Così monsignor Viganò mi ha dato il suo memoriale. Ed ecco perché ho deciso di pubblicarlo
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Il tono della voce è tranquillo, ma avverto una nota di apprensione. Al telefono c’è monsignor Carlo Maria Viganò, l’ex nunzio negli Stati Uniti.
Non nascondo la mia sorpresa. Ci siamo visti qualche volta, in occasione di convegni pubblici, ma non possiamo dire di conoscerci.
Mi spiega che è un mio assiduo lettore, che apprezza il mio coraggio e la mia chiarezza, qualche volta unita all’ironia. Lo ringrazio e chiedo: ma perché vederci?
La risposta è che non può dirlo al telefono.
Va bene, allora vediamoci, ma dove?
Ingenuamente propongo la mia redazione, oppure il baretto a pochi metri, che è la mia redazione bis.
“No, no, per carità. Il più lontano possibile dal Vaticano, lontano da occhi indiscreti”.
Per carattere non sono un complottista, ma avverto che il monsignore è seriamente preoccupato.
“Allora a casa mia? A cena? La avverto che ci sarà mia moglie e ci saranno alcune delle figlie”.
“A casa sua va benissimo”.
“Devo venirla a prendere?”.
“No, no, verrò io, con la mia macchina”.
E così avviene.
Quando l’arcivescovo arriva, in una tiepida serata di quasi estate, vedo un uomo più anziano di come lo ricordavo. Sorride, ma si capisce subito che qualcosa lo opprime. Ha un peso nel cuore.
Dopo le presentazioni di moglie e figlie, e dopo che lui ha benedetto la tavola, per stemperare un po’ la tensione scherziamo sulle nostre comuni radici lombarde (lui è di Varese, noi di Rho). Il monsignore è arrivato all’ora stabilita, spaccando il minuto: a Roma è molto raro che avvenga.
Poi Viganò entra subito in argomento. È preoccupato per la Chiesa, teme che ai suoi vertici ci siano persone che non lavorano per portare il Vangelo di Gesù agli uomini e alle donne del nostro tempo, ma per portare confusione e cedere alle logiche del mondo. Poi incomincia a raccontare della sua lunga esperienza in Segreteria di Stato, a capo del Governatorato della Città del Vaticano e come nunzio, in Nigeria e negli Stati Uniti. Fa tanti nomi e cita tante circostanze. Per mia moglie e per le mie ragazze non è agevole seguirlo. Io stesso, pur facendo il vaticanista da più di vent’anni, a tratti faccio fatica a orientarmi. Ma non lo interrompiamo perché capiamo che ha bisogno di parlare. L’impressione è che sia un uomo solo e triste per ciò che vede attorno a sé, ma non inasprito. Nelle sue parole non c’è mai una parola cattiva nei confronti delle tante persone che cita. I fatti sono eloquenti. A volte sorride e mi guarda, come per dire: “Che cosa dobbiamo fare? C’è una via d’uscita?”.
Mi dice che mi ha chiamato perché, pur non conoscendomi di persona, mi stima, soprattutto per il coraggio e la libertà che dimostro. Aggiunge che il mio blog è letto e apprezzato anche nei “sacri palazzi”, sebbene non tutti lo possano dire apertamente.
Gli chiedo qualcosa a proposito della sua esperienza al Governatorato e ci racconta di come riuscì a far risparmiare alle casse del Vaticano un bel po’ di quattrini, facendo rispettare le regole e mettendo ordine nei conti.
Commento: “Beh, monsignore, dopo quel repulisti di certo non si sarà fatto degli amici!”. Sorride di nuovo e risponde: “Lo so bene! Ma se non l’avessi fatto non avrei rispetto di me stesso”.
È un uomo con un profondo senso del dovere. Almeno così ci sembra. In pochi minuti fra noi si stabilisce una sintonia.
Mia moglie, catechista in parrocchia, e le ragazze restano letteralmente senza parole di fronte a certi racconti. Dico sempre, scherzando ma non troppo, che i buoni cattolici non dovrebbero sapere come funzionano le cose nelle alte gerarchie, e questa sera ne ho la conferma. Tuttavia non sono pentito di aver invitato l’arcivescovo a casa. Credo che la testimonianza dolente di quest’uomo, di questo anziano servitore della Chiesa, ci stia dicendo qualcosa di importante. Qualcosa che, pur nel dolore e nello sconcerto, può aiutare la nostra vita di fede.
Dice il monsignore: “Ho settantasette anni, sono alla fine della mia vita. Il giudizio degli uomini non mi interessa. L’unico giudizio che conta è quello del buon Dio. Lui mi chiederà che cosa ho fatto per la Chiesa di Cristo e io voglio potergli rispondere che l’ho difesa e servita fino all’ultimo”.
La serata trascorre così. Abbiamo la netta sensazione che sua eccellenza non si sia neppure reso conto di che cosa aveva nel piatto. Tra un boccone e l’altro non ha mai smesso di parlare.
Quando lo riaccompagno alla sua vettura mi chiedo: ma, alla fin fine, perché ha voluto vedermi? Per rispetto, e per mancanza di confidenza, non gli pongo la domanda, ma, prima di congedarci, lui mi dice: “Grazie, ci rivedremo. Non mi chiami. Mi farò vivo io”. E sale in macchina.
Sono un giornalista e dunque in questi casi il primo impulso è quello di mettermi al computer e scrivere tutto ciò che mi ha raccontato, ma mi trattengo. Il monsignore non mi ha vietato di scrivere. Anzi, in proposito non mi ha detto proprio nulla. Però è fuori discussione che mi ha fatto alcune rivelazioni. Capisco allora che l’incontro è stato una specie di prova. L’arcivescovo ha voluto vedere se di me si può fidare.
Passa più di un mese e mi chiama di nuovo. La richiesta è uguale all’altra volta: “Possiamo vederci?”.
“Certo che sì. Facciamo di nuovo a casa mia? L’avverto però che ci sarà una figlia in più, la maggiore, e ci saranno anche i suoi due figli, i nostri nipotini”.
“Non importa”, dice Viganò. “L’importante è che noi due a un certo punto ci ricaviamo uno spazio per parlare”.
E così sua eccellenza l’ex nunzio negli Usa torna a trovarci. E questa volta ci sembra un po’ meno teso. Si vede che gli fa piacere stare con questa grande famiglia un po’ chiassosa. A un certo punto il suo cellulare squilla. Una videochiamata dagli Stati Uniti. È la nipote: “Oh scusa zio, non volevo disturbare!”. Viganò sorride divertito e mostra con il cellulare tutta la combriccola a tavola, compresi i nipotini. “Che bella compagnia!”, dice la nipote. E poi, rivolta a me: “Approfitto dell’occasione per dirle che la stimo molto”.
