci il nostro modo di vivere e vorrebbero farcelo cambiare con qualcosa che non è il nostro.”
Tra gli argomenti principali della campagna elettorale di Orban il comportamento e gli obiettivi del ‘filantropo’ e speculatore George Soros (di origini ungheresi), per Orban un finanziere-burattinaio che tira i fili di “un impero che sta lavorando specificamente, con l’aiuto di duemila ‘mercenari’ e attivisti pagati in tutta l’Ungheria, per trasformare l’intero continente e tutti i suoi Stati membri in Paesi di immigrati”. Per impedire che, almeno in Ungheria, ciò succeda, il governo Orban ha approvato una riforma riguardante l’accreditamento degli atenei, tale che impedirebbe alla Ceu, l’università fondata da Soros, di proseguire l’attività a Budapest. Un’altra legge invece concerne restrizioni alle attività pro-migranti di Ong legate sempre a Soros.
E LA CHIESA UNGHERESE? UN DISCORSO SIGNIFICATIVO DEL CARDINAL ERDOE
La Chiesa ungherese ha rapporti molto buoni con un Governo che ne riconosce l’importanza per lo sviluppo della società: svariate e ricche di sostanza le occasioni di collaborazione ad esempio nell'ambito dell'aiuto ai poveri all'interno del Paese e ai cristiani perseguitati del Medio Oriente.
La Chiesa non è comprensibilmente scesa direttamente nell’arena elettorale.
Va segnalato però che il 29 gennaio 2018 il cardinale Peter Erdö - arcivescovo di Esztergom-Budapest e primate d’Ungheria (oltre che per due mandati presidente del Consiglio delle conferenze episcopali d’Europa) - ha tenuto un discorso molto importante, anche se non legato in sè alle elezioni politiche nazionali, presso la Columbia University di New York. L’ Avvenire dell’8 aprile ne ha riferito in un box contenuto in una pagina dedicata all’appuntamento elettorale. Ne ha riferito a suo modo, naturalmente, con il titolo curioso “Difficile per uno Stato decidere ciò che è buono”. La prima impressione era che, considerato anche il contesto in cui il box era inserito, Avvenire avesse voluto suggerire al lettore che in fondo il cardinale prendeva le distanze da Orban. Riandando all’intero discorso di 18 pagine in inglese abbiamo poi appurato che Avvenire aveva estrapolato, con un patetico ‘copia e incolla’, un paio di passaggi che potevano servire a destare quell’impressione.
La sostanza del discorso, intitolato “Il ruolo di religione e Chiese nello Stato secolare” era però ben altra cosa. Peter Erdö constatava dapprima la profonda crisi provocata dalla diffusione del relativismo nella nostra società, sempre più incapace di definire giusto e ingiusto, vero e falso. Dopo aver sintetizzato la storia dei rapporti tra religione e Stato e averne indicati gli aspetti e gli sviluppi problematici in epoca post-illuministica, il cardinale – venendo al XX secolo – esaminava le conseguenze dirompenti di una separazione tra legge dello Stato e legge naturale. Tragicamente esemplari il caso del nazismo e quello del comunismo. Caduto il Muro, gli Stati ex-satelliti dell’URSS si sono trovati in una condizione di vuoto morale. I loro leaders si sono posti allora la domanda se non si dovesse tornare a valorizzare l’apporto della religione e delle Chiese alla società intera: “Senza un fondamento nella legge naturale, le società diventano instabili e il male morale diventa ammissibile”. E’ così che in diversi Paesi dell’Europa centro-orientale la questione è stata affrontata con conseguenze spesso positive: qui l’arcivescovo di Budapest ha citato quali buoni esempi quanto fatto a livello giuridico da Ungheria, Lettonia, Slovacchia, ancora dall’Ungheria con la Costituzione del 2012 (voluta da Orban). Il cardinal Erdö ha ricordato poi due passi del comunicato emanato il 19 ottobre 2017 dopo la riunione a Visegrad degli episcopati ceco, slovacco, croato, polacco e ungherese: in essi si evidenzia che i vescovi lavorano “per un’Europa che rispetti la libertà religiosa individuale e collettiva che spetta alla persona per la sua stessa dignità” e “per un’Europa che riconosca ai popoli pure la possibilità di rispettare in modo giusto quelle religioni che hanno contribuito maggiormente alla formazione della loro cultura e identità”. Nella parte successiva il cardinale ha approfondito il tema delle opportunità e dei rischi delle nuove tecnologie e nelle conclusione ha messo in rilievo che “le religioni e particolarmente l’eredità giudaico-cristiana rendono possibile una relazione personale con l’Assoluto”, contribuendo positivamente alla vita della società. Insomma… non certo un pronunciamento anti-Orban e nemmeno una presa di distanza dal leader di Fidesz….
