ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

martedì 19 giugno 2018

«Mio padre non vuole più sopportarli»

"lo conobbi subito tutto il Segreto di Fatima". Socci: "Lo disse Padre Pio, l'ho saputo da fonte riservata".




Il 12 marzo 1913 padre Pio trascrive per il suo direttore spirituale una sconvolgente visione che ha avuto nella quale Gesù diceva: «Con quanta ingratitudine viene ripagato il mio amore dagli uomini! Sarei stato meno offeso da costoro se l’avessi amati di meno. Mio padre non vuole più sopportarli».
Gesù lamenta il tradimento delle «anime da me più predilette», dice che è lasciato solo nelle chiese, che «non si parla mai di questo sacramento di amore», «il mio cuore è dimenticato, nessuno si cura più del mio amore». E poi pronuncia parole drammatiche sugli ecclesiastici: «La mia casa è divenuta per molti un teatro di divertimenti; anche i miei ministri che io ho sempre riguardato con predilezione, che io ho amato come pupilla dell’ occhio mio; essi dovrebbero confortare il mio cuore colmo di amarezze; essi dovrebbero aiutarmi nella redenzione delle anime, invece chi lo crederebbe?! Da essi debbo ricevere ingratitudini e sconoscenze: Vedi, fìglio mio, molti di costoro che (…) (a questo punto il padre dice che Gesù fu preso dai singhiozzi) «che sotto ipocriti sembianze mi tradiscono con comunioni sacrileghe (…)».


Infine padre Pio trascrive queste vertiginose e sconcertanti parole di Gesù: «Figlio mio ho bisogno delle vittime per calmare l’ira giusta e divina del Padre mio; rinnovami il sacrificio di tutto te stesso e fallo senza riservatezza alcuna» (1).

Il sacrificio fu subito rinnovato con trasporto. Ma il successivo 7 aprile il padre riferisce al direttore spirituale una nuova, grande e apocalittica visione che va trascritta e letta attentamente, perché contiene il primo preannuncio della missione a cui padre Pio è chiamato. Dunque gli appare ancora Gesù «malconcio e sfigurato» che gli mostra «una grande moltitudine di sacerd i e «diversi dignitari ecclesiastici».

Perché Gesù soffriva tanto? «Il suo sguardo si riportò verso quei sacerdoti; ma poco dopo, quasi inorridito e come se fosse stanco di guardare, ritirò lo sguardo e allorché lo rialzò verso di me, con grande mio orrore, osservai due lagrime che gli solcavano le gote. Si allontanò da quella turba di sacerdoti con una grande espressione di disgusto sul volto, gridando: “Macellai!”. E rivolto a me disse: “figlio mio, non credere che la mia agonia sia stata di tre ore, no; io sarò per cagione delle anime da me più beneficate, in agonia sino alla fine del mondo. Durante il tempo della mia agonia, figlio mio, non bisogna dormire. L’anima mia va in cerca di qualche goccia di pietà umana, ma ohimè mi lasciano solo sotto il peso della indifferenza. L’ingratitudine ed il sonno dei miei ministri mi rendono più gravosa l’agonia. Ohimè come corrispondono male al mio amore! Ciò che più mi affligge è che costoro al loro indifferentismo, aggiungono il loro disprezzo, l’incredulità. Quante volte ero lì per li per fulminarli, se non ne fossi stato trattenuto dagli angeli e dalle anime di me innamorate (…) Scrivi al padre tuo e narragli ciò che hai visto ed hai sentito da me questa mattina. Digli che mostrasse la tua lettera al padre provinciale (…)”.

Gesù continuò ancora, ma quello che disse non potrò giammai rivelarlo a creatura alcuna in questo mondo. Questa apparizione mi cagionò tale dolore nel corpo, ma più ancora nell’ anima, che per tutta la giornata fui prostrato ed avrei creduto di morirne se il dolcissimo Gesù non mi avesse già rivelato (…)».