La tensione si stempera. Il nostro nipotino di tre anni ronza attorno al monsignore e lo chiama Carlo Maria. Viganò è divertito e sembra che per qualche istante abbia dimenticato i suoi crucci.
Ma di nuovo, dopo la benedizione della tavola, l’arcivescovo è un fiume in piena. Tanti racconti, tante circostanze, tanti nomi. Ma questa volta si concentra di più sugli anni americani. Cita il caso McCarrick, l’ex cardinale riconosciuto colpevole di gravissimi abusi, e fa capire che tutti sapevano, negli Usa e in Vaticano, da molto tempo, da anni. Eppure hanno coperto.
Chiedo: proprio tutti tutti?
Con un cenno del capo l’arcivescovo risponde di sì: proprio tutti.
Vorrei fare altre domande, ma non è facile inserirsi nel flusso ininterrotto di date, notizie, incontri, nomi.
Il succo è che anche papa Francesco, secondo Viganò, sapeva. Eppure ha lasciato che McCarrick circolasse indisturbato, facendosi beffe dei divieti che gli erano stati imposti da Benedetto XVI. Francesco sapeva almeno dal marzo del 2013, quando lo stesso Viganò, rispondendo a una domanda del papa durante un incontro faccia a faccia, gli disse che su McCarrick in Vaticano c’è un corposo dossier e non c’è che da leggerlo.
Rispetto al nostro precedente incontro c’è la novità delle risultanze emerse dall’indagine del gran giurì della Pennsylvania, e Viganò conferma che il quadro tracciato è corretto. Gli abusi sessuali costituiscono un fenomeno più esteso di quanto si possa immaginare, e non è corretto parlare di pedofilia, perché nella stragrande maggioranza dei casi si tratta di chierici omosessuali che vanno a caccia di maschi adolescenti. Più corretto, dice il monsignore, è parlare semmai di efebofilia. Ma il punto è che la rete di complicità, omertà, coperture e reciproci favori è estesa al di là di ogni dire, e coinvolge tutti i vertici, sia in America sia a Roma.
Noi restiamo, ancora una volta, allibiti. A causa del mio lavoro qualcosa avevamo intuito, ma per dei cattolici come noi, nati e cresciuti nel seno della Madre Chiesa, è davvero difficile mandar giù un simile boccone.
La mia domanda è quindi la più ingenua possibile: perché?
E la risposta del monsignore ci gela il sangue: “Perché quelle fessure di cui parlava Paolo VI, dalle quali il fumo di Satana si sarebbe infilato nella casa di Dio, sono diventate voragini. Il diavolo sta lavorando alla grande. E non ammetterlo, o girare la faccia dall’altra parte, sarebbe il nostro più grande peccato”.
Mi accorgo che quel momento a tu per tu, al quale il monsignore teneva tanto, non c’è stato. Ha parlato davanti a tutti. Gli chiedo se vuole che io e lui ci trasferiamo in un’altra stanza, senza moglie, figlie e nipotini, ma lui dice di no, va bene così. Si capisce che si trova bene. Per noi è un po’ come ascoltare un nonno che ci fa dei racconti su mondi lontani, e vorremmo tanto che a un certo punto dicesse che è solo fiction. Invece il mondo del quale sta parlando è il nostro. È la nostra Chiesa. Sono i nostri supremi pastori.
Resta la domanda di fondo: perché il monsignore ci sta raccontando tutto questo? Che cosa vuole da me?
Questa volta glielo chiedo e la risposta è che lui ha scritto un memoriale nel quale ci sono tutte le circostanze di cui ci ha parlato. Compreso l’incontro del 23 giugno 2013 con il papa, quando lui, Viganò, informò Francesco del dossier su McCarrick.
Dunque?
“Dunque – mi dice – se lei me lo consente io le farò avere il mio memoriale, che dimostra che il papa sapeva e non ha agito. E poi lei, dopo averlo valutato, deciderà se pubblicarlo o meno nel suo blog, che è tanto seguito. Voglio che si sappia. Non lo faccio a cuor leggero, ma penso che sia l’unica strada rimasta per tentare una svolta, una conversione autentica”
“Capisco. Lo darà solo a me?”
“No. Lo darò a un altro blogger italiano, a un inglese, a un americano e un canadese. Verranno fatte traduzioni in inglese e spagnolo”.
Anche questa volta il monsignore non mi chiede la riservatezza. Capisco che si fida. Restiamo dunque d’accordo che, su sua richiesta, ci incontreremo di nuovo e mi passerà il memoriale.
Dopo qualche giorno infatti mi richiama e prendiamo accordi. Non posso dire dove ci siamo visti, perché ho dato la mia parola.
Il monsignore si presenta con occhiali da sole e un berretto da baseball. Chiede che la mia prima lettura del documento avvenga davanti a lui, così, dice, “se qualcosa non la convince possiamo discuterne subito”.
Leggo tutto. Sono undici pagine. Lui si stupisce per la mia velocità e mi guarda: “Allora?”
Dico: “È forte. Circostanziato. Scritto bene. Un quadro drammatico”.
Chiede: “Lo pubblicherà?”.
“Monsignore, lei si rende conto che è una bomba? Che cosa dobbiamo fare?”.
“Lo affido a lei. Ci pensi”.
“Monsignore, lo sa che diranno? Che lei si vuole vendicare. Che è roso dal rancore per essere stato allontanato dal Governatorato e per altre vicende. Che è lei il corvo che fece uscire le carte di Vatileaks. Diranno che lei è un instabile, oltre che un conservatore della peggior specie”.
“Lo so, lo so. Ma non me ne importa nulla. L’unica cosa che mi importa è portare a galla la verità, perché possa incominciare una purificazione. Al punto in cui siamo non c’è altra via”.
Io non sono angosciato. Dentro di me, in fondo, ho già preso la decisione di pubblicare, perché sento che di quest’uomo mi posso fidare. Ma mi chiedo: “Che effetto farà sulle anime più semplici? Sui buoni cattolici? Non rischiamo di fare più male che bene?”.
Mi accorgo che ho formulato la domanda a voce alta e il monsignore risponde: “Ci pensi. Valuti con calma”. Ci stringiamo la mano. Lui si toglie gli occhiali scuri e ci guardiamo dritto negli occhi.
Il fatto che non mi forzi, che non appaia ansioso di vedermi pubblicare tutto quanto, fa sì che io mi fidi ancora di più di lui. Una sua manovra? Mi sta manipolando?
A casa ne parlo con Serena e con le ragazze. Per me il loro consiglio è sempre molto importante. Che fare?
Sono giorni di domande. Rileggo il memoriale. È circostanziato, ma ovviamente si tratta della versione di Viganò. Penso che i lettori lo capiranno. Io proporrò la versione dell’arcivescovo dopo di che, se qualcuno avrà argomenti in senso contrario, proporrà altre versioni.
