Il Cardinale Ciappi, il teologo di papi, da Pio XII a Giovanni Paolo II (all’inizio del suo pontificato): “Il Terzo Segreto dice che la grande apostasia nella Chiesa inizia dal suo vertice. La conferma ufficiale del segreto de La Salette (1846): “La Chiesa subirà una terribile crisi. Essa sarà eclissata. Roma (il Vaticano) perderà la fede e diventare la sede dell’Anticristo “.
ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...
La notizia è clamorosa. L’arcivescovo americano Charles Chaput di
Philadelphia durante una conferenza ha rivelato di aver scritto al papa
chiedendogli di cancellare l’imminente Sinodo dei vescovi dedicato ai
giovani (in programma in Vaticano dal 3 al 28 ottobre), poiché, alla
luce della crisi in corso nella Chiesa a causa degli abusi sessuali, «i
vescovi non avrebbero assolutamente alcuna credibilità».
Invece di un Sinodo per i giovani, secondo Chaput sarebbe il caso di
convocare un’assemblea dei vescovi dedicata ai vescovi stessi.
Tempo fa era stato il vescovo Egan di Portsmouth, in Inghilterra, ad
avanzare una richiesta simile: un sinodo straordinario da dedicare alla
vita sacerdotale e all’identità stessa del prete, così da affrontare
alla radice la questione degli abusi e della corruzione morale. Un altro vescovo deluso dalla risposta del papa
Intanto un altro vescovo americano si aggiunge alla schiera dei
pastori che hanno preso sul serio i contenuti del memoriale di monsignor
Carlo Maria Viganò e non nascondono la delusione per la decisione del
papa di non rispondere.
La risposta di Francesco «è insufficiente» dice infatti il vescovo
Thomas Paprocki di Springfield, Illinois. Il Vaticano, sostiene il
presule, deve fare chiarezza perché l’ex nunzio Viganò «ha rivelato una
serie di fatti e circostanze che sono profondamente preoccupanti» in
quanto toccano i massimi vertici della Chiesa.
In particolare secondo Paprocki il papa deve dire chiaramente quando
venne a spere dei crimini di McCarrick. «Francamente, e con tutto il
dovuto rispetto – ha detto il vescovo – la risposta data ai giornalisti
durante il volo di ritorno da Dublino non è adeguata. Data la gravità
del contenuto e le implicazioni delle affermazioni dell’ex nunzio, è
importante che tutti i fatti siano completamente riesaminati, verificati
e attentamente considerati». A questo fine «papa Francesco, i
funzionari vaticani e l’attuale nunzio apostolico negli Usa dovrebbero
rendere pubblici tutti i file che, a proposito di McCarrick, indicano
chi sapeva cosa e quando».
Ricordiamo che appoggio a Viganò e richiesta di trasparenza al papa
sono già stati autorevolmente espressi dal cardinale Raymond Burke, dal
vescovo di Phoenix Thomas Olmsted, dal vescovo Athanasius Schneider di
Astana, dal vescovo Joseph Strickland di Tyler, dall’arcivescovo di San
Francisco Salvatore Cordileone e dal vescovo Robert Morlino di Madison. L’ira del popolare conduttore radiofonico
Per capire l’aria che tira negli Stati Uniti può essere utile anche
riferire la presa di posizione del popolarissimo conduttore radiofonico
Rush Limbaugh, che nel corso del suo programma (in onda su Premiere
Networks, è il più seguito talk show radiofonico del paese, con
un’audience settimanale di 15 milioni di ascoltatori) ha definito papa
Francesco «ipocrita» perché sembra occuparsi più delle questioni
climatiche, tanto da sgridare i responsabili delle compagnie
petrolifere, che della moralità di preti, vescovi e cardinali.
Durante il Rush Limbaugh Show di lunedì, Limbaugh, che non è
cattolico ed è noto per le sue posizioni conservatrici, ha commentato
il memoriale dell’arcivescovo Carlo Maria Viganò chiedendosi
polemicamente: il papa, che ha chiamato in Vaticano i petrolieri, ha
forse convocato i preti, i monsignori e i cardinali per metterli di
fronte alle loro responsabilità? «No, da tempo è a conoscenza di tutto,
ma non ha fatto molto, eppure quando si tratta di cambiamenti climatici e
gas serra dice che non c’è tempo da perdere». Ciò equivale a
«un’ipocrisia sfrenata e sfacciata, collegata a un’agenda politica». Le donne al papa: santità, non ci deluda
Da segnalare infine (mentre il gesuita omosessualista padre James Martin su America
torna a distorcere la realtà parlando di «omofobia» nella Chiesa e di
«caccia alle streghe», ma questo è ormai un classico) una bella Lettera
delle donne cattoliche a papa Francesco
(https://catholicwomensforum.org/letter-to-pope-francis/#sign) che può
essere sottoscritta.
