Vladimir Sergeevič Solovëv nacque a Mosca il 16 gennaio 1853 e decedette ad Uzkoe il 31 luglio 1900.
Dopo aver terminato gli studi in filosofia e teologia, insegnò all'Università di Mosca e passò poi al Ministero dell'Educazione.
Già in anni precoci iniziò le sue ricerche appassionate sulle "più alte verità" arrivando a prevedere nel nascente '900 un secolo di guerre, il fallimento delle ideologie e gli inutili progressi della scienza e della psicologia che non avrebbero risolto le domande basilari della vita.
Visualizzò la scristianizzazione dell'Occidente e la crescente apostasia, tanto che negli ultimi scritti, si dedicò particolarmente a delineare la figura dell'Anticristo, avvilente e tragico simbolo della peggiore depravazione umana.
Ma piuttosto che riportare, seppur nella sua breve interezza, l'opera più famosa di questo prestigioso autore ‒ "Il Racconto dell'Anticristo" ‒ (che troverete QUI), ho scelto di pubblicarne i migliori e più essenziali passaggi contenuti e citati in una approfondita riflessione del cardinale Giacomo Biffi, deceduto l'11 luglio 2015.
Vladimir Sergeevič Solovëv di Ivan Nikolaevich Kramskoi |
Un Pensatore e un Profeta da riscoprire
La cultura filosofica occidentale non ha prestato finora molta attenzione a Vladimir Sergeevič Solovëv.
Egli è in realtà un autore di grande vigore e di indubbia originalità, che conosce e mette a frutto praticamente tutta la letteratura intellettuale degli ultimi secoli.
Vorrei limitarmi però a raccogliere di lui soltanto un'eredità profetica, che mi pare di qualche rilevanza per l'attualità dei nostri giorni; un monito espresso nell'ultima opera che ci ha lasciato:
"I tre dialoghi sulla guerra, il progresso, la fine della storia universale, e il racconto dell'Anticristo"; monito che potrebbe essere enunciato con queste parole: Attenti a costui!
Il discorso sull'Anticristo appartiene al patrimonio della Rivelazione (Apocalisse) e tutte le generazioni cristiane ne hanno sentito il fascino conturbante.
Già il Cristo aveva preannunziato: «Sorgeranno falsi cristi e falsi profeti e faranno grandi prodigi e miracoli» (Mt. 24,24). San Paolo parla dell'«uomo iniquo», del «figlio della perdizione», di «colui che si contrappone», che dovrà manifestarsi alla fine (2 Ts. 2, 3-4).
Ma è solo Giovanni ad aver usato tale appellativo nella sua prima lettera: «Come avete udito, deve venire l'anticristo; di fatto ora molti anticristi sono apparsi» (1 Gv. 2, 18).
Si vede da questi testi che sin dall'origine si sviluppa un'interpretazione, per così dire, pluralistica: si tratta di molti oppositori al disegno salvifico del Padre, che nelle varie epoche si presentano camuffati da annunciatori del Vangelo e da portatori di salvezza.
"S. Giovanni Evangelista sull'isola di Patmos" di Pedro Orrente (1620) |
Solovëv affronta esplicitamente l'argomento dell'Anticristo solo negli ultimi mesi di vita. Ma esso è sempre stato ben vivo in lui, addirittura a partire dall'età infantile.
Da che cosa è connotata questa figura apocalittica nel senso comune del termine? Ci sono alcuni elementi propri e determinanti.
‒ È sostanzialmente e radicalmente un personaggio al servizio del male: il suo scopo è portare l'umanità alla perdizione; il suo mezzo è l'inganno. E poiché l'unico Salvatore del mondo è Gesù Cristo, il Figlio di Dio crocifisso e risorto, è quindi innanzitutto contro di Lui che sarà rivolta la sua azione malefica (cfr. 1 Gv 4,3).
‒ L'Anticristo esternamente appare come dedito al servizio del bene e della nostra salvezza. E dal momento che tale salvezza nel piano di Dio è contenuta nel Vangelo, egli si ammanta di cristianesimo, propugna «valori» che possono essere intesi come evangelici, usa un linguaggio abbastanza conforme a quello di Gesù, «così da indurre in errore, se possibile, anche gli eletti» ( Mt 24,24).
San Paolo parla di «falsi apostoli» che «si mascherano da apostoli di Cristo» (2 Cor 11,13); e aggiunge: «Ciò non fa meraviglia, perché anche satana si maschera da angelo di luce» (2 Cor 11,14).
