ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

venerdì 31 agosto 2018

Caccia all’uomo

Dov’è finito “Osama” Viganò? 

Non è di certo così, ma se anche per paradosso monsignor Viganò (l’uomo più ricercato del pianeta dopo Osama bin Laden) fosse un carrierista frustrato o un calcolatore vendicativo con trascorsi criminali, la portata della sua testimonianza non ne uscirebbe intaccata. Il tentativo disperato di screditarlo sotto il profilo personale passando al setaccio la sua vita pregressa tradisce solo il comprensibile imbarazzo dell’establishment clericale che, eluso accuratamente il merito della faccenda, ha scatenato contro di lui le truppe cammellate di papolatri e pennivendoli in servizio permanente effettivo. Con grande sprezzo del ridicolo, tra l’altro.
Lo sforzo, se può servire a distrarre qualche appassionato di gossip tenendolo impegnato altrove, non inficia per niente il documento dell’ex nunzio apostolico. Non soltanto perché questi si dice disposto a confermare tutto sotto giuramento chiamando Dio a suo testimone, ma soprattutto perché il quadro che esce dal suo racconto, pur non potendo non generare un rigurgito di raccapriccio, è esattamente quello che tutti potevamo già intuire – e sicuramente in Vaticano conoscevano nel dettaglio – ma che i più si sforzavano di rimuovere, vuoi per convenienza, vuoi per non destabilizzare tutt’un sistema di vita e di pensiero che attinge al nostro essere profondo.
La chiesa come struttura di peccato
Che l’edificio ecclesiale fosse divorato dal tarlo del vizio e dal malaffare, sia nelle sue membra periferiche sia nel corpo centrale, era cosa risaputa, suffragata da miriadi di dati oggettivi e di fatti notori. Basterebbe spulciare le cronache e metterli in fila, e sarebbero ancora, solo, la punta dell’iceberg.
La chiesa istituzionale è de facto – progressivamente anche de iure – una struttura di peccato, di corruzione morale, di perversione radicata. Non certo da oggi: la sozzura, penetrata in ogni anfratto, si è depositata nel lungo periodo; ma l’amministrazione Bergoglio, per esigenze “pastorali”, ha favorito la creazione sempre più sfacciata di un simil-magistero a uso e consumo dei praticanti, che si sono sentiti quindi sempre più liberi di “praticare”. E sono loro che di fatto oggi comandano, usando del dispotismo bieco cui qualcuno ha graziosamente assegnato il nome d’arte di “misericordia”.
Per la prima volta, con la testimonianza di monsignor Viganò, la cupola omertosa sorretta dal vincolo del silenzio che regalava ai depravati libertà di azione e sicurezza di impunità, è stata perforata dall’interno provocando uno smottamento senza precedenti.
Se i vari dubiacorrectiones, suppliche con cui fino ad ora si era timidamente espresso il dissenso al sistema si esaurivano in un esercizio dialettico incentrato sulla dottrina, che poco o nulla interessa alla gente, la bomba Viganò colpisce invece un’area satura di materia altamente infiammabile di cui la gente sa, conosce, non di rado ha esperienza diretta. E inorridisce, com’è giusto che sia.
Ecco perché, per quanto si cerchi adesso in ogni modo di domare le fiamme, il gesto del prelato non può non segnare una svolta decisiva nell’andazzo incancrenito di un apparato che pareva intoccabile.
Su mandato aereo del comandante in capo, i media di regime, mentre infangano Viganò, esaltano la specchiata figura di Bergoglio fustigatore di corrotti. Dal canto suo Bergoglio, mentre con la destra ciancia di pulizia e di tolleranza zero e implora il perdono delle vittime degli abusi, con la sinistra sponsorizza la frangia interna dell’omosessualismo militante, e ne rafforza la rendita di posizione. La star del momento è il gesuita Martin, il consultore della comunicazione vaticana che, dopo l’exploit di Dublino, è diventato il corifeo del movimento cattogaio, serbatoio di pederasti e ufficio-permessi per gli scatti di carriera.
Qualche gesto ad effetto e un po’ di lacrime di coccodrillo versate sulla piaga degli abusi, dunque, sono il motivetto orecchiabile che accompagna il basso continuo dell’assiduo lavorio profondo volto alla normalizzazione del fenomeno omosessuale dentro la chiesa.
Nessuno dei valenti giornalisti accreditati in Vaticano pare accorgersi della schizofrenia strategica, invero piuttosto grossolana, funzionale alla promozione del vizio come sistema. L’”avvertimento” lanciato ad alta quota da Bergoglio sta producendo effetti speciali, persino esilaranti, nella sua corte dei miracoli. Una gara di piaggeria ormai fuori controllo.
 Come Osama Bin Laden
Intanto per Viganò, neanche fosse Bin Laden, è caccia all’uomo.
