La vicenda del memoriale dell’arcivescovo Carlo Maria Viganò sta tenendo banco da giorni nei commenti dei principali osservatori di cose vaticane, e seguire tutto non è facile. Comunque sia, tra le valutazioni più intelligenti (ovviamente a giudizio del sottoscritto) sembra esserci quella del filosofo Edward Feser, docente al Pasadena City College,
(https://edwardfeser.blogspot.com/2018/09/why-archbishop-vigano-is-almost_5.html) che illustra una serie di ragioni in base alle quali si può ragionevolmente sostenere che Viganò abbia detto la verità.
La prima ragione, dice Feser, sta nel silenzio assordante del papa. Bergoglio ha ricevuto un attacco senza precedenti da parte di un ecclesiastico di alto livello, un arcivescovo, ambasciatore vaticano negli Stati Uniti. Eppure, per ora, ha rifiutato di rispondere. E “questo, semplicemente, non è l’atteggiamento che ci si aspetterebbe da una persona se le accuse contro di lei fossero palesemente false”. Al contrario, ti aspetteresti che l’interessato procedesse con una confutazione forte e immediata.
Alcuni dei difensori di Francesco, nota Feser, sostengono che Bergoglio sta semplicemente esibendo una totale mancanza di preoccupazione e si sta comportando come Gesù stesso, che non rispose alle accuse. Un’osservazione che potrebbe essere accolta se Bergoglio avesse sempre scelto questa linea. Invece Francesco in più di un’occasione si è difeso. Per esempio, quando è stato accusato di essere comunista, oppure quando lo hanno accusato di non aver parlato apertamente dei crimini in Argentina, oppure ancora quando da sinistra è stato attaccato per aver incontrato la signora Kim Davis nel 2015 (difesa in questo caso demandata alla sala stampa vaticana). Si è difeso anche quando nel 2016 è stato attaccato a causa del suo rifiuto di associare l’Islam al terrorismo e quando, nel 2017, ha paragonato i campi per i migranti ai lager nazisti.
Quindi la tesi secondo cui Bergoglio, piuttosto che rispondere alle critiche, preferisce “porgere l’altra guancia” non regge. Visto che tante volte ha risposto, perché non risponde proprio adesso che le accuse arrivano da un alto esponente della gerarchia?
Considerando poi, osserva Feser, che in questo caso in gioco non c’è soltanto la sua reputazione, ma il bene della Chiesa stessa, Bergoglio, rispondendo, aiuterebbe a impedire ulteriori divisioni.
I difensori di Francesco chiedono che l’arcivescovo tiri fuori le prove. Ma Viganò ha detto dove sono le prove: ha detto che la documentazione pertinente si trova negli archivi della Segreteria di Stato in Vaticano e della nunziatura apostolica a Washington. E chi altri se non il papa può ordinare che la documentazione sia subito messa a disposizione?
Inoltre Viganò ha fornito una sua versione degli incontri personali avuti con Francesco. Dunque perché Bergoglio non fornisce la sua versione, in grado di confutare quella di Viganò? Il silenzio di Francesco, dice Feser, non fa che confermare la posizione di chi sostiene che le accuse di Viganò non siano false.
Ma c’è poi un secondo silenzio sul quale interrogarsi, ed è quello di Benedetto XVI.
Ora, è vero che Ratzinger si è ripromesso di stare il più possibile appartato, in preghiera, ed è immaginabile che non voglia dire nulla per non promuovere in alcun modo una fatale divisione (fino al rischio dello scisma) nella Chiesa. Tuttavia, sostiene Feser, poiché l’attuale controversia sta di fatto minacciando seriamente l’unità della Chiesa, sarebbe lecito aspettarsi da Benedetto una parola per evitare un pericolo tanto grande. Invece nulla.
Poniamo, dice Feser, che Viganò stia mentendo circa le sanzioni che Benedetto avrebbe imposto in forma privata a McCarrick. Se Ratzinger parlasse, potrebbe porre fine alla crisi, o almeno dare un contributo importante alla fine della crisi. Se Ratzinger dicesse che quanto sostiene Viganò è sbagliato, la credibilità dell’ex nunzio subirebbe un duro colpo. E la minaccia dello scisma sarebbe notevolmente ridotta.
Allora perché non lo fa?
Ma supponiamo, dice ancora Feser, che l’arcivescovo Viganò stia dicendo la verità. Se Benedetto lo confermasse pubblicamente, darebbe credibilità all’arcivescovo e arrecherebbe un grave danno a Francesco. Il che si trasformerebbe in un potente contributo allo scisma, con una vera e propria “guerra dei due papi”. Allora, stabilito che ciò che Benedetto vuole evitare più di ogni altra cosa è proprio lo scisma, appare legittimo affermare che il suo silenzio sembra rafforzare l’ipotesi che Viganò stia dicendo la verità piuttosto che l’ipotesi che Viganò stia dicendo il falso.
Secondo il vaticanista Edward Pentin, una fonte vicina a Benedetto ha detto che Ratzinger ricorda di aver chiesto privatamente a McCarrick di mantenere un basso profilo, senza un decreto formale. Se questa comunicazione è avvenuta per volere di Benedetto (e non lo sappiamo con certezza), questo potrebbe essere interpretato come un modo per superare la difficoltà di scegliere tra confermare la testimonianza di Viganò, e ferire così Francesco, o minare la testimonianza di Viganò e quindi ferire l’ex nunzio. Infatti, l’insinuazione che Benedetto non ricorda chiaramente quello che è successo, ma che in ogni caso non esisteva un decreto formale, sembra aiutare papa Francesco. Ma, d’altra parte, l’affermazione che c’era una richiesta privata a McCarrick di mantenere un basso profilo conferma l’essenza delle accuse di Viganò.
Alcuni dei difensori di Francesco hanno visto nella notizia diffusa da Pentin un’accusa a Viganò, ma non è così. Viganò infatti non ha mai detto che contro McCarrick ci fu un provvedimento formale, seguito a un vero e proprio processo investigativo.