‒ Per riconoscere l'Anticristo nella sua vera natura, l'elemento decisivo è il suo rapporto con la persona dell'Uomo-Dio crocifisso e risorto. Su tutti gli argomenti egli può parlare quasi come un autentico discepolo del Signore, anzi come il Signore stesso di cui assumerà le sembianze e il linguaggio; ma a proposito dell'evento salvifico dell'incarnazione e della redenzione non gli è consentito di assimilarsi.
Si sa che il cristianesimo non è un sistema di idee, ma una pratica: può dirsi cristiano senza ambiguità non chi condivide in qualche misura e per qualche aspetto la dottrina evangelica, ma chi la attua. Finché si discorre di concetti e di «valori», l'astuzia demoniaca può sempre avere buon gioco, ma davanti all'avvenimento non ci si può travestire.
Ad evitare possibili malintesi, credo utile premettere all'esposizione del pensiero solovëviano, riguardante l'Anticristo, il richiamo di alcuni tratti della stessa concreta personalità del filosofo.
Solovëv è stato un uomo che ha lavorato tutta la vita, al prezzo di molte sofferenze e incomprensioni, al servizio dell'unificazione del genere umano e della pace tra i popoli.
Pur conservando sempre un grande amore per la sua terra e pur avendo una concezione altissima della missione storica del popolo russo, ha lottato decisamente contro le prevaricazioni del nazionalismo e contro ogni forma di rifiuto degli «altri».
La sua generosità con i poveri era proverbiale: arrivava perfino a cedere, durante il rigido inverno russo, scarpe e cappotto ai mendicanti che incontrava per la strada.
I bambini e gli animali erano misteriosamente attratti da lui: gli uccelli parevano addirittura aver ritrovato un redivivo Francesco d'Assisi.
Si nutriva quasi esclusivamente di legumi e di tè. Nella discussione della sua tesi di dottorato del 1880 ammette che sia lecito cibarsi anche di carne, o almeno che la questione è discutibile, ma ribadisce che non è affatto eticamente consentito all'uomo infliggere sofferenze agli animali.
Aveva un grande amore per la natura, e si rattristava nel vederla poco a poco periresotto i colpi dell'egoismo imprevidente e del potere distruttivo del moderno tecnicismo.
Quando cominciò a scrivere i Tre dialoghi, Solovëv aveva già perso la speranza di veder realizzati i grandiosi progetti per i quali aveva tanto faticato e patito: la libera teocrazia, la riconciliazione delle Chiese, e l'instaurazione in terra del Regno di Dio.
A quarantasei anni ‒ quando stese quelle pagine ‒ era fisicamente stremato e spiritualmente deluso. Ma scoraggiamento non significa affatto perdita della fede, anzi: nel dolore la sua fede si era piuttosto affinata ed essenzializzata, e il suo carisma profetico sembrava essersi fatto più penetrante, almeno a giudicare da alcune sue previsioni.
Puntando lo sguardo sull'incipiente secolo XX, Solovëv lo ha preannunziato come«l'epoca delle ultime grandi guerre, delle discordie intestine e delle rivoluzioni».
Poche settimane prima di morire confidò ad un amico: «Sento che si avvicinano tempi in cui i cristiani dovranno radunarsi per la preghiera nelle catacombe. La fede sarà perseguitata dappertutto, forse meno brutalmente che ai giorni di Nerone, ma più sottilmente e crudelmente: per mezzo della menzogna, dell'inganno e della falsificazione».
Nella premessa ai Tre dialoghi (datata alla domenica di Pasqua del 1900) egli colsecon perfetta lucidità quanto il problema vitale per l'uomo sia quello di prendere sul serio il potere maligno e di credere nella necessità di un intervento salvifico trascendente:
«È forse il Male soltanto un difetto di natura, un'imperfezione che scompare da sé con lo sviluppo del Bene, oppure una Forza effettiva che domina il mondo per mezzo delle sue lusinghe, sicché per una lotta vittoriosa contro di esso occorre avere un punto d'appoggio in un altro ordine d'esistenza?»
Questo è l'interrogativo semplice e drammatico che è posto in apertura del libro; e questa è ancora oggi una delle questioni che più radicalmente turbano e dividono il genere umano.
