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mercoledì 6 giugno 2018

Il primo dei teologi modernisti

ORIGINE DELLA DERIVA TEOLOGICA



La sceneggiata del cristianesimo adulto: la deriva teologica nasce dall’errore antropologico, che è una scelta di semplice e banale comodità. Le colpe del mal seme dell’idea luterana che ha infettato tutto il corpo della Chiesa 
di Francesco Lamendola  

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Non ci stancheremo di dirlo: l’attuale deriva teologica, che sta ingenerando una confusione senza precedenti nella vita della Chiesa, sia a livello liturgico e pastorale, sia anche a livello dottrinale, parte fondamentalmente da un errore antropologico. È perché i teologi del Concilio e del post Concilio si sono gravemente ingannati riguardo alla natura umana, che nella Chiesa si è diffusa una confusione mai vista anche su questioni sostanziali riguardanti la dottrina, dall’indissolubilità del matrimonio, alla ricezione della santa Eucarestia, al peccato impuro contro natura, allo stesso concetto di eutanasia. Abbiamo più volte indicato in Karl Rahner, e, in minor misura, in Jacques Maritain, i grandi responsabili di questo processo degenerativo, che parte con il Concilio Vaticano II; e abbiamo più volte affermato e discusso in che modo la cosiddetta “svolta antropologica” altro non è stata che un modo di reintrodurre l’eresia modernista, più aggressiva e virulenta di quando si era affacciata la prima volta, al principio del secolo XX, ed era stata energicamente fronteggiata da san Pio X, che ne aveva fatto un’analisi esaustiva e, per molti aspetti, ancora attuale, con l’enciclica Pascendi Dominci Gregis, nel 1907. 