Eccone il testo. Santità, Lei ha detto che si cerca “una più incisiva presenza
femminile nella Chiesa”, e che “le donne sono in grado di vedere le cose
con un angolo diverso [dagli uomini], con un occhio diverso. Le donne
sono in grado di porre domande che noi uomini non siamo in grado di
capire”. Scriviamo a Lei, Santo Padre, per porre domande che necessitano
di risposte. Siamo donne cattoliche profondamente impegnate per la nostra fede
e profondamente riconoscenti per gli insegnamenti della Chiesa, i
sacramenti e i molti buoni vescovi e sacerdoti che hanno benedetto la
nostra vita. I nostri cuori sono spezzati, la nostra fede provata,
dall’escalation della crisi che sta inghiottendo la nostra amata Chiesa.
Siamo arrabbiate, tradite e disilluse. Il dolore e la sofferenza delle
vittime non finiscono mai, mentre ogni ciclo di notizie porta più
terribili rivelazioni di abusi sessuali, misfatti sessuali,
insabbiamenti e inganno, anche ai livelli più alti della Chiesa. Le recenti dichiarazioni di monsignor Carlo Maria Viganò ci
spingono a raggiungere Lei direttamente per avere le risposte. Nella sua
testimonianza [monsignor Viganò] accusa Lei, Santo Padre e altolocati
cardinali di aver chiuso un occhio su comportamenti eclatanti dell’ex
cardinale McCarrick e di aver promosso questo predatore come portavoce
globale e leader spirituale. È vero? Queste sono accuse devastanti. Come presidente della USCCB
[Conferenza episcopale degli Stati Uniti] il cardinale Daniel DiNardo ha
recentemente affermato che “le questioni sollevate meritano risposte
che siano conclusive e basate su prove”. Siamo d’accordo. Diverse questioni cruciali sollevate dalla dichiarazione di
Monsignor Viganò, tuttavia, non richiedono lunghe indagini né prove
fisiche. Esse richiedono solo una risposta diretta, Santo Padre. Quando i
giornalisti l’hanno interrogata recentemente sulle accuse di monsignor
Viganò, lei rispose: “Non dirò una sola parola su questo” e ha invitato i
giornalisti a “leggere attentamente l’informativa e fare il vostro
proprio giudizio.” Per il suo gregge sofferente, papa Francesco, le sue parole sono
inadeguate. Feriscono, ricordano il clericalismo che lei ha così
recentemente condannato. Abbiamo bisogno di leadership, verità e
trasparenza. Noi, il vostro gregge, in questo momento meritiamo
risposte. In particolare imploriamo umilmente di rispondere alle seguenti
domande, dal momento che le risposte le sono sicuramente note.
Monsignor Viganò dice che nel giugno 2013 ha trasmesso a voi questo
messaggio (in sostanza) circa l’allora cardinale McCarrick: “Ha danneggiato le generazioni di seminaristi e sacerdoti e Papa
Benedetto XVI gli ordinò di ritirarsi a una vita di preghiera e di
penitenza”. È vero? Che cosa le ha trasmesso l’arcivescovo Viganò nel giugno 2013 circa l’allora cardinale McCarrick? Quando ha saputo di eventuali accuse di abuso sessuale o abusi sessuali con adulti dell’allora cardinale McCarrick? Quando ha saputo delle restrizioni di Papa Benedetto all’allora
cardinale McCarrick? E ha fatto liberare l’allora cardinale McCarrick da
una qualsiasi delle restrizioni di Papa Benedetto XVI? Santo Padre, nella sua Lettera al popolo di Dio sugli scandali ha
scritto: “La coscienza del peccato ci aiuta a riconoscere gli errori, i
crimini e le ferite causate nel passato e ci permette, nel presente, di
essere più aperti e impegnati in un cammino di rinnovata conversione”.