L'Anticristo
Solovëv previde che, dopo le grandi guerre del secolo XX, i popoli, persuasi dei gravi danni derivati dalle loro rivalità, avrebbero dato origine agli Stati Uniti d'Europa:
«Ma... i problemi della vita e della morte, del destino finale del mondo e dell'uomo, resi più complicati e intricati da una valanga di ricerche e di scoperte nuove nel campo fisiologico e psicologico, rimangono come per il passato senza soluzione. Viene in luce soltanto un unico risultato importante, ma di carattere negativo: il completo fallimento del materialismo teoretico».
Non si può dire però che ciò comporti l'estendersi e l'irrobustirsi della fede. Al contrario, l'incredulità sarebbe stata dilagante. Sicché, alla fine si sarebbe profilata per la civiltà europea una situazione che potremmo definire di vuoto. In questo vuoto si erge appunto e si consolida la presenza e l'azione dell'Anticristo.
Più che la vicenda visualizzata da Solovëv, nella quale l'Anticristo prima di tutto viene eletto Presidente degli Stati Uniti d'Europa, poi è acclamato imperatore romano, quindi si impadronisce del mondo intero e in ultimo si impone anche alla vita e all'organizzazione delle Chiese, emergono le caratteristiche che l'autore attribuisce a questo personaggio.
Era ‒ dice Solovëv ‒ «un convinto spiritualista». Credeva nel bene e perfino in Dio,«ma non amava che se stesso». Era un asceta, uno studioso, un filantropo. Dava «altissime dimostrazioni di moderazione, di disinteresse e di attiva beneficenza».
Nella sua prima giovinezza si era segnalato come dotto e acuto esegeta: una sua voluminosa opera di critica biblica gli aveva propiziato una laurea ad honorem da parte dell'università di Tubinga.
Ma il libro che gli aveva procurato più fama e consenso unanime portava il titolo: "La via aperta verso la pace e la prosperità universale"...
È vero che alcuni uomini di fede si domandavano perché non vi fosse nominato nemmeno una volta il nome di Cristo; ma altri ribattevano: «Dal momento che il contenuto del testo è permeato dal vero spirito cristiano, dall'amore attivo e dalla benevolenza planetaria, che volete di più?».
D'altronde egli «non aveva per Cristo un'ostilità di principio», anzi ne apprezzava la retta intenzione e l'altissimo insegnamento.
Tre cose di Gesù, però, gli riuscivano inaccettabili.
Prima di tutto le sue preoccupazioni morali. «Il Cristo (affermava) col suo moralismo ha diviso gli uomini secondo il bene ed il male, mentre io li unirò con i benefici che sono ugualmente necessari ai buoni e ai cattivi». Poi non gli andava «la sua assoluta unicità».
«Egli è uno dei tanti; o meglio (diceva a sé stesso) è stato il mio precursore, perché il salvatore perfetto e definitivo sono io, che ho purificato il suo messaggio da ciò che è inaccettabile all'uomo di oggi».
Soprattutto non poteva sopportare il fatto che Cristo fosse vivo, e istericamente si ripeteva: «Lui non è tra i vivi e non lo sarà mai. Non è risorto, non è risorto, non è risorto! È marcito, è marcito nel sepolcro...»
Pacifismo, ecologismo, ecumenismo dell'Anticristo
Ma dove l'esposizione di Solovëv appare particolarmente originale e sorprendente,tanto da meritare la più approfondita riflessione, è nel conferimento all'Anticristo delle qualifiche di pacifista, di ecologista, di ecumenista.
‒ Già s'è visto che la pace e la prosperità sono gli argomenti del capolavoro letterariodi questo "eroe" diabolico. Ma sono idee che egli riuscirà anche ad attuare.
La corrente anticristica è già in atto, ad opera del Falso Profeta! (Cfr. QUI). |
Nel secondo anno di regno, come imperatore romano e globale, potrà emettere il proclama: «Popoli della terra! Io vi ho promesso la pace e io ve l'ho data». E proprio a questo proposito matura in lui la coscienza della sua superiorità sul Figlio di Dio: «Il Cristo ha portato la spada, io porterò la pace».
A ben capire la visione di Solovëv, su questo punto, gioverà citare quanto egli riferiscenel terzo dialogo per bocca del Signor Z. ‒ l'interlocutore che lo rappresenta: «Il Cristo è stato il riformatore dei popoli, predicando e manifestando il bene morale nella sua vita, io invece sono chiamato ad essere il benefattore di questa umanità, in parte emendata e in parte incorreggibile.
