ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

domenica 15 aprile 2018

La mattina dopo..

MISSILI
Siria, più che un attacco si tratta di una messinscena

Attacco missilistico sulla Siria di Assad, o messinscena? Molti elementi portano a pensare che si sia trattato solo di un'azione simbolica. Lo dimostra il fatto che ha preceduto (e non seguito) l'ispezione dell'Opac a Douma per verificare l'accusa ad Assad di attacco chimico. Vuol dire che non c'era alcuna "pistola fumante".



Qualcosa non torna nelle dichiarazioni dei governi britannico, statunitense e francese successive al raid delle scorse ore. Parigi sottolinea che “non sono esclusi altri raid” me che è stata "distrutta buona parte dell’arsenale chimico" di Assad ma l’affermazione è discutibile e non solo perchè la Siria ha consegnato nel 2014 i suoi arsenali all’organizzazione per la proibizione delle armi chimiche dell’Onu (Opac). Una consegna che anche Washington definì quattro anni or sono completa e totale.

Desta infatti qualche perplessità anche la valutazione che nei due centri di stoccaggio e produzione delle armi chimiche colpiti nei pressi di Homs e nel centro di ricerche scientifiche alle porte di Damasco (dove tali armi verrebbero sviluppate) siano state colpite vi fossero armi chimiche. Bersagliare con missili depositi di gas nervino non è mai una buona idea e qualora vi fossero realmente aggressivi pronti all’uso i raid avrebbero disperso nell’aria ingenti quantità di gas tossici col rischio di provocare un numero di vittime ben più alto di quelle di Douma, finora solo supposte dopo la denuncia dei ribelli anti Assad. Poichè non vi sono indizi di un disastro simile è lecito ritenere che gli obiettivi colpiti non contenessero armi di distruzione di massa e fossero quindi vuoti.

D’altra parte alcuni elementi inducono a ritenere che i russi (e di conseguenza anche i siriani) fossero al corrente di quali bersagli sarebbero stati colpiti. Parigi ha ammesso ieri mattina che Mosca era stata informata dai francesi stessi (lo ha dichiarato il ministro della Difesa Florence Parly affermando che "con gli alleati, abbiamo fatto in modo che i russi fossero avvertiti in anticipo”) considerato che sia il premier britannico Theresa May sia il capo di stato maggiore delle forze armate statunitensi, generale Joseph Dunford, hanno negato che i russi fossero stati informati da loro circa gli obiettivi delle incursioni missilistiche. Theresa May, ora alle prese con l’opposizione che contesta il mancato dibattito parlamentare prima di dare il via ai raid, a definito “legittimo” l’attacco alla Siria benchè privo di supporto giuridico, di autorizzazione dell’Onu e persino di prove tangibili circa la veridicità dell’uso di armi chimiche a Douma e la responsabilità delle forze di Assad. Pur dicendosi certo che Damasco "comprenderà la lezione", il capo della diplomazia francese, il ministro Jean-Yves Le Drian, ha affermato che l'uso di armi chimiche "è una linea rossa" e “se sarà superata ci sarà un altro intervento". Il presidente Macron aveva dichiarato di possedere le prive delle responsabilità di Damasco nell’attacco chimico a Douma ma non le ha ancora mostrate mentre da Washington sia il presidente Donald Trump sia il segretario alla Difesa James Mattis hanno parlato di punizione inflitta ad Assad per lo sterminio del suo popolo con i gas. Eppure solo 24 ore prima dell’attacco lo stesso Mattis aveva ammesso che prove concreto in proposito non ve n’erano e che le informazioni raccolte circa le responsabilità del regime siriano provenivano per lo più dai social media.

L’impressione è quindi che l’attacco, limitato e su obiettivi di scarso valore preventivamente evacuati da russi e siriani (preavvisati dagli alleati occidentali) avesse lo scopo reale di salvare la faccia ai leader americani, britannici e francesi già eccessivamente sbilanciatisi nell’accusare Assad e i suoi alleati russi e iraniani per i supposti fatti di Douma. Se risultassero veri i dati diffusi da Mosca, secondo cui le difese antiaeree russe sono rimaste inattive mentre quelle siriane avrebbero abbattuto ben 71 dei 103 missili lanciati dagli alleati occidentali, apparirebbe ancor più chiaro che i bersagli erano stati preventivamente segnalati a Mosca e Damasco che hanno potuto concentrare le batterie di missili antiaerei a difesa di quegli obiettivi.

Ma l’aspetto che più stride nelle dichiarazioni dei leader delle potenze occidentali riguarda l’arrivo degli ispettori dell’Opac che ieri hanno raggiunto Douma per cominciare i rilievi necessari a stabilire se vi sia stato o meno un attacco chimico. Logica avrebbe voluto che prima di avviare “raid punitivi” gli anglo-franco-americani avessero atteso eventuali riscontri dai tecnici dell’Opac. Perché attaccare proprio poche ore prima del loro arrivo a Douma? Una decisione priva di spiegazioni logiche a meno che le accuse sulle armi chimiche non siano solo un pretesto per colpire Damasco e i suoi alleati.

Gianandrea Gaiani


 http://www.lanuovabq.it/it/siria-piu-che-un-attacco-si-tratta-di-una-messinscena

GUERRA INFINITA
Siria, un simbolico "schiaffo" missilistico contro Assad

L’attacco di Stati Uniti, Gran Bretagna e Francia contro la Siria per punire l’uso di armi chimiche contro i civili da parte di Assad (ancora tutto da provare) è scattato questa notte e, come previsto, ha avuto un valore soprattutto simbolico.

