Cari italiani
È tornata l’estate. Ho voglia di uscire a fare passeggiate, non stare al computer per nove ore al giorno a scrivere pezzi ponderosi che non smuovono nessuno dai suoi pregiudizi. Mi limito a mostrare alcune foto. Se non cogliete in esse il ghigno di Lucifero e il fiato rovente di SatQUna, mi spiace per voi.
Cari italiani
È tornata l’estate. Ho voglia di uscire a fare passeggiate, non stare al computer per nove ore al giorno a scrivere pezzi ponderosi che non smuovono nessuno dai suoi pregiudizi. Mi limito a mostrare alcune foto. Se non cogliete in esse il ghigno di Lucifero e il fiato rovente di SatQUna, mi spiace per voi.
Aquarius, da Napoli a Palermo i sindaci contro Salvini: “I nostri porti sono aperti. È senza cuore e viola le norme”
Luigi De Magistris e Leoluca Orlando danno la loro disponibilità ad accogliere la nave Aquarius con a bordo gli oltre 600 migranti. Il sindaco di Messina: “La nave è diretta qui, no a diktat: il porto è aperto”. Falcomatà (Reggio Calabria): “Disponibili come sempre”. Pd: “Rischi umanitari, parli Conte”.
Ad illustrazione dei noti versi:
“Noi siamo da secoli
calpesti e derisi
perché non siam popolo
perché siam divisi”.
Orlando appartiene a quella inamovibile cosca che Leonardo Sciacia chiamò Professionisti del’Antimafia. De Magistris viene dalla magistratura manettara, persecutoria e intercettatrice, e nello stesso tempo inetta, incompetente e arbitraria, che è una delle principali palle al piede per la ripresa italiana. Adesso, obbedendo al loro settarismo, hanno raggiunto il vertice della irresponsabilità. Si riendono conto che, se Salvini perde, sono aperte – irreversibilmente – le porte ad una invasione senza limiti, a milioni, rovinosa per tutti, gestita da poteri finanziari capaci di armare flotte e stipendiare equipaggi per mesi. Ma loro, per sconfiggere un Salvini, sono pronti a fare all’Italia qualunque danno, irreversibile.
Di cosa stiamo parlando
di una nave di 77 metri, 1810 tonnellate, appartenente ad una società per azioni tedesca. Battente bandiera di Gibilterra. Mi pare di ricordare che una nave è un pezzo del territorio della nazione di cui batte la bandiera. Quindi, quando una nave tedesca con bandiera di Gibilterra accoglie dei profughi a bordo, il luogo di prima accoglienza diventa Gibilterra. Non l’Italia.
Gino Strada ha ammesso che questi “salvataggi” sono stati pre-organizzati ed orchestrati per sfidare il nuovo governo:
Luigi De Magistris e Leoluca Orlando danno la loro disponibilità ad accogliere la nave Aquarius con a bordo gli oltre 600 migranti. Il sindaco di Messina: “La nave è diretta qui, no a diktat: il porto è aperto”. Falcomatà (Reggio Calabria): “Disponibili come sempre”. Pd: “Rischi umanitari, parli Conte”.
Ad illustrazione dei noti versi:
“Noi siamo da secoli
calpesti e derisi
perché non siam popolo
perché siam divisi”.
Orlando appartiene a quella inamovibile cosca che Leonardo Sciacia chiamò Professionisti del’Antimafia. De Magistris viene dalla magistratura manettara, persecutoria e intercettatrice, e nello stesso tempo inetta, incompetente e arbitraria, che è una delle principali palle al piede per la ripresa italiana. Adesso, obbedendo al loro settarismo, hanno raggiunto il vertice della irresponsabilità. Si riendono conto che, se Salvini perde, sono aperte – irreversibilmente – le porte ad una invasione senza limiti, a milioni, rovinosa per tutti, gestita da poteri finanziari capaci di armare flotte e stipendiare equipaggi per mesi. Ma loro, per sconfiggere un Salvini, sono pronti a fare all’Italia qualunque danno, irreversibile.
Di cosa stiamo parlando
di una nave di 77 metri, 1810 tonnellate, appartenente ad una società per azioni tedesca. Battente bandiera di Gibilterra. Mi pare di ricordare che una nave è un pezzo del territorio della nazione di cui batte la bandiera. Quindi, quando una nave tedesca con bandiera di Gibilterra accoglie dei profughi a bordo, il luogo di prima accoglienza diventa Gibilterra. Non l’Italia.
