ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

martedì 17 luglio 2018

Ordo et Perturbatio

"La verginità non è necessaria". E le Spose di Cristo insorgono

L'associazione americana dell'ordine femminile contro il testo del Vaticano: "Deludente e scioccante"
Per far parte dell'Ordine delle vergini non bisogna essere vergini. L'ha stabilito il Vaticano, nel primo documento che disciplina la vocazione di quelle donne che hanno scelto la consacrazione pur continuando a vivere la propria vita di sempre.


Ma le prime a esserne scontente sono proprio loro, le «spose di Cristo». Che hanno definito il testo «deludente e scioccante» e chiedono più rigore.
A far discutere è il regolamento - in gergo, l'«istruzione» - emanato dalla Santa Sede a inizio luglio dopo le numerose richieste da parte delle dirette interessate, ma anche di vescovi, di fare chiarezza su questo tipo di vocazione. L'ordo virginum, infatti, ha origini molto antiche, ma fu soppresso per secoli ed è stato recuperato solo con il Concilio Vaticano II del 1962. È stato Papa Paolo VI, nel '70, a ripristinare ufficialmente la possibilità di consacrare anche le donne che restano nel loro ordinario contesto di vita. Le «vergini consacrate» fanno voto di castità durante una cerimonia che le vede indossare l'abito nuziale bianco, a simboleggiare il matrimonio con Cristo. Ma nella vita quotidiana non portano segni o abiti distintivi, vivono da sole (o in famiglia, oppure con altre vergini), lavorano e si mantengono da sé.
Il documento approvato due settimane fa da Papa Francesco, Ecclesiae Sponsae Imago, disciplina per la prima volta da allora le caratteristiche di questa scelta di vita. Quello che però il Vaticano non aveva messo in conto erano le proteste per l'eccessiva morbidezza di quanto stabilito. L'articolo che ha fatto insorgere le vergini è il numero 88. «Si terrà presente che la chiamata a rendere testimonianza all'amore verginale, sponsale e fecondo della Chiesa verso Cristo non è riducibile al segno della integrità fisica - si legge - e che l'aver custodito il proprio corpo nella perfetta continenza o l'aver vissuto in modo esemplare la virtù della castità, pur rivestendo grande importanza, non costituiscono requisiti determinanti in assenza dei quali non sia possibile ammettere alla consacrazione». Aver mantenuto intatta la propria verginità, dunque, non è una discriminante per poter entrare nell'Ordine delle vergini. Piuttosto «ciascuna candidata è chiamata a esaminare la propria vocazione con riguardo alla propria storia personale, con veridicità e autenticità davanti a Dio, e con l'aiuto di un accompagnamento spirituale».
Contro il testo è intervenuta l'Associazione delle Vergini consacrate statunitensi, che ha bollato come «volutamente contorto e confuso» l'articolo in questione. «L'istruzione tanto attesa è profondamente deludente nel suo voler negare la verginità come fondamento essenziale e naturale dell'ordo virginum - scrivono in una nota critica nei confronti di quanto stabilito dalla Santa Sede -. È scioccante sentir dire questo dalla Santa Madre Chiesa». Secondo l'associazione, che rappresenta 235 donne, «la tradizione della Chiesa ha sempre sostenuto che una donna deve aver ricevuto il dono della verginità, sia fisica che spirituale, per ricevere la consacrazione».
La questione è destinata a far discutere. Anche perché, come ha spiegato il cardinale brasiliano Joao Braz de Aviz nel presentare la nuova disciplina, nel 2016 una statistica approssimata per difetto stimava la presenza di oltre 5mila vergini consacrate nel mondo, diffuse in tutti i continenti. E il fenomeno è in continua crescita. Il cardinale ha lanciato l'idea di un incontro internazionale di tutte le spose di Cristo a Roma nel 2020, 50esimo anniversario del rito: le vergini potrebbero arrivarci più agguerrite del previsto.