Lancio di missili sulla Siria
L’attacco di Stati Uniti, Gran Bretagna e Francia contro la Siria per punire l’uso di armi chimiche contro i civili da parte di Assad (ancora tutto da provare) è scattato questa notte e, come previsto, ha avuto un valore soprattutto simbolico.

Donald Trump in diretta tv ha annunciato l’attacco sottolineando la necessità di agire contro i crimini e la barbarie perpetrati dal regime di Bashar al Assad in contemporanea con il lancio dei missili Tomahawk. "La linea rossa fissata dalla Francia nel maggio del 2017 è stata superata. Quindi ho ordinato alle forze armate francesi di intervenire questa notte, nell'ambito di un'operazione internazionale congiunta con gli Stati Uniti d'America e il Regno Unito e diretta contro arsenali chimici clandestini del regime siriano" ha dichiarato il presidente francese, Emmanuel Macron, twittando la foto del momento in cui ha ordinato l'attacco. "Non c'erano alternative praticabili all'uso della forza per degradare e dissuadere dal ricorso alle armi chimiche il regime siriano" ha detto il premier britannico Theresa May aggiungendo che "non stiamo intervenendo nella guerra civile, non si tratta del cambio di regime", ha precisato la May, che ha descritto i raid come "un attacco limitato e mirato".

Il Pentagono ha riferito del lancio di 120 missili, Mosca parla di “oltre 100” lanciati contro obiettivi militari e civili in Siria da navi e velivoli statunitensi, britanniche e francesi. Il ministero della Difesa russo aveva già precisato che nessun missile è entrato all'interno delle “bolle” protette dalle difese aeree russe che sono situate intorno alle basi di Hmeymin e Tartus. Sempre secondo Mosca la difesa aerea siriana ha intercettato tutti i 12 missili cruise che erano stati lanciati contro l'aeroporto militare di Dumayr. I russi sostengono inoltre di non aver attivato i loro sistemi di difesa aerea dislocati in Siria precisando che i raid di Usa, Gran Bretagna e Francia “sono stati contrastati unicamente dai sistemi antimissilistici siriani (recentemente ammodernati da Mosca) S-125, S-200, Buk e Kvadrat". Secondo lo Stato maggiore siriano la difesa aerea è riuscita ad abbattere la maggior parte dei 110 missili lanciati, anche se in precedenza fonti del regime di Damasco avevano riferito alla Reuters che contro la Siria "sono stati lanciati circa 30 missili, un terzo dei quali sono stati abbattuti”. Gli attaccanti avrebbero lanciato da cacciatorpediniere, e forse da un sottomarino, missili da crociera Tomahawk. La Francia ha impiegato i missili Scalp Naval della fregata Aquitaine e missili da crociera Scalp lanciati da velivoli Rafale decollati dalla Francia. Londra ha messo in campo i missili da crociera Storm Shadow lanciati contro obiettivi nell’area di Homs da 4 Tornado della RAF schierati nella base cipriota di Akrotiri.

Tre gli obiettivi specifici ai quali ha mirato l'attacco sferrato dagli Usa alle 21 ora di Washington, tutti associati con il potenziale chimico siriano, riferisce la Cnn citando fonti della Difesa Usa. Bersagliati un centro di ricerca scientifica a Damasco, un sito di stoccaggio per armi chimiche a ovest di Homs e un vicino posto di comando. Un attacco dal valore simbolico, quindi, come quello dell’aprile dello scorso anno contro la base aerea di Shayrat (59 missili Tomahawk lanciati dal mare). Anche oggi la Russia è stata avvertita in anticipo dell’attacco imminente, come ha reso noto il ministro della difesa francese, Florence Parly. Dettaglio che sembra confermare le notizie diffuse ieri di fitti scambi di comunicazioni tra la Coalizione a guida Usa e il comando russo in Siria. Anche le prime notizie sulle vittime siriane, a quanto sembra per ora limitate a una decina di feriti, inducono a ritenere che si sua trattato di una “ammuina” con cui i leader anglo-franco-americani hanno tentato di salvare la faccia dopo essersi esposti promettendo rappresaglie contro il regime di Damasco per un impiego di armi chimiche ancora tutto da provare.

Fonti russe a Douma riferiscono si sia trattato di una montatura organizzata con un vero set cinematografico dietro cui si nasconderebbe l’iniziativa dei servizi segreti di Londra. Parigi sostiene invece di avere prove delle responsabilità di Damasco, ma non le ha mostrate, mentre lo stesso segretario alla Difesa aveva ammesso ieri di non disporre di prove concrete per accusare Assad e che gli elementi disponibili erano stati raccolti sui social media. Proprio oggi gli esperti dell’Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche (Opac) raggiungeranno Douma e inizieranno ad effettuare rilievi, il fatto che il blitz degli alleati sia scattato poche ore prima dell’arrivo dei tecnici e, non dopo il rapporto dell’Opac, sembra confermare l’assenza di “pistole fumanti” concrete nelle mani degli occidentali. "Ci può essere solo una valutazione politica: questa è una flagrante violazione del diritto internazionale e un attacco contro uno Stato sovrano senza alcuna ragione adeguata" ha detto Konstantin Kosachev, presidente della commissione Affari Internazionali del Senato russo. "Con un alto grado di probabilità, questo è un tentativo di creare difficoltà per la missione Opac, che sta iniziando il suo lavoro a Duma, o di farla saltare del tutto" ha aggiunto alla Tass.

