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mercoledì 6 giugno 2018

Chi non è d’accordo, può andarsene

TOMISMO E PENSIERO CATTOLICO



Come il pensiero cattolico è diventato non cattolico. Fabro, Gilson, Del Noce: profeti inascoltati ? tutto nasce da un peccato di superbia intellettuale: dalla pretesa che l'uomo oggi sia troppo evoluto per potersi fare piccolo 
di Francesco Lamendola  

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Se le cose, a questo mondo, andassero come sarebbe giusto, logico e naturale che vadano, allora un pubblico piuttosto vasto, almeno fra i cattolici, conoscerebbe il nome e l'opera di Étienne Gilson (Parigi, 13 giugno 1884-Auxerre, 19 settembre 1978), così come quelli di Cornelio Fabro (Talmassons, Udine, 24 agosto 1911-Roma, 4 maggio 1995); e ciò per la buona ragione che sono stati due notevoli rappresentanti del pensiero teologico cristiano d’indirizzo neotomista. Ora, quel che sarebbe giusto, logico è naturale è che la teologia tomista continui ad essere considerata, come lo è stata per secoli e secoli, la colonna portante delle teologia cattolica, ammirata, studiata, insegnata nei seminari e nelle facoltà teologiche, considerata come un punto di riferimento imprescindibile per qualunque sacerdote cattolico. Il papa Leone XIII, quello della Rerum novarum (non un oscurantista, dunque) ne era così convinto che scrisse un’enciclica, Aeterni Patris, del 4 agosto 1879, per dichiarare il tomismo come la vera dottrina dei cattolici e per ordinarne l’insegnamento per la formazione del clero, cosa che suscitò un certo dibattito ma che, nel complesso, venne disciplinatamente accettata. Si tenga ben presente una cosa: il pensiero di san Tommaso è un pensiero eminentemente realista. 

Il doctor angelicus era solito iniziare le sue lezioni ponendo una mela sulla cattedra e dicendo agli studenti: Questa è una mela. Chi non è d’accordo, può andarsene. Ciò significa che gli indirizzi di pensiero non realistici, e in particolare l’idealismo, sono assolutamente incompatibili col tomismo; e, se il tomismo è la dottrina “vera” della Chiesa, l’idealismo, per la proprietà transitiva, è inconciliabile con il cattolicesimo. Da allora, essendo le encicliche l’espressione più solenne del Magistero, nessuno aveva mai posto in discussione il fatto che il tomismo fosse la “vera” teologia cattolica, tanto più che Leone XIII aveva semplicemente dato espressione ufficiale ad una convinzione che esisteva da moltissimo tempo nella Chiesa, e cioè che la filosofia di san Tommaso d’Aquino fosse lo strumento di lavoro indispensabile per qualsiasi teologo cattolico.

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Cornelio Fabro (Talmassons, Udine, 24 agosto 1911-Roma, 4 maggio 1995)