Manuela Gatti
L'anno zero delle vocazioni. La speranza è la tradizione
Nel 2018 i sacerdoti ordinati in Francia sono 114, di cui solo 68 diocesani. 58 diocesi francesi, su un totale di 98 (il 58%) quest’anno non hanno avuto alcuna ordinazione sacerdotale. Sono dati "da paura", ma quest’anno i sacerdoti ordinati in istituti tradizionali, cioè destinati a celebrare secondo la Forma Straordinaria, o “classici” incidono per il 20% sul totale dei nuovi preti. E' uno spunto prezioso per investire sull'eterna giovinezza della tradizione. 
Il quotidiano La Croix fa la conta delle nuove ordinazioni sacerdotali in Francia. Nel 2018 i sacerdoti ordinati in Francia sono 114, di cui 68 diocesani, 14 membri di una comunità, ma incardinati in una diocesi, ed infine 32 appartenenti a comunità che godono della facoltà di incardinare i propri membri.
Ma c’è già un primo giallo: i dati comunicati dalla Conferenza Episcopale Francese divergono da quelli comunicati da La Croix. Secondo il quotidiano francese, la CEF avrebbe cambiato i parametri rispetto a quelli utilizzati negli anni precedenti per comunicare i propri dati, una cura a base di “cortisone” che avrebbe finito per gonfiare un po’ le cifre, nella speranza di curare il malato. I 125 nuovi sacerdoti comunicati dalla CEF racchiuderebbero infatti anche sacerdoti francesi, che però non svolgeranno il loro ministero in Francia, oppure sacerdoti stranieri ordinati in Francia, ove però resteranno solo per un periodo limitato, per poi raggiungere i loro paesi d’origine.
Ma a parte questa querelle, si tratta comunque di una tendenza negativa; sempre secondo La Croix, infatti, nel 2017 le ordinazioni presbiterali furono 133 (di cui 79 diocesani) e 140 nel 2014.
Sono cifre da paura, se si paragonano al numero delle ordinazioni italiane. Il dato del 2015 parla di 431 ordinazioni in Italia contro le 120 in Francia. Eppure c’è poco da stare allegri anche dalle nostre parti (si veda qui): ancora circa 490 ordinazioni annue nel triennio 2009-201 e poi il crollo: 433 nel 2012 e 402 nel 2016. Effetto della chiesa in uscita.
Torniamo alla situazione francese; a prescindere dalle divergenze tra i calcoli di La Croix e quelli della CEF, ci sono alcuni dati che convergono e che risultano molto significativi.
Il primo: 58 diocesi francesi, su un totale di 98 (il 58%) quest’anno non hanno avuto alcuna ordinazione sacerdotale. E tra le restanti 40 diocesi “fortunate”, la ripartizione è tutt’altro che omogenea e proporzionata al numero dei battezzati. L’Arcidiocesi di Parigi, che registra più di un milione e mezzo di cattolici (il 70% della popolazione) ha avuto 6 ordinazioni, come quella di Bordeaux, che però di cattolici ne registra mezzo milione in meno e il cui vescovo, mons. Ricard, accolse nel 2007 l’Istituto del Buon Pastore, erigendo una parrocchia personale caratterizzata dalla celebrazione esclusiva secondo la Forma Straordinaria del Rito romano. Ancora più prodigiosa risulta la diocesi di Fréjus-Tolone, guidata da mons. Rey; poco più di 600.000 cattolici e solo un’ordinazione in meno, quest’anno, della diocesi parigina.
Il secondo elemento di grande rilievo è il fatto che quest’anno i sacerdoti ordinati in istituti tradizionali, cioè destinati a celebrare secondo la Forma Straordinaria, o “classici” incidono per il 20% sul totale dei nuovi preti. Tra le realtà tradizionaliste emergono:
l’Istituto del Buon Pastore, che ha dato alla Chiesa francese tre nuovi sacerdoti (su 4 totali), realtà nata nel 2006 e fondata dall’abbé Laguérie e da altri sei membri usciti dalla Fraternità Sacerdotale San Pio X.
la Fraternità Sacerdotale San Pietro (eretta nel 1988 da Giovanni Paolo II, per tutti quei sacerdoti, diaconi e seminaristi che non aderirono alle ordinazioni episcopali volute da mons. Lefebvre), che tra i suoi nuovi 16 sacerdoti, include due francesi; la FSSP ha al proprio interno 81 sacerdoti francesi, di cui 68 presenti sul territorio nazionale e gli altri 13 all’estero.