La conclusione, dice Fever, è che la fonte di Pentin conferma che Benedetto ha intrapreso un’azione privata contro McCarrick, proprio come ha detto Viganò. Quindi, se la comunicazione è avvenuta per volere di Ratzinger, si tratta della conferma, in modo sottile ma inequivocabile, che la versione di Viganò è vera. Se invece la comunicazione non è avvenuta per volontà di Benedetto, significa che il papa emerito ha mantenuto un totale silenzio, e ciò, per le ragioni esposte prima, sembra più comprensibile nell’ipotesi che Viganò abbia detto la verità.
Ma un altro punto che, secondo Feser, gioca a favore di Viganò è la preoccupazione dell’ex nunzio per il suo posto nella storia ma soprattutto per le conseguenze di ciò che ha fatto per la sua anima nell’aldilà. Viganò è su posizioni teologiche conservatrici, e i suoi critici non fanno che sottolinearlo ogni giorno. Ora, tra le convinzioni più radicate in chi ha una formazione mentale e spirituale si stampo conservatore è che mentire è sempre intrinsecamente peccaminoso, anche quando si mente per una buona causa, e che un peccato di questo genere è sempre mortale quando riguarda una questione tanto seria come la reputazione di un’altra persona. Non solo. Un’altra cosa della quale sono convinti coloro che hanno opinioni teologiche molto conservatrici è che sebbene i papi siano fallibili quando non parlano ex cathedra, dovrebbero comunque essere trattati sempre con grande riverenza, anche quando sono in errore. Un cattivo papa non è paragonabile al capo di una qualche fazione politica. È invece un padre, e non smette mai di esserlo, neppure quando sbaglia. Per cui il suo cattivo comportamento non legittima l’attacco nei suoi confronti. Anche se in determinate circostanze può essere criticato dai suoi subordinati, la critica deve essere fatta con cautela e rispetto. Una terza cosa in cui credono i cattolici conservatori è che la storia della Chiesa è dominata da un’epica lotta tra il bene e il male e che Dio premia i giusti e i sinceri, non i furbi. Ora, dice Feser, supponiamo che l’arcivescovo Viganò menta. Allora avrebbe commesso quello che sa essere un peccato gravissimo, assolutamente mortale, perché avrebbe calunniato il Vicario di Cristo. E lo avrebbe commesso non una volta, ma tutte le volte in cui ha ripetuto la calunnia. E nemmeno la confessione sacramentale potrebbe salvarlo, perché il suo comportamento denota la mancanza del fermo proposito di emendarsi. Inoltre Viganò sa che, in questo caso, passerebbe alla storia come un malvagio all’ennesima potenza, una figura simile a Giuda. Tutte fesserie, potrebbe ribattere chi non crede in queste cose. Ma il punto è che Viganò, essendo un conservatore, come ripetono i suoi accusatori, ci crede per forza.
Inoltre, ci permettiamo di aggiungere noi, Viganò, in quanto e addestrato nella scuola diplomatica della Santa Sede, è un uomo di Chiesa che pone la difesa del papa al primo posto assoluto, a costo della vita stessa. Dunque se un uomo in possesso di una tale formazione, che è anche una forma mentis, arriva ad accusare il papa, significa che ha qualche motivo davvero grave per farlo.
Qualcuno ha fatto notare che Viganò è un mentitore perché in un’occasione pubblica si è rivolto a McCarrick con parole gentili. Ma Viganò è un ambasciatore, e un diplomatico si comporta così. Non può creare scandalo, e di conseguenza mettere in una posizione difficile il papa stesso, del quale è il rappresentante, durante una cena di gala.
Come ulteriore ragione a favore di Viganò Feser cita il comportamento di Bergoglio in altri casi di preti responsabili di comportamenti morali, diciamo così, non appropriati. Qui l’elenco è lungo. Il cardinale Danneels tentò di proteggere un vescovo abusatore, consigliò al re del Belgio di firmare la legge sull’aborto, si rifiutò di proibire materiali di stampo pornografico nelle scuole come sussidi “didattici”, parlò del matrimonio omosessuale come di uno “sviluppo positivo”, si congratulò con il governo belga per aver approvato la legge sul “matrimonio” tra persone dello stesso sesso. Insomma, tutte prese di posizione non esattamente in linea con la dottrina cattolica. Eppure Bergoglio assegnò proprio a lui un ruolo importante nel sinodo del 2015 sulla famiglia. Idem si può dire per l’ex arcivescovo di Los Angeles, il cardinale Roger Mahony, che nel 2013 fu sanzionato dal suo successore per la sua cattiva gestione dei casi di abuso sessuale del clero, eppure all’inizio di quest’anno è stato nominato da Bergoglio suo rappresentante ufficiale alle celebrazioni per il 150° anniversario della diocesi di Scranton (incarico al quale Mahony ha poi rinunciato in seguito alle proteste dei laici). E poi ancora c’è il caso di monsignor Battista Ricca, messo da Francesco a dirigere Casa Santa Marta, e nominato suo prelato allo Ior, sebbene il monsignore sia stato protagonista di storie omosessuali, tanto da richiedere il suo rientro a Roma quando viveva all’estero. E poi ancora c’è la vicenda del vescovo Barros in Cile, accusato di aver coperto il prete abusatore Fernando Karadima ma difeso a oltranza dal papa, fino a parlare di “calunnie” nei suoi confronti, salvo poi fare marcia indietro e scusarsi quando l’Associated Press pubblicò una lettera che dimostrava inconfutabilmente che il papa era al corrente delle malefatte di Barros fin dal 2015 (vicenda comprendente il rimprovero al papa da parte del cardinale O’Malley, membro del consiglio dei cardinali e capo della Commissione vaticana per la protezione dei minori).
Nessuno è in grado di dire con esattezza perché Bergoglio in così tanti casi sia stato indulgente. Comunque lo è stato.
E poi (e qui si tona ai suoi silenzi) ci sono tutte le mancate risposte a critiche e osservazioni, come nel caso dei dubia dei quattro cardinali su Amoris laetitia e come nel caso della non risposta sul memoriale Viganò durante il volo di rientro da Dublino.
