La Chiesa ha bisogno di Santi non di teologi. Guai se i Santi non ci fossero più, sventurata quella Chiesa che non sappia più coltivarne preghiamo Dio che ci doni dei Santi e che ci faccia Santi liberati dal fardello dell’io
di Francesco Lamendola
Cercasi Santi disperatamente. Potremo riassumere così l’emergenza, sempre più drammatica, che sta vivendo la Chiesa cattolica in questa fase storica.
La Chiesa può fare a meno, almeno per un certo periodo, di studiosi, di biblisti, di filologi, di eruditi, e soprattutto di teologi: i quali, se non sono ispirati dalla retta fede, servono solo a mettere le anime in confusione e a portare lo scompiglio nella Chiesa stessa, divenendo pietre d’inciampo anziché elementi di coesione. Se, poi, si tratta di “teologi” come Enzo Bianchi, assertori di una religiosità di tipo gnostico, tendente al panteismo e all’ateismo, non averli, per la Chiesa, sarebbe più che un vantaggio: una necessità, perché a causa loro l’irreligiosità pratica si sta diffondendo sempre più negli ambienti cattolici.
Dopo gli eruditi e i teologi, la Chiesa può anche fare a meno dei faccendieri, degli intrallazzatori e soprattutto dei banchieri, questa mala razza di lupi travestiti da agnelli, i quali belano, lamentosamente: Eppure la Chiesa ha bisogno di noi! Perché ce l’hanno tutti con noi? Noi facciamo solo gli interessi della Chiesa, bisogna pure che qualcuno faccia il nostro lavoro! Così diceva, facendo la vittima, il non mai abbastanza esecrato cardinale Paul Marcinkus, l’uomo dello I.O.R., negli anni in cui la sua spregiudicatezza condusse la Sposa di Cristo a intessere rapporti inconfessabili con i peggiori elementi della finanza, con massoni e mafiosi che agivano come dei veri e propri criminali, pronti a consumare qualsiasi delitto per raggiungere i loro sordidi scopi, e lui non era molto migliore di loro, a parte la veste sacerdotale che indegnamente indossava. Ma quei tempi sono veramente finiti, sono davvero appartenenti al passato? Del resto, lo spirito di avidità, di usura, di profitto, che ha generato uomini come Marcinkus, non si è spento per nulla: è stato anzi coltivato come una pianta rigogliosa all’ombra dei palazzi vaticani, e ora è più fiorente che mai, con l’aggravante di una estrema ipocrisia e una capacità di dissimulazione che ha del demoniaco. Che dire, per esempio, di quel tale cardinale Oscar Rodriguez Maradiaga, uomo di fiducia di Bergoglio, il quale, in nome della tante volte sbandierata “chiesa dei poveri”, intascava uno stipendio da 35.000 euro al mese?
E dopo i teologi fasulli e i banchieri senza scrupoli, la Chiesa può tranquillamente fare a meno, anzi, dovrebbe senz’altro farne a meno,dei giornalisti cortigiani, laici ed ecclesiastici, in tutte le loro specialità e varianti, dai direttori di giornale che alzano la bandiera del pontefice di turno, del tutto incuranti della continuità del Magistero e della perennità e immutabilità della Parola di Cristo, ai singoli giornalisti che inondano le colonne delle riviste e le vetrine delle librerie ”cattoliche” (fra virgolette) con i loro sproloqui modernisti e con i più abietti panegirici del vertice che al momento si è insediato, con l’aria di volerci restare in eterno e con la pretesa, di per sé eretica e blasfema, di “cambiare tutto”, in una frenesia di rinnovamento che è solo la maschera di una feroce volontà di autodemolizione, di deliberata distruzione della propria tradizione e della propria identità, di sistematica adulterazione dell’eterno Vangelo di Gesù, che non muta per il mutare dei tempi e al quale gli uomini devono conformarsi, e non già pretendere di adattarlo a sé. Di giornalisti come Marco Tarquinio, o come Andrea Tornielli, la Chiesa può ben fare a meno: essi hanno fatto la loro scelta, quella di puntare tutto sul papa, su questo papa, e non su Cristo; sul papa anziché su Cristo; sul papa e contro Cristo: i loro atti li giudicano. Per costoro, non esistono altre voci autorevoli che quella del papa, e quelle di coloro che il papa decide d’innalzare al rango di profeti: i don Milani, gl’irrequieti, gli scontenti, i ribelli, gl’impertinenti, i confusionari, i narcisisti, gli egocentrici, i velleitari, i contestatori.