Ecco perché ci aspettiamo che Lei, nostro Santo Padre, sia onesto con
noi. Per favore, non si giri dall’altra parte. Lei si è impegnato a
cambiare i modi di essere clericali nella Chiesa. Che un cardinale predi
i seminaristi è ripugnante. Abbiamo bisogno di sapere che possiamo
fidarci, che voi siate onesto con noi su ciò che è accaduto. Le vittime
che hanno sofferto così tanto hanno bisogno di sapere che possono
fidarsi di Lei. Le famiglie, che saranno la fonte di rinnovamento della
Chiesa, devono sapere che possono fidarsi di Lei, e così avere fiducia
nella Chiesa. Per favore non ci tenga a distanza su queste domande. Siamo
figlie fedeli della Chiesa che hanno bisogno di verità così che
possiamo aiutare a ricostruire. Non siamo cattolici di seconda classe da
spazzare fuori mentre vescovi e cardinali gestiscono le questioni
privatamente. Abbiamo il diritto di sapere. Abbiamo diritto alla Sua
risposte. Samo mogli, madri, donne single, donne consacrate e sorelle religiose. Siamo madri e sorelle dei vostri sacerdoti, seminaristi, futuri
sacerdoti e religiosi. Siamo leader laiche della Chiesa e madri della
prossima generazione. Siamo professoresse nei vostri seminari e leader nelle cancellerie cattoliche e nelle istituzioni. Siamo teologhe, evangeliste, missionarie e fondatrici dell’apostolato cattolico. Siamo il popolo che si sacrifica per finanziare il buon lavoro della Chiesa. Siamo la spina dorsale delle parrocchie cattoliche, scuole e delle diocesi. Noi siamo le mani, i piedi e il cuore della Chiesa. In breve, noi siamo la Chiesa, tanto come i cardinali e i vescovi intorno a voi. Santo Padre, siamo la “presenza incisiva” di cui la Chiesa ha bisogno, e abbiamo bisogno di una Sua risposta. Con amore per Cristo e la Chiesa. Aldo Maria Valli
Dai vescovi Usa: "Annullate il sinodo sui giovani"
Il terremoto causato
dal caso McCarrick, amplificato dalla rivelazioni nel memoriale dell’ex
nunzio Viganò, sta lacerando soprattutto la Chiesa americana. Un
giornale riporta la dichiarazione del vescovo Chaput (Philadelphia) il
quale ha chiesto al Papa di annullare il prossimo sinodo sui giovani.
“I vescovi non avrebbero assolutamente alcuna credibilità
nell'affrontare questo argomento”.
Il terremoto causato
dal caso dell’ex cardinale McCarrick, amplificato dalla rivelazioni
riportate nel memoriale dell’ex nunzio Carlo Maria Viganò, sta lacerando
soprattutto la Chiesa americana. L’ultima notizia è del tardo
pomeriggio di ieri sul portale Lifesitenews. Il vescovo di
Philadelphia, monsignor Charles Chaput, durante un incontro al Seminario
San Carlo Borromeo dello scorso 30 agosto, ha detto di aver scritto a
Papa Francesco «e l'ho invitato a cancellare il prossimo sinodo sui
giovani. In questo momento, i vescovi non avrebbero assolutamente alcuna
credibilità nell'affrontare questo argomento». Come sappiamo, infatti,
per il prossimo ottobre è in programma un sinodo sui giovani e il
discernimento vocazionale. Cancellarlo sarebbe qualcosa di assolutamente
straordinario e questa richiesta, se confermata, rappresenta
chiaramente un segno della straordinarietà che sta vivendo la Chiesa
americana. Se questa notizia della dichiarazione di Chaput riportata da Lifesitenews fosse vera, e non si vede motivo per dubitare,
si tratterebbe di una presa di posizione molto forte da parte di un
vescovo che, tra l’altro, viene citato nel memoriale di Viganò come
ritenuto dal Papa «troppo di “destra”». Atteso che le affermazioni del
documento Viganò restano da verificare, è chiaro che la situazione nella
Chiesa statunitense è delicata, la spaccatura nell’episcopato è una
realtà. Sono diversi i vescovi che si sono espressi a favore della
credibilità dell’ex nunzio e, più in generale, chiedono che si aprano
indagini serie e si faccia davvero chiarezza sulla questione abusi e
sulla gestione dei seminari. In questo senso possiamo citare le
dichiarazioni di monsignor Konderla di Tulsa, Olmsted di Phoenix,
Strickland di Tyler, Morlino di Madison, Cordileone di San Francisco e
lo stesso Chaput. A questi si può aggiungere anche la dichiarazione
ufficiale del presidente dei vescovi, cardinale Daniel Di Nardo, che nel
comunicato ufficiale ha chiesto di andare fino in fondo nell’indagare e
attende di essere ricevuto dal Papa. Dall’altra parte ci sono prelati
che prendono le distanze dalla testimonianza dell’ex nunzio, tutti sono
in qualche modo chiamati in causa da Viganò, si tratta di Blase Cupich
di Chicago, Joseph Tobin di Newark, Donald Wuerl di Washington e McElroy
di San Diego (soprattutto Wuerl è in una posizione complicata, visto
che è citato quasi 200 volte nel rapporto del Gran giurì di
Pennysilvania quando era vescovo di Pittsburgh). Monsignor Chaput nel suo incontro al seminario San Carlo Borromeo di Philadelphia
avrebbe detto di cancellare appunto il prossimo sinodo sui giovani e,
invece, progettare un sinodo «sulla vita dei vescovi». Una richiesta
simile era arrivata nei giorni scorsi anche da monsignor Philip Egan di
Portsmouth, in Inghilterra. La vicenda dello scandalo abusi originata
dalla condotta gravemente disordinata dell’ex cardinale Theodore
McCarrick non è finita, e il memoriale dell’ex nunzio Viganò ha solo
accelerato un processo che il Vaticano farà fatica a sopire senza
affrontarlo con onestà e coraggio.