In breve, annota Feser, Bergoglio non è noto per le sue scelte lineari e le sue risposte dirette. Al contrario, Viganò nel suo memoriale è chiarissimo, al punto che, pur di non essere vago, apre il fianco alla confutazione. E qui, dice Feser, la conclusione è una sola: la credibilità di chi è chiaro, e si mostra disponibile alla verifica, è superiore a quella di chi si mostra abitualmente ambiguo ed evasivo.
Purtroppo tutte le alte cariche tirate in ballo da Viganò stanno seguendo la stessa linea. Curioso il siparietto riferito a proposito del cardinale Sandri, che a un giornalista, al telefono, ha detto: “Non sono nel mio ufficio, buonasera”. E, sottolinea Feser, fra tutti è stato il più loquace.
Tacciono tutti, dalla Segreteria di Stato alla nunziatura di Washington. Parleranno? Per ora non si sa. Eppure, scrive Feser, di solito le persone innocenti negano le accuse contro di loro. E perché la nunziatura di Washington non rilascia la documentazione necessaria per capire meglio?
Queste circostanze, tuttavia, non sembrano essere interessanti per la grande stampa, che ha deciso a priori di confermare e rafforzare la narrazione fondata sull’immagine di Francesco Grande Riformatore, ostacolato dai cattivi tradizionalisti.
Naturalmente è possibile che oggi stesso, o fra pochi giorni, nuovi elementi e nuove prove cambino totalmente il quadro. Il quale, al momento, è però questo.
– di Aldo Maria Valli
By Redazione On 7 settembre 2018
Per gentile concessione dell’Autore:
UN OMOSESSUALE AL PAPA: DIRE “SILENZIO, NON DIRÒ NULLA” È TOTALE MANCANZA DI MISERICORDIA VERSO DI NOI.
Stilum Curiae pubblica oggi il grido dell’anima di una persona omosessuale rivolta al Pontefice. Leggete e vedrete quanto possano essere dannose l’ambiguità e la confusione che la Chiesa sta vivendo, in un momento in cui si dice “bianco”, e si affidano il potere e le diocesi a chi fa “nero”. La testimonianza Viganò riguarda McCaarick, il Pontefice, il suo rapporto di amicizia e fiducia con il cardinale abusatole di seminaristi, ma riguarda anche la crescente omosessualizzazione della Chiesa, e la campagna che alcuni stanno portando avanti per renderla “normale”. La foto che vedete è stata salvata da un sito italiano di ricerca di partner omosessuali (sconosciuti, fino a quel momento, ovviamente). Ce ne sono altre, e questo da solo – oltre casi come quello del segretario del cardinale Coccopalmerio che faceva le sue orge a base di coca nel Palazzo del’Sant’Uffizio, basterebbe a dimostrare che fra tutte le possibili scelte, il silenzio sdegnoso ammantato di vittimismo e condito di frasi spirituali non è certamente la soluzione migliore, se si vuole che la gente, quella normale, comune, torni a credere la Chiesa credibile.
Alan è un uomo romano, cresciuto in una famiglia cattolica. Sposato abbastanza giovane e presto separato. Dopo la separazione è entrato nel mondo della vita notturna romana conoscendo anche l’ambiente gay da cui è stato attratto e coinvolto in breve tempo. Ha trasformato la sua attività commerciale in un locale gay molto discreto frequentato da persone omosessuali che non volevano pubblicizzare il loro orientamento tra cui molti uomini sposati e sacerdoti.
Dopo diversi anni le domande sulla alienazione umana legata a quello stile di vita lo ha portato ad allontanarsi da quel mondo riavvicinandosi alla comunità cattolica di cui aveva fatto parte da ragazzo. Ora, alla luce di quanto sta accadendo, scrive un suo sfogo su Facebook:
Tornerò cattolico quando la Chiesa tornerà a credere che esiste il bene e il male. Non ho buttato la mia vita dietro alle emozioni omosessuali, mie e di altri, se poi risulta che va tutto bene. Qui non si tratta di attaccare o non attaccare il papa. Qui si tratta che migliaia di omosessuali cattolici lottano tutta la vita, giorno dopo giorno, per cercare di capire che cosa farne delle proprie emozioni pur di non abbandonare la fede. C’è poco da fare battute, c’è poco da dire “silenzio, non dirò nulla”. Questa totale mancanza di misericordia verso chi ha rinunciato a seguire la via spianata dell’omosessualismo e cerca, come può, cadendo e rialzandosi mille volte, con fatica vera, di stare nel perimetro della Grazia, ci sta mettendo a dura prova. Chi difende il silenzio del papa in questo momento storico, favorevole a una presa di posizione puntuale, chiara e netta sull’omosessualità, sappia che sta insultando la vita di tanti omosessuali cattolici che in questo momento si sentono completamente smarriti e feriti. Non basta: è tempo che la Chiesa formuli delle proposte di pastorale per gli omosessuali capaci di dare risposte concrete, realistiche e “cattoliche” affinché chi prova queste emozioni possa non più nascondersi ma sentirsi parte integrante del popolo di Dio alla luce del sole.
Spero che qualcuno dei numerosi press-men che gravitano intorno al Pontefice gli faccia leggere queste poche righe.
Marco Tosatti
6 settembre 2018 Pubblicato da wp_7512482 69 Commenti --http://www.marcotosatti.com/2018/09/06/un-omosessuale-al-papa-dire-silenzio-non-diro-nulla-e-totale-mancanza-di-misericordia-verso-di-noi/
Sarah: «Le persone Lgbt hanno diritto alla verità»
Il cardinale africano risponde alle tesi di padre Martin che vorrebbe "normalizzare" l'omosessualità e ricorda che l'amore alle persone è vero solo se è nella verità. E propone cammini di accompagnamento secondo gli «insegnamenti immutabili» di Gesù. «Prima ci sono le persone stesse, che sono sempre buone, perché esse sono figlie di Dio. Poi ci sono attrazioni verso lo stesso sesso, che non sono peccato, ma sono in contrasto con la natura umana. E infine ci sono le relazioni dello stesso sesso, che sono gravemente peccaminose e dannose per il benessere di coloro che vi prendono parte».