"Per ora è un attacco una tantum che ritengo abbia inviato un messaggio molto forte" al presidente siriano Bashar al Assad, tale da dissuaderlo rispetto all'utilizzo di armi chimiche”, ha detto il Segretario alla Difesa James Mattis. Il generale Usa ha avvertito tuttavia che se Assad decidesse di utilizzare ancora una volta il gas, le nazioni che hanno firmato la Convenzione contro la armi chimiche avranno tutto il diritto di intervenire. L'attacco contro la Siria di Usa, Francia e Gran Bretagna è stata una "operazione legittima, proporzionata e mirata" ha sostenuto il ministro degli esteri francese Jean-Yves Le Drian, poiché l'uso delle armi chimiche "viola il diritto internazionale ed è inaccettabile". Il segretario generale della NATO, Jens Stoltenberg, ha dato il suo sostegno al bombardamento dei Stati Uniti, Francia e Regno Unito contro la Siria in risposta ai presunti attacchi chimici da parte del regime di Bashar al Assad. "Sostengo le azioni intraprese dagli Stati Uniti, il Regno Unito e la Francia: questo consentirà di ridurre la capacità del regime di riattaccare il popolo della Siria con armi chimiche", ha detto Stoltenberg in una dichiarazione. Ankara ha definito i raid alleati “adeguati”, mentre per il governo israeliano sono “giustificati”.

La prima risposta di Mosca, stretta alleata di Damasco, è arrivata dopo l'annuncio della fine della prima ondata di raid e di bombardamenti: "Le azioni degli Usa e dei loro alleati non resteranno senza conseguenze", ha detto l'ambasciatore russo a Washington Anatoly Antonov. L'impressione di molti osservatori però è che gli obiettivi da colpire siano stati condivisi con Mosca, non fosse altro che per evitare incidenti e non colpire personale o postazioni russe in Siria. Intanto la prima reazione di Damasco è tesa a sminuire i risultati dell'operazione degli Usa e dei suoi alleati: se i raid sono finiti qui, hanno affermato fonti del governo di Damasco, i danni sono limitati.

L'Iran avverte che ci saranno "conseguenze regionali" dopo i raid condotti da Stati Uniti, Francia e Gran Bretagna contro obiettivi del regime di Damasco, raid che condanna "fortemente". Secondo quanto si legge sul canale Telegram del portavoce del ministero degli Esteri di Teheran, "gli Stati Uniti ed i loro alleati, senza alcuna prova e prima anche di una presa di posizione dell'Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche (Opac), hanno condotto questa operazione militare contro la Siria e sono responsabili delle conseguenze regionali di questa azione avventurista".

Gianandrea Gaiani


http://www.lanuovabq.it/it/siria-un-simbolico-schiaffo-missilistico-contro-assad

Papa Francesco, Alessandro Meluzzi: in Vaticano non è chiaro se comandi lui oppure Benedetto XVI

Dopo l'attacco in Siria, il duro attacco a Papa Francesco: piove in un articolo su Il Tempo a firma di Alessandro Meluzzi. Al "profeta della pace", ovvero il Pontefice, viene rimproverato il fatto di "aver brillato in queste ore per la sua assenza". Insomma, il Francesco sempre pronto a intervenire su tutto a caldo non ha detto nulla sulle bombe, anche se probabilmente rimedierà durante l'Angelus domenicale. Meluzzi continua: "Vogliamo rimarcare l'atteggiamento ignavo del Papa dell'accoglienza che pare non abbia sentito la necessità di spendere una parola per difendere le ragioni della pace che il magistero della Chiesa romana ha sempre sostenuto".
Nell'articolo dunque si ripercorre la storia recente e si parla del "profetico Papa Giovanni Paolo II che tuonò contro i bombardamenti sull'Iraq e il genocidio dei Cristiani d'Oriente. Fino al magistero inflessibile su questo tema di Benedetto XVI che pare aver preso questo nome proprio per la continuità con il Papa della prima guerra mondiale". Ed è qui che l'attacco a Francesco si fa durissimo: "Questo Bergoglio terzomondista, migrazionista, globalista, molto vicino alla posizione di Soros ha brillato per assenza in questa situazione. Chissà perché. Volendo essere complottisti oscuri, si potrebbe pensare che le centrali che hanno sostenuto la deposizione di papa Benedetto XVI e il suo intronamento abbiamo gli stessi orientamenti geopolitici di questo pontificato. Ma non vogliamo spingerci a tanto".
Finita? Nemmeno per sogno. A questo punto, infatti, Meluzzi insinua il più clamoroso dei sospetti: "Vorremmo semplicemente che Bergoglio, non si sa se Papa numero uno o numero due in compresenza con il vecchio Benedetto XVI, spendesse qualche parola per il popolo siriano distrutto per una guerra voluta dall'Occidente soprattutto per funzioni geopolitiche antirusse". Insomma, secondo Meluzzi non è neppure chiaro chi sia oggi il vero Papa. Chi comandi in Vaticano: Francesco oppure Ratzinger?

