ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

lunedì 25 giugno 2018

«Una cosa è giusta o sbagliata a prescindere da chi la dice».

Perché aiutarli a casa loro è cristiano e non leghista

È sbagliato demonizzare come un'idea leghista un'idea che appartiene alla tradizione della Chiesa. Forse la migliore, fra le sue tradizioni

I lettori più anziani del Giornale ricorderanno senz'altro padre Piero Gheddo. Era un missionario (ne parlo al passato perché ci ha lasciati giusto sei mesi fa) che ha girato praticamente ogni angolo del pianeta, visitando centinaia e centinaia di missioni cattoliche, condividendo con i confratelli e con i poveri l'esistenza grama di quello che una volta si chiamava il Terzo mondo.
La famiglia religiosa cui apparteneva, il Pime (Pontificio istituto missioni estere), gli aveva affidato la direzione del mensile Mondo e Missioni, direzione che Gheddo ha mantenuto per trentacinque anni, dal 1959 al 1994, tenendo informata la Chiesa - ma non solo la Chiesa - su ciò che succedeva fra i derelitti e fra i cristiani che vivevano la fede in condizioni meno agevoli di quelle delle nostre parrocchie, delle nostre sacrestie e ancor più dei palazzi vaticani. Montanelli, che non amava i preti, aveva però rispetto per i missionari, e ancor più per questo missionario-giornalista, cui aveva affidato una serie di reportage, appunto, per il suo Giornale.
Con padre Gheddo ho avuto la fortuna di scrivere un libro uscito venticinque anni fa per la Bompiani, Nel nome del Padre. Se ricordo lui e quel libro oggi, è perché ricordo bene anche uno dei messaggi più importanti che in quelle pagine il nostro padre Gheddo volle dare. E cioè che dove s'erano insediate le missioni cattoliche, gli ultimi della Terra avevano trovato una possibilità di riscatto e una speranza. I missionari - e i tanto vituperati «occidentali» - avevano, in quelle missioni, creato scuole, ospedali, posti di lavoro; insomma dato ai derelitti e ai dimenticati la possibilità di migliorare le proprie condizioni di vita stando nella propria terra natìa, senza dover cercare disperatamente di fuggire.
Dico tutto questo perché mi colpisce come oggi, in gran parte del mondo clericale, ci si accodi al disprezzo con il quale si scomunica preventivamente l'opzione di «aiutare a casa loro» coloro che invece sono costretti a tentare avventure pericolose per loro e, alla lunga, insostenibili per chi accoglie. «Aiutiamoli a casa loro» sarà anche lo slogan di quel Salvini che è brutto sporco e cattivo ma, come diceva il cardinal Biffi, «una cosa è giusta o sbagliata a prescindere da chi la dice». Tutto questo non vuol dire che un cristiano non debba soccorrere e accogliere chi ha bisogno, ci mancherebbe: vuol dire però che è sbagliato demonizzare come un'idea leghista un'idea che appartiene alla tradizione della Chiesa. Forse la migliore, fra le sue tradizioni.
Michele Brambilla 

La vignetta choc su "Repubblica": Salvini punta pistola contro africano

Su Repubblica la vignetta firmata da Bucchi. Un africano in acqua guarda un militare che gli punta la pistola addosso e afferma: "Dottor Salvini, I presume"

La vignetta è a pagina 25 dell'edizione odierna di Repubblica.
Dopo gli attacchi di Saviano, Boldrini, Gino Strada e via dicendo, ora l'affondo è targato Rep e pubblicato in forma di fotografia. Nella immagine si vede un militare, forse inglese, puntare una pistola verso un africano sommerso dall'acqua mentre trasporta un pacco in testa. L'uomo in acqua dice solo poche parole: "Dottor Salvini, I presume" (nota citazione che, in ordiginale, sarebbe "Doctor Livingstone I suppose").
La settimana passata si è chiusa ieri con l'incontro tra i capi di Stato e di governo dei Paesi Ue. Tema della giornata: il problema immigrazione. Un pre-vertice che ha rinviato lo scontro sui migranti ma che non ha portato ad alcun risultato. Le scelte del governo giallo-verde di chiudere i porti alle navi delle Ong e chiedere maggior cooperazione all'Europa sulla gestione dei flussi migratori ha spostato tutta l'attenzione sul tema sbarchi. E così anche Repubblica dedica diversi articoli di commento proprio ai "due volti del populismo" italiano ("europeista quando chiede aiuto" e "sovranista quando pretende di controllare l'emergenza migratoria") e alla neolingua di Salvini, che "insiste continuamente sulle parole e sul linguaggio dell'aggressione".
Intanto il ministro dell'Interno oggi è andato in Libia per parlare con l'omologo del governo di Tripoli. La proposta italiana è quella di difendere i confini a Sud della Libia e aprire lì dei centri di accoglienza per bloccare il flusso di migranti. "Il mio impegno - ha detto Salvini alla partenza - sarà massimo per rinsaldare l'amicizia tra i nostri due Paesi e la collaborazione su tutti i fronti".
Claudio Cartaldo

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