Cristiani Lgbt
“È possibile rimanere fedeli agli insegnamenti della Chiesa senza voltare le spalle a milioni di persone”: così si intitola un editoriale che il cardinale Robert Sarah ha pubblicato sul Wall Street Journal del 31 agosto, per esprimere la sua opinione su un argomento che, dopo Dublino, sta lacerando la Chiesa: e cioè la questione delle persone omosessuali, e del modo in cui possano essere nella Chiesa stessa. Come abbiamo visto, il gesuita attivista LGBT James Martin ha rubato largamente la scena mediatica al Meeting delle Famiglie, con una relazione estremamente discutibile – e contestata - . Il cardinale Sarah risponde, con equilibrio, ribadendo principi fondamentali.
«La Chiesa cattolica è stata criticata da molti, compresi alcuni dei propri seguaci, per la sua risposta pastorale per la comunità LGBT. Questa critica merita una risposta — non per difendere come reazione le pratiche della Chiesa, ma per determinare se, come i discepoli del Signore, stiamo cercando efficacemente un gruppo in stato di bisogno. I cristiani devono sempre cercare di seguire il comandamento nuovo di Gesù nell'ultima cena: ‘amatevi, come io ho amato voi’».
Ma sottolinea il porporato, «per amare qualcuno come Cristo ci ama significa amare quella persona nella verità». E proprio per questo «il Catechismo della Chiesa cattolica riflette questa insistenza sull'onestà, affermando che il messaggio della Chiesa al mondo deve ‘rivelare in tutta chiarezza la gioia e le esigenze della via di Cristo’».
Già in un’altra occasione, se la memoria non ci tradisce, il cardinale Sarah aveva ricordato al gesuita americano che lui non è una persona qualsiasi, ma un sacerdote, e fra l’altro, direttore editoriale della più importante rivista dei gesuiti americani.
«Chi parla a nome della Chiesa deve essere fedele agli insegnamenti immutabili di Cristo, perché solo attraverso una vita in armonia con il disegno creativo di Dio le persone trovano appagamento profondo e duraturo», e cita il Vangelo di Giovanni e le parole di Gesù sulla gioia. «I cattolici credono che, con la guida dello Spirito Santo, la Chiesa attinga i suoi insegnamenti dalle verità del messaggio di Cristo».
Il Prefetto cita poi James Martin, sj. «Tra i preti cattolici, uno dei critici più schietti del messaggio della Chiesa nei riguardi della sessualità è padre James Martin, un gesuita americano. Nel suo libro "Building a Bridge", pubblicato all'inizio di quest'anno, egli ripete la critica comune che i cattolici sono stati duramente critici dell'omosessualità, trascurando l'importanza dell'integrità sessuale tra tutti i suoi seguaci. Padre Martin è corretto nel sostenere che non dovrebbe esserci alcun doppio standard per quanto riguarda la virtù della castità, che, impegnativa come può essere, fa parte della buona novella di Gesù Cristo per tutti i cristiani. Per i celibi — non importa quale sia la loro attrazione — la castità fedele richiede astenersi dal sesso».
Certo, nel mondo odierno, le difficoltà sono grandi: «Questo potrebbe sembrare uno standard elevato, soprattutto oggi. Eppure sarebbe contrario alla saggezza e bontà di Cristo richiedere qualcosa che non può essere realizzato. Gesù ci chiama a questa virtù perché ha fatto i nostri cuori per la purezza, proprio come ha fatto la nostra mente per la verità. Con la grazia di Dio e la nostra perseveranza, la castità non è solo possibile, ma diventerà anche la fonte per la vera libertà». Il porporato illustra le “tristi conseguenze” del rifiuto del piano di Dio per quanto riguarda l’amore e l’intimità umana, e la cosiddetta liberazione sessuale. La promiscuità ha provocato sofferenze senza fine. «Come una madre, la Chiesa cerca di proteggere i suoi figli dal danno del peccato».
«Nel suo insegnamento circa l'omosessualità, la Chiesa guida i suoi seguaci a distinguere la loro identità dalle attrazioni e dalle azioni. Prima ci sono le persone stesse, che sono sempre buone, perché esse sono figlie di Dio. Poi ci sono attrazioni verso lo stesso sesso, che non sono peccato se non volute o seguite da azioni, ma sono comunque in contrasto con la natura umana. E infine ci sono le relazioni dello stesso sesso, che sono gravemente peccaminose e dannose per il benessere di coloro che vi prendono parte. Le persone che si identificano come membri della comunità LGBT hanno diritto a questa verità nella carità, soprattutto da parte del clero che parla a nome della Chiesa su questo argomento complesso e difficile».
«La mia preghiera è che il mondo dia finalmente attenzione alle voci dei cristiani che esperimentano attrazione verso lo stesso sesso e che hanno scoperto la pace e la gioia col vivere la verità del Vangelo. Sono stato benedetto dai miei incontri con loro, e la loro testimonianza mi commuove profondamente. Ho scritto la prefazione a una tale testimonianza, il libro di Daniel Mattson, "Perché non mi definisco gay – Come ho recuperato la mia identità sessuale e trovato la pace" con la speranza che la sua e voci simili siano megli ascoltate».
Uno dei (numerosi) rimproveri che vengono rivolti all’attivista LGBT James Martin è che questa categoria di persone è molto trascurata nella sua predicazione. E invece dice il card. Sarah, «questi uomini e donne testimoniano la potenza della grazia, la nobiltà e la resilienza del cuore umano e la verità dell'insegnamento della Chiesa sull'omosessualità. In molti casi, essi hanno vissuto lontani dal Vangelo per un periodo, ma sono stati riconciliati a Cristo e alla sua Chiesa. La loro vita non è facile o senza sacrificio. Le inclinazioni omosessuali non sono state vinte. Ma hanno scoperto la bellezza della castità e della casta amicizia. Il loro esempio merita rispetto e attenzione, perché hanno molto da insegnare a tutti noi su come migliorare l’accoglienza e accompagnare i nostri fratelli e sorelle in autentica carità pastorale».
