ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

sabato 25 agosto 2018

Fenomenologia dell’odio

Si prevede la rottura del governo italiano con la UE. Salvini “inquisito” dai magistrati


di Luciano Lago

https://www.controinformazione.info/si-prevede-la-rottura-del-governo-italiano-con-la-ue-salvini-inquisito-dai-magistrati/


Pezzi di merda: fenomenologia dell’odio nell’Italia di Salvini

FONTE: LIBREIDEE.ORG
Succede questo: a proclamarsi paladini dell’uomo dalla pelle scura, oggi, sono i killer politici dell’uomo dalla pelle chiara – quelli che gli hanno tolto tutto, in Europa, dopo aver abbondantemente depredato anche l’Africa, trasformandola in una terra desolata da cui scappare. Così i naufraghi salvati in mare da una nave della Guardia Costiera italiana diventano prigionieri, letteralmente  torturati dal vero Uomo Nero, il Ministro della Paura che usurpa la poltrona del Viminale. Ha un problema, l’Uomo Nero, anzi due: non può fare quello che vorrebbe, e che ha promesso agli elettori – tagliare le tasse – e in più deve rispondere di un risarcimento colossale imposto al suo partito dal potere giudiziario. Un risarcimento così anomalo, e così enorme, da ridurre praticamente a zero la possibilità di sostenere qualsiasi attività politica, e quindi di continuare a esistere, come partito. Chi ha paura dell’Uomo Nero? La cosiddetta Europa: quella che impedisce che le tasse vengano abbattute, che le pensioni italiane siano dignitosamente rimpinguate, che giunga un reddito provvisorio ai senza-lavoro. Di questo sono ostaggi, i naufraghi della nave Diciotti: di un’ingiustizia infame, compiuta da Bruxelles.
Negli ultimi tre anni, si apprende, l’Italia ha accolto la quasi totalità dei 700.000 migranti sbarcati sulle sue coste. Il resto d’Europa non li vuole. Deve tenerseli, per forza, l’Uomo Nero. Al quale però non si concede – in cambio – di abbassare le imposte, alzare le pensioni, distribuire un reddito di cittadinanza. “Pezzi di merda”, li qualifica senza giri di parole il filosofo televisivo Massimo Cacciari – ma attenzione: l’insulto non è affatto rivolto ai mostri dell’Unione Europea, i fanatici del rigore, gli affamatori della Grecia, i devastatori dell’Italia, i predoni delle autostrade che poi crollano. Su quelli, tuttalpiù, sono piovute fumose analisi, formulate in italiano forbito. L’espressione brutalmente gergale è invece indirizzata agli insensibili criminali che osano trattenere un centinaio di africani, giovani adulti, a bordo di un natante della Guardia Costiera ormeggiato in un porto siciliano. Tra i “pezzi di merda” più autorevoli, se non altro per il ruolo istituzionale che riveste, è il vicepremier Di Maio, il primo a esprimere – sotto forma di minaccia aperta, alla buon’ora – la possibilità di sospendere i finanziamenti miliardari che l’Italia è tenuta, dai trattati, a versare alla burocrazia Ue.
Mentre i filosofi incendiano le strade, già lastricate di furore e di violenza, di odio squadristico e mediatico contro l’insolente governo che gli italiani – quei farabutti – hanno osato votare e ora sostanzialmente approvano, maledetti loro, uno dei due consoli che reggono l’esecutivo Conte arriva dunque ad avvertire i cosiddetti partner europei: attenzione, la corda potrebbe spezzarsi. Si comincia ventilando l’indicibile – la renitenza contributiva – e così ci si infila su un sentiero che potrebbe portare addirittura là dove fino a ieri sarebbe stato impensabile trovarsi: cioè di fronte allo spettro dell’uscita dell’Italia dall’Unione Europea, finalmente presentata per quello che è – una cricca di tecnocrati imbroglioni, al soldo della peggiore oligarchia speculativa. Questo è un paese in cui il presidente della Repubblica, parlando con l’allora premier incaricato, lo ha cortesemente (ma irritualmente) invitato a passare a salutare il governatore della Banca d’Italia, l’esimio Ignazio Visco, super-banchiere convinto – al pari del tedesco Günther Oettinger, o del connazionale Carlo Cottarelli, di scuola Fmi – che saranno “i mercati”, in futuro, a “insegnare” agli italiani come votare, pena la scure dello spread, nel caso ripetessero l’errore imperdonabile di premiare gli sciamannati 5 Stelle o, peggio, l’Uomo Nero, cioè l’illuso che voleva il professor Paolo Savona al ministero dell’economia e un principe del giornalismo indipendente come Marcello Foa alla presidenza della Rai.