Gli Stati Uniti continuano a minacciare la Siria

di  Luciano Lago
Non soddisfatti circa i risultati dell’ultimo bombardamento sulla Siria, Washington e i suoi alleati continuano a proferire minacce contro il Governo di Damasco.
L’ultimo di questi avvertimenti minacciosi in ordine di tempo è stato quello del vicepresidente americano Mike Pence il quale ha elogiato il recente attacco missilistico contro Damasco, condotto da Stati Uniti, Regno Unito e Francia, ed ha avvertito che il governo di Damasco avrebbe un “prezzo da pagare” se dovesse lanciare nuovamente un attacco con armi chimiche, come ha riferito la Reuters.
Successivamente, Pence ha criticato l’atteggiamento russo nei confronti del conflitto in Siria e ha invitato Mosca a prendere le distanze dal governo di Damasco, durante un’intervista con la CBS News TV. Il vicepresidente degli Stati Uniti ha persino ritenuto la Russia responsabile per il presunto “fallimento” dell’accordo del 2013 per la distruzione delle armi chimiche siriane.
“Il nostro messaggio alla Russia è che sei dalla parte sbagliata della storia … È tempo che la Russia ottenga il messaggio che il presidente Trump ha consegnato la scorsa notte. Che ti fai conoscere dalla compagnia che hai “, ha detto Pence a CBS News. Vedi: US Vice President Warns Of Further Strikes On Syria,…
Quindi sono gli statunitensi, secondo Pence , ad essere “dalla parte giusta della Storia” come risulta dalle carneficine da loro provocate con le guerre scatenate da Washington in Iraq, in Libia, in Afghanistan , nella ex Jugoslavia ed in Siria mediante l’utilizzo dei loro mercenari armati e finanziati dagli USA e dall’Arabia Saudita. Sono sempre gli USA dalla parte giusta della Storia perchè si sa che loro “portano la democrazia”, esportano il progresso ed il sistema degli interessi americani anche ai paesi che ne farebbero volentieri a meno.
Quanto al “farsi conoscere dalla compagnia che hai” questa è una perla che consente agli osservatori di riconoscere gli USA per le “splendide compagnie” che da tempo frequentano, come quella della monarchia dell’Arabia Saudita, lo stato canaglia del Golfo Persico che sta conducendo il genocidio nello Yemen e che finanzia e sostiene tutti i gruppi terrorististi islamici in Medio Oriente ed in Africa o come i dittatori sud americani da Somoza a Batista e Pinochet, in Latino America, il loro “cortile di casa” , come i Marcos nelle Filippine, tutti gli altri personaggi, dittatori e torturatori, sempre appoggiati dagli USA e frequentatori dell’establishment di Washington.



Le “buone compagnie” dei presidenti USA

Pence non è stato l’unico funzionario USA a minacciare il governo di Damasco con ulteriori azioni militari. Nikki Haley, ambasciatore degli Stati Uniti presso l’ONU, ha dichiarato, durante una sessione del Consiglio di sicurezza dell’ONU il 14 aprile, che gli Stati Uniti sono “fermi e determinati” e risponderanno a qualsiasi attacco chimico in futuro in modo simile .
In pratica i rappresentanti dell’establishment USA fanno sapere che ogni qualvolta gli USA vorranno bombardare la Siria potranno disporre di far preparare un’altra provocazione con armi chimiche rifornendo i “caschi bianchi”, gli agenti al loro servizio, che potranno imbastire un’altra montatura che farà da pretesto a nuovi bombardamenti sulla Siria. Un reale incentivo al lavoro dei terroristi che necessitano dell’appoggio aereo di Washington e dei suoi alleati.
La realtà è un’altra ed è inutile girarci attorno: gli Stati Uniti, nella loro politica di dominio globale, sono rimasti scottati per la resistenza ostinata del popolo e dell’Esercito siriano che non hanno accettato di piegarsi alla loro egemonia ed alla pretesa di fare della Siria un paese smembrato e sottoposto al califfato saudita. La Siria ed il suo popolo da sette anni combattono con le armi in pugno contro i mercenari inviati da Washington e da Rijad e, con l’aiuto della Russia e dei suoi alleati, hanno dimostrato che all’Impero si può resisterecostituendo un esempio pericoloso per gli imperialisti USA ed i loro lacchè nel mondo.
La rabbia e la frustrazione guidano quindi le azioni dell’Establishment USA che non sa darsi pace fino a quando non riuscirà a soggiogare la nazione ed il popolo siriano.
La resistenza delle Siria rappresenta oggi la resistenza dei popoli contro le aggressioni imperialiste, un esempio ed una lezione morale per tutto il mondo.