Ma né Karl Rahner, né le filosofie anticristiane di Kant, Hegel ed Heidegger, né il Nuovo catechismo olandese, né Hans Küng, Edvard Schillebeeckx e Walter Kasper avrebbero potuto fare, da soli, i danni che effettivamente hanno causato alla Chiesa, perché, a ben guardare, tutti costoro, più che le cause, sono stati l’effetto di un fenomeno assai più vasto e assai più profondo delle loro (modeste) persone. E la stessa cosa si può dire per tutti quei preti che, dal basso, come don Lorenzo Milani, hanno fatto del loro meglio, o del loro peggio, per introdurre nella pastorale della Chiesa elementi non cattolici, bensì marxisti, soprattutto di critica sociale, snaturando la stessa essenza della Rivelazione cristiana e spostandola su di un terreno che non è il suo, perché non ha più nulla di spirituale e di mistico; e così pure quei vescovi e cardinali che, dall’alto, hanno fatto la stessa cosa, ma in maniera più abile e, in apparenza, più “colta”, come il cardinal Carlo Maria Martini, il grande amico dei massoni e di tutti i cattolici irrequieti, scontenti, protestatari, perché, a loro giudizio, la Chiesa continuava ad essere troppo chiusa, retrograda e oscurantista: per dirla col Martini, in ritardo di 200 anni. Cioè, facendo due conti, non aggiornata sulle splendide novità della Rivoluzione francese e della cultura liberaldemocratica, neoilluminista e materialista del XIX secolo. Karl Rahner e gli altri teologi, e così don Milani, e Carlo Martini, e tutti i “novatori” che, a partire dal Concilio, e qualcuno anche prima di esso, hanno cominciato a smaniare per spingere la Chiesa nella direzione da loro voluta, e i cento episodi di ribellione contro l’autorità, dall’Isolotto fiorentino ai preti del Movimento Friuli che contestavano il loro pastore, tutti costoro sono figli di un errore fondamentale: il giudizio errato sulla condizione umana; errore che è divenuto anche un errore teologico, perché ha scosso dalle sue basi la relazione del credente con Dio e ha finito per snaturare l’idea stessa di Dio. La deriva dottrinale è incominciata da lì e prosegue tuttora, perché i cattolici, a un certo punto, il clero come i laici, e l’alto clero come il basso clero, hanno manifestato una crescente insofferenza verso l’idea dell’uomo che fin dalle origini della Chiesa, e per millenovecento anni, era stata custodita dalla dottrina cattolica.
Nella concezione cattolica, la natura umana è stata ferita in maniera gravissima, anche se non irreparabile, dalle conseguenze del Peccato originale. A causa di esso, la concupiscenza ha preso il sopravvento e, con essa, una naturale inclinazione verso il male, piuttosto che verso il bene. Una inclinazione e non un destino: il libero arbitrio, checché ne dica Lutero, rimane intatto; ma la scelta del bene si è fatta enormemente più difficile e, in pratica, nessun uomo riesce ad essere giusto dinanzi a Dio, senza il suo aiuto. Il senso dell’Incarnazione è tutto qui: Rimanete nel mio amore, dice Gesù Cristo ai suoi discepoli, perché senza di me, voi non potete fare niente. Non dice: voi potete fare poco; ma dice: voi non potete fare niente, per cui il concetto è chiarissimo. Senza Dio, nessun uomo è giusto, e nessuno, pertanto, si può salvare con le proprie forze. La conclusione dovrebbe essere ovvia, e in effetti lo è stata per millenovecento anni: bisogna che l’uomo si tenga più che mai unito a Dio; e la Chiesa a questo serve, ad aiutare le anime a restare unite all’amore di Dio, per mezzo dei Sacramenti, dispensatori della vita soprannaturale. Ma poi è venuto Lutero, più pessimista dei cattolici riguardo al libero arbitrio, ma, paradossalmente, più ottimista quanto ai mezzi per ottenere la fede: la libera interpretazione delle Scritture nasce da una fiducia nelle risorse umane che non ha spiegazioni, alla luce della sua dottrina del servo arbitrio. Comunque sia, il mal seme dell’idea luterana che gli uomini possono arrivare a Dio senza bisogno di alcuna mediazione, da se stessi, e che quindi la Chiesa è, quanto alla fede, sostanzialmente inutile, si è depositata ed è fermentata lentamente, lentissimamente. Poi, dopo oltre quattro secoli, la Chiesa cattolica tedesca ha cominciato ad essere infettata da questa idea, mutuata dalla vicinanza con i protestanti; e, a sua volta, ha cominciato a diffondere l’eresia in tutto il corpo della Chiesa cattolica. Non può essere considerato un caso che il 90% dei novatori, al Concilio, fossero teologi e vescovi dell’area tedesca. Per mezzo di loro si è fatta strada una ripresa dell’idea luterana, o cripto-luterana, che chiunque può arrivare a Dio, con la sola Bibbia e con la sola fede; che chiunque è il sacerdote di se stesso. E ciò nasce da una sopravvalutazione dell’uomo, non da una sua sottovalutazione: cosa contraddittoria, vista la dottrina del servo arbitrio, e tuttavia evidente ed innegabile.

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Stravolta la "Verità divina": la resa ai luterani del Cattolicesimo per firma del gesuita Bergoglio.  