Mia moglie mi fa presente: “Ma se lo pubblicherai penseranno che, per il fatto stesso di pubblicarlo, tu stai dalla sua parte. Ti va?”.
Sì, mi va. Mi giudicheranno di parte? Pazienza. Del resto io sono di parte. Quando faccio il cronista faccio il cronista e basta, cercando di essere il più asettico possibile, ma nel mio blog mi sono già ampiamente schierato e i lettori sanno bene come la penso rispetto a una certa piega che la Chiesa ha preso negli ultimi anni. Se poi qualcuno mi proporrà documenti che provano che Viganò mente, o che la sua versione dei fatti è incompleta o scorretta, sarò ben lieto di pubblicare anche quelli.
Sento il monsignore al telefono. Gli comunico la mia decisione. Concordiamo il giorno e l’ora della pubblicazione. Dice che nello stesso giorno e alla stessa ora pubblicheranno anche gli altri. Ha deciso per domenica 26 agosto perché il papa, di ritorno da Dublino, avrà modo di replicare rispondendo alle domande dei giornalisti in aereo. Mi avverte che tra coloro che pubblicheranno si è aggiunto il quotidiano “La Verità”. Mi dice che ha già acquistato un biglietto aereo. Andrà all’estero. Non mi può dire dove. Non lo dovrò cercare. Il vecchio numero di cellulare non sarà più in funzione. Ci salutiamo per l’ultima volta.
Così è andata. Non che i dubbi dentro di me siano finiti. Ho fatto bene? Ho fatto male? Continuo a chiedermelo. Ma sono sereno. E rileggo le parole che monsignor Vigano ha scritto a conclusione del suo memoriale: “Preghiamo tutti per la Chiesa e per il papa, ricordiamoci di quante volte ci ha chiesto di pregare per lui! Rinnoviamo tuti la fede nella Chiesa nostra madre: Credo la Chiesa, una, santa, cattolica, apostolica! Cristo non abbandonerà mai la sua Chiesa! L’ha generata nel suo sangue e la rianima continuamente con il suo Spirito! Maria, Madre della Chiesa, prega per noi! Maria Vergine Regina, Madre del Re della gloria, prega per noi!”.
Non nascondo la mia sorpresa. Ci siamo visti qualche volta, in occasione di convegni pubblici, ma non possiamo dire di conoscerci.
Mi spiega che è un mio assiduo lettore, che apprezza il mio coraggio e la mia chiarezza, qualche volta unita all’ironia. Lo ringrazio e chiedo: ma perché vederci?
La risposta è che non può dirlo al telefono.
Va bene, allora vediamoci, ma dove?
Ingenuamente propongo la mia redazione, oppure il baretto a pochi metri, che è la mia redazione bis.
“No, no, per carità. Il più lontano possibile dal Vaticano, lontano da occhi indiscreti”.
Per carattere non sono un complottista, ma avverto che il monsignore è seriamente preoccupato.
“Allora a casa mia? A cena? La avverto che ci sarà mia moglie e ci saranno alcune delle figlie”.
“A casa sua va benissimo”.
“Devo venirla a prendere?”.
“No, no, verrò io, con la mia macchina”.
E così avviene.
Quando l’arcivescovo arriva, in una tiepida serata di quasi estate, vedo un uomo più anziano di come lo ricordavo. Sorride, ma si capisce subito che qualcosa lo opprime. Ha un peso nel cuore.
Dopo le presentazioni di moglie e figlie, e dopo che lui ha benedetto la tavola, per stemperare un po’ la tensione scherziamo sulle nostre comuni radici lombarde (lui è di Varese, noi di Rho). Il monsignore è arrivato all’ora stabilita, spaccando il minuto: a Roma è molto raro che avvenga.
Poi Viganò entra subito in argomento. È preoccupato per la Chiesa, teme che ai suoi vertici ci siano persone che non lavorano per portare il Vangelo di Gesù agli uomini e alle donne del nostro tempo, ma per portare confusione e cedere alle logiche del mondo. Poi incomincia a raccontare della sua lunga esperienza in Segreteria di Stato, a capo del Governatorato della Città del Vaticano e come nunzio, in Nigeria e negli Stati Uniti. Fa tanti nomi e cita tante circostanze. Per mia moglie e per le mie ragazze non è agevole seguirlo. Io stesso, pur facendo il vaticanista da più di vent’anni, a tratti faccio fatica a orientarmi. Ma non lo interrompiamo perché capiamo che ha bisogno di parlare. L’impressione è che sia un uomo solo e triste per ciò che vede attorno a sé, ma non inasprito. Nelle sue parole non c’è mai una parola cattiva nei confronti delle tante persone che cita. I fatti sono eloquenti. A volte sorride e mi guarda, come per dire: “Che cosa dobbiamo fare? C’è una via d’uscita?”.
Mi dice che mi ha chiamato perché, pur non conoscendomi di persona, mi stima, soprattutto per il coraggio e la libertà che dimostro. Aggiunge che il mio blog è letto e apprezzato anche nei “sacri palazzi”, sebbene non tutti lo possano dire apertamente.
Gli chiedo qualcosa a proposito della sua esperienza al Governatorato e ci racconta di come riuscì a far risparmiare alle casse del Vaticano un bel po’ di quattrini, facendo rispettare le regole e mettendo ordine nei conti.
Commento: “Beh, monsignore, dopo quel repulisti di certo non si sarà fatto degli amici!”. Sorride di nuovo e risponde: “Lo so bene! Ma se non l’avessi fatto non avrei rispetto di me stesso”.
È un uomo con un profondo senso del dovere. Almeno così ci sembra. In pochi minuti fra noi si stabilisce una sintonia.
Mia moglie, catechista in parrocchia, e le ragazze restano letteralmente senza parole di fronte a certi racconti. Dico sempre, scherzando ma non troppo, che i buoni cattolici non dovrebbero sapere come funzionano le cose nelle alte gerarchie, e questa sera ne ho la conferma. Tuttavia non sono pentito di aver invitato l’arcivescovo a casa. Credo che la testimonianza dolente di quest’uomo, di questo anziano servitore della Chiesa, ci stia dicendo qualcosa di importante. Qualcosa che, pur nel dolore e nello sconcerto, può aiutare la nostra vita di fede.
Dice il monsignore: “Ho settantasette anni, sono alla fine della mia vita. Il giudizio degli uomini non mi interessa. L’unico giudizio che conta è quello del buon Dio. Lui mi chiederà che cosa ho fatto per la Chiesa di Cristo e io voglio potergli rispondere che l’ho difesa e servita fino all’ultimo”.
La serata trascorre così. Abbiamo la netta sensazione che sua eccellenza non si sia neppure reso conto di che cosa aveva nel piatto. Tra un boccone e l’altro non ha mai smesso di parlare.