Darò a tutti gli uomini ciò che è loro necessario. Il Cristo, come moralista, li ha divisi secondo il bene ed il male, mentre io li unirò con i benefici che sono ugualmente necessari ai buoni e ai cattivi.
Sarò il vero rappresentante di quel Dio che fa sorgere il suo sole e per gli uni e per gli altri e distribuisce la pioggia sui giusti e sugli ingiusti. Il Cristo ha portato la spada, io porterò la pace. Egli ha minacciato alla terra il terribile ultimo giudizio.
Però l'ultimo giudizio sarò io e il mio verdetto non sarà solo di giustizia ma anche di clemenza.»
[Infatti il Giubileo straordinario della Misericordia (8 dic. 2015 ‒ 20 nov. 2016) è stato proclamato da Bergoglio, il Falso Profeta, che ha espresso il proprio sentire al riguardo, dicendo alle Clarisse:
"Maria sta all'interno della porta del Paradiso; San Pietro non sempre apre la porta quando arrivano i peccatori e allora Maria soffre un po', però rimane lì. E la notte, quando si chiudono le porte del Paradiso, quando nessuno vede e nessuno sente, Maria apre la porta del Paradiso e fa entrare tutti." Cfr. QUI; ndr].
‒ L'Anticristo sarà un ecologista o almeno un animalista. Sono termini moderni che ovviamente Solovëv non usa; ma la sua descrizione è abbastanza chiara:
«Il nuovo padrone della terra era anzitutto un filantropo, pieno di compassione, non solo amico degli uomini ma anche amico degli animali. Personalmente era vegetariano, proibì la vivisezione e sottopose i mattatoi ad una severa sorveglianza; le società protettrici degli animali furono da lui incoraggiate in tutti i modi».
‒ L'Anticristo infine si dimostrerà un eccellente ecumenista, capace di dialogare «con parole piene di dolcezza, saggezza ed eloquenza». Convocherà i rappresentanti di tutte le confessioni cristiane ad «un concilio ecumenico da tenere sotto la sua presidenza». (Cfr. QUI; ndr)
La sua azione mirerà a cercare il consenso di tutti attraverso la concessione dei favori concretamente più apprezzati.
«Se non siete capaci di mettervi d'accordo tra voi ‒ dirà ai convenuti dell'assise ecumenica ‒ spero di mettere d'accordo io tutte le parti, dimostrando a tutti il medesimo amore e la medesima sollecitudine per soddisfare la vera aspirazione di ciascuno».
Attuerà praticamente questo disegno, ridonando ai cattolici il potere temporale del papa, erigendo per gli ortodossi un istituto per la raccolta e la custodia di tutti i preziosi cimeli liturgici della tradizione orientale, creando a vantaggio dei protestanti un centro di libera ricerca biblica lautamente finanziato.
È un ecumenismo «quantitativo», che gli riuscirà quasi perfettamente: le masse dei cristiani entreranno nel suo gioco.
Soltanto un gruppetto di cattolici con a capo il papa Pietro II, un esiguo numero di ortodossi guidati dallo staretz* Giovanni ed alcuni protestanti che si esprimono per bocca del professor Pauli resisteranno al fascino dell'Anticristo.
*("Staretz" è un termine russo che riguarda i mistici cristiani ortodossi con séguito, dotati di un particolare carisma, e non necessariamente indicante monaci o religiosi; ndr).
Costoro arriveranno ad attuare l'ecumenismo della verità, radunandosi in un'unica Chiesa e riconoscendo il primato di Pietro. Ma sarà un ecumenismo «escatologico»,realizzato quando ormai la storia sarà pervenuta alla sua conclusione:
«Così ‒ racconta Solovëv ‒ si compì l'unione delle Chiese nel cuore di una notte oscura su un'altura solitaria. Ma l'oscurità della notte venne ad un tratto squarciata da un vivido splendore e in Cielo apparve un grande segno: una donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e sul capo una corona di dodici stelle».
L'ammonimento profetico di Solovëv
Verranno giorni, ci dice Solovëv ‒ ed anzi sono già venuti, diciamo noi ‒ quando nella cristianità si tenderà a risolvere il fatto salvifico, che non può essere accolto se non nell'atto difficile, coraggioso e razionale della fede, in una serie di «valori» facilmente esitabili (smerciabili; ndr) sui mercati mondani.