Scherziamo? Siamo impazziti? L’ultima presidente della Rai, Monica Maggioni, è ora presidente della sezione italiana della Commissione Trilaterale, mentre la collega Gruber – quella che ospita frequentemente il noto filosofo, talora affetto da coprolalia – è saldamente ospite dei gagliardi passacarte messi assieme dal conte Étienne Davignon e dall’imperatore David Rockefeller, riuniti per la prima volta nel lontano 1954 all’hotel de Bilderberg a Oosterbeek, in Olanda. Lo stesso Visco, che governa Bankitalia (di proprietà di banche private) è il pupillo di Mario Draghi, che nel 1992 salì a bordo del panfilo Britannia e oggi governa la Bce (di proprietà di banche private). Draghi risulta essere un membro autorevolissimo dello stesso club che annovera tra i suoi eletti il presidente emerito Napolitano e il francese Jacques Attali, l’uomo-ombra di Macron: prontissimo, tramite l’obbediente Tajani, ad attivare il network sotterraneo dimostratosi capace di indurre Berlusconi a venir meno alla parola data al  “vomitevole” Salvini, sulla nomina di Foa. Tutto è partito dall’Eliseo, cioè dal vertice politico del paese che, oggi anno, depreda 14 Stati africani portandogli via l’equivalente di 500 miliardi di euro, costringendo i loro giovani a imbarcarsi verso le nostre coste.
Qualcuno spieghi, ai migranti soccorsi dalla Diciotti, che non possono fidarsi dell’uomo bianco che si finge loro amico. “Timeo Danaos et dona ferentes”: i greci mi fanno paura anche quando portano doni, dice Laocoonte, nell’Eneide, di fronte al Cavallo di Troia appena giunto davanti alle mura della città assediata. Se solo i giornalisti avessero fatto il loro dovere, accusa il Premio Pulitzer americano Seymour Hersh, in questi anni avremmo avuto meno guerre, meno stragi, meno vittime, perché quasi tutte le guerre, così come l’opaco terrorismo stragista, sono state organizzate a tavolino, dalla stessa élite bugiarda, agitando false prove per demonizzare leader che riteneva scomodi. L’hanno potuto fare, sempre, grazie alla connivente reticenza dei giornali, delle televisioni. Lo stesso si può dire dell’intellighenzia nazionale “embedded”, quella che oggi – tra appelli rabbiosi (e schizzi di sterco) – si permette il lusso di criminalizzare l’Uomo Nero, ignorando deliberatamente i crimini mostruosi dell’oligarchia-fantasma che ha declassato il paese, condannandolo al declino dopo averlo svenduto, pezzo su pezzo, fino a farlo crollare come il ponte di Genova. Un’Italia alla frusta, amputata della sua sovranità e taglieggiata dai finti ìragionieri di Bruxelles. Eppure, nel paese a cui la Francia impedisce di eleggere il presidente della televisione di Stato, ci si scaglia selvaggiamente contro il ministro che “sequestra” i migranti su una nave.
Il crollo delle dittature è spesso preceduto da violenze inconsulte. In Romania, Nicolae Ceaucescu ordinò alla Securitate di sparare nel mucchio, al primo accenno di ribellione popolare. E il satrapo Siad Barre, a lungo padrone della Somalia grazie anche al provvido sostegno post-coloniale italiano, non esitò a ordinare alla polizia di mitragliare il pubblico dello stadio che aveva osato contestarlo. Si dirà che siamo in Italia, dove vige la legge semiseria della “bolla di componenda”, sintetizzata dal genio letterario di Camilleri: ogni conflitto si trasforma in una tempesta in un bicchier d’acqua, se alla fine tutti si portano a casa la loro fetta di torta. Si dirà che il cosiddetto governo gialloverde, quello dell’Uomo Nero, sta esasperando la crisi dei migranti solo per aprire un fronte alternativo da cui attaccare Bruxelles, cioè il super-potere che gli vieterà di mantenere le promesse fatte agli elettori il 4 marzo, pena il ricatto dell’incursione finanziaria sul costo del debito pubblico di un paese reso vulnerabilissimo, come gli altri dell’Eurozona, dall’assenza di una moneta sovrana con la quale difendersi dal racket dei signori della Borsa. Sia come sia, lo spettacolo cui si è costretti ad assistere rivela qualcosa di estremamente inedito: mentre giornali e intellettuali lanciano ogni giorno scomuniche furenti, anatemi  rabbiosi e palle di letame, gli elettori osservano con attenzione le mosse del loro governo, il primo esecutivo – nella storia ingloriosa dell’Ue – completamente sgradito da Bruxelles.
Fonte: www.libreidee.org
Link: http://www.libreidee.org/2018/08/pezzi-di-merda-fenomenologia-dellodio-nellitalia-di-salvini/
25.08-2018