Qui padre Pio lascia la frase in sospeso, con i puntini finali. Ma la logica del discorso fa ritenere che Gesù gli abbia rivelato che avrebbe dovuto vivere molto a lungo, evidentemente per portare a compimento una missione. Quale missione? Poco prima c’è la riservatezza del padre su un segreto che «non potrà rivelare a creatura alcuna», ma che è ovviamente attinente la drammatica situazione presente e futura della Chiesa. La coerenza del tutto dunque fa ritenere che qualcosa di indicibile, di apocalittico accadrà alla Chiesa, soprattutto al sacerdozio, alla gerarchia, e che padre Pio è chiamato a una lunga missione per mostrare il vero volto del sacerdozio in un tempo tenebroso.

Infatti subito dopo padre Pio aggiunge un suo pensiero: «Gesù purtroppo ha ragione di lamentarsi della nostra ingratitudine. Quanti disgraziati nostri fratelli corrispondono all’amore di Gesù col buttarsi a braccia aperte nell’infame setta della massoneria. Preghiamo per costoro» (2).

È stupefacente che una simile visione – sia pure citata nelle varie biografie – non venga considerata storicamente, spiegata. L’apparizione di Gesù, tutto piagato, che grida «macellai!» all’indirizzo degli ecclesiastici non è certo qualcosa di banale o da mettere a margine. È qualcosa su cui meditare attentamente. Il lamento di Gesù su «i miei ministri» ricorda quello che lo stesso Signore farà con suor Lucia, la veggente di Fatima, nell’apparizione dell’agosto 1931 dove – riferendosi al rifiuto della gerarchia di consacrare la Russia al Cuore Immacolato di Maria, come richiesto dalla Vergine, per far terminare la persecuzione staliniana – Gesù pronuncerà queste terribili parole: «Fai sapere ai miei ministri, visto che seguono l’esempio del Re di Francia, ritardando l’adempimento della mia richiesta, che lo seguiranno anche nella sventura» (3).

Il «segreto» che padre Pio afferma di dover custodire sembra riguardare dunque eventi futuri e agghiaccianti relativi alla Chiesa. Eventi analoghi saranno manifestati dalla Madonna stessa ai tre pastorelli di Fatima il 13 luglio 1917: nella seconda e nella terza parte del Segreto (molti elementi fanno ritenere che anche la parte del Terzo segreto non ancora rivelata verta su questa profezia) (4).

Resta da capire se e quanto si tratti della stessa cosa, ma disponiamo di una testimonianza secondo la quale padre Pio ha esplicitamente detto a una sua figlia spirituale: «lo conobbi subito tutto il Segreto di Fatima» (5).

Qui va sottolineato che ciò che effettivamente si è verificato dopo e si sta ancora verificando avvalora quelle profezie. Per esempio il tentato stravolgimento della Santa Messa (che – come vedremo – è il cuore della fede) (6) e la colossale crisi del sacerdozio esplosa dopo il Concilio Vaticano II.

Nel delirio post-conciliare l’intolleranza clerico-progressista riuscì a far credere che fosse stata messa al bando addirittura la tradizionale liturgia della Chiesa (di origini apostoliche) e nelle chiese si perpetrarono abusi liturgici oltre il limite (Benedetto XVI infatti ha denunciato «deformazioni della Liturgia al limite del sopportabile»). Fu quello il tempo di una spaventosa apostasia di fedeli e di un’ apocalittica crisi del clero: dal 1964 al 2004 circa 70 mila sacerdoti abbandonarono l’abito (7).

A essi sarebbero da aggiungere 107.600 monache e suore che lasciarono le loro congregazioni fra 1966 e 1988 (8)
Oggi poi sono scoppiati nuovi drammi e il crollo della fede sembra un fenomeno planetario, tanto che il cardinale Ratzinger, nella storica Via Crucis del venerdì santo del 2005, usò espressioni terribili, assai simili a quelle scritte da padre Pio nel 1913.