La Chiesa non ha bisogno di cattivi teologi, non ha bisogno di questa pletora di giornalisti cortigiani, banchieri e intralazzatori; di questa mala razza, che sono solo lupi travestiti da agnelli.
Vedere sempre la foto di Bergoglio in copertina, sentir citare sempre le sue parole, specialmente dai sacerdoti meno fedeli alla Chiesa, dai vescovi più incuranti della dottrina e della Tradizione, quelli – per intenderci – che non vogliono neanche sentir parlare di esorcisti nelle loro diocesi, quelli che concordano con padre Sosa quando afferma che il diavolo non esiste, e con Bergoglio quando dice che neppure l’inferno esiste; quelli che hanno parlano poco e niente della Vergine Maria e dei Santi, perché in fondo ne hanno fastidio, dato che si sentono assai più vicini alla dottrina protestante; quelli che hanno in bocca sempre e solo i “poveri”, ma quei poveri, guarda caso, sono sempre e solo i “migranti”, che poi non sono migranti e neanche poveri, tanto meno profughi, sono invasori africani ed islamici dal reddito medio-alto (nei loro Paesi di provenienza); quelli che amano definirsi “vescovi di strada” e benedicono le unioni gay, e organizzano corsi di “accompagnamento” per fidanzati gay (accompagnamento verso cosa, per fare cosa?), restano muti come pesci mentre negli ospedali di tutto il mondo si pratica apertamente l’eutanasia, e più muti ancora se si sfiora l’argomento“aborto”: ebbene, anche di simili giornalisti e di simili vescovi, che son degni gli uni degli altri, la Chiesa può fare benissimo a meno, anzi, facendone a meno ne avrebbe un immenso giovamento. La loro presenza è malefica, inquina l’atmosfera, ammorba il clima spirituale, annebbia le intelligenze, confonde le anime, mescola il bene con il male, sovverte ogni certezza, capovolge non solo la legge di Dio, ma anche la stessa legge naturale. Si pensi al cardinale arcivescovo di Bruxelles, De Kesel, il quale incontra i militanti delle organizzazioni LGBT e dà loro ragione su tutta la linea, dice che la Chiesa dovrebbe riconoscere la legittimità degli atti contro natura e che dovrebbe istituire una forma di riconoscimento apposta per le coppie omofile; forse che il gregge di Cristo ha bisogno di simili “pastori”?
E forse che la Chiesa ha bisogno di questa pletora di giornalisti cortigiani, i quali non spendono una parola, non diciamo di biasimo, ma neppure di ragionevole e legittimo dubbio, di fronte a simili atti, a simili discorsi? Salvo poi scatenarsi contro il malcapitato di turno, laico od ecclesiastico, al quale venga estorta, con l’inganno, una frase un po’ imprudente, o che isolata dal contesto, possa essere strumentalizzata per farlo passare come omofobo, come razzista, come antisemita, nonché – per adoperare il fiorito e sempre più ricco vocabolario bergogliano – come rigido, signor piagnisteo, gnostico, pelagiano, chiuso, fissista, faccia da funerale, o perfino, horribile dictu, clericale, che poi è l’insulto peggiore di tutti. E forse che la Chiesa ha bisogno di giornalisti comemonsignor Viganò, autore di una spudorata falsificazione mediatica, tale da stroncare la carriera di chiunque altro fosse incorso in un simile incidente, ma da cui è uscito a testa alta, ed è stato rimesso dal papa in persona in una posizione perfettamente analoga a quella che occupava prima, vale a dire al vertice di tutto il sistema delle comunicazioni vaticane: il tutto senza una parola di scusa verso la vittima diretta della sua manipolazione, Benedetto XVI, né verso i lettori, da lui bellamente ingannati, con una spudoratezza quale si credeva appartenesse solo ad epoche lontane, ma non certo al presente. Dei Viganò, ecco, la Chiesa potrebbe fare benissimo a meno: farebbero fare brutta figura a una qualsiasi istituzione di questo mondo, figuriamoci alla Sposa di Cristo.