Marco Tosatti
http://www.lanuovabq.it/it/sarah-le-persone-lgbt-hanno-diritto-alla-verita
E il miliardario questa volta non dà i soldi al Vaticano
Sarah: «Le persone Lgbt hanno diritto alla verità»
Il cardinale africano risponde alle tesi di padre Martin che vorrebbe "normalizzare" l'omosessualità e ricorda che l'amore alle persone è vero solo se è nella verità. E propone cammini di accompagnamento secondo gli «insegnamenti immutabili» di Gesù. «Prima ci sono le persone stesse, che sono sempre buone, perché esse sono figlie di Dio. Poi ci sono attrazioni verso lo stesso sesso, che non sono peccato, ma sono in contrasto con la natura umana. E infine ci sono le relazioni dello stesso sesso, che sono gravemente peccaminose e dannose per il benessere di coloro che vi prendono parte».
Cristiani Lgbt
“È possibile rimanere fedeli agli insegnamenti della Chiesa senza voltare le spalle a milioni di persone”: così si intitola un editoriale che il cardinale Robert Sarah ha pubblicato sul Wall Street Journal del 31 agosto, per esprimere la sua opinione su un argomento che, dopo Dublino, sta lacerando la Chiesa: e cioè la questione delle persone omosessuali, e del modo in cui possano essere nella Chiesa stessa. Come abbiamo visto, il gesuita attivista LGBT James Martin ha rubato largamente la scena mediatica al Meeting delle Famiglie, con una relazione estremamente discutibile – e contestata - . Il cardinale Sarah risponde, con equilibrio, ribadendo principi fondamentali.
«La Chiesa cattolica è stata criticata da molti, compresi alcuni dei propri seguaci, per la sua risposta pastorale per la comunità LGBT. Questa critica merita una risposta — non per difendere come reazione le pratiche della Chiesa, ma per determinare se, come i discepoli del Signore, stiamo cercando efficacemente un gruppo in stato di bisogno. I cristiani devono sempre cercare di seguire il comandamento nuovo di Gesù nell'ultima cena: ‘amatevi, come io ho amato voi’».
Ma sottolinea il porporato, «per amare qualcuno come Cristo ci ama significa amare quella persona nella verità». E proprio per questo «il Catechismo della Chiesa cattolica riflette questa insistenza sull'onestà, affermando che il messaggio della Chiesa al mondo deve ‘rivelare in tutta chiarezza la gioia e le esigenze della via di Cristo’».
Già in un’altra occasione, se la memoria non ci tradisce, il cardinale Sarah aveva ricordato al gesuita americano che lui non è una persona qualsiasi, ma un sacerdote, e fra l’altro, direttore editoriale della più importante rivista dei gesuiti americani.
«Chi parla a nome della Chiesa deve essere fedele agli insegnamenti immutabili di Cristo, perché solo attraverso una vita in armonia con il disegno creativo di Dio le persone trovano appagamento profondo e duraturo», e cita il Vangelo di Giovanni e le parole di Gesù sulla gioia. «I cattolici credono che, con la guida dello Spirito Santo, la Chiesa attinga i suoi insegnamenti dalle verità del messaggio di Cristo».
Il Prefetto cita poi James Martin, sj. «Tra i preti cattolici, uno dei critici più schietti del messaggio della Chiesa nei riguardi della sessualità è padre James Martin, un gesuita americano. Nel suo libro "Building a Bridge", pubblicato all'inizio di quest'anno, egli ripete la critica comune che i cattolici sono stati duramente critici dell'omosessualità, trascurando l'importanza dell'integrità sessuale tra tutti i suoi seguaci. Padre Martin è corretto nel sostenere che non dovrebbe esserci alcun doppio standard per quanto riguarda la virtù della castità, che, impegnativa come può essere, fa parte della buona novella di Gesù Cristo per tutti i cristiani. Per i celibi — non importa quale sia la loro attrazione — la castità fedele richiede astenersi dal sesso».
Certo, nel mondo odierno, le difficoltà sono grandi: «Questo potrebbe sembrare uno standard elevato, soprattutto oggi. Eppure sarebbe contrario alla saggezza e bontà di Cristo richiedere qualcosa che non può essere realizzato. Gesù ci chiama a questa virtù perché ha fatto i nostri cuori per la purezza, proprio come ha fatto la nostra mente per la verità. Con la grazia di Dio e la nostra perseveranza, la castità non è solo possibile, ma diventerà anche la fonte per la vera libertà». Il porporato illustra le “tristi conseguenze” del rifiuto del piano di Dio per quanto riguarda l’amore e l’intimità umana, e la cosiddetta liberazione sessuale. La promiscuità ha provocato sofferenze senza fine. «Come una madre, la Chiesa cerca di proteggere i suoi figli dal danno del peccato».
«Nel suo insegnamento circa l'omosessualità, la Chiesa guida i suoi seguaci a distinguere la loro identità dalle attrazioni e dalle azioni. Prima ci sono le persone stesse, che sono sempre buone, perché esse sono figlie di Dio. Poi ci sono attrazioni verso lo stesso sesso, che non sono peccato se non volute o seguite da azioni, ma sono comunque in contrasto con la natura umana. E infine ci sono le relazioni dello stesso sesso, che sono gravemente peccaminose e dannose per il benessere di coloro che vi prendono parte. Le persone che si identificano come membri della comunità LGBT hanno diritto a questa verità nella carità, soprattutto da parte del clero che parla a nome della Chiesa su questo argomento complesso e difficile».
«La mia preghiera è che il mondo dia finalmente attenzione alle voci dei cristiani che esperimentano attrazione verso lo stesso sesso e che hanno scoperto la pace e la gioia col vivere la verità del Vangelo. Sono stato benedetto dai miei incontri con loro, e la loro testimonianza mi commuove profondamente. Ho scritto la prefazione a una tale testimonianza, il libro di Daniel Mattson, "Perché non mi definisco gay – Come ho recuperato la mia identità sessuale e trovato la pace" con la speranza che la sua e voci simili siano megli ascoltate».