La mattina dopo e cosa riserva il prossimo futuro

(The Morning After e What Is Next)
di  Gilbert Doctorow
Come abbiamo “Joint Chiefs of Staff General”, Joe Dunford da una parte, e tra loro entrambi e il presidente Donald Trump e il suo ultra-falco Consigliere per la sicurezza John Bolton dall’altra parte, si è conclusa con la decisione di lanciare “attacchi di precisione” ieri sera contro obiettivi a Damasco e vicino alla città di Homs.
Circa 103 tomahawks e altri missili cruise sono lanciati da navi della marina statunitense e aerei da guerra britannici. Settantuno di questi sono stati abbattuti dalle batterie di difesa aerea dell’esercito siriano. I più moderni ed efficaci sistemi S400 con equipaggio russo nella base navale di Tartus e nella base aerea di Khmeimim non sono stati messi in gioco.
Si sono verificati danni materiali ad alcune strutture di deposito militari siriane e in particolare a un centro di ricerca, che la coalizione guidata dagli Stati Uniti ha sostenuto sia stato utilizzata per la fabbricazione di armi chimiche. Nessun decesso o ferita sono stati segnalati. Gli obiettivi erano ben chiari rispetto alle posizioni note del personale russo e iraniano in Siria. E mentre il Pentagono negava che ci fosse stato un precedente coordinamento con la Russia, si vociferava che le traiettorie dei missili fossero state comunicate in anticipo ai russi anche se gli obiettivi non erano stati divulgati.
Il segretario Matthis ha riferito che la missione è stata considerata un successo per completo. Tuttavia, gli Stati Uniti e i loro alleati sono pronti a intraprendere ulteriori azioni se ci saranno nuovi casi in cui il regime di Assad usi armi chimiche contro la sua popolazione civile.
Nel suo discorso alla nazione quando ha lanciato l’attacco, il presidente Trump ha usato esattamente le stesse accuse non provate e l’insinuante evocazione propagandistica degli orrori delle armi chimiche che il suo ambasciatore alle Nazioni Unite Nikki Haley aveva usato in precedenza, nel giorno in cui rispondeva alle stesse accuse specifiche di violazione del diritto internazionale e di reazione a un attacco chimico messo in scena e forse inesistente. Accuse che l’ambasciatore russo Vasily Nebenzya aveva messo a punto contro gli Stati Uniti.
È improbabile che la natura strettamente focalizzata e apparentemente inefficace dei bombardamenti soddisfi chiunque nelle classi politiche statunitensi. Persino coloro che hanno incoraggiato il Presidente a puntare i piedi sulla Siria e punire Damasco per il presunto ma non provato uso di armi chimiche, come il senatore di New York Chuck Schumer (D) gli hanno dato solo un tiepido sostegno per l’azione intrapresa ieri sera, sottolineando che non esiste e non sembra essereci una strategia generale di amministrazione per la Siria, nessun obiettivo per il gioco finale. Nel frattempo altri hanno spiegato i tempi dell’attacco come spinti unicamente dall’urgente necessità del Presidente di distogliere l’attenzione dell’opinione pubblica dai suoi travagli politici personali, tanto più minacciosi a seguito del sequestro all’inizio della settimana dei giornali e forse delle sue conversazioni registrate negli uffici del suo avvocato, Michael Cohen.
Per quanto riguarda i russi, nonostante il fatto che i loro interessi e le loro minacce militari fossero chiaramente prese in considerazione dagli americani quando furono redatti i piani definitivi per l’attacco, non potevano che esserne offesi. I russi erano, dopotutto, sul lato ricevente di quello che era uno schiaffo pubblicamente amministrato di fronte al presidente Vladimir Putin, che è stato nominato e verosimilmente svergognato nel discorso di Trump alla nazione per fornire supporto all'”animale” Bashar Assad. Putin aveva invitato gli Stati Uniti e i loro alleati a mostrare moderazione e ad attendere la conclusione della missione investigativa in Siria.
Come notato sopra, Mosca evidentemente ha deciso che l’attacco USA non stava attraversando le sue linee rosse e ha scelto di lasciare la difesa della Siria ai siriani stessi, senza intervenire militarmente. Tuttavia, l’ambasciatore russo a Washington Antonov ha ripetuto, dopo gli attentati, l’avvertimento di Mosca che ci sarebbero “gravi conseguenze” per gli Stati Uniti e i loro alleati da pagare. Queste in particolare non sono state enunciate.



Damasco sotto bombardamento

Quello che viene dopo?
La decisione russa di non intervenire sicuramente aveva l’intenzione di lasciare gli Stati Uniti completamente esposti come l’aggressore e il violatore del diritto internazionale. Dato che siamo in quella che è generalmente riconosciuta come una Nuova Guerra Fredda, le abitudini della prima Guerra Fredda stanno riemergendo. Uno dei più notevoli è una raffica di propaganda della parte lesa. In ogni senso, i ruoli sono invertiti oggi. Mentre nel lontano passato era Washington a lamentarsi per l’alto livello dell’intervento militare sovietico in Ungheria e Cecoslovacchia, oggi è la Russia che andrà sull’offensiva della propaganda per condannare l’aggressione degli Stati Uniti.
Ma è tutto ciò che possiamo aspettarci?
Penso di no. Vladimir Putin ha una meritata reputazione come maestro stratega che prende il suo tempo con ogni mossa sulla scacchiera. Egli è anche ben consapevole del vecchio detto che la vendetta è un piatto da servire a freddo. E Putin ha spesso sostenuto le risposte “asimmetriche” alle mosse occidentali contro gli interessi russi.
La questione delle contromosse si è concentrata molto sulla mente russa nella scorsa settimana da quando il Tesoro degli Stati Uniti ha introdotto nuove e potenzialmente molto severe sanzioni economiche contro la Russia a partire dal 6 aprile. In effetti, i legislatori russi erano impegnati a preparare nella Duma lunedì un disegno di legge che autorizza il presidente russo a emettere contro-sanzioni. Questi includono un embargo sulla vendita di componenti critici per l’industria aeronautica statunitense che dipende dal 40% del titanio prodotto in Russia per la produzione di aerei militari e civili, dalla cancellazione della cooperazione bilaterale nello spazio in cui i russi forniscono motori a razzo usati per gli USA e altri lanci di satelliti e un embargo totale sulle vendite di vini, alcolici e tabacco statunitensi nella Federazione Russa.
A parte il ritiro delle vendite di titanio, queste e altre misure enumerate impallidiscono rispetto al danno fatto dalle sanzioni statunitensi sulla Rusal corporation, il secondo produttore e distributore di alluminio al mondo, che ha perso $ 12 miliardi di valore azionario nel primo giorno delle sanzioni. Ma c’è da aspettarselo, dato che gli Stati Uniti sono la più grande economia del mondo, misurando più di 10 volte l’economia russa, e di conseguenza la sua capacità di causare danni economici alla Russia supera di gran lunga la capacità della Russia di infliggere un danno economico in cambio.
In realtà, l’unico risultato logico di ulteriori escalation delle sanzioni economiche statunitensi contro la Russia in seguito all’attuale linea intenzionale di estirpare l’economia russa, sarebbe per la Russia rispondere nell’unica area in cui ha qualcosa che si avvicina alla piena eguaglianza con gli Stati Uniti: la sua forza delle armi. Vale a dire, ad un certo punto nel tempo la guerra puramente economica diventerà cinetica. Questa è una possibilità che, a quanto pare, la leadership politica americana ignora totalmente.
Allo stesso modo, guardando l’assalto degli Stati Uniti appena inflitto alla Russia dal suo attacco in Siria, sarebbe saggio considerare che la Russia potrebbe scegliere di rispondere colpendo gli interessi statunitensi in un luogo molto diverso, dove gode di superiorità logistica e anche dove è improbabile che il contro-bombardamento si trasformi in un incrocio diretto di spade e una possibile guerra nucleare. E ci sono un certo numero di luoghi che vengono in mente, iniziando in particolare in Ucraina, dove, se lo desiderava, e se credeva che stesse già pagando il prezzo pieno per “comportamento scorretto”, avrebbe potuto piombare dentro e rimuovere il governo a Kiev entro una campagna di 3 giorni, mettendo in atto un governo di transizione a scelta. Non un’occupazione, che la Russia non vuole né può permettersi, ma un’amministrazione ucraina che assicurerà la pace, per porre fine all’ostilità nei confronti della Russia e preparare la strada a nuove elezioni nazionali. Uno scenario simile sarebbe anche possibile in altre aree problematiche ai confini della Russia, che sono state sollevate dagli Stati Uniti e dai loro alleati della NATO.