Quando lo riaccompagno alla sua vettura mi chiedo: ma, alla fin fine, perché ha voluto vedermi? Per rispetto, e per mancanza di confidenza, non gli pongo la domanda, ma, prima di congedarci, lui mi dice: “Grazie, ci rivedremo. Non mi chiami. Mi farò vivo io”. E sale in macchina.
Sono un giornalista e dunque in questi casi il primo impulso è quello di mettermi al computer e scrivere tutto ciò che mi ha raccontato, ma mi trattengo. Il monsignore non mi ha vietato di scrivere. Anzi, in proposito non mi ha detto proprio nulla. Però è fuori discussione che mi ha fatto alcune rivelazioni. Capisco allora che l’incontro è stato una specie di prova. L’arcivescovo ha voluto vedere se di me si può fidare.
Passa più di un mese e mi chiama di nuovo. La richiesta è uguale all’altra volta: “Possiamo vederci?”.
“Certo che sì. Facciamo di nuovo a casa mia? L’avverto però che ci sarà una figlia in più, la maggiore, e ci saranno anche i suoi due figli, i nostri nipotini”.
“Non importa”, dice Viganò. “L’importante è che noi due a un certo punto ci ricaviamo uno spazio per parlare”.
E così sua eccellenza l’ex nunzio negli Usa torna a trovarci. E questa volta ci sembra un po’ meno teso. Si vede che gli fa piacere stare con questa grande famiglia un po’ chiassosa. A un certo punto il suo cellulare squilla. Una videochiamata dagli Stati Uniti. È la nipote: “Oh scusa zio, non volevo disturbare!”. Viganò sorride divertito e mostra con il cellulare tutta la combriccola a tavola, compresi i nipotini. “Che bella compagnia!”, dice la nipote. E poi, rivolta a me: “Approfitto dell’occasione per dirle che la stimo molto”.
La tensione si stempera. Il nostro nipotino di tre anni ronza attorno al monsignore e lo chiama Carlo Maria. Viganò è divertito e sembra che per qualche istante abbia dimenticato i suoi crucci.
Ma di nuovo, dopo la benedizione della tavola, l’arcivescovo è un fiume in piena. Tanti racconti, tante circostanze, tanti nomi. Ma questa volta si concentra di più sugli anni americani. Cita il caso McCarrick, l’ex cardinale riconosciuto colpevole di gravissimi abusi, e fa capire che tutti sapevano, negli Usa e in Vaticano, da molto tempo, da anni. Eppure hanno coperto.
Chiedo: proprio tutti tutti?
Con un cenno del capo l’arcivescovo risponde di sì: proprio tutti.
Vorrei fare altre domande, ma non è facile inserirsi nel flusso ininterrotto di date, notizie, incontri, nomi.
Il succo è che anche papa Francesco, secondo Viganò, sapeva. Eppure ha lasciato che McCarrick circolasse indisturbato, facendosi beffe dei divieti che gli erano stati imposti da Benedetto XVI. Francesco sapeva almeno dal marzo del 2013, quando lo stesso Viganò, rispondendo a una domanda del papa durante un incontro faccia a faccia, gli disse che su McCarrick in Vaticano c’è un corposo dossier e non c’è che da leggerlo.
Rispetto al nostro precedente incontro c’è la novità delle risultanze emerse dall’indagine del gran giurì della Pennsylvania, e Viganò conferma che il quadro tracciato è corretto. Gli abusi sessuali costituiscono un fenomeno più esteso di quanto si possa immaginare, e non è corretto parlare di pedofilia, perché nella stragrande maggioranza dei casi si tratta di chierici omosessuali che vanno a caccia di maschi adolescenti. Più corretto, dice il monsignore, è parlare semmai di efebofilia. Ma il punto è che la rete di complicità, omertà, coperture e reciproci favori è estesa al di là di ogni dire, e coinvolge tutti i vertici, sia in America sia a Roma.
Noi restiamo, ancora una volta, allibiti. A causa del mio lavoro qualcosa avevamo intuito, ma per dei cattolici come noi, nati e cresciuti nel seno della Madre Chiesa, è davvero difficile mandar giù un simile boccone.
La mia domanda è quindi la più ingenua possibile: perché?
E la risposta del monsignore ci gela il sangue: “Perché quelle fessure di cui parlava Paolo VI, dalle quali il fumo di Satana si sarebbe infilato nella casa di Dio, sono diventate voragini. Il diavolo sta lavorando alla grande. E non ammetterlo, o girare la faccia dall’altra parte, sarebbe il nostro più grande peccato”.
Mi accorgo che quel momento a tu per tu, al quale il monsignore teneva tanto, non c’è stato. Ha parlato davanti a tutti. Gli chiedo se vuole che io e lui ci trasferiamo in un’altra stanza, senza moglie, figlie e nipotini, ma lui dice di no, va bene così. Si capisce che si trova bene. Per noi è un po’ come ascoltare un nonno che ci fa dei racconti su mondi lontani, e vorremmo tanto che a un certo punto dicesse che è solo fiction. Invece il mondo del quale sta parlando è il nostro. È la nostra Chiesa. Sono i nostri supremi pastori.
Resta la domanda di fondo: perché il monsignore ci sta raccontando tutto questo? Che cosa vuole da me?
Questa volta glielo chiedo e la risposta è che lui ha scritto un memoriale nel quale ci sono tutte le circostanze di cui ci ha parlato. Compreso l’incontro del 23 giugno 2013 con il papa, quando lui, Viganò, informò Francesco del dossier su McCarrick.
Dunque?
“Dunque – mi dice – se lei me lo consente io le farò avere il mio memoriale, che dimostra che il papa sapeva e non ha agito. E poi lei, dopo averlo valutato, deciderà se pubblicarlo o meno nel suo blog, che è tanto seguito. Voglio che si sappia. Non lo faccio a cuor leggero, ma penso che sia l’unica strada rimasta per tentare una svolta, una conversione autentica”
“Capisco. Lo darà solo a me?”
“No. Lo darò a un altro blogger italiano, a un inglese, a un americano e un canadese. Verranno fatte traduzioni in inglese e spagnolo”.
Anche questa volta il monsignore non mi chiede la riservatezza. Capisco che si fida. Restiamo dunque d’accordo che, su sua richiesta, ci incontreremo di nuovo e mi passerà il memoriale.
Dopo qualche giorno infatti mi richiama e prendiamo accordi. Non posso dire dove ci siamo visti, perché ho dato la mia parola.
Il monsignore si presenta con occhiali da sole e un berretto da baseball. Chiede che la mia prima lettura del documento avvenga davanti a lui, così, dice, “se qualcosa non la convince possiamo discuterne subito”.
Leggo tutto. Sono undici pagine. Lui si stupisce per la mia velocità e mi guarda: “Allora?”