Monsignor Viganò non aveva certo sottostimato la potenza di fuoco della macchina del fango che si sarebbe messa in moto all’indomani delle sue rivelazioni. Si è reso irreperibile e nessuno sa dove si trovi.
Gli ultimi incontri con i suoi confidenti italiani, ci racconta Aldo Maria Valli, si sono svolti come in un film di 007, luoghi defilati, atteggiamento furtivo, berrettino da baseball al posto dello zucchetto.
In effetti, qui siamo nel bel mezzo di traffici di portata internazionale, che non coinvolgono solo la chiesa ma anche il mondo politico. Le entrature di McCarrick – pensiamo alla serqua di contatti, da Kissinger in giù, che il “predatore seriale” in berretta cardinalizia poteva tranquillamente esibire – facevano parte del suo sistema di abusi: i vipservivano ad adescare i ninfetti, che poi finivano nello spazioso letto della sua casa al mare.
Ma non dobbiamo pensare che il modello McCarrick sia un unicum. Si tratta di un costume diffuso e non solo nelle province dell’impero. L’epicentro è Roma, e probabilmente Santa Marta – monsignor Viganò lo lascia intendere, anche se non fornisce dettagli specifici – è la prima cintura di una spietata e ripugnante struttura di potere. Lì, ricordiamolo, è annidato, inamovibile, monsignor Giambattista Ricca, “il prelato della lobby gay” che si è guadagnato per primo la copertina dell’Espresso per acquisiti meriti sul campo. All’interno della cintura romana, negli appartamenti del Palazzo dell’ex Sant’Uffizio, non più tardi di un anno fa sono stati scoperti festini gay a base di droga ed è stato arrestato il segretario personale di un cardinale capo-dicastero già destinato (il segretario) alla nomina episcopale, su indicazione del suo superiore. Quello strafatto impegnato nell’orgia sodomita era tale monsignor Luigi Capozzi; il superiore era il cardinale Francesco Coccopalmerio, citato peraltro nel dossier Viganò, insieme all’arcivescovo Paglia, come componente di spicco nella Curia Romana, molto vicino al papa, della “corrente filo omosessuale favorevole a sovvertire la dottrina cattolica a riguardo dell’omosessualità”.
Ricordiamo, ancora, la vicenda del cardinale belga Danneels, l’ultraprogressista della mafia di San Gallo che fu inchiodato nel bel mezzo del Sinodo sulla famiglia da una registrazione in cui esortava un giovane a tacere degli abusi subiti, in attesa del pensionamento del vescovo suo molestatore, e tra l’altro suo parente.
Ma, ancora una volta, si tratta solo delle punte dell’iceberg.
Per capirci, monsignor Viganò non ha detto nulla di nuovo. Solo, ha fatto un po’ di nomi e cognomi e ha raccontato qualche episodio di vita vissuta emblematico per configurare, dal dettaglio, la visione d’insieme. Ma soprattutto, si è chiamato finalmente fuori dal patto di connivenza che rendeva impenetrabile il muro di omertà a protezione del malaffare, e consegnava a un giro di depravati un potere smisurato.
 La battaglia è in America
Ma dove sarà, ora, monsignor Viganò?
In genere, quando un prete deve far perdere le proprie tracce, si rifugia in un convento defilato in qualche defilata parte del mondo. In questo caso, però, dovendo fuggire proprio dagli uomini di chiesa, nessun luogo religioso sarebbe per lui sicuro, forse nemmeno un seminario sedevacantista, perché una spia pronta a chiamare Roma potrebbe saltare fuori ovunque.
È probabile che l’ex nunzio americano si trovi proprio negli USA.
Sulla stampa autoctona è completamente passato sotto silenzio come la preparazione della bomba non sia avvenuta solo in Italia. Monsignor Viganò – scrive il NYT – si era consultato con l’avvocato americano Busch, che siede nel board di EWTN.
Eternal World Television Network è un gigantesco conglomerato televisivo di matrice cattolica. Lo fondò Madre Maria Angelica dell’Annunciazione (al secolo Rita Antoinette Rizzo, 1923-2016) dell’ordine delle Clarisse dell’Adorazione Perpetua, una suora che certo non le mandava a dire. Si scatenò per esempio dopo la GMG di Denver 1993, quando in una via crucis fu assegnato a una donna il ruolo di Gesù. La suora partì all’attacco della Conferenza episcopale americana e, dopo la replica stizzita dell’arcivescovo di Milwakee che definì quella intentata da Madre Angelica “una delle più vergognose, non cristiane, offensive e diatribe che abbia mai sentito”, Lei gli rispose: “Non pensa che una donna che interpreta Gesù sia offensiva? Allora per quanto mi riguarda può andare a mettere la testa ‘in the back toilet’!”
Insomma, se EWTN è a suo modo una potenza che, quantomeno ai tempi della fondatrice, non aveva paura di mandare a quel paese gli zucchetti americani.
