ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

venerdì 6 luglio 2018

Il nemico alle porte

Il nemico alle porte: le minoranze democratiche contro i popoli


Nel luglio del 1942 iniziava la battaglia di Stalingrado, la differenza con il luglio 2018 non salta all’occhio. Perché non c’è. (Cit.)

Un confronto-scontro è in atto in questo inizio del XXI secolo che secondo Fukuyama avrebbe dovuto sancire la “fine della storia”, si tratta di quello delle nazioni contro le élite,  quello delle “minoranze democratiche” contro i “popoli fascisti”, per riferirsi ad una terminologia (ossimorica ma emblematica di una involuzione orwelliana) coniata proprio da Francis Fukuyama e usata in un incontro con Giulietto Chiesa che ne ha riferito ieri durante una conferenza alla Camera.

Le ‘minoranze democratiche’ sono quelle che detengono sia la grande editoria stampata su carta e online che quella in video, sono quelle delle lobby accreditate presso Bruxelles e Washington per promuovere i loro interessi, sono quelle dei deep State presenti ovunque, le minoranze democratiche sono quelle a cui si riferiva Julian Huxley, primo presidente dell’UNESCO quando nel primo documento programmatico dell’agenzia ONU scriveva:
L’Unesco deve guardarsi dalla tendenza, attuale in certe regioni, di ridurre tutto in termini quantitativi, come se il conteggio delle teste fosse più importante di quello che è contenuto in esse…
Il progresso non è automatico o inevitabile ma dipende dalla scelta umana e dallo sforzo di volontà. Prendendo le tecniche di persuasione e informazione e vera propaganda che abbiamo imparato ad applicare come nazione in guerra, e deliberatamente unendole ai compiti internazionali di pace, se necessario utilizzandole, come Lenin previde, “per superare la resistenza di milioni” verso il cambiamento desiderabile
Le minoranze democratiche sono quelle che occupano i posti chiave nell’orientare l’opinione pubblica, sono le Giovanna Botteri che si disperano perché i giornalisti non sono riusciti a far vincere Hillary Clinton, sono le Monica Maggioni, i Gianni Riotta, i Beppe Severgnini e le Lilli Gruber che vanno agli incontri segreti del Bilderberg dichiarando fedeltà a loro e non ai lettori, sono gli uomini e donne di Stato che sono passati prima dagli uffici della Goldman Sachs o che ci passeranno poi a riscuotere la ricompensa. Le minoranze democratiche sono quelle che invitano il popolo a non interferire con il loro lavoro:
Il Parlamento europeo deciderà liberamente la sua posizione in merito alla legge europea sul copyright con l’obiettivo di proteggere l’interesse di tutti i cittadini. Non bisogna interferire con il lavoro del Parlamento e non si devono diffondere informazioni false e demagogiche

Dall’altra ci sono i popoli, le maggioranze antidemocratiche che in linea di massima sono brutte, ignoranti, sporche e cattive, o meglio fasciste che così si racchiude un po’ tutto. Queste maggioranze ossimoricamente antidemocratiche hanno a disposizione solo il web sul quale hanno costruito una spontanea rete di informazione alternativa che inaspettatamente ha permesso di sconfiggere il Deep State che supportava i Clinton, di far passare la Brexit e di mandare i “populisti” (che non a caso fa rima con fascisti) al potere in Italia.
Ora è del tutto evidente che le minoranze democratiche, quell’ 1% del mondo che detiene il 50% delle ricchezze totali, non saranno così sportive da accettare la sconfitta senza reagire con le notevoli forze di cui dispongono ed è altrettanto evidente che il primo punto che dovranno colpire se vorranno invertire la tendenza a loro sfavorevole, sia la libera diffusione di notizie e opinioni sul web ed è questa la battaglia che si sta combattendo nel Parlamento Europeo con la legge sul copyright che con il pretesto di tutelare diritti di autore bloccherebbe la citazione di articoli e immagini impedendo di fatto la pubblicazione di articoli documentati su temi di attualità e di pubblicare analisi precise.
Come nel luglio 1942 il primo assalto alla Stalingrado 2.0 è stato fermato ma già si preannuncia che l’attacco riprenderà con vigore a alla fine del mese di agosto perché a settembre ci sarà la votazione oggi rinviata.
In campo ci sono forze immense e schieramenti divisi, come drammaticamente ricorda Paul Craig Roberts (ex assistente Segretario al Tesoro per le Politiche Economiche sotto il Presidente Reagan)  anche se le forze populiste appaiono al momento saldamente al potere in USA, Russia e Italia in realtà esiste un deep state operante e ancora in grado di spostare gli equilibri a suo favore, questo è vero per l’America di Trump che ha ancora in campo, e animate da intenzioni di rivalsa, le forze neocon che hanno sostenuto Hillary Clinton, è vero per la Russia di Putin che ha ancora un forte riferimento globalista in Medvedev, ma ovviamente la stessa cosa vale ovunque, Italia compresa.