Guai se i Santi non ci fossero più, sventurata quella Chiesa che non sappia più coltivarne: preghiamo Dio che ci doni dei Santi e che ci faccia Santi, liberati dal fardello dell’io
Un’altra categoria di cui la Chiesa può privarsi senza danno, anzi con indubbio vantaggio, è quella dei corrotti, dei lussuriosi, dei pervertiti: quella dei festini a base di droga e sesso gay nei palazzi vaticani; quella dei segretari dei cardinali che si fanno beccare in flagranza di reato dalla polizia; quella dei sacerdoti e dei monsignori pedofili e protettori, a loro volta, di sacerdoti pedofili; e quella, peggio ancora, dei prelati con il vizietto dell’occultismo, del satanismo, dei riti diabolici, collusa e infiltrata dalla massoneria ecclesiastica, e ben decisa a portare la Sposa di Cristo il più lontano possibile dal suo divino Sposo, dietro tante belle parole e formule suadenti che parlano di dialogo, di apertura, di comprensione dei tempi nuovi, di ”autentica” carità e misericordia verso gli altri, verso i non cattolici, di concordanza fra tutti gli uomini di “buona volontà” (figuriamoci!). E qui viene in mente, per esempio, lo scandaloso, osceno affresco fatto eseguire dall’allora vescovo di Terni, Vincenzo Paglia, attuale Presidente della Pontificia Accademia per la Vita: opera che è tutta una celebrazione dei peccatori impenitenti e una profanazione della Persona stessa di Cristo, e che deve aver contribuito a mandare paurosamente in rosso i conti della diocesi, se è vero, come è vero, che Paglia ha lasciato dietro di sé, quella volta, una voragine finanziaria che qualcun altro ha poi dovuto ripianare. E, a proposito: qualcuno ha sentito la voce del Presidente della Pontificia Accademia per la Vita, mentre milioni e milioni di cattolici erano in ansia e in pena per il piccolo Alfie Evans, di Liverpool, condannato a morte, in Inghilterra, da una lobby di medici e di giudici massoni e assertori della nuova “cultura” dei diritti civili, che sono guarda, caso, il diritto di abortire, il diritto di lasciar morire i malati, il diritto di drogarsi a piacimento, il diritto di celebrare le unioni contro natura, il diritto di affittare il proprio utero a clienti danarosi e sodomiti, e mai diritti a favore della vita?
Ma chi è il Santo?
Di che cosa ha bisogno, dunque, la Chiesa, se non di Santi, semplicemente di Santi, meravigliosamente di Santi: di uomini e donne umili, pazienti, silenziosi, spirituali, coerenti, capaci di trascinare anche gli altri verso le altezze, verso l’amore e il timor di Dio, verso una vita più pulita, più degna, meno impastata di materialismo, meno intrisa dai vizi: di Santi come ce n’erano tanti fino a qualche tempo fa, come il Curato d’Ars, come Padre Pio, come Teresina di Lisieux, come cento e cento altri, anche bambini e bambine, che qui non è possibile ricordare, neanche solo in piccolissima parte.
La Chiesa ha bisogno di Santi, non di teologi
di Francesco Lamendola
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