Il cristianesimo ridotto a pura azione umanitaria nei vari campi dell'assistenza, della solidarietà, del filantropismo, della cultura; il messaggio evangelico identificato nell'impegno al dialogo tra i popoli e le religioni, nella ricerca del benessere e del progresso, nell'esortazione a rispettare la natura.
La Chiesa del Dio vivente, colonna e fondamento della verità (cfr. 1 Tm 3,15), scambiata per un'organizzazione benefica, estetica, socializzatrice: questa è l'insidia mortale che oggi va profilandosi per la famiglia dei redenti dal sangue di Cristo.
(Non sono forse i tempi che stiamo vivendo con questo papa? Cfr. QUI, QUI, e QUI, dove si possono trovare anche tutti i link che lo riguardano; ndr).
Gesù Cristo, il Figlio di Dio crocifisso e risorto, unico Salvatore dell'uomo, non è «traducibile» in una serie di buoni progetti e di buone ispirazioni, omologabili con la mentalità mondana dominante.
Gesù Cristo è una «pietra», come egli ha detto di sé: e su questa «pietra», o affidandosi si costruisce, o ci si va ad inzuccare: «Chi cadrà su questa pietra sarà sfracellato; e qualora essa cada su qualcuno, lo stritolerà» ( Mt 21,44).
È indubitabile che il cristianesimo sia prima di ogni altra cosa «avvenimento»; ma è altrettanto vero che una simile «svolta» epocale propone e sostiene dei «valori» irrinunciabili.
Non si può, per amore di dialogo, sciogliere il fatto cristiano in una serie di concetti condivisibili dai più; ma non si può neppure disistimare i valori autentici, quasi fossero qualcosa di trascurabile. Occorre dunque il discernimento.
‒ Ci sono dei valori assoluti (o, come dicono i filosofi, trascendentali): questi sono, ad esempio, il Vero, il Bene, il Bello. Chi li ricerca, li onora e li ama, percepisce, onora, ama Gesù Cristo, anche se non lo sa e magari si crede anche ateo, perché nell'essere profondo delle cose Cristo è la Verità, la Giustizia, la Bellezza.
‒ Ci sono valori relativi (o categoriali), come il culto della solidarietà, l'amore per la pace, il rispetto per la natura, l'atteggiamento di dialogo ecc. Questi meritano un giudizio più articolato, che preservi la riflessione da ogni ambiguità.
Solidarietà, pace, natura, dialogo possono diventare nel non cristiano le occasioni concrete di un approccio iniziale e informale a Cristo e al suo mistero.
Ma se nella sua attenzione essi si assolutizzano fino a svellersi del tutto dalla loro oggettiva radice o, peggio, fino a contrapporsi all'annuncio Vero del Cristo, allora diventano istigazioni all'idolatria ed ostacoli sulla strada della salvezza.
Allo stesso modo, nel cristiano, questi stessi valori ‒ solidarietà, pace, natura, dialogo‒ possono offrire preziosi impulsi all'inveramento (al realizzarsi; ndr) di una totale e appassionata adesione a Gesù, Signore dell'universo e della storia; è, per esempio, il caso di san Francesco d'Assisi.
Ma se lo stesso, per amore di apertura al mondo e di buon vicinato con tutti, quasi senza avvedersene stempera sostanzialmente la giusta Via Cristica nell'esaltazione e nel conseguimento di tali traguardi secondari, allora egli si preclude la connessione personale col Figlio di Dio crocifisso e risorto, consuma a poco a poco il peccato di apostasia, si ritrova alla fine dalla parte dell'Anticristo.
"La Predicazione dell'Anticristo" di Luca Signorelli |
Ebbene, a me pare che anche e soprattutto oggi siamo alle prese con la cultura della pura e semplice «apertura», della libertà senza contenuti, del niente esistenziale.Questa è la più grande tragedia del nostro tempo.
Ma la tragedia diventa ancor più immane quando a questo «niente», a questa sorta di «aperture», si attribuisce per amore di dialogo qualche ingannevole etichetta cristica.
Fuori di Cristo ‒ persona concreta, realtà viva, avvenimento ‒ c'è solo il «vuoto» dell'uomo e la sua disperazione. In Cristo, che è il «pleroma» del Padre, l'uomo trova la sua pienezza e la sua sola speranza.
Card. Giacomo Biffi
Relazione, adattamento e cura: Sebirblu.blogspot.it
Fonte: santiebeati.it
Sebirblu, 24 aprile 2018
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