La calma soleggiata di luglio non deve trarre in inganno, tutto è ancora da decidere e le sorprese sono più probabili che mai, intanto si consiglia la visione del film “Il nemico alle porte”,  genere di guerra del 2001 diretto da Jean-Jacques Annaud, con Jude Law, Rachel Weisz, Joseph Fiennes e Ed Harris, come ricorda Wikipedia che è oggi ancora consultabile perché l’offensiva censoria è stata arrestata. Un film che mostra cosa possa fare un singolo uomo, uno come noi, in quei frangenti. Un capolavoro del grande cinema che insegna anche come si combatte, in ogni caso se ne raccomanda la visione.
BY ENZO PENNETTA 

RIGORE AL 90′: SUL COPYRIGHT SI VA AI SUPPLEMENTARI – ControRassegna Blu #22

Ecco la nuova edizione della Controrassegna Blu, la rassegna stampa di Byoblu: le notizie che i radar dell’informazione mainstream non rilevano.

Il Copyright è rimandato a settembre: adesso le nostre proposte.

Buonasera. La tanto temuta riforma del Copyright segna una battuta d’arresto. Il Parlamento Europeo vota contro, rimandando la questione a una discussione in plenaria tra il 10 e il 13 settembre prossimi. Le pressioni della società civile sono servite, comprese le vostre 25 mila firme raccolte in una settimana, che il Movimento 5 Stelle ha portato con sé a Strasburgo. Il nostro grazie va dunque innanzutto a Isabella Adinolfi.
Tutto bene quel che finisce bene, dunque? Non proprio. La decisione è soltanto rinviata. I più agguerriti? Sembrano essere i cantanti, uno su tutti l’ex Beatles Paul McCartney. “Non vogliamo censurare nessuno“, dicono: “vogliamo solo essere pagati quando le nostre opere vengono utilizzate“.
Un principio comprensibile, al di là di come la si pensi sul diritto d’autore. Ma forse questa riforma andava scritta meglio. Nessuno vuole impedire agli artisti di guadagnare legittimamente dalle loro opere, ma forse si potevano mettere i puntini sulle “i”, invece di scrivere un testo che si prestava ad essere un cavallo di troia contro la libera informazione, attribuendo il diritto a chiunque di censurare preventivamente qualunque cosa possa assomigliare a una violazione del Copyright.
La rete e i grandi editori possono coesistere. Giornali e televisioni onesti e imparziali sono essenziali, così come il libero dibattito in rete è un diritto sacrosanto, esattamente come quello d’autore, perché è uno dei presupposti fondamentali della democrazia stessa.
E allora, visto che adesso ci sono due mesi di tempo per elaborare qualche emendamento, mi permetto di avanzare io, da umile videoblogger con 10 anni di esperienza sul campo, due ipotesi di lavoro.
Se io fossi nel legislatore, coglierei questa grande occasione per introdurre anche in Europa il principio del Fair Use, ovvero dell’utilizzo leale, corretto delle opere dell’ingegno. Si tratta di una legge degli Stati Uniti che regolamenta, sotto alcune condizioni, la facoltà di utilizzare materiale protetto da copyright per scopi d’informazione, critica o insegnamento, senza chiedere l’autorizzazione scritta a chi detiene i diritti. Per esempio, deve sempre essere possibile utilizzare brevi spezzoni tratti dai dibattiti televisivi – mettiamo 30 secondi – per mostrarli e commentarli in rete. Nessuno ci perde, la democrazia ci guadagna.
In secondo luogo, bisogna riconoscere la grande utilità dei contenuti prodotti dagli utenti, in rete, che sono il vero motore, l’anima di internet, e conferire loro il rispetto e le stesse possibilità che hanno i grandi media. Se per esempio si vuole introdurre il concetto che ogni utilizzo di un’opera protetta debba essere accompagnato da una licenza, allora deve essere stabilito per legge che le piattaforme (Youtube, Facebook…) implementino un’interfaccia per consentire agli utenti di acquisire in maniera rapida, efficace quei diritti. Ad esempio, se io volessi mettere un brano di Paul McCartney sotto a un servizio, devo poter acquisire – pagando – la licenza esattamente come farebbe la Rai, e non essere vessato da rapporti di forza squilibrati che finiscono sempre per schiacciare gli utenti e per favorire i grandi.
Se consideriamo la rete un grande motore della conoscenza condivisa, allora portiamola a un livello superiore e aiutiamola ad esprimersi. Se davvero l’intento non è di censurare nessuno, allora dobbiamo consentire a tutti di acquisire le licenze alle stesse, medesime condizioni.
Sono solo due proposte: “Fair Use” e mercato delle licenze aperto a tutti. Discutiamole insieme e poi, magari, suggeriamole alla politica, nella speranza di fornire utili spunti.
Intanto, restando in tema di rapporti di forza, guardate cosa è successo a Pandora Tv, di Giulietto Chiesa [ndr: servizio nel video]

INTERNET
EU - copyright: siamo salvi (ma per quanto?)