ECCO CHE COSA SCRIVEVA PADRE ARIEL DUE ANNI FA URLANDO ALLE SABBIE DEL DESERTO:
«PEDOFILIA: IL CASO SPOTLIGHT È UNA OTTIMA RAFFIGURAZIONE FILMICA DELLA PIAGA DELL’OMERTÀ CLERICALE»
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“Il caso di Spotlight” è un film che merita apprezzamento per il modo in cui il regista e gli attori hanno rappresentato il cuore di questo doloroso problema, costituito da quell’omertà clericale che da sempre caratterizza e avvolge sia i peggiori casi di pedofilia sia i vari disordini sessuali manifestati da non pochi membri del nostro clero secolare e regolare. E adesso ve lo spiego io sulla mia vita vissuta e sulla mia pelle, che cosa comporta per un prete violare l’omertà clericale, visto che i prezzi li ho pagati tutti, uno per uno …
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Un lettore affezionato mi ha segnalato due articoli sulla Nuova Bussola Quotidiana, firmati uno da Massimo Introvigne [cf. QUI] e uno da Stefano Magni [cf. QUI]. L’oggetto di questi due articoli è la pellicola “Il caso di Spotlight”, premiato film-denuncia sui casi di pedofilia che scossero l’Arcidiocesi di Boston e la Chiesa Cattolica in più angoli del mondo [cf. trailer italiano, QUI].
I due autori che sulla Bussola Quotidiana hanno firmato i loro articoli, trattano il problema con quella correttezza giornalistica che alle volte può indurre a cadere nel parziale e nel superficiale. Né Massimo Introvigne, che illustra un problema molto complesso attraverso la sua nota preparazione sociologica; né Stefano Magni, che nel suo ottimo articolo avrebbe potuto a mio parere evitare di definire l’opera come «film ideologico», no sono neppure sfiorati da quella parziale e imperante superficialità che oggi pare farla da padrona.
Io che certi problemi li ho toccati con mano e che mi ci sono ritrovato invischiato pagandone infine un caro prezzo, affermo che questo film, lungi dall’essere “ideologico”, è privo anzitutto di qualsiasi “scena forte” tesa a toccare il sentimento degli spettatori per suscitare in essi sprezzo verso la Chiesa Cattolica; dei sentimenti diversamente suscitati da ben altri film, per esempio “Schegge di paura” [USA, 1996, QUI], “Angeli ribelli” [Irlanda, 2003, QUI], “Magdalene” [2002, UK, QUI], etc ..
“Il caso di Spotlight”, a parte alcune imprecisioni dovute alla vasta complessità e gravità di un tema non facile da trattare, merita apprezzamento per il modo in cui il regista e gli attori hanno rappresentato il cuore di questo doloroso problema, costituito da quell’omertà clericale che da sempre caratterizza e avvolge sia i peggiori casi di pedofilia sia i vari disordini sessuali manifestati da non pochi membri del nostro clero secolare e regolare.
E adesso ve lo spiego io sulla mia vita vissuta e sulla mia pelle, che cosa comporta per un prete violare l’omertà clericale, visto che appunto i prezzi li ho pagati tutti, uno per uno …
Il limite che da anni riscontro nei molti che “presumono” di poter parlare di certi temi che toccano e scuotono a volte il nostro intero sistema ecclesiastico, è dato dalla scarsa propensione spesso mostrata da esponenti più o meno autorevoli del mondo cattolico a prendere il toro per le corna, anche perché tutti sappiamo che si può correre il rischio di essere infilzati, quindi meglio rimanere sugli spalti dell’arena a urlare per il torero o per il toro. O per meglio dire: se ha la meglio il torero, si grida “Viva il torero!”, se ha la meglio il toro, si grida “Viva il toro!”.
Negli anniho approfondito il complesso problema del gaysmodentro la Chiesa e nel farlo non ho mai guardato in faccia nessuno, pagandone sino a oggi le conseguenze. Cosa che non hanno invece mai pagato certi laici cattolici impegnati e militanti, presi a gridare assecondo il vento che tira nell’arena per “il torero” o per “il toro”. Questi cattolici impegnati e militanti, seppure avvisati in modo dettagliato, ben se ne guardarono dal sollevare all’epoca mezza voce in mia difesa, quando all’interno della mia Chiesa venivo passato dentro il tritacarne dai peggiori ecclesiastici omertosi per avere osato proferire il vero e per avere denunciato all’Autorità Ecclesiastica certe situazioni intollerabili. N’è prova il fatto che per due anni, nella Diocesi del Vescovo di Roma — che non è governata dal Vescovo di Roma ma dal suo Vicario Generale — celebrai la Santa Messa nelle Catacombe di Priscilla [2011-2013], assistito dal mio prezioso allievo e collaboratore, unica persona presente. Nel mentre, coloro che avrebbero potuto spendere due parole in mia difesa, non dico fossero latitanti, erano semplicemente impegnati nel politicamente corretto, tutti presi a ossequiare i loro padroni per i quali erano impegnati a guidare come dei devoti padroncinii furgoni-merce messi a loro disposizione.