Forze secessioniste della Repubblica di Donetsk

Questo non vuol dire che la Russia non farà nulla in Siria per rispondere alle ultime provocazioni degli Stati Uniti. Ma non è necessario aspettarsi il contro-spinta proprio lì.
Proteste in Occidente
Ci si potrebbe ragionevolmente chiedere se ci sarà qualche protesta negli Stati Uniti, in Europa guidata da “una umanità progressista” contro l’aggressione statunitense?
“L’umanità progressista” è per definizione politicamente di sinistra . C’era sempre una sfumatura tipicamente di sinistra nelle proteste contro la guerra in America e in Europa che risalivano al movimento di guerra anti-Vietnam degli anni ’60 e alle proteste degli anni ’80 all’introduzione dei missili da crociera in Europa per contrastare i missili russi SS20 della gamma a medio raggio.
Tuttavia, a partire dagli anni ’90, i partiti politici di sinistra sia negli Stati Uniti sia in Europa hanno subito terribili perdite di sostegno agli elettori. Quali leader carismatici emergono per sfidare il dominio centrista, la lotta contro l’egemonia globale è stata classificata quasi uniformemente come estrema destra o populista. Nel frattempo, i movimenti pacifisti sono stati quasi estinti. I progressisti sono oggi notoriamente anti-russi e al passo con i neoconservatori su come si dovrebbe arrivare all’ordine mondiale legittimo.
Per queste ragioni, è singolare che le prime reazioni al bombardamento guidato dagli Stati Uniti in Siria siano venute dai social media e dai portali di internet che possono essere categorizzati genericamente come centri di sinistra o progressiti. La condanna per Trump, per Bolton e per l’intero equipaggio di pazzi che costituiscono l’amministrazione ha superato di gran lunga lo scetticismo se non la negatività nei confronti di Putin, “l’autoritario”, il maschio Alpha, il promotore della famiglia e dei valori cristiani ortodossi. Le petizioni online ora in circolazione, come quella qui sotto da moveon.org, possono anche mostrare una certa comprensione del fatto che il mondo è vicino alla distruzione totale a causa dello scontro USA-Russia.
E come un altro segno che il movimento contro la guerra potrebbe effettivamente muoversi e fare qualcosa che va oltre le proteste virtuali, il capitolo del Massachusetts Peace Action, erede del franchise SANE, la più grande organizzazione antinucleare del Paese dalla metà della prima Guerra Fredda, ha ha invitato i suoi membri a radunarsi oggi a Cambridge (sede dell’Università di Harvard e del MIT) per protestare contro gli scioperi statunitensi in Siria, e chiede anche al Congresso di rivendicare poteri di guerra.



Manifestazione contro la guerra

Questi sono certamente piccoli passi che non hanno ancora alcun peso politico. Ma stanno incoraggiando scintille di luce nell’oscurità.
Gilbert Doctorow è un analista politico indipendente con sede a Bruxelles. Il suo ultimo libro, Gli Stati Uniti hanno un futuro? è stato pubblicato il 12 ottobre 2017.
Traduzione: Sergei Leonov
https://www.controinformazione.info/la-mattina-dopo-e-cosa-riserva-il-prossimo-futuro/