LA SINISTRA-CHE-SPARA?


Questo Allodi non è un qualunque militante senza potere e fuori di testa. E’ stato il capo della segreteria politica di Bassolino, esponente del PCI oggi PD, ministro nel primo governo D’Alema, quando questo ha tenuto la presidenza della Regione Campania (2000-2010), un grand commis del potere. Insomma è un esponente di livello della “sinistra”.
Tanto per ricordare l’esistenza permanente di una Sinistra che Spara: Bassolino era ministro nel 1999 quando le “Nuove Brigate Rosse” trucidarono Massimo D’Antona, giurista del lavoro, che collaborava con il governo D’Alema- Bassolino.


Massimo D’Antona
Aspettiamo a pié fermo la dura condanna   per i propositi di questo loro  esponente da parte dei dirigenti del PD, e il dovuto clamore scandalizzato dei media, oggi tutti impegnati all’unisono ad incitare all’odio contro il governo in carica.
Allodi non è solo. Vedo che Pietro Grasso, ex “magistrato” ed ex seconda carica eccetera, ma sempere “dee sinistra”, non è lontano:
@PietroGrasso
Segui Segui @PietroGrasso
Altro
@matteosalvinimi libera gli ostaggi ed esci dal Viminale: solo i criminali e i terroristi sequestrano esseri umani e li trattengono fino a che non vengono accolte le proprie condizioni. L’Italia è uno Stato di diritto, non questo schifo.
Anche Pietro Grasso pensa che ormai occorre la lotta armata?  Contro un governo criminale e terrorista,  che ha vinto le elezioni,  non c’è altra via.
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Diciotti, Salvini è indagato dal pm di Agrigento

Il pm di Agrigento mette sotto indagine il leghista per sequestro di persona. Il fascicolo ora passa al tribunale dei Ministri