Su certi argomenti penso di poter parlare con sufficiente autorevolezza perché sospiro dietro sospiro, tutto ciò che ho detto e tutte le denunce che all’epoca presentai al Vicariato di Roma, alla Congregazione per il Clero e alla Segreteria di Stato, le ho pagate bastonata dietro bastonata, cattiveria dietro cattiverie, ostracismo dietro ostracismo.
Non so quanti laici cattolici che ogni sera rientrano a casa loro senza che alcuno li scalfisca, possano parlare con la mia cognizione di causa, che a fine giornata rimanevo invece nella mia casa, che è la Ecclesiaintesa anche come mondo ecclesiastico, avvolto dalla cupezza di quella omertà clericale imperante i cui nefasti risultati sono ormai dettagliati nelle motivazioni di sentenza date da numerosi tribunali sparsi in giro per il mondo. Sentenze tutt’altro che inique e lungi dall’esser mosse da sentimenti anti-cattolici, basti considerare che sulle parole di quelle sentenze è stata poi celebrata la penosa liturgiadei mea culpada parte di quegli stessi ecclesiastici che sino a poco prima avevano redarguito, minacciato e ostracizzato i pochi preti che con coraggio avevano segnalato fatti, situazioni e, soprattutto, quei soggetti ad alto rischio protetti da intere cordate di potenti prelati. E certe persone, nella fattispecie gli omosessuali ecclesiastici per un verso, i pedofili per altro verso, hanno sempre avuto, dentro il mondo ecclesiastico, eserciti di protettori, ma soprattutto di solerti e spesso potenti “copertori”.
E chiunque paghi il prezzo da me pagato, per quanto bastonato a sangue, è però libero, ed essendo libero non ho debiti da pagare, perché il “segreto” di quella cristologica libertà che se realmente conosciuta ci farà liberi [cf. Gv 8, 32] si fonda sulla mancanza di qualsiasi aspirazione di carriera e beneficio ecclesiastico; checché ne dicano certi carrieristi, che non potendomi definire “uomo libero”, mi hanno semmai definito … “uomo pericoloso”, oppure “mina vagante” (!?). Anche per questo motivo io non ho creditori vestiti di rosso che bussano alla mia porta per presentarmi le cambiali in scadenza da pagare, o che mi ricordano i prestiti ottenuti, o semmai le donazioni o le regalie a me elargite sotto forma di sistemazioni, prebende e privilegi ecclesiastici, visto che a me hanno donato solo copiose sberle; e le sberle — come ben sappiamo — sono sempre gratuite, ottengono la grazia all’anima che le riceve e conducono spesso verso l’Inferno quella di chi le elargisce con gratuita o calcolata cattiveria, in sommo sprezzo a quella evangelica verità che ci farà liberi.
Nel 2011, in un mio libro attualmente in ristampa,analizzai in profondità il problema della omosessualizzazione della Chiesa ed il numero di sacerdoti gay sempre più alto, indicandone le ragioni, le origini scatenanti ed anche i possibili rimedi, anche se con questi risultati: non un solo vescovo e cardinale, di quelli che in seguito mi avvicinarono, mi dette torto per ciò che avevo scritto e per il modo chiaro in cui lo avevo scritto. Tutt’altro, collezionai complimenti a volte persino imbarazzanti, dentro le chiuse stanze private dei vari sacri palazzi. E fatta unicamente eccezione per un anziano arcivescovo titolare, che mi accolse sul finire del 2011 prendendosi paterna cura della mia formazione permanente al sacerdozio, nessuno, di questi alti prelati laudatori in privato, mosse mezzo dito per me, mentre un esercito di mediocri monsignoriniincattiviti cercava di aggredirmi come un branco di iene inferocite.
I fatti sono fatti e restano tali, ma soprattutto documentati. E l’Autorità Ecclesiastica, a partire da quella romana, lo sa bene, in che modo io sono aduso documentare i fatti; e anche in che modo non parli mai senza prove.