Già nella prima stazione Ratzinger faceva riferimento al tradimento di Pietro: «Quante volte abbiamo, anche noi, preferito il successo alla verità, la nostra reputazione alla giustizia. Dona forza, nella nostra vita, alla voce sottile della coscienza, alla tua voce. Guardami come hai guardato Pietro, dopo il rinnegamento».

Poi il cardinale denunciava «come la cristianità, stancatasi della fede, abbia abbandonato il Signore» in questo nostro tempo. E dopo aver accennato alle devastazioni delle ideologie si chiedeva: «Non dobbiamo pensare anche a quanto Cristo debba soffrire nella sua stessa Chiesa? A quante volte si abusa del santo sacramento della sua presenza, in quale vuoto e cattiveria del cuore spesso egli entra! Quante volte celebriamo soltanto noi stessi senza neanche renderci conto di lui. Quante volte la sua Parola viene distorta e abusata! Quanta poca fede c’è in tante teorie, quante parole vuote! Quanta sporcizia c’è nella Chiesa, e proprio anche tra coloro che, nel sacerdozio, dovrebbero appartenere completamente a lui! Quanta superbia! (…) Il tradimento dei discepoli, la ricezione indegna del suo Corpo e del suo Sangue, è certamente il più grande dolore del Redentore». E ancora: «Signore, spesso la tua Chiesa ci sembra una barca che sta per affondare, una barca che fa acqua da tutte le parti (…) Con la nostra caduta ti trasciniamo a terra e Satana se la ride, perché spera che non riuscirai più a rialzarti. Tu però ti rialzerai».

Il futuro papa affermava che «proprio in quest’ora della storia viviamo nell’oscurità di Dio» e poi citava quello stesso apocalittico versetto del Vangelo di Luca che citò Paolo VI in riferimento al nostro tempo, laddove Gesù si chiede: «Ma il Figlio dell’Uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?». Il testo della Via Crucis faceva un chiaro riferimento alle parole della Madonna a Fatima (<<Alla fine il Mio Cuore Immacolato trionferà»). Infatti sotto la croce «i discepoli sono fuggiti, ella non fugge. Ella sta lì, con il coraggio della madre, con la fedeltà della madre, con la bontà della madre e con la sua fede che resiste nell’oscurità (…) Si, in questo momento Gesù lo sa: troverà la fede».

C’è l’eco delle parole che la Madonna disse a santa Caterina Labouré nel 1830 parlando del nostro tempo: «Il momento verrà, il pericolo sarà grande, si crederà tutto perduto. Allora io sarò con voi».

Ho scritto su «Libero») il 1° luglio 2007) con Solideo Paolini che – in base ad alcune testimonianze da Oltretevere e ad altri indizi – il testo di quella straordinaria Via Crucis, concordato fra il papa morente e colui che sarebbe stato il successore, fu probabilmente un modo per rendere nota la parte ancora nascosta del Terzo segreto di Fatima (9) che il Vaticano si era impegnato con suor Lucia a rendere noto subito dopo la sua morte.

In effetti la veggente muore il 13 febbraio 2005 e il 25 marzo viene adempiuto questo impegno. Ho trovato poi una straordinaria conferma a questa ricostruzione nel libro autobiografico di Ali Ağca dove l’attentatore rivela due battute del colloquio avuto con Giovanni Paolo II in carcere il 27 dicembre 1983. «Quando sarà rivelato il Terzo segreto di Fatima?» chiese Ağca. E il papa: «il Terzo segreto di Fatima sarà rivelato dopo la morte di suor Lucia» (10).

Quel libro è uscito nel 1996 e questo resoconto ha tutte le caratteristiche dell’autenticità. Un mese dopo quella storica Via Crucis, il 22 aprile del 2005, sulla «Stampa» apparve un articolo del vaticanista Marco Tosatti che iniziava così: «Un documento riservato, ma molto dettagliato, sulla situazione della Chiesa, e soprattutto “nella Chiesa, è circolato fra i cardinali nei giorni scorsi, creando una grande impressione; e, probabilmente, contribuendo in maniera indiretta alla scelta di Joseph Ratzinger quale successore di Giovanni Paolo II. “Ho messo la mano qui, perché avevo paura che si fermasse il cuore» dopo averlo letto” ci ha detto un porporato. È un documento senza intestazione, di una decina di cartelle, che presenta un quadro sulla situazione del clero nei Paesi del mondo (…) È probabile che questo documento sia alla radice degli interventi apparentemente così severi, dell’ancora cardinale Ratzinger».