GAUDETE ET EXSULTATE: A PROPOSITO DI CRISTIANI E MIGRANTI
Papa Francesco nell’esortazione apostolica “Gaudete et exsultate”, firmata in data 19 marzo 2018 (festa di san Giuseppe), ha confermato, a proposito di migranti, l'esigenza di un'accoglienza a 360 gradi: a un cristiano “si addice solo l’atteggiamento di mettersi nei panni di quel fratello che rischia la vita per dare un futuro ai suoi figli”. Insistendo che è un atteggiamento che deriva dal Vangelo e, “pertanto non si tratta dell’invenzione di unPapa o di un delirio passeggero”. E’ vero che Jorge Mario Bergoglio talvolta ha avuto anche parole di comprensione per gli Stati che praticano responsabilmente una politica restrittiva nell’ambito dell’accoglienza… però in “Gaudete et exsultate” ha ribadito quella che appare come la sua opinione più radicata e più vera in materia, opinione che politicamente suona irrealistica e pericolosa per l’impossibilità di concretizzarla in modo dignitoso per i migranti e per le conseguenze dirompenti sulla stabilità del tessuto sociale di chi accoglie.
COME HANNO VOTATO I CATTOLICI UNGHERESI?
Allora come hanno votato i cattolici ungheresi? Hanno optato per Orban e per la sua politica restrittiva in ambito di immigrazione (condivisa da un governo che confessionalmente comprende cattolici e protestanti) oppure hanno preferito i partiti pro-migranti, seguendo su questo punto le esortazioni papali?
Intanto vale la pena di segnalare che i partiti fautori di una politica restrittiva dell’accoglienza hanno raccolto il consenso del 70% dell’elettorato (Fidesz più Jobbik).
Poi: i cattolici in Ungheria, secondo il censimento del 2011, variano tra il 60% della popolazione nella parte occidentale del Paese (Györ) e il 25% della Pianura settentrionale (Debrecen). Sono vicini al 50% a Sud (Pecs) e a Nord (Miskolc). Nell’Ungheria centrale, dove c’è Budapest, sono intorno al 32%. In sintesi: i cattolici sono più numerosi nell’Ungheria che confina con Slovacchia, Austria, Slovenia e Croazia. Da notare che al confine con Ucraina e Romania troviamo un numero consistente di calvinisti (correligionari di Orban), mentre nel sud-est sono numerosi i non credenti.
La sovrapposizione dell’appartenenza confessionale e del voto a Fidesz mostrano correlazioni significative. Sicuramente tra appartenenza cattolica e scelta per Orban (in particolare a ovest e a nord). Così come nel Nord-Nord-Est l’appartenenza calvinista spinge a votare per la stessa Fidesz. La correlazione si palesa in tutto il Paese, ma soprattutto nelle zone rurali. Non trascurabile però nemmeno in quelle cittadine. Non pare un caso che a Budapest, dove meno di un terzo della popolazione si dichiara cattolica, Fidesz conquisti solo 6 dei 18 seggi uninominali in palio, ottenendoli in buona parte nei quartieri occidentali della capitale, quelli di Buda, in cui la presenza cattolica è più consistente.