Predicando alle sabbie del deserto e alle canne mosse dal vento ho parlato inutilmente di un golpe omosessualista all’interno della Chiesa [vedere QUI]. Inutilmente ho spiegato che la lobby dei gay non si limita a puntare in alto, perché da tempo è ormai giunta in alto. Sono infatti anni che i gay ecclesiastici ed i loro gay friendly incidono sulle nomine episcopali di candidati più o meno appartenenti alla gaia “pia confraternita”, ed una volta divenuti vescovi cominciano per prima cosa a piazzare i propri fedeli amici nei posti chiave delle diocesi, in molte delle quali imperano gay più o meno palesi in tutte quante le cosiddette stanze dei bottoni, con accesso immediato ai bottoni di attivazione del lancio di missili terra-aria sui buoni preti, o sui pochi che sopravvivono in certe diocesi nelle quali, chi ha la sventura di partecipare in esse ad una assemblea del clero, potrebbe avere a volte l’impressione d’essere finito per sbaglio in una succursale del gay village.
Come mai è accaduto tutto questo? Il problema nasce a monte agli inizi degli anni Settanta, quando nella stagione del post-concilio si passò dal precedente rigore, forse eccessivo, al lassismo reattivo. E così, in una società in piena trasformazione e con la cosiddetta “liberazione sessuale” ormai imperante, i seminari si andarono svuotando, di più ancora i noviziati e gli studentati delle famiglie religiose e degli stessi ordini storici. Fu a quel punto che molti vescovi e superiori maggiori delle famiglie religiose spalancarono le porte e consentirono l’accesso alla formazione al sacerdozio e alla vita religiosa a soggetti che mai, in precedenza, sarebbero stati ammessi in un seminario o in un noviziato. E quando si creano dei covi di vipere, accade che le vipere si riproducano tra di loro e alla buona occorrenza tutte assieme mordano e tentino di avvelenare chiunque cerchi in qualche modo di colpirle.
Se quarant’anni fa era ragionevole dire che il problema nascesse a monte dalla formazione dei futuri nuovi presbiteri e religiosi, oggi, a degenerazione completamente avvenuta, è invece ragionevole dire — ma nessuno purtroppo lo dice — che il problema nasce tutto dall’episcopato. Come infatti spiegai in quel mio libro del 2011: «Coloro che negli anni Settanta capeggiavano all’interno dei seminari la gaia confraternita, oggi ce li ritroviamo vescovi, ed appena divenuti tali, per prima cosa hanno piazzato in tutti i ruoli di rilievo e portato avanti nella scala gerarchica o nella cosiddetta carriera ecclesiastica dei soggetti affini a loro». Questa è la drammatica radice di quel problema che indico ormai da anni, ma purtroppo inutilmente, perché nessuno dentro la Chiesa ha voluto prestare ancora ascolto alle mie parole, soprattutto quando l’evidenza dei fatti mi dava piena ragione.
Spiego anche, sempre in quella mia opera, che l’omosessualità fisica, quella concretamente praticata, è solo la punta estrema di una omosessualità ormai radicalizzata che in sé è molto peggiore e nociva: quella omosessualità psicologicaandata ormai al potere ed in virtù della quale è stata infine omosessualizzata la Chiesa. E oggi ci ritroviamo non di rado dinanzi a preti, ma soprattutto dinanzi a vescovi e “uomini” in delicate posizioni di autorità che a volte ragionano con la stizza delle psicologie femminili affette da un loro tipico disturbo, che è l’isteria, parola il cui significato dice tutto, visto che l’etimo greco di questo lemma [ὕστερον, hysteron] vuol dire utero.
Ma veniamo ai fatti rigorosamente documentati, visto che certi documenti e relazioni le consegnai a mio rischio e pericolo alle seguenti Autorità Ecclesiastiche: all’allora Vescovo ausiliare del settore centro della Diocesi di Roma S.E. Mons. Ernesto Mandara, uomo di cui conservo il vivo e amabile ricordo; all’allora Prefetto della Congregazione per il clero, Cardinale Mauro Piacenza, per mano dell’allora mio Vescovo. E ancora: al Cardinale Giuseppe Bertello, ex Nunzio apostolico in Italia, carica all’epoca vacante, nominato Governatore della Città del Vaticano, al quale andai a consegnare il mio testo nel suo nuovo ufficio presso la Santa Sede con preghiera di far avere quella mia relazione all’allora Segretario di Stato Cardinale Tarcisio Bertone, perché in gioco era l’immagine della Diocesi di Roma, ossia la Chiesa particolare di quel Sommo Pontefice che su certi temi e problemi si era già espresso in modo deciso e severo attraverso più locuzioni e documenti, pertanto era opportuno evitare che proprio nella sua Diocesi, a sua insaputa ed a causa del mal governo altrui, scoppiassero certi scandali.