Gino Strada ha ammesso che questi “salvataggi” sono stati pre-organizzati ed orchestrati per sfidare il nuovo governo:
LA MINACCIA DI GINO STRADA: “PREVEDO ONDATA DI SBARCHI” CONTRO SALVINI
(uno degli oligarchi che prendono milioni)
Qui, cosa si cela dietro il business dell’accoglienza:
Eugenio Scalfari, il socio di De Benedetti (che mai restituì 600 milioni al Montepaschi) e il confessore di Bergoglio, istiga alla guerra civile, nel nome dell’oligarchia:
“La Camusso tra i froci è l’emblema del tradimento della sinistra nei confronti del popolo” (Borgognone)
(uno degli oligarchi che prendono milioni)
Qui, cosa si cela dietro il business dell’accoglienza:
Eugenio Scalfari, il socio di De Benedetti (che mai restituì 600 milioni al Montepaschi) e il confessore di Bergoglio, istiga alla guerra civile, nel nome dell’oligarchia:
“La Camusso tra i froci è l’emblema del tradimento della sinistra nei confronti del popolo” (Borgognone)
Blocco navale nell’Adriatico su ordine di Romano Prodi, era il 1997
I dati che dimostrano i flussi di criminali tunisini in Italia
I
In molti si sono offesi in Tunisia per le parole del ministro degli Interni Matteo Salvini circa la natura malavitosa di buona parte dell’immigrazione illegale giunta in Italia dal paese nordafricano.
Eppure è dalla fine degli anni ’90 che Tunisi specula sui suoi immigrati illegali (molti dei quali respinti e tornati illecitamente in Italia più volte) contando prima sul fatto che Roma ha sempre accolto tutti e poi cercando di ricavare denaro per rimpatriarne almeno una parte.
I 24 mila tunisini sbarcati nel 2011 vennero tutti accolti benché anche allora fosse evidente che tra di essi c’erano molti degli 11 mila fuggiti dalle prigioni durante la “Rivoluzione dei gelsomini”.
Il governo tunisino accettò il lento rimpatrio di parte di quegli immigrati illegali a spese dell’Italia che in cambio distribuì a molti permessi di soggiorno temporanei validi in tutta la Ue, versò 300 milioni di euro ufficialmente per favorire la creazione di posti di lavoro nel paese nordafricano e donò ai tunisini motovedette per il controllo dell’immigrazione illegale.
Che tra i clandestini giunti in Italia vi siano moltissimi criminali lo dimostrano i fatti di cronaca, le evidenze delle forze dell’ordine circa la crescita esponenziale delle attività gestite dalla mala nordafricana e nigeriana, droga in testa.
E che i tunisini siano in ”pole position” in questa classifica lo confermano molti elementi. Nel giugno 2017 il presidente della Commissione dei tunisini all’estero, Ibtissem Jbabli, rese noto che dei 3.246 cittadini tunisini imprigionati all’estero ben 2.037 (il 67%) erano in carcere in Italia, soprattutto nei penitenziari di Genova, Milano, Palermo e Napoli e per lo più per reati di droga; stupro, furto; omicidi; traffico di esseri umani ed immigrazione clandestina.
Per dare un’idea delle dimensioni del problema basti pensare che la Francia, ex potenza coloniale dove vive la più grande comunità tunisina all’estero, ospita nelle sue carceri solo 522 tunisini, la Germania 230.
Del resto nell’ultimo anno l’aumento dei flussi illegali dalla Tunisia ha coinciso “casualmente” con ben due decreti svuota-carceri del governo.
Che tra i tunisini non ci siano solo stinchi di santo lo dimostrano poi le periodiche devastazioni del centro d’accoglienza di Lampedusa, vandalismo che provoca ogni volta danni gravi ma favorisce l’imbarco degli “ospiti” su un traghetto che, invece di rimpatriarli, li sbarca a Porto Empedocle da dove possono andare dove vogliono.
L’Italia resta quindi esposta al ricatto delle violenze dei migranti illegali e dei loro Stati di origine ma solo perché continua ad accogliere chiunque paghi trafficanti.
Se l’instabile Libia è in grado con l’aiuto italiano di fermare migliaia di clandestini che la Guardia costiera di Tripoli affida poi alle agenzie dell’Onu per il rimpatrio, non si comprende perchè la stabile Tunisia non possa provvedere a riportare immediatamente sul suolo nazionale i clandestini intercettati in mare o riusciti a sbarcare in Italia.