Dico: “È forte. Circostanziato. Scritto bene. Un quadro drammatico”.
Chiede: “Lo pubblicherà?”.
“Monsignore, lei si rende conto che è una bomba? Che cosa dobbiamo fare?”.
“Lo affido a lei. Ci pensi”.
“Monsignore, lo sa che diranno? Che lei si vuole vendicare. Che è roso dal rancore per essere stato allontanato dal Governatorato e per altre vicende. Che è lei il corvo che fece uscire le carte di Vatileaks. Diranno che lei è un instabile, oltre che un conservatore della peggior specie”.
“Lo so, lo so. Ma non me ne importa nulla. L’unica cosa che mi importa è portare a galla la verità, perché possa incominciare una purificazione. Al punto in cui siamo non c’è altra via”.
Io non sono angosciato. Dentro di me, in fondo, ho già preso la decisione di pubblicare, perché sento che di quest’uomo mi posso fidare. Ma mi chiedo: “Che effetto farà sulle anime più semplici? Sui buoni cattolici? Non rischiamo di fare più male che bene?”.
Mi accorgo che ho formulato la domanda a voce alta e il monsignore risponde: “Ci pensi. Valuti con calma”. Ci stringiamo la mano. Lui si toglie gli occhiali scuri e ci guardiamo dritto negli occhi.
Il fatto che non mi forzi, che non appaia ansioso di vedermi pubblicare tutto quanto, fa sì che io mi fidi ancora di più di lui. Una sua manovra? Mi sta manipolando?
A casa ne parlo con Serena e con le ragazze. Per me il loro consiglio è sempre molto importante. Che fare?
Sono giorni di domande. Rileggo il memoriale. È circostanziato, ma ovviamente si tratta della versione di Viganò. Penso che i lettori lo capiranno. Io proporrò la versione dell’arcivescovo dopo di che, se qualcuno avrà argomenti in senso contrario, proporrà altre versioni.
Mia moglie mi fa presente: “Ma se lo pubblicherai penseranno che, per il fatto stesso di pubblicarlo, tu stai dalla sua parte. Ti va?”.
Sì, mi va. Mi giudicheranno di parte? Pazienza. Del resto io sono di parte. Quando faccio il cronista faccio il cronista e basta, cercando di essere il più asettico possibile, ma nel mio blog mi sono già ampiamente schierato e i lettori sanno bene come la penso rispetto a una certa piega che la Chiesa ha preso negli ultimi anni. Se poi qualcuno mi proporrà documenti che provano che Viganò mente, o che la sua versione dei fatti è incompleta o scorretta, sarò ben lieto di pubblicare anche quelli.
Sento il monsignore al telefono. Gli comunico la mia decisione. Concordiamo il giorno e l’ora della pubblicazione. Dice che nello stesso giorno e alla stessa ora pubblicheranno anche gli altri. Ha deciso per domenica 26 agosto perché il papa, di ritorno da Dublino, avrà modo di replicare rispondendo alle domande dei giornalisti in aereo. Mi avverte che tra coloro che pubblicheranno si è aggiunto il quotidiano “La Verità”. Mi dice che ha già acquistato un biglietto aereo. Andrà all’estero. Non mi può dire dove. Non lo dovrò cercare. Il vecchio numero di cellulare non sarà più in funzione. Ci salutiamo per l’ultima volta.
Così è andata. Non che i dubbi dentro di me siano finiti. Ho fatto bene? Ho fatto male? Continuo a chiedermelo. Ma sono sereno. E rileggo le parole che monsignor Vigano ha scritto a conclusione del suo memoriale: “Preghiamo tutti per la Chiesa e per il papa, ricordiamoci di quante volte ci ha chiesto di pregare per lui! Rinnoviamo tuti la fede nella Chiesa nostra madre: Credo la Chiesa, una, santa, cattolica, apostolica! Cristo non abbandonerà mai la sua Chiesa! L’ha generata nel suo sangue e la rianima continuamente con il suo Spirito! Maria, Madre della Chiesa, prega per noi! Maria Vergine Regina, Madre del Re della gloria, prega per noi!”.
Aldo Maria Valli
BERGOGLIO-VIGANO': TROPPO COMODO IL 'FATE VOI IL VOSTRO GIUDIZIO'
Alcune considerazioni sul ‘caso Bergoglio-Viganò’, esploso ieri, domenica 26 agosto 2018, con la pubblicazione su varie testate nel mondo di un dettagliato memoriale del nunzio apostolico emerito, che chiede tra l’altro le dimissioni di papa Francesco per aver ‘coperto’ per anni, pur sapendo, Theodor Mc Carrick, già arcivescovo di Washington e cardinale ‘progressista’ di Santa Romana Chiesa. La risposta di Bergoglio in aereo. I deliri da purghe staliniane del noto Luis Badilla e l’accusa da rogo inquisitorio dell’avveniristica Stefania Falasca.
Ieri, domenica 26 agosto 2018, su alcuni media è apparso un lungo e dettagliato memoriale a firma dell’arcivescovo Carlo Maria Viganò. Nato a Varese nel 1941 Viganò è stato nunzio apostolico in Nigeria (1992-98), delegato per le rappresentanze pontificie (1998-2009), segretario del Governatorato vaticano (2009-2011), nunzio apostolico negli Stati Uniti (2011-2016, trasferimento -pur molto prestigioso e delicato- originato dalle accuse di corruzione dentro la Chiesa contenute in alcuni scritti inviati dallo stesso Viganò anche a papa Benedetto XVI).
Il memoriale è stato dato a Marco Tosatti (“Stilum Curiae”). In Italia è stato pubblicato in anteprima da La Verità (le prime sette pagine dell’edizione di ieri, con il titolo d’apertura “Il Papa sapeva degli abusi sessuali del cardinale gay ma li ha coperti”) e da Aldo Maria Valli (“Duc in altum”). Nel mondo anglosassone è stato divulgato sul National Catholic Register, su Life Site News e sul network Ewtn. In area ispanica l’ha pubblicato Infocatolica, in area francofona L’homme nouveau e Riposte Catholique.
Occhiello de La Verità sotto il titolo di apertura: “Sconvolgente atto di accusa dell’ex-nunzio apostolico negli USA, che fa nomi e cognomi della potente lobby omosessuale della Chiesa. “Le mie denunce ignorate per anni, ora Francesco deve dimettersi”. Titoli d’apertura delle pagine interne de La Verità: “L’ex-nunzio apostolico negli Stati Uniti denuncia la lobby omosessuale della Chiesa”, “Il Papa sapeva degli abusi sessuali del cardinale gay. Però ha deciso di coprire tutto”, “Da Sodano fino a Bertone la Curia ha ignorato le direttive di Ratzinger”, “Ho detto a Francesco del prelato omosessuale. Ha cambiato discorso”.