Alla fine Matteo Salvini è stato indagato. L'ipotesi di reato del procuratore di Agrigento è di sequestro di persona, arresto illegale e abuso d'ufficio.
Nel registro degli indagati anche il capo di gabinetto del ministro. Ora la palla, però, esce dalle mani della procura sicialiana. Il fascicolo per legge dovrà andare al Tribunale dei Ministri, l'unico competente quando ad essere chiamati in causa sono dei membri del governo.
"Tale procedura - se legge nel comunicato con cui procura - prevista ed imposta dalla legge costituzionale 16/1/89 n. 1, permetterà, con tutte le garanzie e le immunità previste dalla medesima legge, di sottoporre ad un giudice collegiale specializzato le condotte poste in essere dagli indagati nell'esercizio delle loro funzioni, uno dei quali appartenente ai qualificati soggetti indicati all'articolo 4 della norma costituzionale". Il pm aggiunge: "Com'è noto, infine, ogni eventuale negativa valutazione delle condotte di cui sopra dovrà essere sottoposta alla autorizzazione della competente Camera dei deputati".
La risposta del ministro è arrivata da Pinzolo: "Che indaghino me è vergognoso. La riforma della giustizia è la prima cosa da fare. Hanno quattro milioni di processi arrestrati e indagano me".
Quella tra Matteo Salvini e i pm, sul caso Diciotti, sembra ormai una guerra aperta. La procura di Agrigento aveva aperto un fascicolo contro "ignoti" ipotizzando il reato di sequestro di persona. Prima che trapelasse la notizia dell'indagine aperta contro il ministro, era stato lo stesso ministro a rivelare su Facebook che "il Procuratore di Agrigento ha chiesto ufficialmente i miei dati anagrafici". Il vicepremier aveva subito attaccato il giudice: "Per fare cosa li chiede? - aveva scritto - Non perda tempo, glieli do io. Matteo Salvini, nato a Milano il 9/3/1973, residente a Milano in via xxx, cittadinanza italiana. Se vuole interrogarmi, o magari arrestarmi perché difendo i confini e la sicurezza del mio Paese, lo aspetto a braccia aperte!".
Il leghista aveva anche definito "meschina" la decisione di Luigi Patronaggio di interrogare i funzionari del Viminale nella sua attività istruttoria invece di andare direttamente dal capo. "Mi spiace che ci sia qualche giudice che ha tempo e soldi da spendere per andare a interrogare i funzionari del Viminale: vengano direttamente dal ministro", aveva detto il vicepremier. "Mi sembra meschino andarsela a prendersela con dei funzionari quando c'è un ministro che si prende la responsabilità di dire no", ha sottolineato Salvini. Il pm oggi è andato a Roma e ha interrogato come persone informate sui fatti il capo del Dipartimento per le Libertà Civili e l'immigrazione, Gerarda Pantalone, e il suo vice Bruno Corda.
Il ministro comunque non intende fare passi indietro. "Nonostante insulti, minacce e inchieste - dice infatti il ministro - sto lavorando per chiudere la 'pratica Diciotti' senza che a pagare stavolta siano gli Italiani, visto che abbiamo accolto e speso abbastanza". Un primo passo è stato fatto: venti dei migranti della Diciotti andranno in Albania, visto che Tirana si è detta pronta ad aiutare il Belpaese dopo che l'Italia ha fatto tanto per gli albanesi.
Claudio Cartaldo 

Il cardinale Montenegro: "Se fossero stati animali li avremmo trattati meglio"

Il cardinale Francesco Montenegro, arcivescovo di Agrigento e presidente Caritas: "Se abbandono un cane in autostrada vengo perseguito, mentre possiamo abbandonare esseri umani in mezzo al mare"