È dunque verosimile che la seconda parte della battaglia sia stata programmata per svolgersi negli USA, com’è logico che sia.
Mentre in Italia i giornaloni possono essere facilmente asserviti a suon di veline e producono subito il virtuosismo di sviolinate dei vari di Melloni, Vecchi, Accatoli, Rodari – per non parlare dell’armata brancaleone di Avvenire abbeverata alla fonte prodigiosa delle fake news – in America non è così.
In America era già partita la macchina da guerra del New York Times, pubblicando un’inchiesta durata mesi foriera di uno scoop anche più grande di quello bostoniano di Spotlight.
 Mandato di comparizione per Bergoglio?
Questa macchina ora non si può arrestare, perché la gente è furiosa, ferita, agguerrita, e perché su quella smisurata e agghiacciante lista di abusi, violenze e vessazioni sta indagando il procuratore generale della Pensylvania Josh Shapiro che in un suo recente rapporto accusa oltre 300 sacerdoti e descrive una “sistematica” azione di insabbiamento da parte dei vertici ecclesiastici nell’arco di 70 anni.
Shapiro si è anche rivolto alle gerarchie ecclesiastiche, esortandole a collaborare con la magistratura: «Le indagini a carico di sacerdoti non sono dirette a diffamare la Chiesa cattolica – chiarisce – ma a punire chi ha infangato la reputazione di tale istituzione millenaria. I vescovi, i parroci e tutti i fedeli devono aiutare i Procuratori statali a individuare i responsabili dei reati ai danni dei minori, al fine di sradicare definitivamente la pedofilia dalle diocesi americane».
Continua Shapiro: «Abbiamo le prove che il Vaticano sapeva e ha coperto gli abusi. Non posso parlare specificatamente di Papa Francesco». «Quello che abbiamo trovato davvero spaventoso è che i leader della chiesa avrebbero mentito ai fedeli la domenica, mentito in pubblico, protetto questi predatori, ma hanno documentato tutto e messo negli archivi segreti a pochi passi dai vescovi…».
Alla luce delle dichiarazioni pregresse del giudice inquirente e delle rivelazioni contenute nel dossier di Viganò, sembra non potersi escludere che Shapiro possa anche emettere delle subpoena, e chiami a comparire davanti alla Corte Suprema investita del procedimento, come persone informate dei fatti, le massime autorità religiose.
Monsignor Viganò sarebbe un testimone eccellente e, del resto, per lui in questo momento la giustizia americana è il migliore alleato che ci sia.
È da vedere addirittura se il giudice avrà il coraggio di citare lo stesso Bergoglio (diceva: «abbiamo le prove che il Vaticano sapeva e ha coperto gli abusi. Non posso parlare specificatamente di Papa Francesco»), visto che – stando al resoconto Viganò – si tratta di persona molto ben informata dei fatti; e se i processi sono non solo contro i predatori sessuali, ma anche contro chi li ha coperti e ha concorso a insabbiarli, allora il rischio per Bergoglio diventa un rischio non irrilevante.
Una volta rotto il guscio coriaceo che per decenni ha protetto una imponente associazione a delinquere infame e sacrilega, l’effetto domino potrebbe essere devastante e arrivare a travolgere i vertici della struttura. Una prospettiva, questa, da vertigine, che metterebbe finalmente in luce la luciferina doppiezza di Bergoglio: la sua apparente affabilità, costruita ad uso mediatico per esigenze di gradimento, non è che la maschera grottesca dietro la quale si nasconde un uomo avvezzo all’accaparramento del potere, al calcolo politico e al sacrificio dei più deboli. E tutta la cintura di prelati modernisti di cui si è circondato per scardinare la morale cattolica su sessualità e dintorni, mentre da una parte è impegnata a violentare la dottrina millenaria a vantaggio di una manica di corrotti, dall’altra garantisce (garantiva) la copertura a tenuta stagna del postribolo ecclesiale.
 Scisma de populo
Potrà sopravvivere a tutto questo sommovimento la chiesa conciliare? Non è da escludere che non ci passi indenne. Il crollo improvviso della Chiesa di San Giuseppe Falegname al Campidoglio, proprio nel fulcro della capitale, è stata ieri un’immagine evocativa.
Perché, alla fine, il quivis de populo magari non capisce uno scisma consumato sulle manipolazioni del Concilio, ma forse, se c’è di mezzo l’orrore dell’omopedofilia, può anche comprendere l’urgenza di recidere le membra malate di una chiesa agonizzante per sperare in una sua rigenerazione.
Gli USA in questo momento rappresentano il punto nodale nella storia della Chiesa. Ecco perché è facile che monsignor Viganò si trovi lì. Come tutti i nostri cuori.
– di Elisabetta Frezza e Roberto Dal Bosco