Conclusioni? La vittoria di Orban e di Fidesz è stata netta. Altrettanto netta la sconfitta di Soros & Co ovvero nel suo insieme della sinistra politica. I cattolici – in larga maggioranza - hanno votato per Orban e per Fidesz. Hanno coniugato il loro cattolicesimo con il senso civico, che pretende un’assunzione di responsabilità verso il proprio Paese. Da cittadini cattolici non hanno ritenuto di seguire le esortazioni ‘politiche’ papali. Era già successo negli anni scorsi anche in altri Paesi, come abbiamo ampiamente documentato su questo stesso sito www.rossoporpora.org. con l’analisi: “Ponti, non muri: Francesco propone, molti cattolici dispongono” (rubrica Vaticano). Quella della maggior parte dei cattolici ungheresi è stata una conferma, che tanti altri cattolici europei – se fosse data loro la facoltà – non esiterebbero a seguire. Cattolici che – anche come cittadini - hanno a cuore l’avvenire della società in cui è stato dato loro di vivere e in cui sono cresciuti.
‘GAUDETE ET EXSULTATE’ IN SALSA UNGHERESE/BATOSTA PER SOROS & CO. – di GIUSEPPE RUSCONI – www.rossoporpora.org – 16 aprile 2018
La vittoria di Viktor Orban è un avvertimento di tempesta diretto a Bruxelles
Di DI DMITRIJ SEDOV
fondsk.ru
L’Unione Europea non è Bruxelles, è un insieme di capitali nazionali
Le speranze dei funzionari di Bruxelles che la coalizione FIDESZ – Unione Civica Ungherese, guidata da Viktor Orban, vincesse le elezioni parlamentari senza un grande vantaggio (erano pochi quelli che dubitavano della sua vittoria) non si sono concretizzate. Con un’alta affluenza senza precedenti del 70%, gli Ungheresi hanno dato alla coalizione il 48,5% dei voti, il che le consente di guadagnare 134 seggi su 199 in Parlamento e formare una maggioranza qualificata, cioè ottenere la prerogativa per la riforma costituzionale.
Ora lo spirito combattivo di Orban si è rafforzato. Il Primo Ministro ungherese ha ricevuto un mandato per continuare la sua politica. «Abbiamo vinto e questo ci dà l’opportunità di difendere l’Ungheria”, ha dichiarato Orban il giorno dell’annuncio della vittoria. – L’Unione Europea non è Bruxelles. L’Unione Europea è Berlino, Budapest, Varsavia, Praga, Bucarest. È un insieme di capitali nazionali».
Viktor Orban prende servizio come Primo Ministro per la quarta volta e a Bruxelles sono convinti che non si possano evitare nuovi conflitti con il suo governo. Dal momento del suo primo avvento al potere nel 2010, Viktor Orban ha intrapreso un percorso di contrasto con la burocrazia europea. L’essenza del conflitto sono le restrizioni di Budapest sull’accoglienza dei rifugiati, la restrizione della libertà di attività dei media, della giustizia e delle ONG per i diritti umani, la persecuzione delle organizzazioni di Soros in Ungheria, nonché i sospetti di abuso dell’assistenza finanziaria dell’UE.
La vittoria della FIDESZ ha suscitato la gioia di «Alternative für Deutschland» (AfD), del «Front National» francese, del Partito della libertà nei Paesi Bassi, il cui leader, Gert Wilders, si è congratulato con Orban per il «risultato eccellente» e «vittoria meritata». E nel governo federale tedesco ci sono simpatizzanti di FIDESZ. Il Capo del Ministero degli Affari Interni e Capo della CSU, Horst Seehofer, ha dichiarato «di essere felice per la vittoria» di FIDESZ. Il suo partito continuerà a mantenere una partnership con Orban, ha detto Seehofer.
Tuttavia, c’è un’altra Europa. Secondo il Ministro degli Esteri del Lussemburgo, Jean Asselborn, l’Unione Europea non è stata creata per «lasciare posto agli ideologi nazionali a livello governativo». I rappresentanti dell’OSCE stanno preparando una relazione sulle elezioni in Ungheria, che, come ci si aspetta, muoverà una critica alla politica dell’informazione dello Stato ungherese durante la campagna elettorale. Nel frattempo, l’opposizione sconfitta accusa Orban di violare le norme democratiche.