CITAZIONI VARIE CON QUALCHE NOTA
Ed ora una serie di citazioni e annotazioni sull’argomento. I lettori fedeli di www.rossoporpora.org vi ritroveranno anche vecchie conoscenze del peggior mondo turiferario.
Il nunzio apostolico emerito Carlo Maria Viganò/1: (sull’udienza privata del 23 giugno 2013) “Subito dopo il Papa mi chiese con tono accattivante: Il cardinale Mc Carrick com’è? Io gli risposi con tutta franchezza e se volete con tanta ingenuità: Santo Padre, non so se Lei conosce il cardinale McCarrick, ma se chiede alla Congregazione per i vescovi c’è un dossier grande così su di lui. Ha corrotto generazioni di seminaristi e di sacerdoti, e papa Benedetto gli ha imposto di ritirarsi a una vita di preghiera e di penitenza. Il Papa non fece il minimo commento a quelle mie parole tanto gravi, e non mostrò sul suo volto alcuna espressione di sorpresa, come se la cosa gli fosse già nota da tempo, e cambiò subito di argomento”.
Carlo Maria Viganò/2: “Papa Francesco ha chiesto più volte totale trasparenza nella Chiesa e a vescovi e fedeli di agire con parresia. I fedeli di tutto il mondo la esigono anche da lui in modo esemplare. Dica da quando ha saputo dei crimini commessi da McCarrick abusando della sua autorità con seminaristi e sacerdoti. In ogni caso il Papa lo ha saputo da me il 23 giugno 2013 e ha continuato a coprirlo (…)”
Carlo Maria Viganò/3: (ha appena detto del comportamento curioso del Papa nei casi drammatici dell’Honduras e del Cile): “Anche nella triste vicenda di McCarrick il comportamento di papa Francesco non è stato diverso. Sapeva perlomeno dal 23 giugno 2013 che McCarrick era un predatore seriale. Pur sapendo che era un corrotto, lo ha coperto a oltranza, anzi ha fatto propri i suoi consigli non certo ispirati da sane intenzioni né da amore per la chiesa. solo quando vi è stato costretto dalla denuncia di un abuso di un minore, sempre in funzione del plauso dei media, ha preso provvedimenti nei suoi confronti per salvare la sua immagine mediatica”.
Carlo Maria Viganò/4: “In questo momento estremamente drammatico per la Chiesa universale (papa Francesco) riconosca i suoi errori e in coerenza con il conclamato principio di tolleranza zero, papa Francesco sia il primo a dare il buon esempio a cardinali e vescovi che hanno coperto gli abusi di McCarrick e si dimetta insieme a tutti loro”
FRANCESCO AI GIORNALISTI: 'FATE VOI IL VOSTRO GIUDIZIO'
Papa Francesco, 26 agosto 2018, conferenza-stampa sul volo di ritorno Dublino-Roma, risponde a Anna Matranga (NBC), che aveva chiesto se fosse vero quanto scritto da Carlo Maria Viganò a proposito dell’udienza del 23 giugno 2013 e se fosse vero che papa Benedetto XVI avesse già sanzionato pesantemente McCarrick: “ Una cosa: io preferirei – anche se risponderò alla sua domanda – preferirei che prima parlassimo del viaggio e poi di altri argomenti… ma rispondo. Ho letto, questa mattina, quel comunicato. L’ho letto e sinceramente devo dirvi questo, a Lei e a tutti coloro tra voi che sono interessati: leggete voi, attentamente, il comunicato e fate voi il vostro giudizio. Io non dirò una parola su questo. Credo che il comunicato parla da sé stesso, e voi avete la capacità giornalistica sufficiente per trarre le conclusioni. E’ un atto di fiducia: quando sarà passato un po’ di tempo e voi avrete tratto le conclusioni, forse io parlerò. Ma vorrei che la vostra maturità professionale faccia questo lavoro: vi farà bene, davvero. Va bene così. Ha insistito la giornalista chiedendo quando papa Francesco avesse saputo degli abusi commessi da McCarrick: “Questo fa parte del comunicato su McCarrick: studiate e poi vi dirò”.
NdR: “Fate voi il vostro giudizio”… ma che risposta è questa ad accuse tanto gravi per la Chiesa, lanciate da un prelato indubbiamente illustre e che perdipiù coinvolgono in prima persona Bergoglio? Applicare il famoso (purtroppo) “Chi sono io per giudicare?” anche ad accuse del genere appare francamente e oggettivamente troppo comodo: in sostanza uno potrebbe pensare a una fuga dalle proprie responsabilità. Il tutto con conseguenze devastanti sull’opinione pubblica, in primo luogo quella cattolica.
La domanda fondamentale cui rispondere in questo caso è una sola: quanto scritto nel memoriale è vero o non è vero? E’ vero solo in parte? Dove è vero ed eventualmente è impreciso o errato, non rispondente ai fatti? Si stia ai contenuti, invece di fuggire per la tangente o indagare sulle possibili intenzioni di Carlo Maria Viganò o riandare a episodi controversi della sua vita. Ciò che conta sono i contenuti… ma, com’era da aspettarsi, le manovre di depistaggio sono incominciate in grande stile, ben oliate dalla consueta macchina del fango con insulti a gogò verso il nunzio apostolico emerito. Un’altra bella immagine della “Chiesa della misericordia, dell’inclusione, dei ponti, del dialogo” e compagnia cantante…
Un paio di esempi preclari.
UNA PERLA PREZIOSA OFFERTA DA STEFANIA FALASCA SU AVVENIRE: C’E’ PUZZA DI ZOLFO!
Il primo è apparso ieri, domenica 26 agosto, su Avvenire in versione online. La firma è di una vera artista, la turiferaria di casa Stefania Falasca. La quale, ‘annegando’ qualche riga sul memoriale del’arcivescovo Viganò in un articolo sull’incontro del Papa con le famiglie, annota tra l’accorato, lo stupito e l’indignato: : “Sembra tuttavia che tutto questo fin qui detto e compiuto con limpidezza e rigore dal Papa conti niente. Proprio oggi infatti (NdR: questo passo è in neretto su Avvenire) è stato diffuso un documento di undici pagine firmato da Carlo Maria Viganò, ex segretario del Governatorato ed ex nunzio apostolico negli Stati Uniti, che venne allontanato dal Vaticano e inviato nella sede diplomatica di Washington nel 2011, chiaramente indirizzato contro papa Francesco. Testo nel quale l’ex nunzio chiede persino le sue dimissioni perché a suo dire avrebbe tolto delle sanzioni esistenti negli anni passati contro l’arcivescovo emerito di Washington, Theodore McCarrick, creato cardinale da Giovanni Paolo II, accusato di molestie e al quale Papa Francesco ha già imposto di vivere ritirato e tolto la porpora cardinalizia con una prima vera e radicale sanzione contro l’ex arcivescovo, che peraltro non ha precedenti nella storia più recente della Chiesa”
L’impressione è che Carlo Maria Viganò si sia reso autore di un delitto di lesa maestà, con un testo – continua auto-incendiandosi la Stefania – “esemplificativo delle personali battaglie di potere clericale di un prelato e dell’uso strumentale che ne viene fatto nella battaglia ingaggiata dalle lobby anti-Francesco e dai suoi addentellati nella Chiesa, nella politica internazionale e nella galassia mediatica antipapale e tradizionalista americana ed europea”. E qui la Stefania, immedesimandosi in un Grande Inquisitore in attesa di consegnare Viganò al braccio secolare per un rogo purificatore, definisce il memoriale “un tentativo diabolico”. Che sia fresca reduce da un corso per apprendisti esorcisti?