In due mie diverse relazioni stilate a inizio 2011 venivano indicati vari casi, a partire da quello del rettore di una antica e prestigiosa basilica romana che da anni manteneva un giro di giovani marchettari, cosa peraltro che da anni tutti sapevano: lo sapeva il Cardinale Agostino Vallini, lo sapeva il suo predecessore al Vicariato di Roma Cardinale Camillo Ruini, lo sapeva il Prelato segretario dell’epoca presso il Vicariato, Mons. Mauro Parmeggiani, promosso in seguito Vescovo di Tivoli; lo sapeva l’allora Arcivescovo castrense Angelo Bagnasco, in seguito promosso Arcivescovo di Genova e Presidente della Conferenza Episcopale Italiana, che per ragioni d’ufficio frequentò per diversi anni quella basilica durante il suo ministero apostolico presso le Forze Armate, per seguire con tanti altri silenziosi prelati, tutti variamente maestri di quella somma “prudenza” che porta talvolta a vedere e al tempo stesso a non agire. Quale fu, infatti, la reazione del Cardinale Mauro Piacenza, quando all’epoca l’allora mio vescovo gli consegnò a mano quella mia relazione? Ne prese atto e rispose che la situazione incresciosa di quella basilica era a loro da tempo nota. E poco dopo, il vescovo latore della mia relazione — che con tutti i suoi pregi e difetti è sempre stato però un vero credente e soprattutto un uomo dotato di morale senso etico e che nei limiti delle sue possibilità cercò di proteggermi da quella grave ingiustizia —, uscì dal palazzo della Congregazione per il clero dicendomi: «Andiamo bene, li abbiamo informati di ciò che già sapevano!». E aggiunse: «Ma ciò che è peggio è che non facciano niente».
In una di quelle due relazioniindicavo anche il delicato problema dei Carmelitani della Parrocchia di Santa Teresa, dai quali anni dopo scoppiò uno scandalo dai risvolti infernali [cf. QUI, QUI, QUI,QUI]. Appena però nominai i Carmelitani, il prelato mio interlocutore si rabbuiò e mi disse: «Molla sùbito la pezza! I Carmelitani sono nelle grazie del Cardinale Agostino Vallini che ha voluto promuoverne uno, suo notorio pupillo, anch’esso come lui canonista, prima alla carica di vescovo ausiliare di Napoli, poi a quella di Vescovo di Aquino-Sora-Pontecorvo. E ti dirò: sta cercando di portarselo al Vicariato come arcivescovo vicegerente». E così, in effetti, avvenne poco dopo nel 2012, quando il Carmelitano S.E. Mons. Filippo Iannone fu eletto a quell’incarico, affinché “l‘organico dirigente” del Vicariato fosse completo nel suo quadro di timorosi e ossequiosi “segretarietti” e “subalterni“, non certo di confratelli nell’episcopato chiamati a collaborare in perfetta comunione per il bene della Diocesi del Vescovo di Roma con il suo Vicario Generale. È infatti noto che certi caporioni vogliono attorno a sé dei subalterni, non dei confratelli vescovi, tanto meno delle menti che ragionano; e li vogliono tali nella proporzione in cui sono inconsciamente consapevoli di essere dei clamorosi mediocri che devono proprio per questo cercare di brillare in ogni modo e con ogni mezzo di luce propria.
Dopo un colloquio tanto riservato quanto drammaticoavuto con due alti funzionari della Digos di Roma agli inizi del 2012, fui messo a conoscenza della “vita spericolata” condotta dall’allora Arciabate di Montecassino, Dom Pietro Vittorelli, la cui palese gayezzal’avrebbe vista e percepita persino un cieco, fuorché la buona Autorità Ecclesiastica, caduta letteralmente dalle nuvole quando fu infine reso pubblico che questo indegno successore luciferino di San Benedetto da Norcia era un tossicodipendente impenitente ed altrettanto gay impenitente che manteneva la propria bella vita ed i servizi dei suoi costosi prostituti gay coi soldi sottratti alla Caritas della Diocesi a lui affidata. Inutile ricordare oggi — benché per dovere lo ricordi comunque — a che cosa hanno portato tutti questi casi da me segnalati con anni di anticipo, grazie al non agire delle informatissime Autorità Ecclesiastiche, che se messe dinanzi a certe loro responsabilità di azione, prima che certi fattacci si mutassero in scandali pubblici, non è raro che si irritino nei confronti di chi gli segnala certe cose, facendola semmai pagare a caro prezzo al malcapitato, proprio come accadde al sottoscritto.