Tosatti ricorda specialmente la Via Crucis papale del 25 marzo precedente, scritta dal prelato, il suo drammatico grido sulla «sporcizia nella Chiesa» e riferisce questo significativo episodio: «Due giorni dopo il cardinale Ratzinger incontrò per strada, vicino al Vaticano, un monsignore di Curia ormai in pensione che gli chiese il perché di una meditazione così apparentemente sconfortante. “Dobbiamo pregare molto, dobbiamo pregare molto – gli rispose Ratzinger – tu hai i capelli bianchi, capisci di che cosa parlo, sai che cosa vuol dire. Noi sacerdoti! Noi sacerdoti!” concluse in tono di deprecazione. E aggiunse: “Pensa alla preghiera che si recita per il Sacro Cuore, quella in cui si chiede perdono specialmente per i peccati dei sacerdoti. So che fa male dire che la barca fa acqua da tutte le parti, ma è così, è così. Noi sacerdoti (…)”. Il monsignore rimase impressionato dal modo in cui diceva “noi sacerdoti, noi sacerdoti”, ne capiva · sofferenza interiore, e non chiese altro».

Ecco perché assume un significato enorme la missione affidata a padre Pio chiamato a diventare il primo sacerdote stigmatizzato della storia della Chiesa. Ma andiamo con ordine e torniamo a quei mesi del 1913.

In giugno padre Pio scrive a padre Benedetto: «Gesù mi fa vedere come in uno specchio, tutta la mia vita futura non essere altro che un martirio» poi aggiunge che certe volte «sono portato fuori di me stesso. ed allora il Signore suole farmi la grazia di scoprirmi alcuni secreti che mi rimangono sì impressi nel fondo dell’anima, che non se ne possono più cancellare» (11).

Padre Pio è in questi mesi sempre più saldo e appassionato, come lo sta forgiando la pedagogia divina. Descrive cosi, a padre Agostino, la condizione del suo cuore: «Unico desiderio sulla terra è di contentare l’oggetto amato. Si sente morire dal desiderio di essere da lui amato. Si sente di esser pronto a sacrificare la vita se si potesse sperare con tal sacrificio di rendersi più grati ai suoi occhi» (12).

Il 20 aprile 1914 manifesta a padre Agostino il suo appassionato desiderio che tutti conoscano e corrispondano all’amore Cristo: «Non vi nascondo le strettezze che prova il mio cuore nel vedere tante anime che vanno apostatando da Gesù e quello che più mi fa agghiacciare il sangue intorno al cuore si è che molte di tali anime si allontanano da Dio, fonte di acqua viva, pel solo motivo che si trovano esse digiune della parola divina. Le messi sono molte, gli operai sono pochi. Chi dunque raccoglierà le messi nel campo della chiesa, che sono ormai tutte imminenti alla maturità? Andranno esse disperse sul suolo per la paucità degli operai? Saranno esse raccolte dagli emissari di satana, che purtroppo sono moltissimi ed assai attivi? Ah! Non permetta mai il dolcissimo Iddio; si muova a pietà della umana indigenza, che sta divenendo estrema» (13).

Il 4 maggio per la prima volta si manifesta la prospettiva di una catastrofica guerra. Era stato padre Benedetto a chiedergli di interrogare il Signore sulle nubi che sembravano addensarsi sul mondo. Padre Pio risponde: «Duolmi non potervi appagare nella giustissima vostra domanda. Gesù non vuole che ne facessi parola. Preghiamo con fiducia il Padre celeste per il buon esito, perché le cose si vanno piuttosto imbrogliando e se lui non vi pone rimedio l’affare andrà malissimo. Non meritiamo i divini aiuti, avendo noi volontariamente discacciato dal nostro cuore l’amabilissimo Gesù e chiuse abbiamo perfino le finestre al divin Sole per non sentirne i benefici effetti dei cocenti raggi; ma ci sia almeno permesso sperare nella infinita provvidenza divina» (14).

