Quale fedele Sposa di Cristo: la chiesa odierna aiuta la fede o la distrugge? Il "senso di impotenza" e frustrazione di tanti cattolici e uomini di Dio di fronte a una chiesa che sta tralignando completamente dalla sua missione
di Francesco Lamendola
I neopreti e tutti i neocattolici dovranno rendere conto anche di questo: di
aver condotto alla solitudine e allo sconforto, e perfino di aver fatto
sì che si allontanassero da Dio, moltissimi buoni cristiani,
riempiendo la loro vita di tristezza, il che fa parte dell’ordine
naturale, e mettendo in pericolo mortale le loro anime, il che attiene
all’ordine soprannaturale e si configura come un vero e proprio peccato
contro lo Spirito Santo.
Di
questi cristiani isolati, amareggiati, disprezzati (sì, disprezzati:
perché nessuno sa disprezzare più “cordialmente” dei cattolici
progressisti, quegli stessi che hanno sempre in bocca l’apertura, il
dialogo, il confronto e l’accoglienza verso tutti, purché appartengano
ad altre confessioni e ad altre religioni) ce ne sono assai più che non
si creda. Certo, probabilmente sono una minoranza, perché l’impressione è che la grande maggioranza dei cattolici non si sia resa affatto conto di quel che sta accadendo nella Chiesa:
il movimento verso l’apostasia generale è stato così abilmente
dissimulato, almeno fino a pochi anni fa, e così scrupolosamente
sincronizzato, da risultare quasi impercettibile, beninteso per quei
credenti che sono abituati a lasciarsi portare dalla corrente, che non
vivono la fede in profondità e non coltivano neanche un minimo
d’istruzione religiosa; perché, diversamente, ciò che è accaduto a
partire dal Concilio Vaticano II, cioè lo smottamento progressivo, non
solo della liturgia e della pastorale, ma della dottrina stessa, verso
posizioni sempre più decisamente non cattoliche, sarebbe apparso
evidente anche ai meno avveduti e ai meno colti e informati. Però, senza
dubbio, sono tanti. Impossibile fare una stima: tuttavia, se i
cattolici nel mondo sono oggi, in totale, 1 miliardo e 285 milioni (così
dicono le cifre ufficiali), non crediamo di andare lontano dal vero
affermando che si tratta non di migliaia, ma di milioni di persone.
Peraltro, non ci sembra giusto rimanere dentro una logica di tipo
quantitativo: se anche una sola anima fosse stata spinta alla
disperazione e alla lontananza da Dio a causa di atti e comportamenti
della Chiesa, sarebbe comunque uno scandalo enorme, e
tutto il clero e il popolo dei fedeli dovrebbero interrogarsi, perché di
quell’anima, del suo destino eterno, verrà chiesto conto a tutti
quanti, nessuno escluso. Ciascuno dovrà rispondere della propria fede,
della propria coerenza, della propria linearità; ciascuno dovrà
giustificarsi. E nessuno potrà fare spallucce e rispondere a Dio: Sono forse il custode di mio fratello?,
perché il cristianesimo è tutto qui, nella solidarietà degli uomini fra
di loro e davanti a Dio; e chi non ha capito questo, o non ha saputo
fare questo, e non si è neppure accorto di non averlo fatto, non è degno
di chiamarsi cristiano, ma usurpa quel nome indegnamente, e aggiunge un
ulteriore fardello a quello delle proprie colpe.