SPY FINANZA/ I nuovi messaggi in codice tra gli Usa e la Cina

La guerra in Siria non scoppierà e quel che fa terrore ai mercati è la fine del regime pressoché globale di Qe, se la Cina non immetterà liquidità nel sistema, dice MAURO BOTTARELLI
LapresseLapresse
Passiamo alla smentita preventiva, perché qui la situazione sta prendendo proprio una brutta piega. Ieri, al termine dell'ultima tornata di consultazioni, il presidente della Repubblica ha detto chiaro e tondo che il Paese necessita - in fretta - di un governo nel pieno delle sue funzioni, intimando ai partiti di mettere da parte veti e pregiudiziali. Altrimenti, la prossima settimana sarà lui a muovere la pedina in grado di sbloccare l'impasse istituzionale. Non ho idea di quale mossa possa trattarsi, non sono un politologo, né un quirinalista. E, se devo essere sincero, nemmeno mi interessa più di tanto, visto che sapere quale sia l'importanza che riconosco alla democrazia parlamentare dei vari Stati nei processi decisionali in un mondo globalizzato e interconnesso: rasente lo zero. Quindi, incarichino pure chi vogliono, non sarà certo il prossimo esecutivo a cambiare i destini - già segnati - del Paese. 
Perché parlavo di smentita preventiva: perché fra le urgenze elencate dal Capo dello Stato a conferma dell'urgenza che si arrivi alla formazione di un governo che legiferi c'era anche la situazione siriana. Io capisco Mattarella, nessuno può fargli una colpa del forzare la mano, visto i personaggi con cui si trova a trattare, ma l'inquilino del Quirinale è uomo troppo intelligente per non sapere che in Siria non succederà proprio nulla. Al massimo, quattro razzi su qualche deposito o caserma debitamente svuotati prima, titoli dei giornali per tre giorni e poi si tornerà alla solita manfrina. Guerra commerciale, dazi, Russiagate. Come si fa a credere ancora a quanto ci dicono, d'altronde?
Donald Trump ha cambiato idea almeno dieci volte in tre giorni, ha twittato tutto e il contrario di tutto, ha minacciato razzi sulla testa dei russi e poi incolpato del cattivo rapporto con Mosca il procuratore Mueller, ha negato di aver pagato la pornostar Stormy Daniels e poi, tanto per rafforzare i dubbi riguardo la sua bipolarità, ha reso nota la sua intenzione di far rientrare gli Usa nel Tpp, l'accordo commerciale del Pacifico, dopo esserne usciti solo lo scorso anno: ma siamo su Scherzi a parte o cosa? Scateni una guerra commerciale contro la Cina e mezzo mondo, denunciando dumping di ogni genere e poi rientri nell'accordo sul commercio che avevi bollato solo dieci mesi fa come il peggiore mai stipulato dagli Usa? E questo sarebbe l'uomo più potente del mondo, l'interlocutore obbligato a livello globale? 
L'ho scritto ieri e lo ripeto: solo due lustrascarpe come la May e Macron potevano cascare in pieno nell'ennesima pantomima globale, la prima perché disperata dalla necessità di coprire, pressoché contemporaneamente, il fallimento del Brexit (preparatevi, in tal senso, al ritorno sulla scena in grande stile di Tony Blair, gran cerimoniere del prossimo, secondo referendum sul tema) e il pasticciaccio brutto del caso Skripal, l'avvelenamento dell'ex spia russa e di sua figlia che, con il passare dei giorni, assume contorni di credibilità pari a quelli dell'attentato con armi chimiche a Douma. La May rischia, tutto sta a capire quanto a determinati poteri serva un cambio di guida politica a Westminster in questo momento o non sia più strumentalmente utile mantenere ancora un po' in sella un'anatra zoppa e ricattabile come l'attuale premier: regime change fra le due democrazia-sorelle in autunno, con voto anticipato in Gran Bretagna ed elezioni di mid-term il 4 novembre negli Usa? Non è da escludere. 
Emmanuel Macron, dal canto suo, vuole ricalcare le orme di Sarkozy in Libia, ponendosi immediatamente al servizio della Casa Bianca e, addirittura, millantando di avere le prove della responsabilità di Assad per l'uso di agenti chimici: anche lui, a livello interno, deve depotenziare non solo gli scioperi che da oltre una settimana stanno paralizzando il Paese, tra ferrovie e università, ma anche una riforma costituzionale che oltre a tagliare il numero di membri all'Assemblea nazionale, punta a introdurre una quota di proporzionale. Per un francese, magari gollista rigido, praticamente come bestemmiare in chiesa. E, non a caso, il buon Macron ha aperto alla Chiesa cattolica, sperando in una sponda mai sfruttata troppo dalla politica francese: risultato? Massacrato da destra come da sinistra per attentato alla laicità dello Stato: è peggio di Gatto Silvestro e Will Coyote messi insieme, non ne azzecca una nemmeno per sbaglio. 
Mattarella non ha certo questa urgenza, ma nell'immaginario collettivo e politico, l'ipotesi e l'immagine di un Paese senza guida - se non un Gentiloni a mezzo servizio - di fronte a missili Cruise e Tomahawk che svolazzano a poche centinaia di chilometri da Roma potrebbe risultare efficace per mettere un po' di pepe al fondoschiena dei duellanti per Palazzo Chigi. Glielo auguro, perché ieri l'ho visto provato, ma diciamola tutta: la guerra non ci sarà, state pure tranquilli. E, come immagino, se la questione si tramuterà in un braccio di ferro per l'istituzione di nuovi equilibrio geopolitici nell'area, magari con la mediazione Onu, il parere dell'Italia non sarà certo vincolante. Anzi, temo che non sarà proprio richiesto (e visto chi potrebbe diventare premier, meglio così per tutti, siriani in testa, i quali dopo sette anni di guerra non meritano anche le attenzioni di Salvini e Di Maio). Ma serve che la gente percepisca il rischio: serve per affrettare le nascite di governi, serve per distrarre da condizioni economiche reali tutt'altro che rosee, serve per dimenticarsi del fatto che la famosa Commissione d'inchiesta sul sistema bancario alla fine si è tradotta in nulla, serve per avere l'appiglio accessorio del rischio terrorismo, sempre connesso come consequenziale quando l'Occidente si muove militarmente in scenari mediorientali. Serve l'ansia, la paura e anche l'isteria collettiva, nei casi più gravi. 
Un esempio? Ricordate gli arresti di domenica scorsa a Berlino, i sei amici di Anis Amri, l'attentatore ucciso a dicembre 2016 a Sesto San Giovanni, arrestati perché volevano vendicare il loro sodale (un po' tardivamente, direi), ammazzando civili inermi a colpi di machete fra il pubblico della maratona che era in corso nella capitale tedesca? Grandi titoli, panico nei tg: sapete come è finita? Rilasciati lunedì mattina, dopo poche ore di fermo, per insufficienza di prove: riscontri sulla stampa? Zero, come gli arrestati di Tangentopoli quando poi venivano assolti. E il bello è che ci avevano detto che gli arresti erano stati a colpo sicuri, perché i sei erano seguiti e pedinati da tempo! E sei costretto a rilasciarli il giorno dopo per insufficienza di prove!?! Ancora una volta, viene da chiedersi se sia la realtà, oltretutto formalmente drammatica e molto seria visto l'argomento o Candid Camera
A me dispiace anche smontare sistematicamente le versioni ufficiali e le narrative allarmistiche o trionfalistiche dei media "autorevoli", ma non è colpa mia se la realtà è talmente testarda che, prima o poi, riesce sempre a fare capolino. Volete sapere quale sarà la balla condivisa di oggi? Attribuire alla guerra commerciale in atto i brutti dati emersi ieri relativamente all'economia cinese. Guardate questi grafici, i quali ci mostrano come l'export di Pechino a marzo abbia registrato un inatteso -2,7% su base annua contro le attese addirittura di +11,8%, mentre il deficit commerciale cinese è risultato essere di 4,98 miliardi di dollari, il primo caso di deficit da febbraio 2017 e in netta contrazione sia rispetto alle attese del mercato di un surplus di 27,5 miliardi che del dato di febbraio, un roboante 33,75 miliardi di surplus. 
E quale sarà la narrativa generale? Tutta colpa di Donald Trump, il quale con la sua scelta di scatenare una guerra commerciale globale a colpi di dazi farà deragliare la straordinaria, coordinata e sincronizzata ripresa globale vissuta dalle economie fino a un trimestre fa. Balle. Sapete perché la Cina ha visto inabissarsi il suo export? Perché prima del dato di marzo si sono inabissate le letture degli indici PMI delle principali economie importatrici dei beni del Dragone, il quale sta pagando il peggioramento delle condizioni generali - leggi la scelta della Fed e il fatto che anche la Bce, formalmente, dovrebbe dare un taglio alla monetizzazione del debito entro fine anno - e non certo la scelta della Casa Bianca. Il problema è che dire la verità presupporrebbe smentire l'intero storytelling della ripresa globale, talmente decantato da esperti e professoroni di vario titolo su giornali e nei talk-show da scatenare un'ondata di figure di palta senza precedenti. E, soprattutto, il rischio di una perdita pressoché totale di fiducia da parte dei cittadini nell'informazione ufficiale, oltre che nei governi e nelle istituzioni come le Banche centrali: e in periodo di fake news come alibi per qualsiasi nefandezza, ci manca solo che la gente cominci ad abbandonare del tutto l'informazione ufficiale per cercare risposte altrove, dove l'indipendenza non è un optional. 
Per questo occorre nascondere i guai interni di May e Macron, accettare il fatto che in Italia serva un governo forte e in carica ufficialmente per affrontare il rischio di escalation in Siria - me lo vedo Di Maio a un vertice sul tema che terrorizza Trump e Putin con la sua retorica ferma e risoluta -, ma anche nascondere al mondo che l'economia non sta affatto bene come ci hanno detto, anzi. In America le bancarotte retail sono aumentate del 63% su base annua, uno sterminio, come ci mostra il grafico. 
 