"Ci sono donne e uomini sofferenti su quella nave. A volte mi viene da pensare che se fossero degli animali li avremmo trattati meglio, perché se abbandono un cane in autostrada vengo perseguito, mentre possiamo abbandonare esseri umani in mezzo al mare".
Il cardinale Francesco Montenegro, arcivescovo di Agrigento e presidente Caritas, parla con La Stampa del caso Diciotti. "Mi preoccupa come uomo e come credente - ammette - Stiamo ricostruendo un mondo di muri e rischiamo di tornare alla legge del Far West dove il più forte e il più potente decide sui poveri e sui deboli. Non basta sentirsi la coscienza a posto facendo sbarcare i minori: non si lascia nessuno in mare".
C'è chi pensa che il braccio di ferro serva per cambiare le regole e vedere finalmente più coinvolta l'Europa. "Una cosa è cambiare le leggi, chiedere nelle sedi opportune un maggior coinvolgimento dell'Europa, un'altra è farlo sulla pelle di persone deboli - osserva Montenegro - La comunità europea, che appare sempre meno comunità e sempre più Ue intesa come 'unione degli egoismì, va coinvolta e mi sorprende constatare come tante riunioni, tanti summit, si concludano con un nulla di fatto".
La preoccupa che i cattolici stiano con Salvini? "Non mi pronuncio su chi esercita un mandato istituzionale. Dico che certe reazioni, al di là dei sondaggi, indicano che il vangelo non è più o non è ancora il 'navigatorè delle nostre vite. E che nelle parrocchie oltre ai riti e alle devozioni, dobbiamo dar spazio alla Parola e all'annuncio. Per accorgerci che mai il fine giustifica i mezzi e dunque mai la volontà legittima di modificare le norme sull'immigrazione o di gestire i flussi migratori può giustificare che si giochi sulla pelle delle persone".
I vicepremier Salvini e Di Maio sfidano i sinarchi d’Europa
di Carlo Manetti
La vicenda del pattugliatore Diciotti[1] della Guardia costiera sembra dare una potente accelerazione allo scontro tra l’Italia e l’Unione europea. Era prevedibile una tale contesa in sede di legge di stabilità (qui), vista la necessità di ingenti capitali da parte del governo italiano, tanto per far fronte agli impegni elettorali assunti dai partiti di maggioranza (principalmente l’abbattimento generalizzato delle imposte, detto flat tax, il superamento della legge Fornero ed il cosiddetto reddito di cittadinanza), quanto per avviare l’ambizioso programma di opere pubbliche, teso principalmente alla messa in sicurezza della nostra rete viaria e, più in generale, delle pubbliche infrastrutture; ma essa è sorta proprio su quella questione migranti, sulla quale i maggiori Paesi europei avevano assunto impegni politici a condividere lo sforzo italiano, prima nell’accoglienza e nella gestione dei clandestini e, in un secondo tempo, nella prevenzione dell’immigrazione clandestina anche con strumenti militari, quali il pattugliamento delle acque del Mediterraneo.
Il venir meno della suddetta volontà politica ed il ritorno alla strategia dell’inazione, finalizzata a far sì che dall’Africa continuino a partire centinaia di migliaia di persone e che queste debbano tutte essere accolte dall’Italia, dimostra come il contrasto tra l’Italia e l’Unione europea abbia carattere strategico e non meramente tattico.
In ossequio alla dottrina sinarchica[2], che è alla base della nascita e dello sviluppo dell’Unione europea, fin dalla scelta del cosiddetto «metodo funzionalista» del sinarchico Jean Omer Marie Gabriel Monnet (1888-1979), in luogo della via confederale e federale all’unificazione, dopo la distruzione economica della Grecia, che ha avuto la funzione di esperimento «in corpore vili», si è passati all’attuazione di tale politica nei confronti di un Paese importante, che sarebbe stato il trampolino di lancio per applicarla, poi, a tutta l’Unione; lo Stato che presentava le migliori caratteristiche e le migliori prospettive di successo per tale operazione era l’Italia, cui si potevano imputare un alto debito pubblico, una presunta incapacità competitiva ed un forte discredito popolare delle sue classi dirigenti, a partire da quella politica.
Dopo la riforma agraria (1950) voluta da Alcide de Gasperi (1881-1954), che assestò un colpo durissimo alla nostra agricoltura e preparò la Politica Agricola Comune (Pac) a livello comunitario, che ha ridotto il nostro settore primario nelle condizioni che tutti conosciamo, politica delle quote compresa, il colpo più duro all’economia del Bel Paese è stato assestato dal suo ingresso nell’euro (1 gennaio 2002), che, prescindendo da tutte le considerazioni sull’innaturalità di una moneta senza uno Stato e dalla questione del signoraggio bancario, ha rappresentato una drastica rivalutazione della nostra moneta, mentre ha rappresentato una drastica svalutazione del marco tedesco; non per nulla, la Germania, che, fino a quel momento, era in gravissima recessione, ha iniziato una rapida ripresa con surplus commerciali degni della Repubblica popolare cinese, mentre noi, fino ad allora in grande espansione economica, abbiamo conosciuto la peggiore crisi della nostra storia e, soprattutto, la più lunga nel tempo.