In fondo, Lutero non è stato che il primo dei teologi modernisti: quelli che a un certo punto si sono “stancati” del pessimismo antropologico cristiano, e hanno voluto rivendicare all’uomo una maggiore “dignità”, una più ampia “autonomia”. È stato un Ernesto Buonaiuti del XVI secolo; o, per meglio dire, sono suoi legittimi nipotini tutti i Buonaiuti, tutti i Teilhard e tutti i Rahner che son venuti dopo: vengono fuori tutti dalla sua sottana di monaco spretato, spergiuro e lussurioso; e così la miriade dei Grillo, dei Bianchi, dei Mancuso, per non parlare dei cento e cento preti che aboliscono il Credo perché non ci credono, che aboliscono la Messa per rispetto dei migranti, che trasformano le loro chiese in refettori e dormitori per i profughi (veri o falsi che siano), che invitano ebrei e musulmani, baciano Talmud e Corano, dicono che l’inferno non esiste, il diavolo non esiste, e che il solo peccato è l’ipocrisia, per cui tengono “veglie di preghiera” contro quell’orribile peccato (ideologico) che è l’omofobia, ma si guardano bene dal dire che la sodomia è, essa stessa, un peccato molto grave, condannato da sempre dalla Chiesa. Il denominatore comune di tutti questi atteggiamenti e di tutte queste iniziative sempre più avventati, sempre più bizzarri, come quel prete che si fa crocifiggere per finta nelle celebrazioni del Venerdì Santo, o quell’altro che celebra la santa Messa con i burattini, o quell’altro ancora che invita sull’altare le coppie omosessuali per farle applaudire dai fedeli, sempre nel pieno della santa Messa, il denominatore comune, dicevamo, è la non accettazione del limite antropologico, la pretesa che l’uomo possa salvarsi rivolgendosi direttamente a Dio, e che accettare la mediazione di Gesù Cristo, della Madonna, degli Angeli, dei Santi e della Chiesa docente, sia una forma di umiliazione, un qualcosa che sminuisce la dignità dell’uomo, la sua libertà, la sua autonomia, la sua maturità. Un cristiano adulto e maturo, pensano tutti costoro, non ha bisogno di sentirsi dire quel che deve fare: se lo dice da sé. Interroga la sua coscienza e trova in essa tutte le risposte. Il signor Bergoglio ha espresso più volte questo concetto: il cristiano è colui che s’interroga e si dà le risposte, non alla luce della Rivelazione, ma alla luce (si fa per dire) della sua coscienza. Soggettivamente. E non solo lo ha detto nelle scandalose interviste al gran massone Eugenio Scalfari; non solo lo ha ribadito più volte, nel corso di quelle sconvenienti chiacchierate che sono le omelie di Santa Marta, in occasione della celebrazione quotidiana della santa Messa; è arrivato al punto di porle nel cosiddetto Magistero, ad esempio nel capitolo ottavo di Amoris laetitia, dove, in sostanza, afferma che nessuno è miglior giudice della propria coscienza, che il singolo cristiano. Perciò, se la mia coscienza mi dice che sono a posto con me stesso, allora sono a posto anche con Dio; e se, pur avendo rotto il sacro vincolo del Matrimonio, mi sono risposato, o sono passato a una nuova convivenza, e mi viene, nondimeno, il desiderio di comunicarmi, nulla me lo può impedire: non certo il prete, che, sui casi miei,  ne sa certamente meno di quanto ne so io. Che cosa può sapere, lui, della complessità delle situazioni in cui mi son venuto a trovare? Che cosa ne può sapere delle difficoltà concrete in cui mi dibatto? E così, visto che ciascuno ha le sue difficoltà e le sue complessità, è finita l’epoca della dottrina morale della Chiesa. Ciascuno si fa la sua propria dottrina morale, e ciascun fedele decide quel che è bene e quel che è giusto. Nessun altro lo può decidere per lui; soprattutto, nessuno lo può giudicare. Anche se la mia condizione di pubblico peccatore è nota a tutti quanti, io ho il diritto di andare all’altare a testa alta, e di comunicarmi, naturalmente prendendo l’Ostia con le mani, e stando ben dritto in piedi: è un mio diritto, e chi siete voi per giudicarmi?

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Lutero non è stato che il primo dei teologi modernisti

Fateci caso: da quanto tempo non sentite un prete, un vescovo, o il papa stesso, parlarvi del Peccato originale? Da quanto tempo si fa finta che il Peccato di Adamo ed Eva non sia mai stato commesso, e, soprattutto, non abbia avuto delle conseguenze sui loro discendenti? Da quanto tempo, perciò, il Battesimo è stato ridotto a una specie di formalità, all’equivalente religioso di una richiesta di cittadinanza, insomma una cosa tutta e solamente umana? Ma è logico: se la Chiesa parlasse ancora del Peccato originale, dovrebbe parlare della natura ferita da esso; dovrebbe predicare la penitenza, la preghiera, il digiuno, l’umiltà nella ricerca di Dio: invece predica il gusto del mondo, le gioie del modo, lo spirito del mondo, e cerca l’applauso del mondo. 
La deriva teologica nasce dall’errore antropologico

di Francesco Lamendola
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