Tuttavia di lì a poco padre Pio saprà che gli eventi umani hanno imboccato la direzione peggiore. Padre Agostino da San Marco in Lamis testimonia nel suo Diario di essere stato presente a un’ estasi di padre Pio, a Pietrelcina, prima dello scoppio della Grande guerra, nel 1914: «Diceva al Signore: “Mio Dio, quanto sangue! (…) Salvaci Signore, da tanto disastro (…) Ah tante colpe! (…) È necessario? (…) Venga pure la prova, ma salva le anime! (…)”» (15).

In effetti il 28 giugno 1914 l’arciduca Francesco Ferdinando d’Austria viene ucciso da un attentatore a Sarajevo e il mese dopo, il 28 luglio, l’Austria dichiara guerra alla Serbia. Inizia la Prima guerra mondiale. Il 7 settembre padre Pio chiede a padre Agostino di pregare «per la cessazione delle ostilità: disarmiamo il braccio del divin giudice, giustamente adirato contro le nazioni, che nulla vogliono sapere della legge di amore. Innanzitutto» aggiunge il padre «le nostre preghiere siano rivolte a disarmare la collera divina verso la nostra patria. Anch’essa ha molti conti da saldare con Dio. Impari almeno dalle sventure altrui, massime da quelle della sua consorella la Francia, quanto dannoso sia per la nazione l’allontanarsi da Dio ed intoni a suo tempo il “miserere” » (16).

In effetti l’Italia a quel momento è ancora in una posizione neutrale. Non ha alcun interesse a entrare in guerra, che si annuncia come una catastrofe, anche perché le sue aspirazioni territoriali si possono soddisfare per via diplomatica. Inoltre la maggioranza del popolo – che è contadino – e la maggioranza del Parlamento, come la Chiesa, sono contrarie.

E allora come e perché fu imposto il colpo di mano che, il 24 maggio 1915, scaraventò l’Italia nella carneficina? Secondo Antonio Gibelli: «La guerra fu imposta in Italia da una minoranza (la Corona, il governo, gli intellettuali e gli studenti interventisti di orientamento nazionalista o neorisorgimentale, una parte del mondo industriale, alcuni grandi giornali come il “Corriere della Sera’) contro la volontà della maggioranza parlamentare, contro l’opinione delle maggiori correnti politiche e delle masse popolari» (17).

Questa scelta, che provocò una «inutile strage» perlopiù di figli di contadini (circa 700 mila morti su 36 milioni di abitanti), spalancò poi le porte al fascismo che in seguito getterà l’Italia nella tragedia della Seconda guerra mondiale, provocando una devastazione ancora più immane e lo scatenarsi di altre ideologie dell’odio.

La scelta del 1915 fu figlia di un regime di casta che si era costituito in guerra contro la Chiesa. Era inevitabile che venuti meno i princìpi morali e religiosi – prevalessero gli interessi dei forti (18) e le ideologie della violenza, il mito del «vivere pericolosamente» incarnato dai Filippo Tommaso Marinetti e dai Gabriele D’Annunzio.

Padre Pio – che sarà pure lui richiamato alle armi – seppe un mese prima dell’entrata in guerra dell’Italia della tragedia che si preparava e la sua ragione: il non aver voluto ascoltare l’accorato grido d’amore del Santo Padre, Pio X. Infatti Gesù stesso gli rivela che l’Italia entrerà in guerra. Padre Pio lo riferisce nella lettera del 21 aprile 1915 a padre Benedetto: «Stamane è venuto Gesù e mi ha detto: “L’Italia, figlio mio, non ha voluto ascoltare la voce di amore. Sappi intanto che da tempo io tengo sospeso il braccio del mio genitore, che vuole scagliare su questa figliuola adultera i suoi fulmini. Si sperava che le sventure altrui l’avessero fatta rientrare in sé, l’avessero fatta intonare il miserere a suo tempo. Non ha saputo apprezzare neppure quest’ultimo tratto del mio amore ed è per questo che il suo peccato è divenuto più abominevole dinanzi a me (…) A lei pure è serbata certamente quella sorte toccata alle sue consorelle» (19).