A far fare un ulteriore salto di qualità al programma di impoverimento degli italiani, ha pensato il Governo Monti (2011-2013), la cui opera è stata proseguita, sia pure in maniera progressivamente più blanda, dai Governi Letta (2013-2014), Renzi (2014-2016) e Gentiloni (2016-2018). Oggi, dopo la cura dei suddetti governi imposti dall’Unione europea, la situazione italiana si presenta come incompatibile con i criteri europei: alto debito pubblico e crescita economica gravissimamente insufficiente, quando non negativa, oltre ad uno scoraggiamento generale, favorito anche da un diffuso senso di insicurezza, a sua volta cresciuto dal senso di impunità e quasi di favor che le autorità pubbliche hanno concesso nei confronti della cosiddetta «piccola criminalità», le cui fila sono state pesantemente incrementate dall’incredibile accoglienza riservata a centinaia di migliaia di clandestini.
Il presente Esecutivo, frutto di risultati elettorali che hanno manifestato una grandissima insofferenza del popolo italiano nei confronti di tali politiche, insofferenza fortemente cresciuta anche dopo le elezioni del 4 marzo scorso e destinata, con ogni probabilità, a continuare a crescere, si presenta come la reazione italiana, conscia (Lega) o meno (Movimento 5 Stelle), a tali imposizioni europee. Il Governo, quindi, si è trovato e si trova a dover rilanciare l’economia, anche a costo di non rispettare gli astratti vincoli di bilancio imposti dall’Unione, ridurre drasticamente, fino a possibilmente eliminarla, l’immigrazione clandestina ed a mettere mano ad una politica di grandi opere pubbliche, che, rimandata da decenni, oggi presenta il conto in maniera ineludibile.
Su tutti questi temi, come si vede, i compiti dell’Esecutivo sono l’esatto contrario di ciò che i poteri di Bruxelles vogliono ed esigono: al di là delle forme più o meno edulcorate, lo scontro è nelle cose.
L’aver preteso, alla prima occasione, il rispetto delle politiche in tema di immigrazione cui si erano impegnati i maggiori Paesi dell’Unione, da parte del Governo Conte, ha avuto l’effetto di anticipare il suddetto scontro e rendere palese come esso sia globale, vale a dire riguardi ogni settore della vita politica interna ed internazionale dell’Italia, e non limitato a mere questioni di bilancio.
Di questo pare aver preso coscienza in maniera più rapida di quanto, lo confessiamo, ci saremmo immaginati il leader politico dei 5 Stelle, Luigi Di Maio, il quale ha legato la questione immigrazione alla questione dei contributi italiani all’Unione, portando il livello della contesa al suo apice, vale a dire mettendo, implicitamente, in discussione la stessa appartenenza italiana all’Unione stessa e, conseguentemente, alla moneta unica. Questa consapevolezza ha, però, creato una certa lacerazione in seno al Movimento, soprattutto nei confronti dell’ala più movimentista e “di sinistra”, rappresentata dal Presidente della Camera Roberto Fico. Pare evidente che la tenuta del Governo dipenderà dalla prevalenza dell’una o dell’altra anima all’interno del partito di Grillo.
La posizione del Partito Democratico appare coerente con tutta la sua storia di assoluta subordinazione ai voleri di Bruxelles: nella fusione tra ex comunisti e democristiani, questi ultimi hanno portato in dote la primogenitura nell’atteggiamento servile nei confronti della Sinarchia eurocratica.
Incomprensibile appare, invece, il comportamento del partito di Silvio Berlusconi, che sembra appiattito sulle posizioni di Bruxelles, come quando ha votato la fiducia al Governo Monti, anche in assoluto contrasto con la sua tradizionale politica sull’immigrazione, molto più vicina a quella della Lega di quanto non lo fosse a quella del Partito Democratico. Ma si tratta di un miope errore di calcolo che penseranno gli elettori a punire alla prima occasione.
Molto coerente, invece, è il comportamento di Fratelli d’Italia, che, nonostante non partecipi al Governo, appoggia totalmente la linea sovranista dell’Esecutivo.
Molto importante, ai fini della capacità del nostro Paese di resistere all’opera devastatrice di Bruxelles, è verificare quanto la Magistratura ed il Presidente della Repubblica riusciranno a comprimere i poteri del Governo e ad imporgli, contro ogni principio di diritto, una politica più consona ai desiderata dell’eurocrazia sinarchica.
[1] Pattugliatore d’altura CP941 della classe Dattilo intitolato al Maggiore Generale Ubaldo Diciotti (1878-1963), grande ammodernatore delle Capitanerie di Porto italiane; egli ottenne la Medaglia d’Argento al Valor di Marina per l’organizzazione e la difesa dei porti e delle comunicazioni, soprattutto marittime, della Tripolitania durante l’ultimo conflitto mondiale.
[2] La Sinarchia è la religione fondata da Joseph Alexandre Saint-Yves marchese d’Alveydre (1842-1909), il quale ha dato contenuti esoterici e più compiutamente religiosi alla tecnocrazia di Claude-Henri de Rouvroy conte di Saint-Simon (1760-1825).

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