Uno dei (numerosi) rimproveri che vengono rivolti all’attivista LGBT James Martin è che questa categoria di persone è molto trascurata nella sua predicazione. E invece dice il card. Sarah, «questi uomini e donne testimoniano la potenza della grazia, la nobiltà e la resilienza del cuore umano e la verità dell'insegnamento della Chiesa sull'omosessualità. In molti casi, essi hanno vissuto lontani dal Vangelo per un periodo, ma sono stati riconciliati a Cristo e alla sua Chiesa. La loro vita non è facile o senza sacrificio. Le inclinazioni omosessuali non sono state vinte. Ma hanno scoperto la bellezza della castità e della casta amicizia. Il loro esempio merita rispetto e attenzione, perché hanno molto da insegnare a tutti noi su come migliorare l’accoglienza e accompagnare i nostri fratelli e sorelle in autentica carità pastorale».
Marco Tosatti
http://www.lanuovabq.it/it/sarah-le-persone-lgbt-hanno-diritto-alla-verita
E il miliardario questa volta non dà i soldi al Vaticano
Il senso di frustrazione e delusione diffuso tra molti cattolici americani in seguito ai casi di abusi nella Chiesa sta avendo conseguenze anche sul piano economico. Non solo perché le diocesi sono costrette a pagare ingenti risarcimenti alle vittime, ma anche perché tradizionali donatori molto generosi nei confronti del Vaticano stanno facendo un passo indietro.
È il caso di Legatus, organizzazione di dirigenti d’affari cattolici che ha deciso di bloccare il proprio contributo annuale mettendolo in un deposito di garanzia piuttosto che inviarlo a Roma.
La cifra, fa sapere l’organismo, ammonta a circa 820 mila dollari.
“Alla luce delle recenti rivelazioni e domande, riteniamo opportuno richiedere rispettosamente chiarimenti in merito all’uso specifico di questi fondi”, scrive in una lettera il presidente di Legatus, Thomas S. Monaghan.
Dopo le dimissioni di McCarrick da cardinale e il rapporto del gran giurì della Pennsylvania sugli abusi da parte di esponenti del clero, è stato il memoriale dell’ex nunzio negli Stati Uniti Carlo Maria Viganò a rendere ancora più drammatica la crisi della Chiesa cattolica negli Usa. Di qui la decisione senza precedenti da parte di Legatus.
Tuttavia, come spiega Monaghan nella lettera, le perplessità non riguardano soltanto i comportamenti dei sacerdoti e le eventuali coperture e connivenze degli esponenti della gerarchia cattolica in America. Il problema riguarda la complessiva crisi della Chiesa e le responsabilità, anche finanziarie, all’interno del Vaticano per quanto riguarda i fondi ricevuti per beneficenza e opere di carità.
Legatus non è la prima grande organizzazione non-profit cattolica che mette in discussione l’uso che il Vaticano fa dei fondi in arrivo da tutto il mondo. Dopo che Francesco ha chiesto alla Papal Foundation, fondazione con sede in Pennsylvania che sostiene attività caritative della Santa Sede, un contributo di venticinque milioni di dollari per risanare le disastrate finanze dell’Istituto Dermopatico dell’Immacolata di Roma, strangolato da una serie di scandali finanziari, i donatori laici della fondazione hanno protestato energicamente, sostenendo che il loro aiuto economico deve essere utilizzato a beneficio dei poveri, non per porre rimedio agli errori di dirigenti incapaci e disonesti.
“Sicuramente – scrive Monaghan – promuoviamo la nostra continua devozione alla Santa Madre Chiesa, e riconosciamo che la decima è stata un importante impegno di Legatus sin dalla nostra fondazione. Tuttavia, alla luce delle recenti rivelazioni e domande, riteniamo opportuno richiedere rispettosamente chiarimenti in merito all’uso specifico di questi fondi”.
Assieme al fratello James, Tom Monaghan fondò nel 1960 Domino’s Pizza, impresa di ristorazione, con sede nel Michigan, che è oggi tra le più grandi catene di pizzerie al mondo.
La storia dei fratelli Monaghan, cresciuti in orfanotrofio dai quattro ai dodici anni, assomiglia sotto molti aspetti a quella dei fratelli McDonalds. Tutto incominciò con un negozietto comprato con cinquecento dollari in contanti e altri novecento che i due si fecero prestare dai parenti. Dopo alcuni mesi i fratelli litigarono e James si fece pagare la sua quota con il Maggiolino Wolkswagen che usavano per le consegne della pizza. Da allora l’espansione dell’impresa è stata incontenibile e oggi la catena è presente in settanta nazioni con undicimila locali.
Cattolico convinto, Tom Monaghan ha fondato a Naples, in Florida, Ave Maria, una sorta di città ideale abitata da cattolici praticanti e dotata di una sua università. Per la costruzione della città ha utilizzato la fortuna accumulata con Domino’s, da lui venduta nel 1988 per un miliardo di dollari.
Secondo Monaghan, che ritrovò la fede quando fu all’apice del successo economico, i cattolici hanno il dovere di fare qualcosa per contrastare la penetrazione dell’islamismo e la decadenza morale di un Occidente che ha ormai tradito le sue radici cristiane.
Legatus, nata nel 1987 dopo un incontro di Monaghan con Giovanni Paolo II, riunisce uomini d’affari e capitani d’industria, tutti obbligatoriamente cattolici. I membri devono essere al vertice di un’azienda con un minimo di sei milioni e mezzo di entrate annuali o almeno 275 milioni di risparmio gestito se si tratta di una società di servizi finanziari.
Gli incontri mensili iniziano regolarmente con la confessione, la recita del rosario e la messa.
Il cardinale Anthony Bevilacqua, arcivescovo di Philadelphia e cappellano della charity dal 1988 al 2012, definì Legatus “l’organizzazione laica più influente nella Chiesa”.
Oggi Tom Monaghan, ottantuno anni, dice che tutto il tempo che gli resterà da vivere lo dedicherà esclusivamente a Legatus. “Lo sto facendo perché è la cosa migliore che io possa fare per aiutare le persone a raggiungere il paradiso”.
Ma i soldi per il Vaticano, per adesso, restano bloccati in una banca.
Aldo Maria Valli
Storia di un prete cacciato dal parroco per aver tenuto una bella e onesta omelia
Le cronache dalla Neochiesa sono sempre più paradossali.