Specie dopo le decine di aerei, elicotteri e motovedette ricevuti negli ultimi tempi, soprattutto dagli Usa, per contrastare il terrorismo ma utili anche a pattugliare coste e spazi marittimi.
Ieri il ministro dell’Interno della Tunisia, Lotfi Brahem, è stato destituito senza spiegazioni ma è impossibile non notare che la rimozione è giunta subito dopo il naufragio di un barcone al largo di Sfax nel quale domenica hanno perso la vita almeno 71 migranti illegali, quasi tutti tunisini.
Secondo responsabili del ministero dell’Interno citati dalla stampa locale, in Tunisia nei primi cinque mesi del 2018 sarebbero stati fermati circa 6mila migranti che volevano raggiungere illegalmente l’Italia, a fronte di un dato che nello stesso periodo dell’anno scorso non aveva superato le poche centinaia.
Il 3 giugno il presidente del Forum tunisino per i diritti economici e sociali, Massoud Romdhani, ha ammesso che “la pressione migratoria in Tunisia è “decuplicata” rispetto al 2017 rivelando che nel primo trimestre del 2018 i migranti tunisini sono stati oltre 3mila mentre l’anno scorso in oltre 15 mila hanno tentato di raggiungere l’Italia.
Di questi 6.151 sono stati registrati dalle autorità italiane, 3.178 sono stati bloccati dalla polizia tunisina e 5.700 sono “emigrati invisibili”.
Persone che sono probabilmente giunte in Italia grazie agli “sbarchi fantasma” effettuati nottetempo con piccole ma efficienti imbarcazioni che portano sulle coste siciliane qualche decina di persone che fanno poi perdere le loro tracce.
Un fenomeno che lo stesso ministro Marco Minniti definì pericoloso per il rischio di infiltrazione di elementi criminali e soprattutto jihadisti, tenuto conto che la piccola Tunisia ha offerto al Califfato ben 6 mila foreign fighters (e secondo Tunisi altri 27mila sono stati bloccati prima che partissero), più di quanti ne siano partiti dall’intera Europa.
Un rapporto dell’Interpol indicò che solo tra luglio e ottobre dello scorso anno sarebbero giunti in Italia almeno 50 foreign fighters, tutti tunisini.
Del resto degli 800 foreign fighters rientrati in Tunisia all’aprile 2017 e individuati, solo 190 erano stati incarcerati, come affermò il ministro dell’Interno, Hedi Mejboub
L’emergenza migratoria lungo le “autostrade del crimine” nel Mediterraneo non è quindi risolvibile con maggiori aiuti economici a Tunisi o ad altri Stati africani. Meglio sarebbe invece condizionare tali aiuti (e quelli elargiti dalla Ue) allo stop ai flussi migratori illeciti e al rimpatrio immediato di tutti i clandestini presenti in Italia.
(con fonte Il Mattino/Il Messaggero del 6 giugno)
Immagini: Ansa, Agrigento Notizie, Catania Oggi e AGI
https://www.maurizioblondet.it/i-dati-che-dimostrano-i-flussi-di-criminali-tunisini-in-
Tana per Roberto Saviano
Allarmato dall’ascesa di Salvini a ministro dell’Interno, Roberto Saviano ci mette in guardia da chi «vuole far annegare le persone», con un video-monologo politicamente e pateticamente corretto.
Volto sfatto, distrutto, espressione funerea, sospiri, toni melodrammatici, alla Barbara D’Urso: non manca proprio nulla, la sceneggiatura è pronta e il nuovo video-messaggio di Roberto Saviano può essere registrato e diffuso dai media. Il nuovo nemico diabolico da combattere è il neoministro dell’interno Matteo Salvini, reo di aver messo in dubbio la bontà disinteressata delle Ong che operano nel mar Mediterraneo. Un discorso tutto incentrato sulla difesa delle persone che salvano vite nel cimitero del mar Mediterraneo. E quel fanfarone e maleducato di Salvini, privo di capacità di analisi, comprensione e conoscenza del diritto del mare non può permettersi di usare parole disgustose (ovvero vice-scafisti) e mettere in discussione l’eroismo di queste anime belle.