Tuttavia, Viktor Orban ha ricevuto, sospettosamente, il per lui fondamentale supporto della popolazione. Ha dichiarato che tutta la crisi dell’immigrazione del 2015 è stata il prodotto di una cospirazione di George Soros. Ciò irrita il britannico The Guardian, il quale scrive che «Viktor Orbán espone i propri giudizi, usando una terminologia che è propria solamente della frangia di estrema destra. Dichiarando che «decine di milioni di migranti provenienti dall’Africa e dal Medio Oriente sono in attesa di abbattere la porta ungherese e di precipitarsi dentro, seminando il terrore, la criminalità e la violenza, e allora sarà tardi per tornare indietro», egli si presenta come il leader di un movimento anti-immigrazione, la principale sfida all’unità dell’Unione Europea, mentre una guerra ungherese contro la democrazia, da questo punto di vista, è una guerra contro la democrazia in tutto il mondo … l’Ungheria … sta avvelenando l’atmosfera politica».
Il canale tedesco n-tv.de argomenta in termini più moderati, ma rileva anche che Orban cercherà di zittire gli ultimi media indipendenti, rendere illegali le ONG per lui inopportune, e in ultima analisi subordinare i tribunali al proprio controllo. E a livello europeo, continuerà a opporsi alla politica di solidarietà dell’UE nei confronti degli immigrati e dei rifugiati. Il canale tedesco cita il «New York Times»: «Queste elezioni saranno probabilmente le ultime, dopo di che una democrazia gravemente paralizzata si trasformerà in un’autocrazia elettorale. E per l’Unione europea come riunione di Stati democratici, sorge la domanda: si può condurre una politica congiunta contro Orban?»
Il Commissario Europeo per il Bilancio, Günther Oettinger, minaccia di impiegare leve finanziarie contro l’Ungheria, ma Bruxelles non ha i parametri per perseguire tale politica nei confronti di uno Stato membro dell’UE, quindi la minaccia rimarrà priva di sostanza. È più realistico presentare l’adozione dei criteri, in conformità con l’art. 7 dello statuto delle sanzioni dell’UE, a causa della violazione dei principi dello Stato di diritto, come realizzato nei confronti della Polonia. In particolare, al Paese potrebbe essere negato il diritto di voto nel Consiglio dei Ministri dell’UE.
Il Parlamento europeo dovrebbe discutere, il 12 aprile, la relazione sullo stato della democrazia in Ungheria, elaborata dalla Commissione sotto la guida di Judith Sargentini del Partito dei Verdi olandesi, però il Capo della fazione dei verdi all’Europarlamento, Philippe Lamberts, è incerto che si formi una maggioranza sufficiente, affinché venga applicato all’Ungheria l’art.7. Allo stesso tempo, Lamberts è categorico riguardo alla politica di Orban: A quanto dice, «in Ungheria domina il populismo nazionalista. Io non conosco nessun’altra denominazione per quanto sta accadendo – con la vessazione degli immigrati, con una crociata contro George Soros, con l’antisemitismo appena dissimulato».
In un modo o nell’altro, l’Unione Europea dovrà prendere decisioni serie. La pianificazione finanziaria a lungo termine e l’imminente armonizzazione finale, a giugno, della riforma della legislazione sui rifugiati richiedono l’unanimità dall’UE, mentre la FIDESZ – Unione Civica Ungherese intende, a maggio, limitare il lavoro delle ONG che aiutano i rifugiati. Come ha affermato il rappresentante della fazione FIDESZ in parlamento, János Halász, «si tratta di una questione di sovranità, riguarda la sicurezza del Paese». Con Orban, non è possibile raggiungere consenso europeo su questo tema a Bruxelles. Come afferma il leader della fazione del CSU nel Parlamento europeo, Manfred Weber, «Viktor Orban deve scegliere se l’Ungheria rimarrà nell’Unione europea o se ne uscirà in gran fretta».
Dmitrij Sedov
Fonte: www.fondsk.ru
Link: https://www.fondsk.ru/news/2018/04/10/pobeda-viktora-orbana-shtormovoe-preduprezhdenie-brjusselju-45926.html
10/04/2018
Scelto e tradotto per www.comedonchisciotte.org da NICKAL88
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