Conosciamo
un santo sacerdote, non più giovane, che vive in un villaggio d’alta
montagna, isolatissimo, a due passi dal cielo, in una casa piena di
libri. Entrato in seminario per autentica vocazione, ci è rimasto
nonostante vi abbia trovato insegnanti e programmi completamente diversi
da quelli che si aspettava, e tali, per dirla tutta, da scoraggiare
piuttosto che rafforzare la sua decisione. Essendo cresciuto in una
famiglia molto religiosa, e avendo avuto l’esempio del suo sacerdote,
aveva concepito l’idea di farsi ministro di Dio per servire il Vangelo,
ma si era trovato in pieno clima di ”svolta conciliare”. I canti
gregoriani, tanto cari alla sua infanzia, erano stati proibiti, come
ogni altra forma di canto liturgico in latino; in compenso, in seminario
si cantavano le canzoni di Bob Dylan. In tutto il suo corso di studi,
non ha avuto la possibilità di fare un solo corso sulla filosofia di san Tommaso d’Aquino,
come si era aspettato, ma la sua formazione comprendeva, in compenso,
un corso sull’ateismo. Così pure, era rimasto sconcertato e amareggiato
nel vedere che, per la festa di Carnevale, i seminaristi, incoraggiati
dai loro superiori, avevano tirato fuori l’abito talare e se erano
abbigliati, adoperandolo come un costume mascherato; lui, infatti,
sapendo che quello era stato, fino a pochissimi anni prima l’abito
“normale” di tutti i sacerdoti, e che per alcuni, compreso quello del
suo paese, lo era ancora, aveva trovato tale esibizione di pessimo
gusto, come se si fosse voluto irridere e degradare ciò che, nella
liturgia, era stato sacro fino a ieri, ma che adesso doveva essere
totalmente abolito e rimosso. Queste cose lo avevano fatto riflettere,
ma non erano state sufficienti a piegare la sua vocazione. Dopo aver
fatto il cappellano in diversi paesi, era stato rimandato a casa, con la
promessa di ricevere la nomina a parroco: la sta ancora aspettando,
dopo 16 anni, ed è ormai chiaro che non arriverà più. La ragione? Non ha
mai nascosto di voler restare fedele alla Chiesa della sua infanzia, la
Chiesa di sempre, e di non essere disposto a piegarsi, per conformismo e
interesse, agli stravolgimenti del post Concilio. Un giorno il suo
vescovo ha visto che nella chiesetta del suo paese, dove egli dice la
santa Messa per pochissime persone, non c’è l’altare rivolto verso
l’assemblea, ma solo il “vecchio” altare pre-conciliare, quello
appoggiato alla parete, con il tabernacolo del Santissimo (fra
parentesi, un capolavoro di scultura lignea del XVII secolo), e glie ne
ha chiesto ragione; lui ha risposto che il vero pastore guida le
pecorelle in avanti, e quindi è logico che volti loro le spalle, perché
la meta è davanti, e in alto, e non altrove. Da quel momento, la
promessa promozione a parroco è rimasta congelata a tempo indeterminato.
Pare che in curia non abbiano bisogno di lui, né di preti come lui,
nonostante la crisi irreversibile delle vocazioni (numero degli studenti
presenti in quel seminario, che erano circa 80 al tempo della sua
formazione: zero virgola zero, seminario chiuso per totale assenza
d’iscrizioni). E non solo questo santo prete vive da solo, senza quasi
contatti con il mondo esterno (visto che non guida neppure
l’automobile), ma deve anche fare i conti con la frustrazione,
l’amarezza, il senso di impotenza di fronte a una Chiesa che sta tralignando completamente dalla sua missione. Il vescovo ha avuto anche la sfacciataggine di chiedergli di avanzare la richiesta di sospensione a divinis,
come se il desiderio di lasciare l’abito sacerdotale partisse da lui.
Ha rifiutato con sdegno: se c’è qualcuno che dovrebbe lasciare la
Chiesa, ha pensato, e forse lo ha anche detto, è chi non vuole più
servirla secondo la Tradizione.
Il
senso di impotenza e frustrazione di tanti cattolici e uomini di Dio di
fronte a una chiesa che sta tralignando completamente dalla sua
missione.
La
situazione di questo sacerdote somiglia a quella di altri sacerdoti e
anche di parecchi laici, compresi molti che sono ancora più giovani e
che, quindi, non hanno mai conosciuto la Chiesa di prima del Concilio, e
che nondimeno, da soli, semplicemente ragionando con la loro testa e
confrontando quel che oggi accade nella Chiesa con quel che la Chiesa
dovrebbe essere, se fosse la fedele Sposa di Cristo,
sono arrivati alle stesse conclusioni. Conosciamo parecchie persone che
si trovano in una tale situazione, con questo stato d’animo, e che
stanno vivendo un vero e proprio dramma di coscienza. Alcune ci
contattano per avere un consiglio. Un lettore, che non abbiamo mai
conosciuto di persona, ci ha mandato questa mail, dalla quale togliamo
solo poche parti riguardanti la nostra attività di scrittore (che qui
non interessa) e, naturalmente, il nome dell’autore; per tutto il resto,
la lettera è assolutamente autentica, e non ne abbiamo cambiato una
sola virgola.
La chiesa odierna aiuta la fede o la distrugge?
di Francesco Lamendola
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