Il Parlamento Europeo ha votato “no”  alla direttiva sul copyright. Libertà salva? Non proprio. Il provvedimento non passa per soli 40 voti. Ma già a settembre un nuovo provvedimento verrà messo al vaglio dell'assemblea di Strasburgo. Tuttavia, quanto definito dal Parlamento Europeo sembra ben lungi dall’essere garantista quanto, al massimo, tirannico.


Ieri il Parlamento Europeo raccolto in seduta plenaria attorno agli scranni di Strasburgo ha votato “no”  alla direttiva sul copyright di cui si parla ormai da qualche giorno. L’aggiornamento delle regole sul diritto d’autore erano ferme, in Europa, dal 2001, anno in cui Internet non era ancora la realtà che è oggi. Tuttavia, le nuove regole, più che garantire la salvaguardia di un marchio, minavano la libera circolazione di creatività ed informazioni, mettendo a repentaglio comportamenti ormai assodati. 

Il voto, che ha negato la direttiva così come era stata scritta, non limita però le azioni in un tempo indefinito. Già a settembre un nuovo provvedimento - che rivisiterà in maniera più o meno approfondita quanto già scritto nella prima sede - verrà messo al vaglio del Parlamento. Perché, a ben vederci, la tutela del copyright e del diritto d’autore è cosa sacrosanta. Tuttavia, quanto definito dal Parlamento Europeo sembra ben lungi dall’essere garantista quanto, al massimo, tirannico.

I voti che avrebbero favorito il passaggio della direttiva sono stati 278, mentre quelli contrari 318 (cui vanno aggiunti i 31 astenuti). Sono stati solo 40 i voti che ci hanno permesso di goderci internet così come lo conosciamo: una manciata. Tuttavia, questo allontana l’incontro tra Commissione Europea, Consiglio Europeo e Parlamento Europeo per discutere in maniera più definitiva la questione. Già nella primavera 2019 si sarebbero dovuti adottare alcuni degli articoli scritti sulla regolamentazione, con l’implementazione da parte di tutti gli stati membri per il 2021. Adesso, i tempi si dilatano.

I due articoli che hanno gettato nello scompiglio la rete sono stati, in particolare, l’11 e il 13. In generale, diversi esperti hanno definito la legge in questione non essere comunque sufficientemente chiara perché si potesse considerare appropriata. Tuttavia, entrambi gli articoli hanno, al loro interno, alcuni elementi positivi e altri negativi. Nel dettaglio, l’articolo 11 prevede una compensazione, da parte dei giganti della rete che si comportano come “repository” di contenuti editoriali, verso quegli editori che producono i contenuti. Sono i link che si vedono comparire, ad esempio, su Facebook, che con il titolo, un sottotitolo e un’immagine vogliono “spostare” il lettore da Facebook al sito dove il contenuto è pubblicato per intero. Da qui il termine “link tax”, definizione informale di questo articolo. 

L’articolo 13 ha connotati ben più inquietanti del precedente articolo 11. Esso infatti prevede che le piattaforme online costruiscano algoritmi capaci di controllare ciò che i singoli utenti carichino su di essi, in modo da evitare in partenza la pubblicazione di contenuti soggetti a copyright. In pratica, sarebbero le stesse piattaforme a costruire tecnologie censorie, limitando ulteriormente la libertà d’informazione. Già il fenomeno della “Filter Bubble” - secondo cui l’algoritmo dei social network più in voga tende ad accostare ai diversi utenti i contenuti più aderenti alle sue aspettative, di fatto creandogli uno schermo impermeabile a opinioni diverse dalle proprie - ha il difetto di annacquare la libertà di informazione. L’articolo 13 - così come percepito attualmente - gli permetterebbe di farlo “a norma di legge”. In ogni caso, trovare tutele che salvaguardino il diritto d’autore nel mondo digitale è, e deve essere, un elemento di primaria importanza per l’Europa. Fa strano, tuttavia, pensare che il motore principale per il garantismo rischi, da un certo punto di vista, di diventare il primo appiglio di un controllo quasi nazista.

Orlando Falena
http://www.lanuovabq.it/it/eu-copyright-siamo-salvi-ma-per-quanto

Nessun commento:

Posta un commento

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.