Qui raccontiamo la storia di Juan Carlos Gavancho, prete cattolico, di origine peruviana, che fino a pochi giorni fa prestava servizio in una parrocchia di Santa Barbara, in California. Perché fino a pochi giorni fa? Perché, dopo una sua omelia, è stato cacciato dal parroco.
Ma che cosa ha detto di tanto terribile o sbagliato?
Ascoltate voi stessi. Questa è l’omelia, tenuta da padre Gavancho in spagnolo, nella quale il sacerdote mostra di prendere sul serio i contenuti del memoriale di monsignor Carlo Maria Viganò: https://www.facebook.com/juan.gavancho/posts/10156328304642928?__tn__=-R
Qui invece propongo una sintesi dell’omelia tradotta in italiano (con qualche mia sottolineatura):
Il maligno ha fatto presa nella Chiesa. Ed è naturale per le persone credere che non ci sia più nulla da fare nella Chiesa cattolica. Forse molti pensano di abbandonarla. In effetti dopo la terribile esperienza del 2002, relativa agli abusi, molte persone l’hanno lasciata. E ora ecco un altro motivo per andarsene. Spero che non lo facciano, dico loro che hanno bisogno di restare, che questa è la Chiesa di Cristo. Ma se la lasciano, credetemi, lo capisco. Perché ciò che abbiamo permesso che accadesse nella Chiesa cattolica, in tutto il mondo, è molto grave. Non si tratta solo dell’’America, ma del mondo, ovunque!
Se sei cattolico e ami la Chiesa cattolica, non puoi semplicemente dire: “Bene, preghiamo, offriamo un paio di rosari e vedremo che cosa accadrà”. Non puoi farlo. Devi pregare, ma pregare per la verità. Devi pregare in modo che Dio possa agire. Egli ha incominciato ad agire. Fino a ieri chi poteva pensare che un ex ambasciatore della Santa Sede negli Stati Uniti avrebbe scritto una lettera di undici pagine dicendo quel che ha detto, chiedendo le dimissioni di un papa ?! Chi poteva pensarlo? Se me lo aveste detto ieri mattina, non vi avrei creduto. Ma è quello che è successo.
Allora, che cosa stiamo facendo adesso? Dove stiamo andando? Prima di tutto, dobbiamo capire una cosa. Questa Chiesa, la Chiesa cattolica, è la Chiesa di Cristo. È la Sposa di Cristo. San Paolo ha ragione quando dice che Gesù ha purificato la Chiesa con la sua croce, con il suo sangue. La Chiesa è magnifica. Noi l’abbiamo tradita. Questa non è una Chiesa violenta. Questa è una Chiesa santa che è caduta nelle mani di uomini malvagi e violenti, che stanno cercando di distruggere la Chiesa dall’interno, dal momento che non hanno potuto farlo dall’esterno attraverso i secoli.
Ma dovete essere consapevoli del fatto che è Cristo il responsabile della Chiesa. Lui è al comando. A volte, in giorni come questo, potremmo non vederlo. Potremmo non sentirlo. E possiamo gridare come abbiamo fatto all’inizio della messa: “Per favore, Signore, aiutaci! Abbi pietà di noi!”. Ma è lui al comando e porterà giustizia. Ha già iniziato a farlo. Ciò che vi ho detto è solo l’inizio. Solo l’inizio. Molte cose brutte stanno per accadere e dobbiamo essere contenti, perché niente è meglio della verità. Sapere che cosa sta succedendo, anche se può essere brutto e doloroso, va molto bene. Quindi, Cristo è al comando.
Secondo, pregate. Fate sacrifici. Pregate il rosario. Avvicinarsi di più al Signore. Chiedere al Signore di essere parte del suo gregge. Perché vedrete molte vesti talari, o casule come questa, e ascolterete molte prediche dai pulpiti. Ma sono traditori. Quindi è necessario quello che nella Chiesa cattolica è chiamato discernimento: la capacità di riconoscere dove c’è Dio e dove non c’è. A prescindere da ciò, può sembrare che Dio sia qui o lì. No, no. Ora avete bisogno di un vero discernimento, perché il diavolo ha rivestito i suoi figli con abiti da pastore, così da rendere più difficile il riconoscerlo.
Dovete pregare per il discernimento, per la Chiesa, per voi, per i vostri figli. Per i vostri sacerdoti, specialmente per tanti vescovi che sono ancora buoni, e per i sacerdoti che sono buoni, fedeli. Che hanno sofferto molto in questi decenni e in tutti questi anni, spostati da una parrocchia all’altra per aver predicato la verità, e ciò non piaceva al pastore o al vescovo, e così si sono trasferiti in un altro luogo e poi in un altro ancora, e vivono una vita di grande sofferenza, ma ci sono. E non è divertente. È difficile. Piangi molto, perché ti senti solo. Dimenticato. Disprezzato. Solo perché hai voluto essere fedele a Cristo, perché i tuoi discorsi e le tue omelie non si accordavano con le idee di queste persone che vogliono distruggere la Chiesa e pretendono che tu dica alla gente solo cose carine, senza smuovere le acque, stando al gioco, senza innervosire le persone, stando sulle generali, in modo che la gente non sia consapevole di cosa sta succedendo.
Quindi, miei cari fratelli e sorelle, dobbiamo agire, il che fa parte di un processo di conversione. Dovete agire. Il vescovo Fulton Sheen, uno dei più grandi vescovi che l’America abbia mai avuto, ha detto: “Non cercare cambiamenti nei vescovi e nei sacerdoti”. Stava parlando con te. Il cambiamento nella Chiesa verrà mediante voi laici. Non arrenderti. Di’ al tuo pastore, al tuo sacerdote, al tuo vescovo: “Dicci la verità! Smetti di fare il simpatico e di sorriderci, e predica il Vangelo! Vogliamo vivere una vita santa, non la vita che il mondo vive. Diteci la verità e vi aiuteremo a sostenere la Chiesa con i nostri soldi e altre cose. Ma tu, tu devi svolgere la tua missione, devi fare il tuo lavoro, che consiste nell’aiutarci ad andare in paradiso. Per essere salvati. Consiste nel darci il Sacramento, amare Gesù, e non solo nell’essere politicamente corretti. Questo non è il Vangelo.