l’Istituto Cristo Re Sommo Sacerdote, fondato da mons. Gilles Wach ed eretto canonicamente nel 1990, quest’anno ha avuto due nuovi sacerdoti francesi (sulle 9 ordinazioni totali).
Vi sono poi altre realtà tradizionali che hanno registrato un’ordinazione presbiterale ciascuna: i Canonici dell’Abbazia di Sainte-Marie de Lagrasse, i sacerdoti “verdi” della Fraternità San Thomas Becket, e i Missionari della Misericordia Divina, nati nella diocesi di Frejus-Tolone.
Tra le comunità che La Croix definisce “classiche”, occorre menzionare la Communauté Saint Martin, che quest’anno ha dato alla Chiesa francese ben 8 nuovi sacerdoti. Non si tratta di una comunità propriamente tradizionalista, perché i suoi membri non celebrano ordinariamente secondo la Forma Straordinaria, ma è una realtà che ha seguito la linea di Solsmes, nell’applicazione della riforma liturgica. Il loro fondatore, monsignor Jean-François Guérin, sacerdote diocesano della diocesi di Tours, oblato benedettino dell’Abbazia di Notre-Dame de Fontgombault, spinto da alcuni studenti che percepivano la chiamata alla vita sacerdotale, nel 1976 si mise sotto la protezione del Cardinal Siri, trasferendosi a Voltri, dove venne ottenne l’approvazione nel 1979. Ma Guérin avvertiva la vocazione di rinnovare il clero francese, soprattutto mediante una vita di preghiera intensa e la degna celebrazione dei Divini misteri; decise percisò di spostare la sede della Comunità in Francia, nella diocesi di Blois. Questa realtà, che ad oggi conta 115 sacerdoti e diaconi, ha più di 100 giovani seminaristi in formazione ed è presente in oltre 20 diocesi francesi.
In proiezione, è chiaro la progressiva e significativa diminuzione dei nuovi sacerdoti francesi, diocesani e religiosi, che per comodità definiamo come “non tradizionali”, da un lato, e la conferma della tenuta delle vocazioni tradizionali o classiche, dall’altro, finiranno per mutare la carta d’identità del sacerdote francese. Se poi si considera che l’età media dei seminaristi tradizionali risulta inferiore rispetto a quella dei seminaristi non tradizionali (La Croix riporta che il 4% ha tra i 36 e i 40 anni, e il 2% addirittura tra i 41-45), gli spunti per capire come far fronte alla crisi nera delle vocazioni sacerdotali non mancano. Spunti, non ricette predefinite; però se si perdesse meno tempo alla teorizzazione e realizzazione delle unità pastorale, se si scommettesse un po’ meno sulla scialuppa di salvataggio del clero uxorato e si credesse un po’ di più nell’eterna giovinezza della Tradizione della Chiesa, forse qualcosa cambierebbe. Anzi, qualcosa sta già cambiando: l’esempio della Francia è sotto gli occhi di tutto. Ma occorre voler vedere e riconoscere che forse le cose sono più semplici di quanto non si creda.
Luisella Scrosati
http://www.lanuovabq.it/it/lanno-zero-delle-vocazioni-la-speranza-e-la-tradizione


Gesuita supporta uccisione dei bambini - Vescovo sminuisce lo scandalo


Il gesuita don Mario Serrano ha dimostrato il 15 luglio a Santo Domingo (Repubblica Dominicana) a una marcia di sinistra per la legalizzazione dell'aborto.

Serrano ha definito l'uccisione dei bambini su Twitter (13, 15 luglio) una "causa giusta" dichiarando che durante la marcia si è sentito "vicino al Gesù che ama, accompagna e non condanna le persone in situazioni estreme" [inclusi i pedofili, razzisti e terroristi?].

Il vescovo ausiliario Jesús Castro Marte di Santo Domingo a definito la dichiarazione di Serrano una "posizione personale".

Parlando a Diario Libre (15 luglio), il vescovo ha chiesto a Serrano solo di "riflettere su quanto ha detto".

Foto: Mario Serrano, #newsVcsrhcmren

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