Saviano invita dunque tutti gli uomini e le donne delle istituzioni alla disobbedienza nei confronti del neoministro scellerato e violento che «vuole far annegare le persone». Che dire? Bravo il nostro Roberto: gran bel discorso, davvero commovente. Peccato che, come al solito, sia fazioso, incompleto e pieno di parole-donnola, quei termini vuoti e assertivi che nel linguaggio pubblicitario vengono usati per abbindolare il consumatore. Peccato faccia uso di un linguaggio tipicamente televisivo che non lascia spazio al ragionamento e in cui, direbbe Neil Postman, «non c’è nulla da dibattere, nulla da confutare, nulla da negare. Ci sono soltanto delle emozioni da provare». Un linguaggio perfetto per un film, per un racconto, per uno spot pubblicitario, per un monologo teatrale: non di certo per informare. Per informare o, come nel caso specifico, mettere la democrazia in guardia da qualcuno, le asserzioni, i commenti lacrimevoli, le vaghe accuse di dire bugie non bastano. Servono dimostrazioni, prove, argomentazioni. Ma, come scriveva Nietzsche, «Asserire è più sicuro che dimostrare. Un’asserzione fa più effetto di un argomento, almeno per la maggior parte degli uomini: l’argomento infatti suscita sfiducia. Per questo motivo gli oratori popolari cercano di garantire con asserzioni gli argomenti del loro partito».
Questo Saviano lo sa benissimo e sfrutta al meglio le sue doti da oratore “popolare”. Oltre al linguaggio da oracolo, cosa non va nel discorso di Saviano? Non è assolutamente vietato e sbagliato dubitare delle parole e dell’operato degli uomini all’interno delle istituzioni, quindi non è questo il punto: non siamo qui a difendere Matteo Salvini in quanto tale. Il monologo di Saviano è tutto incentrato sulla convinzione che Salvini voglia far morire la gente in mare: asserzione forte, che va a scuotere l’emotività, ma assolutamente priva di fondamento e diffamante, visto che è una libera interpretazione della frase del leader leghista: «Stiamo lavorando e ho le mie idee: quello che è certo è che gli Stati devono tornare a fare gli Stati e nessun vice-scafista deve attraccare nei porti italiani». Saviano si agita e esorta a non credere al fango che ha ricoperto le Ong. Esorta, praticamente, ad ignorare le varie inchieste sui contatti tra trafficanti di uomini e Ong italiane e straniere, a non dubitare che dietro a queste organizzazioni ci sia un giro di soldi (sulla pelle dei migranti), a non dar retta ai canali d’informazione che si discostano dal frame dei media di regime e che non usano come fonti d’informazione solo le agenzie di stampa delle Ong e che non confondono appositamente la Guardia Costiera Libica con la Milizia di Zawiya. Con le sue inferenze, Saviano questo invita a fare. Rimane quindi un solo dubbio da sciogliere: capire se siano peggio i suoi monologhi lacrimevoli o le sue foto con la mano davanti alla bocca.
di Alessandra Vio - 5 giugno 2018
http://www.lintellettualedissidente.it/cartucce/tana-roberto-saviano-matteo-salvini/
In molti si sono offesi in Tunisia per le parole del ministro degli Interni Matteo Salvini circa la natura malavitosa di buona parte dell’immigrazione illegale giunta in Italia dal paese nordafricano.
Eppure è dalla fine degli anni ’90 che Tunisi specula sui suoi immigrati illegali (molti dei quali respinti e tornati illecitamente in Italia più volte) contando prima sul fatto che Roma ha sempre accolto tutti e poi cercando di ricavare denaro per rimpatriarne almeno una parte.
I 24 mila tunisini sbarcati nel 2011 vennero tutti accolti benché anche allora fosse evidente che tra di essi c’erano molti degli 11 mila fuggiti dalle prigioni durante la “Rivoluzione dei gelsomini”.
Il governo tunisino accettò il lento rimpatrio di parte di quegli immigrati illegali a spese dell’Italia che in cambio distribuì a molti permessi di soggiorno temporanei validi in tutta la Ue, versò 300 milioni di euro ufficialmente per favorire la creazione di posti di lavoro nel paese nordafricano e donò ai tunisini motovedette per il controllo dell’immigrazione illegale.
Che tra i clandestini giunti in Italia vi siano moltissimi criminali lo dimostrano i fatti di cronaca, le evidenze delle forze dell’ordine circa la crescita esponenziale delle attività gestite dalla mala nordafricana e nigeriana, droga in testa.