Breakingnews: Mons. Viganò torna sulle sanzioni imposte da Benedetto XVI a McCarrick












Il sito LifeSiteNews ha pubblicato quest’oggi un aggiornamento esclusivo 
sul memoriale Viganò. Si tratta di un’intervista in cui il Nunzio ha replicato 
alle obiezioni che gli sono state mosse circa l’applicazione (meglio: la non 
applicazione) delle sanzioni imposte da Benedetto XVI all’allora Card. 
McCarrick. Noi ne abbiamo parlato qui, ma il tema pare ancora caldo, 
perchè alcuni commentatori continuano ad utilizzarlo per sostenere
che il memoriale sarebbe menzognero.

Nell'intervista (di cui vi proponiamo alcune citazioni, nella traduzione 
di Federico Baldelli), mons. Viganò ha ribadito che parlò a 
McCarrick delle restrizioni impostegli da Benedetto, ma che, come
Nunzio, non aveva l'autorità per metterle in esecuzione.

«Non ero nella posizione di implementarle, specialmente perché 
le misure (sanzioni) a McCarrick furono stabilite in modo segreto. 
Quella fu la decisione di Papa Benedetto».

Viganò ha affermato che Papa Benedetto ha imposto le 
sanzioni privatamente forse «considerando che McCarrick era 
già ritirato (da cariche pubbliche - ndr), forse perché lui 
(Benedetto) pensava che fosse pronto ad obbedire».

Ma McCarrick «certamente non ha obbedito»ha detto Viganò a 
LifeSiteNews.

Mons. Viganò ha anche detto di aver parlato a McCarrick già 
al tempo del video (in cui il Papa saluta vari prelati), ribadendo le 
misure impostegli da Papa Benedetto, cosa che fece anche 
il Nunzio predecessore, l'Arcivescovo Pietro Sambi.

Viganò, Nunzio dall'ottobre 2011 all'aprile 2016, ha spiegato come 
fosse solo ai primi passi del suo nuovo ruolo come rappresentante 
del Papa quando accaddero gli eventi riportati nei video montati dalla 
CNS, e come stesse imparando a conoscere l'ambiente e la 
gerarchia del suo nuovo incarico negli Stati Uniti.

Oltre ad essere all'inizio della sua missione, ha detto, il Nunzio 
non può forzatamente imporre le sanzioni in modo diretto,
specialmente nei confronti di un Cardinale, che è considerato 
un superiore. Una tale imposizione sarebbe spettata ad un uomo 
nella posizione del Cardinal Donald Wuerl, Arcivescovo di 
Washington e successore di McCarrick, ha soggiunto Viganò.

Una parte del video della CNS che mostra McCarrick che presenzia 
ad una visita ad limina dell'Episcopato statunitense a Roma ed 
incontra Papa Benedetto sembra suggerire che non vi fossero 
sanzioni nei confronti del Cardinale. Viganò ha spiegato ancora una 
volta che McCarrick non obbediva alle sanzioni e che sarebbe 
stato inconcepibile per Benedetto risolvere la questione in quel 
momento e in quel luogo, con gli altri Vescovi presenti.

«Potete immaginare Papa Benedetto, dal carattere tanto mite, 
dire "Che cosa ci fa lei qui?" di fronte agli altri Vescovi?».



Un'altra parte del video che mostra Viganò mentre presenzia ad 
un gala delle Associazioni per le Missioni Pontificie insieme a 
McCarrick sembra suggerire che non vi fossero sanzioni e che 
Viganò non fosse turbato alla presenza del Cardinale. Viganò 
ha spiegato che non poteva rinunciare a partecipare all'evento 
e che non ebbe l'opportunità, in quell'occasione, di ribadire 
al Cardinale le sanzioni nei suoi confronti.

«Non potevo dire "Che sta facendo qui?". Ve lo potete 
immaginare? Nessuno sapeva delle sanzioni quando furono 
imposte da Benedetto, si trattava di un incontro privato 
(cioè non aperto al pubblico - ndr). Dunque questo video 
non prova nulla», ha detto Viganò.

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