E, per favore, non diamo tutta la colpa ad Amazon e all'e-commerce. Il mondo sta prendendo atto che la minaccia più grande di tutte, si sta avvicinando a grandi falcate: la fine del regime pressoché globale di Qe, altro che terrorismo, minaccia nucleare iraniana o nordcoreana, repressione di Assad o quant'altro. Se Pechino non ricomincia a inondare il sistema di liquidità, vedrete che le situazioni come quella in Siria aumenteranno a dismisura, perché si passerà al regime di guerra asimmetrica e perpetua: quantomeno, si riattiverà a forza quattro il warfare, in attesa della stamperia del Dragone e del ritorno in grande stile della Fed in modalità monetizzazione del debito. 
Anche perché, al netto del budget 2019, il Tesoro statunitense ha messo in preventivo una quantità di emissioni senza precedenti, per finanziarlo: e chi comprerà quella carta da parati, se i tassi aumenteranno e la percezione di rischio li seguirà, magari amplificata da un bell'impeachment di Donald Trump prima del voto di medio termine? La Cina. Ma Washington non ha dichiarato guerra commerciale a Pechino, almeno ufficialmente? Non diciamo idiozie, perché come mostra questo grafico che mi pare il caso di riproporre, se Pechino volesse giocare duro, metterebbe in ginocchio l'industria tech Usa - quella che vede già oggi i suoi titoli azionati schiantarsi quasi quotidianamente - in una settimana, tagliando l'export di "terre rare", le componenti fondamentali di smartphone, pc ma anche missili e caccia. 
E sapete cosa bloccherà a livello di export verso gli Stati Uniti la Russia se Washington proseguirà con le sanzioni che stanno schiantando rublo e Borsa? Di titanio, materiale fondamentale e imprescindibile per il ciclo produttivo di un'azienda da nulla che risponde al nome di Boeing. Ancora non siete convinti? Guardate questi grafici, il primo dei quali ci mostra come il deficit di budget Usa sia letteralmente esploso, mentre gli altri due ci mostrano una strana dinamica del rendimento del decennale statunitense, rispetto alla politica dei tassi della Fed e all'andamento di Wall Street: cosa potrebbe voler dire? Che la Cina ha cominciato a vendere titoli di Stato Usa, così per mandare un segnale. Sveglia!

http://www.ilsussidiario.net/News/Economia-e-Finanza/2018/4/14/SPY-FINANZA-I-nuovi-messaggi-in-codice-tra-gli-Usa-e-la-Cina/816302/

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