Fonte

Antonio Socci, Il Segreto di Padre Pio, Rizzoli 2007, pp. 71-82.



Note:

1) Ep. I, pp. 342-343.
2) lvi, p. 351.
3) Frère Michel de la Sainte Trinité, Toute la vérité sur Fatima. Le secret et l’Eglise, v. II 1987, p. 344. Le parole di Gesù sembrano far riferimento alle apparizioni di Paray-le-Monial dove il Signore consegnò a Margherita Maria Alacoque un messaggio per il re di Francia Luigi XIV. Esso manifestava il disegno di Dio sulla Francia: si domandava di porre il Sacro Cuore di Gesù negli stemmi reali, costruire un tempio in suo onore dove . i reali di Francia lo avrebbero venerato; far consacrare la Francia al Sacro Cuore; infine di chiedere al papa – come sovrano francese – una messa in onore del Sacro Cuore di Gesù. La richiesta non fu accolta. Così cento anni dopo scoppiò la rivoluzione e il nipote del Re Sole, Luigi XVI, fu arrestato e condannato. In carcere si ricordò di quella richiesta, era il 1792, e decise di esaudirla, ma ormai era troppo tardi. Il re fu ghigliottinato il 21 luglio 1793. La profezia di Gesù annunciava la stessa fine per «i miei ministri» .
4) Per la controversia sull’interezza del Segreto svelato nel Duemila si veda Antonio Socci, Il quarto segreto di Fatima, cit.
5) Questa notizia inedita mi è stata fornita da una fonte riservata in una conversazione svoltasi il 24 luglio 2007.
6) A dirlo con parole autorevoli fu il cardinale Ratzinger: «Sono convinto che la crisi ecclesiale in cui oggi ci troviamo dipende in gran parte dal crollo della liturgia, che talvolta viene addirittura concepita “etsi Deus non daretur”: come se in essa non importasse più se Dio c’è e se ci parla e ci ascolta. Ma se nella liturgia non appare più la comunione della fede, l’unità universale della Chiesa e della sua storia, il mistero di Cristo vivente, dov’è che la Chiesa appare ancora nella sua Sostanza spirituale? (Joseph Raninger, La mia vita, San Paolo 2005, p. 115).
7) È il dato fornito ufficialmente dalla «Civiltà Cattolica» (20: 07) secondo cui più di undicimila hanno poi ripreso il ministero.
8) Il dato è citato in Francisco Pérez de Antòn, Il gatto in sacrestia, Liberilibri 2002, pp. 59-60. Il quale però dà cifre esagerate sull’abbandono dei sacerdoti (centomila). Ciò significa che potrebbe aver sovrastimato anche la cifra delle religiose.
9) Antonio Socci-Solideo Paolini. «L’alleanza dei due Papi per salvare la Chiesa», «Libero», 10 luglio 2007.
10) Mehmet Ali Ağca, la mia verità, cito p. 183.
11) Ep. I, p. 368.
12) lvi, p. 407.
13) lvi, p. 466.
14) Ivi. p. 468.
15) Padre Agostino. Diario, cit., p. 258.
16) Ep. I, p. 495.
17) Antonio Gibelli, La grande guerra degli italiani, Bur 2007, p. 11.
18) «Gli industriali, primi fra tutti quelli dei maggiori complessi siderurgici, videro dunque nella guerra l’unica soluzione ai loro problemi e gettarono nello scontro tutta la forza delle loro entrature negli ambienti governativi nonché la loro capacità di orientamento dei maggiori organi di stampa» (Ivi, p. 27).
19) Ep. I, pp. 569-570.

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