Ma questa è la tentazione in cui voi laici siete caduti. … Parlate! Volete il Vangelo? Volete Cristo? Volete il paradiso? Volete la verità? O volete semplicemente ciò che troviamo ovunque nel mondo, ciò che è piacevole per le nostre orecchie? Richiedi il cambiamento nella Chiesa. Non sarà sufficiente aggiungere un paio di politiche sul prendersi cura dei bambini. Non sarà sufficiente vedere le dimissioni di tre, quattro o cinque cardinali e dieci vescovi: non sarà abbastanza. Dobbiamo vedere un vero cambiamento. Dobbiamo tornare a essere fedeli a Cristo, a Nostro Signore, Cristo, non al mondo. Siamo qui per cambiare il mondo, non per essere cambiati dal mondo. Siamo la luce del mondo; non siamo uguali al mondo. Abbiamo Cristo. Abbiamo la verità. Il mondo è indifeso. Il principe del mondo è il maligno, e siamo consapevoli della battaglia contro di lui.
Ora, quello che sto dicendo potrebbe sembrarvi molto difficile, e mi dispiace, ma dovevo dirlo. Perché sono stanco di vedere mia madre la Chiesa insultata e dipinta come un’istituzione di criminali. Perché non lo è. È mia madre, è vostra madre! Colei che ti ha dato la vita eterna attraverso il battesimo, che ti ha dato il coraggio attraverso la confermazione, che vi dà l’Eucaristia ogni domenica. È nostra madre e abbiamo bisogno di aiutarla in questi tempi terribili. Quindi, miei cari fratelli e sorelle, devo dire questo perché sono sacerdote di Cristo. Molte persone non parlano così, e io avevo paura di dire qualcosa del genere. Ci sono altre cose che voglio dire, ma non le dico perché voglio essere qui la prossima settimana.
Ma devo dire questo, e chiedo perdono al Signore, perché anch’io sono un codardo. A volte non dico quello che dovrei dire, perché a volte sono più preoccupato per la mia posizione. Pregate anche per me, perché possa essere santo. Soffrire è terribile, è difficile, e voi non volete soffrire. Pregate, miei amici cattolici, in questi tempi terribili. Chiedete ai vostri leader la verità: solo allora tutto andrà bene. Con Gesù! Non con i cardinali, non con i papi. Questi sono esseri umani. Alcuni sono meravigliosi, altri sono cattivi. Solo con Cristo. Solo facendo la sua volontà. Solo rimanendo vicino a lui, fedelmente, andrà tutto bene. E vi dico questo: andrà tutto bene. La Chiesa di Cristo non può essere distrutta da nessuno, non dal diavolo. Non distruggeranno la Chiesa, ma elimineranno alcuni membri della Chiesa, sì, questo lui lo può fare. E preghiamo che nessuno di noi sia uno di loro. Quindi, miei cari fratelli e sorelle, possa il Signore aiutarci in questi tempi terribili ad avere coraggio. Ho speranza in Dio, e in voi laici. Salverete la Chiesa.
Ecco, questa l’omelia. Che a me è sembrata bellissima, onesta, appassionata, cattolica da cima a fondo. E infatti ha causato la cacciata di padre Gavancho dalla parrocchia.
Raggiunto dai giornalisti, il sacerdote ha confermato. Il parroco gli ha chiesto un incontro in privato e gli ha ordinato di andarsene dicendogli: “La parrocchia pagherà per conservare le tue cose per una settimana”. Quella stessa notte padre Gavancho ha dormito in albergo.
Il giorno seguente Juan Carlos Gavancho si mette in contatto con l’ufficio del clero dell’arcidiocesi di Los Angeles e riceve la conferma: rimosso. Scopre che su di lui ci sono dieci denunce del parroco. L’ultima riguarda proprio l’omelia sui mali della Chiesa.
Padre Gavancho riferisce inoltre che non gli è stata data alcuna possibilità di difendersi.
Evidentemente il sacerdote è un po’ troppo sincero e schietto rispetto a una certa linea oggi prevalente nella Chiesa. Questa è infatti la seconda volta che gli viene ordinato di lasciare una diocesi californiana: “Devo riconoscere che sì, i problemi mi hanno seguito, non perché sono un piantagrane, ma perché la situazione nella Chiesa è così difficile che i preti come me non si adattano bene. Non sono un prete che predica sempre sull’inferno, sull’aborto o sull’omosessualità. Predico su qualunque cosa la lettura del Vangelo proponga di giorno in giorno. Se parla dei poveri, predico sui poveri. Ho difeso gli immigrati in un’omelia non molto tempo fa. A volte cercano di dipingermi come un malvagio, ma non è vero. A Santa Barbara ho cercato di andare incontro alle richieste del parroco. Non ho indossato la tonaca perché sapevo che non gli piaceva, e per lo stesso motivo non ho celebrato messe in latino”.
Eppure eccolo buttato fuori. Il che non lo spaventa. “Nella Chiesa è giunto il tempo che la gente parli”, dice. Ammette che non sa dove andrà. Libri e oggetti personali li terrà in albergo, fino a quando avrà soldi a sufficienza. Poi forse andrà in Perù a trovare la mamma. Ma non è pentito per quell’omelia. “Ho semplicemente dovuto dire la verità”.
Ecco una storia che potremmo ben definire esemplare. Vengono alla mente le celebri parole di Gilbert Keith Chesterton: “Fuochi verranno attizzati per testimoniare che due più due fa quattro. Spade saranno sguainate per dimostrare che le foglie sono verdi in estate”.
Credo che quel tempo sia giunto.
Aldo Maria Valli
Aggiornamento
Nel sito The American Conservative https://www.theamericanconservative.com/dreher/the-sermon-that-cost-a-brave-priest-his-job/ Rod Dreher racconta gli ultimi sviluppi della storia.
La parrocchia ha risposto che padre Gavancho non è stato allontanato per l’omelia, ma per problemi nei “rapporti interpersonali con lo staff della parrocchia e i parrocchiani”. Da parte sua, padre Gavancho smentisce: mai avuto problemi di quel tipo. Comunque sia, per me la sua predica resta molto bella e opportuna.
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