E che i tunisini siano in ”pole position” in questa classifica lo confermano molti elementi. Nel giugno 2017 il presidente della Commissione dei tunisini all’estero, Ibtissem Jbabli, rese noto che dei 3.246 cittadini tunisini imprigionati all’estero ben 2.037 (il 67%) erano in carcere in Italia, soprattutto nei penitenziari di Genova, Milano, Palermo e Napoli e per lo più per reati di droga; stupro, furto; omicidi; traffico di esseri umani ed immigrazione clandestina.
Per dare un’idea delle dimensioni del problema basti pensare che la Francia, ex potenza coloniale dove vive la più grande comunità tunisina all’estero, ospita nelle sue carceri solo 522 tunisini, la Germania 230.
Del resto nell’ultimo anno l’aumento dei flussi illegali dalla Tunisia ha coinciso “casualmente” con ben due decreti svuota-carceri del governo.
Che tra i tunisini non ci siano solo stinchi di santo lo dimostrano poi le periodiche devastazioni del centro d’accoglienza di Lampedusa, vandalismo che provoca ogni volta danni gravi ma favorisce l’imbarco degli “ospiti” su un traghetto che, invece di rimpatriarli, li sbarca a Porto Empedocle da dove possono andare dove vogliono.
L’Italia resta quindi esposta al ricatto delle violenze dei migranti illegali e dei loro Stati di origine ma solo perché continua ad accogliere chiunque paghi trafficanti.
Se l’instabile Libia è in grado con l’aiuto italiano di fermare migliaia di clandestini che la Guardia costiera di Tripoli affida poi alle agenzie dell’Onu per il rimpatrio, non si comprende perchè la stabile Tunisia non possa provvedere a riportare immediatamente sul suolo nazionale i clandestini intercettati in mare o riusciti a sbarcare in Italia.
Specie dopo le decine di aerei, elicotteri e motovedette ricevuti negli ultimi tempi, soprattutto dagli Usa, per contrastare il terrorismo ma utili anche a pattugliare coste e spazi marittimi.
Ieri il ministro dell’Interno della Tunisia, Lotfi Brahem, è stato destituito senza spiegazioni ma è impossibile non notare che la rimozione è giunta subito dopo il naufragio di un barcone al largo di Sfax nel quale domenica hanno perso la vita almeno 71 migranti illegali, quasi tutti tunisini.
Secondo responsabili del ministero dell’Interno citati dalla stampa locale, in Tunisia nei primi cinque mesi del 2018 sarebbero stati fermati circa 6mila migranti che volevano raggiungere illegalmente l’Italia, a fronte di un dato che nello stesso periodo dell’anno scorso non aveva superato le poche centinaia.
Il 3 giugno il presidente del Forum tunisino per i diritti economici e sociali, Massoud Romdhani, ha ammesso che “la pressione migratoria in Tunisia è “decuplicata” rispetto al 2017 rivelando che nel primo trimestre del 2018 i migranti tunisini sono stati oltre 3mila mentre l’anno scorso in oltre 15 mila hanno tentato di raggiungere l’Italia.
Di questi 6.151 sono stati registrati dalle autorità italiane, 3.178 sono stati bloccati dalla polizia tunisina e 5.700 sono “emigrati invisibili”.
Persone che sono probabilmente giunte in Italia grazie agli “sbarchi fantasma” effettuati nottetempo con piccole ma efficienti imbarcazioni che portano sulle coste siciliane qualche decina di persone che fanno poi perdere le loro tracce.
Un fenomeno che lo stesso ministro Marco Minniti definì pericoloso per il rischio di infiltrazione di elementi criminali e soprattutto jihadisti, tenuto conto che la piccola Tunisia ha offerto al Califfato ben 6 mila foreign fighters (e secondo Tunisi altri 27mila sono stati bloccati prima che partissero), più di quanti ne siano partiti dall’intera Europa.
Un rapporto dell’Interpol indicò che solo tra luglio e ottobre dello scorso anno sarebbero giunti in Italia almeno 50 foreign fighters, tutti tunisini.
Del resto degli 800 foreign fighters rientrati in Tunisia all’aprile 2017 e individuati, solo 190 erano stati incarcerati, come affermò il ministro dell’Interno, Hedi Mejboub
L’emergenza migratoria lungo le “autostrade del crimine” nel Mediterraneo non è quindi risolvibile con maggiori aiuti economici a Tunisi o ad altri Stati africani. Meglio sarebbe invece condizionare tali aiuti (e quelli elargiti dalla Ue) allo stop ai flussi migratori illeciti e al rimpatrio immediato di tutti i clandestini presenti in Italia.