IL TRIONFALE RITORNO DI LUIS BADILLA, IL GRANDE TURIFERARIO INQUISITORE
Il secondo esempio riguarda un bipede collaudato, esperto delle tecniche di disinformazione di tipo sovietico (magari in salsa castrista, con un pizzico di condimento allendista), il ben noto Luis Badilla, ex-esule cileno e direttore di quello che continua a essere considerato un sito paravaticano, Il Sismografo.
Esemplare il climax ascendente dell’informazione sismografica sul ‘caso Bergoglio-Viganò’. Domenica mattina 26 agosto, alle 7.15 il sito badillero annuncia la pubblicazione del memoriale su La Verità, accompagnando subito tale annuncio (condito di una breve citazione) con una premessa, che palesa già gravi problemi biliari: “Ovviamente si tratta di un documento "appetitoso e gustoso", in particolare per i blog, i blogger, i giornalisti e altri che combattono il pontificato di Francesco. Sono già in circolazione, in rete, analisi e commenti nonché la traduzione integrale in inglese del "papiro" di Viganò. E' evidente che si tratta anche di un'operazione studiata e organizzata a tavolino da lanciare proprio oggi, ultimo giorno del IX Incontro Mondiale delle Famiglie in Irlanda. Da giorni in certi particolari ambienti si mormorava: "Durante il viaggio in Irlanda ci sarà una sorpresina". E' questa? (NdR: il neretto è del Sismografo)
Non passano cinque minuti ( sono le 7.20) che il direttor Badilla, in stato di agitazione sempre più evidente, pubblica il testo integrale del memoriale in inglese, sotto il titolo di vago sapore western “Il ritorno e la vendetta del nunzio Carlo Maria Viganò. Ecco la sua denuncia-testimonianza in inglese”.
Il Sismografo incomincia a dar conto reazioni giornalistiche da tutto il mondo e alle 11.57 pubblica anche il testo integrale italiano, cogliendo l’occasione per sferrare un attacco sotto la cintola al nunzio apostolico emerito per mezzo del titolo seguente: “Testo italiano della lettera dell’arcivescovo Carlo Maria Viganò, il prelato che dice di sapere molto ma che ha taciuto per oltre un decennio” (su quel “ha taciuto per oltre un decennio” è proprio così sicura la premiata rete informativa badillera?)
Ma è questa mattina, lunedì 27 agosto alle ore 8.00 – dopo una presumibile notte di macchinazioni mentali – che il direttor badillero, vero e proprio turiferario inquisitore, dà il meglio di sé, prendendosela anche il cardinale Burke (da tempo ‘bestia nera’ del virgineo Sismografo , intervistato da La Verità nel numero di oggi). Leggere per credere.
Titolo (che lascia presumere una scarica descamisada di cazzottoni in faccia ai destinatari dell’invettiva) : “Ad alcuni membri della gerarchia cattolica occorre dire: basta!!... la Chiesa è di Cristo e non vostra. Avete superato ogni limite”. Pensate un momento a un’eventualità fortunatamente non concretizzatasi: se Allende non fosse stato rovesciato, forse Luis Badilla sarebbe divenuto ministro dell’informazione cilena…
Della illuminante – oltre che raffinata - prosa badillera offriamo qualche scampolo:
Complotto internazionale. Era prevedibile, anzi, era certo. Se ne parlava in giro, con finta discrezione, da qualche settimana. L’operazione montata con la lettera dell’arcivescovo ed ex Nunzio negli USA, Carlo Maria Viganò, personaggio oscuro, bugiardo, ambizioso e intrigante, è stata preparata con sapienza e sicuramente è la prima di molte altre già in preparazione. Hanno scelto bene. Questo C. M. Viganò è uno che dal 2011 scrive lunghe lettere, a seguito di compulsive "crisi di coscienza davanti lo sguardo di Dio", in cui stila i suoi elenchi telefonici personali (nemici, avversari, concorrenti e altro) con l'unico scopo meschino di sputtanare veri colpevoli di misfatti gravi (sui quali però lui ha taciuto per anni) oppure confratelli innocenti.
Viganò, grande esperto di macchinazioni. Il personaggio che con la sua Testimonianza — la denuncia di ieri ne offre un ottimo autoritratto — non è nuovo alle cronache delle calunnie, delle mezze verità e delle insinuazioni manipolate. Carlo Maria Viganò in questa materia è un grande esperto e non perdona che due Papi abbiano detto “no” alle sue ambizioni cardinalizie, smisurate e mai nascoste.
Un altro Watileaks alle porte. Tutto fa pensare che potrebbe arrivare un altro Vatileaks, per usare un nome famigerato, e legato storicamente a questo Carlo Maria Viganò, presule che troviamo all'origine del primo Vatileaks, dunque un’altra guerra di bande in cui si scontrano gruppi, cordate e amici degli amici, e tra loro i soliti giornalisti il cui nome e cognome conosciamo tutti poiché non nuovi al mestiere di far circolare e amplificare veline. Giornalisti che si offrono per essere usati. Si pensava che questa singolare specie fosse in via di estinzione, ma pare che non sia proprio così
Urgono farmaci contro la nausea. Questo spettacolo offerto da alcuni membri della gerarchia cattolica è deplorevole, peggio ancora, è nauseabondo. Le loro guerre misere e abominevoli non sono la Chiesa e la Chiesa non è una loro proprietà. Questi signori che si servono della Chiesa per consolidare o accrescere i loro interessi personali o di cordata sono dei nani morali che non meritano considerazioni di nessun tipo e a nulla servirà che si proteggano con titoli arcivescovili o vescovili e neanche cardinalizi. Avranno la legittimità giuridica di essere tali ma non hanno nessun legittimità morale. Nessuna! Loro stessi si collocano fuori dalla comunità ecclesiale.