Leone XIII era consapevole, e preoccupato, per il diffondersi di molteplici tendenze filosofiche all'interno della cultura cattolica e intendeva porre un argine alla possibilità di errori e fraintendimenti dottrinali. Perciò, pur non escludendo, in linea di principio, che vi fossero altre filosofie in grado di condurre verso la piena padronanza della verità ultima (per quanto umanamente possibile con lo strumento della ragione), individuava in quella di san Tommaso d'Aquino la più sicura e la più perfetta, quella che doveva essere insegnata nei seminari e nelle facoltà teologiche affinché il clero ricevesse una preparazione dottrinale assolutamente sicura e conforme al Magistero della Chiesa. Scriveva infatti, nella Aeterni Patris:
Se qualcuno medita sull’acerbità dei nostri tempi e comprende bene la ragione di ciò che in pubblico e in privato si va operando, scoprirà certamente che la vera causa dei mali che ci affliggono e di quelli che ci sovrastano è riposta nelle prave dottrine, che intorno alle cose divine ed umane uscirono dapprima dalle scuole dei filosofi, e si insinuarono poi in tutti gli ordini della società, accolte con il generale consenso di moltissimi. Infatti, essendo insito da natura nell’uomo che egli nell’operare segua la ragione, se l’intelletto pecca in qualche cosa, facilmente fallisce anche la volontà; così accade che le erronee opinioni, le quali hanno sede nell’intelletto, influiscano nelle azioni umane e le pervertano. Al contrario, se la mente degli uomini sarà sana e poggerà sopra solidi e veri principi, allora frutterà sicuramente larga copia di benefici a vantaggio pubblico e privato. […]
Innanzi tutto la filosofia: se dai sapienti viene usata rettamente, serve in certo qual modo a spianare ed a rafforzare la via alla vera fede, e ad apparecchiare convenientemente gli animi dei suoi discepoli a ricevere la rivelazione; onde, non senza ragione, fu detta dagli antichi, ora "istituzione preparatoria alla fede cristiana", ora "preludio ed aiuto del cristianesimo", ora, "guida al Vangelo". […]
Noi dunque, mentre dichiariamo che si deve accogliere con aperto e grato animo tutto ciò che sapientemente è stato detto e che è stato inventato ed escogitato utilmente da chicchessia, esortiamo Voi tutti, Venerabili Fratelli, a rimettere in uso la sacra dottrina di San Tommaso e a propagarla il più largamente possibile, a tutela e ad onore della fede cattolica, per il bene della società, e ad incremento di tutte le scienze. Diciamo la dottrina di San Tommaso. Infatti, se qualche cosa fu cercata dagli Scolastici con eccessiva semplicità o insegnata con poca ponderazione; se ve n’è qualche altra che non si accordi pienamente con gl’insegnamenti certi dei tempi più recenti, o infine se ve n’è qualcuna che in qualunque modo non merita di essere accettata, non intendiamo che sia proposta all’età presente, perché la segua.
Per il resto, i maestri scelti da Voi con saggio discernimento cerchino di far penetrare negli animi dei discepoli la dottrina di San Tommaso d’Aquino, e mettano in luce lo spessore e l’eccellenza di essa a preferenza di tutte le altre. Le Accademie da Voi fondate o che si fonderanno la illustrino e la difendano, e se ne valgano per confutare gli errori correnti. Affinché poi non si abbia ad attingere la dottrina supposta invece della genuina, né la corrotta invece della pura, fate in modo che la sapienza di San Tommaso sia prelevata dalle sue proprie fonti, o per lo meno da quei rivi che, usciti dallo stesso fonte, scorrono ancora puri e limpidissimi, secondo il sicuro e concorde giudizio dei dotti. Da quei ruscelli, poi, che pur si dicono sgorgati di là, ma di fatto crebbero da acque estranee e per niente salubri, procurate di tener lontani gli animi dei giovani.

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Roncalli e Montini i papi del grande "tranello"?
Il punto di svolta è stato il Concilio Vaticano II, largamente dominato dai teologi d’indirizzo anti-tomista: seguaci e ammiratori di filosofi non cattolici, bensì protestanti, e spesso neppure cristiani.

La raccomandazione di Leone XIII è stata recepita nei seminari cattolici e nelle facoltà teologiche e la dottrina tomista è stata insegnata, per anni e per decenni, come quella più sicura e più conforme alla dottrina della Chiesa; o, comunque, non vi è mai stata una aperta opposizione o un'esplicita ripulsa di tale insegnamento. Questo, almeno, fino a un certo punto. E il punto di svolta e di contestazione- non era difficile immaginarlo - è stato il Concilio Vaticano II. Quest’ultimo è stato largamente dominato dai teologi, pur essendosi presentato come un concilio puramente pastorale (cosa di per sé insolita, per non dire inaudita: mai un concilio ecumenico era stato convocato, nel’arco di duemila anni, per delle ragioni meramente pastorali; mai nessuno aveva pensato che ragioni pastorali giustificassero la convocazione di un concilio ecumenico), nel senso che ai teologi è stato accordato un potere di influenzare i lavori delle varie commissioni, quale nessuno aveva mai visto prima. Ebbene, i teologi la cui presenza risultò determinante per l’orientamento dei lavori conciliari erano tutti, guarda caso, d’indirizzo non tomista, anzi, per dir le cose chiaramente, d’indirizzo anti-tomista: erano, cioè, in contrasto con la tendenza largamente diffusa nelle facoltà teologiche e nei seminari, perché erano seguaci e ammiratori di filosofi non cattolici, bensì protestanti, e spesso neppure cristiani, i cui sistemi speculativi  e il cui modo di ragionare non avevano mai avuto alcun contatto con la cultura cattolica. E ciò per la buona ragione che si trattava di sistemi e di modi di pensare che erano, e sono, assolutamente incompatibili con la dottrina cattolica e con tutta la concezione cattolica del reale, e con quella del pensiero medesimo. Lo stesso Paolo VI se n’era perfettamente reso conto, e aveva lanciato – tardivamente – l’allarme, dicendo: Un pensiero non cattolico è entrato nella Chiesa cattolica. E questo lo disse nel corso di un colloquio con il filosofo Jean Guitton, l’8 settembre del 1977, al quale disse pure: C’è un grande turbamento dentro la Chiesa, oggi, e quel che è in questione è la fede

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Étienne Gilson (Parigi, 13 giugno 1884-Auxerre, 19 settembre 1978)


Come il pensiero cattolico è diventato non cattolico

di Francesco Lamendola
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