(con fonte Il Mattino/Il Messaggero del 6 giugno)
Immagini: Ansa, Agrigento Notizie, Catania Oggi e AGI
https://www.maurizioblondet.it/i-dati-che-dimostrano-i-flussi-di-criminali-tunisini-in-
Tana per Roberto Saviano Allarmato dall’ascesa di Salvini a ministro dell’Interno, Roberto Saviano ci mette in guardia da chi «vuole far annegare le persone», con un video-monologo politicamente e pateticamente corretto. Volto sfatto, distrutto, espressione funerea, sospiri, toni melodrammatici, alla Barbara D’Urso: non manca proprio nulla, la sceneggiatura è pronta e il nuovo video-messaggio di Roberto Saviano può essere registrato e diffuso dai media. Il nuovo nemico diabolico da combattere è il neoministro dell’interno Matteo Salvini, reo di aver messo in dubbio la bontà disinteressata delle Ong che operano nel mar Mediterraneo. Un discorso tutto incentrato sulla difesa delle persone che salvano vite nel cimitero del mar Mediterraneo. E quel fanfarone e maleducato di Salvini, privo di capacità di analisi, comprensione e conoscenza del diritto del mare non può permettersi di usare parole disgustose (ovvero vice-scafisti) e mettere in discussione l’eroismo di queste anime belle. Saviano invita dunque tutti gli uomini e le donne delle istituzioni alla disobbedienza nei confronti del neoministro scellerato e violento che «vuole far annegare le persone». Che dire? Bravo il nostro Roberto: gran bel discorso, davvero commovente. Peccato che, come al solito, sia fazioso, incompleto e pieno di parole-donnola, quei termini vuoti e assertivi che nel linguaggio pubblicitario vengono usati per abbindolare il consumatore. Peccato faccia uso di un linguaggio tipicamente televisivo che non lascia spazio al ragionamento e in cui, direbbe Neil Postman, «non c’è nulla da dibattere, nulla da confutare, nulla da negare. Ci sono soltanto delle emozioni da provare». Un linguaggio perfetto per un film, per un racconto, per uno spot pubblicitario, per un monologo teatrale: non di certo per informare. Per informare o, come nel caso specifico, mettere la democrazia in guardia da qualcuno, le asserzioni, i commenti lacrimevoli, le vaghe accuse di dire bugie non bastano. Servono dimostrazioni, prove, argomentazioni. Ma, come scriveva Nietzsche, «Asserire è più sicuro che dimostrare. Un’asserzione fa più effetto di un argomento, almeno per la maggior parte degli uomini: l’argomento infatti suscita sfiducia. Per questo motivo gli oratori popolari cercano di garantire con asserzioni gli argomenti del loro partito». Questo Saviano lo sa benissimo e sfrutta al meglio le sue doti da oratore “popolare”. Oltre al linguaggio da oracolo, cosa non va nel discorso di Saviano? Non è assolutamente vietato e sbagliato dubitare delle parole e dell’operato degli uomini all’interno delle istituzioni, quindi non è questo il punto: non siamo qui a difendere Matteo Salvini in quanto tale. Il monologo di Saviano è tutto incentrato sulla convinzione che Salvini voglia far morire la gente in mare: asserzione forte, che va a scuotere l’emotività, ma assolutamente priva di fondamento e diffamante, visto che è una libera interpretazione della frase del leader leghista: «Stiamo lavorando e ho le mie idee: quello che è certo è che gli Stati devono tornare a fare gli Stati e nessun vice-scafista deve attraccare nei porti italiani». Saviano si agita e esorta a non credere al fango che ha ricoperto le Ong. Esorta, praticamente, ad ignorare le varie inchieste sui contatti tra trafficanti di uomini e Ong italiane e straniere, a non dubitare che dietro a queste organizzazioni ci sia un giro di soldi (sulla pelle dei migranti), a non dar retta ai canali d’informazione che si discostano dal frame dei media di regime e che non usano come fonti d’informazione solo le agenzie di stampa delle Ong e che non confondono appositamente la Guardia Costiera Libica con la Milizia di Zawiya. Con le sue inferenze, Saviano questo invita a fare. Rimane quindi un solo dubbio da sciogliere: capire se siano peggio i suoi monologhi lacrimevoli o le sue foto con la mano davanti alla bocca. di Alessandra Vio - 5 giugno 2018 |
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.