Prelati ricchi e malvagi. Il danno che fanno alla Chiesa è irreparabile. Agiscono superprotetti, privilegiati, ben stipendiati, assicurati, e circondati da ossequiosità, e lo fanno per fare del male alla Chiesa anche se si nascondono dietro parole bigotte, pseudoreligiose e simulacri di spiritualità.
Al rogo Carlo Maria Viganò! Al rogo Raymond Burke! Basta con i “Viganò”. Basta anche con i "Burke". Ormai è troppo. Ma veramente troppo. Perché si dovrebbe lasciare la Chiesa di Cristo nelle mani di persone che si comportano in questa maniera? Perché? Chi sono? Basta un titolo gerarchico per avere, a prescindere di ciò che si fa o si dice, l'adesione e il rispetto dei fedeli, in particolare dei laici, del clero, delle religiose? I laici, ma anche il cloro e le suore e tanti altri, sono, come credono questi signori, una massa di pecore da usare come claque? Fino a quando questa parte della gerarchia cattolica, in Vaticano e nelle diocesi, continuerà a credere di poter spartirsi la chiesa - denaro, potere, influenze ... - come fecero con le vesti del Cristo ai piedi della croce?
Se non c’è legna sufficiente per i roghi, fuori gli arnesi (cari alle sinistre rivoluzionarie)! E’ ora di stare attenti più che mai: tutti, in particolari i laici. Una risposta perentoria si deve organizzare e dare a questi signori che ormai hanno superato ogni limite e hanno perso il pudore e la vergogna. NdR finale: almeno si riaprano i gulag, se proprio si vuol essere umanitari a tutti i costi!
BERGOGLIO-VIGANO’: TROPPO COMODO IL 'FATE VOI IL VOSTRO GIUDIZIO'– di GIUSEPPE RUSCONI – www.rossoporpora.org – 27 agosto 2018
https://www.rossoporpora.org/rubriche/vaticano/803-bergoglio-vigano-troppo-comodo-il-fate-voi-il-vostro-giudizio.html
SECONDO EDWARD PENTIN Benedetto XVI ricorda di aver allontanato McCarrick
Francesco ha coperto McCarrick dal 2013 e ha revocato le sanzioni imposte a lui da Benedetto XVI
Sebbene Papa Francesco abbia evitato di rispondere
ieri alle accuse di Viganó, due delle persone menzionate nella lettera
di Viganó hanno parlato. Il papa emerito e il primo consigliere della
Nunziatura confermano la parte della storia che conoscono.
Papa emerito Benedetto XVI, secondo quanto Edward Pentin è stato in grado di accertare, ricorda di avere incaricato l’allora Segretario di Stato, il cardinale Bertone, per passare a McCarrick una punizione, ma non ricorda in dettaglio quale fosse la portata di questi divieti. Con questa rivelazione del Papa emerito una parte importante della lettera Vigano, vale a dire che Benedetto aveva ordinato al cardinale McCarrick una vita di preghiera e di penitenza, che Francesco ha poi interrotto al raggiungimento del Papato, riabilitando il vecchio “zio Ted”, è confermato .
Inoltre, al di fuori dalle persone menzionate in questo articolo, l’ex primo consigliere della nunziatura nel Stati Uniti, il francese Jean-François Lantheaume conferma che Vigano dice la verità, come ha dichiarato a Catholic News Agency.
Il Cardinale Burke ha fatto una dichiarazione ieri a LifeSiteNews dicendo che “La corruzione e il sudiciume che sono entrati nella vita della Chiesa devono essere purificati dalle loro radici”. “Le dichiarazioni di un prelato dell’autorità dell’Arcivescovo Carlo Maria Viganò dovrebbero essere prese molto sul serio dai responsabili della Chiesa”, ha affermato il card. Burke. “Ogni dichiarazione deve essere soggetta a indagine, in conformità con la legge procedurale approvata dalla Chiesa”.
Il Vescovo di Tyler (Texas), Strickland, ha firmato ieri una dichiarazione a tutti i fedeli al fine di garantire “credibilità” per le dichiarazioni di Vigano, e chiedendo pertanto un’indagine approfondita.
Da parte sua, l’Arcivescovo di Chicago, Blaise Cupich, segnalato da Viganó come un membro della mafia omosessuale che rapisce la Chiesa, ha pubblicato ieri una dichiarazione in cui egli considera “incredibili” le dichiarazioni Viganò.
In questo modo, la Chiesa universale spera solo che sarà Francesco a parlare e a chiarire i dubbi sul suo onore.
da Infovaticana.com, 27 agosto
https://benedettoxviblog.wordpress.com/2018/08/27/secondo-edward-pentin-benedetto-xvi-ricorda-di-aver-allontanato-mccarrick/
Papa emerito Benedetto XVI, secondo quanto Edward Pentin è stato in grado di accertare, ricorda di avere incaricato l’allora Segretario di Stato, il cardinale Bertone, per passare a McCarrick una punizione, ma non ricorda in dettaglio quale fosse la portata di questi divieti. Con questa rivelazione del Papa emerito una parte importante della lettera Vigano, vale a dire che Benedetto aveva ordinato al cardinale McCarrick una vita di preghiera e di penitenza, che Francesco ha poi interrotto al raggiungimento del Papato, riabilitando il vecchio “zio Ted”, è confermato .
Inoltre, al di fuori dalle persone menzionate in questo articolo, l’ex primo consigliere della nunziatura nel Stati Uniti, il francese Jean-François Lantheaume conferma che Vigano dice la verità, come ha dichiarato a Catholic News Agency.
Il Cardinale Burke ha fatto una dichiarazione ieri a LifeSiteNews dicendo che “La corruzione e il sudiciume che sono entrati nella vita della Chiesa devono essere purificati dalle loro radici”. “Le dichiarazioni di un prelato dell’autorità dell’Arcivescovo Carlo Maria Viganò dovrebbero essere prese molto sul serio dai responsabili della Chiesa”, ha affermato il card. Burke. “Ogni dichiarazione deve essere soggetta a indagine, in conformità con la legge procedurale approvata dalla Chiesa”.
Il Vescovo di Tyler (Texas), Strickland, ha firmato ieri una dichiarazione a tutti i fedeli al fine di garantire “credibilità” per le dichiarazioni di Vigano, e chiedendo pertanto un’indagine approfondita.
Da parte sua, l’Arcivescovo di Chicago, Blaise Cupich, segnalato da Viganó come un membro della mafia omosessuale che rapisce la Chiesa, ha pubblicato ieri una dichiarazione in cui egli considera “incredibili” le dichiarazioni Viganò.
In questo modo, la Chiesa universale spera solo che sarà Francesco a parlare e a chiarire i dubbi sul suo onore.
da Infovaticana.com, 27 agosto
https://benedettoxviblog.wordpress.com/2018/08/27/secondo-edward-pentin-benedetto-xvi-ricorda-di-aver-allontanato-mccarrick/
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