A parte certe informazioni a me riferite in via del tutto riservata da vari esponenti delle Forze dell’Ordine che frequentavano la basilica romana nella quale all’epoca prestavo servizio, prima di procedere oltre devo per inciso chiarire in che modo sono venuto a conoscenza di certi fatti …
… a partire da poche settimane dopo la mia sacra ordinazione sacerdotale cominciai a essere confessore e direttore spirituale di un numero sempre più crescente di sacerdoti, religiosi, seminaristi secolari e religiosi in formazione, i quali più volte, in foro interno e in foro esterno, prostrati in condizioni di profonda sofferenza interiore o di vero e proprio choc mi riferirono le situazioni gravissime che si ritrovavano a vivere ed a subìre. Siccome non tutti si nasce leoni o aquile, diversi di questi confratelli e diversi seminaristi e religiosi, non sapendo come agire o semplicemente come rivolgersi ai propri superiori e rimanere illesi, mi liberarono dall’inviolabile sigillo sacramentale della confessione e dopo avermi svincolato mi fornirono dettagli, prove e documenti, autorizzando me a segnalare i casi ed a parlare con la competente Autorità Ecclesiastica. Pensate, tra i vari documenti da me consegnati figura persino una ludica raccolta fotografica completa nella quale, i seminaristi di un prestigioso collegio romano, non avevano trovato di meglio da fare che festeggiare il Natale proponendosi come “mignotte” a un baccanale di Bacco e Cerere, ideando poi un servizio fotografico nel quale si erano foto-montati su immagini di nudi e seminudi femminili in coppia con i loro formatori, su figure di donne coi seni prosperosi e via dicendo a seguire. Questa istituzione ha ovviamente un nome, peraltro pure prestigioso, si chiama Almo Collegio Capranica, fucina di molti vescovi e cardinali italiani, specie di diversi dei nostri attuali peggiori, i quali tutti assieme, come una sorta di “loggia segreta”, proteggono all’occorrenza questo almo collegio, all’interno del quale è avvenuto di tutto e di più, con sgomento della stessa Segreteria di Stato alla quale appartiene la sua giurisdizione e dalla quale, oltre allo sgomento per fatti da tempo conosciuti, ci si attenderebbero quei provvedimenti ancora lontani da venire; a meno che dall’organico della Segreteria di Stato non si proceda prima a licenziare gli affiliati alla seletta “loggia segreta” del Capranica [cf. Corrispondenza Romana,QUI].
Ecco dunque illustrato il motivo per il quale, chi di dovere, mi ha sempre trattato con cautela, sapendo che quando parlo od affermo certe cose, non lo faccio mai a vanvera, né per sentito dire né per quel devastante «pare … sembra … si dice …» che affiora invece puntuale sulla bocca di quei clericali che desiderano con tutto il cuore impallinare in ogni modo qualcuno. Io parlo per abitudine sempre e solo sulla base di prove provate e documentate.
A quanto sinora narrato unisco anche un precedente risalente alla fine del 2009, all’epoca che vivevo in una casa sacerdotale internazionale su Colle Aventino. In quel periodo accadde che da quel colle venni a conoscenza di ciò che avveniva “a valle”, cioè al Testaccio, dove un numero preoccupante di preti frequentavano in abiti borghesi i vari locali gay. Cosa del tutto comprensibile che questi preti gay passassero inosservati, perché pare che i monsignorinidel Vicariato fossero troppo impegnati a fare battute su di me quando osai presentarmi in più occasioni nei loro uffici con la vesta talare indosso, recepita come se quel mio vestimento ecclesiastico rappresentasse chissà quale oltraggio alla altrui lesa maestà clericale; o meglio alla maestà di coloro che, anziché ridere sulla mia talare ― che di prassi io indosso e porto sempre tutti i giorni ―, forse avrebbero dovuto curarsi dei non pochi preti che in jeanse t-shirtandavano a “palpare l’uccello” in mezzo alle gambe ai cubisti che danzavano seminudi nei locali gay del Testaccio.
Quando segnalai l’andirivieni di preti in questi locali gay, in toni rasenti la minaccia mafiosa mi fu fatto chiaramente capire che se volevo vivere bene a Roma, dovevo imparare a farmi gli affari miei; e in tal senso fui invitato a fare mia ed a vivere quella perniciosa omertà clericale così ben raffigurata dal regista e dagli attori de “Il caso di Spotlight”. Trascorso meno di un anno, mentre nell’estate del 2010 mi trovavo in Germania per studi di approfondimento, fui raggiunto telefonicamente da un mio familiare che mi disse: «Puoi procurarti il settimanale Panorama?». E mi spiegò: «A partire dalla copertina in poi ci troverai scritto tutto quello che tu hai segnalato per tempo ma inutilmente all’Autorità Ecclesiastica». E il titolo sulla copertina era il seguente: «Le notti brave dei preti gay» [vedere QUI]. Cuore del servizio erano i resoconti, corredati di filmati dei festini gay nei locali del Testaccio ai quali partecipavano vari preti, uno dei quali osò persino celebrare al mattino la Santa Messa nel salotto dell’appartamento nel quale s’era dato ai baccanali sodomitici col suo amico occasionale, presente anch’esso alla sacra celebrazione [vedere filmati QUI].
Dinanzi a simili evidenze, pensate che l’Autorità Ecclesiastica mi abbia convocato e detto: “… prendiamo atto che avevi ragione e che con anticipo ci avevi indicato il vero, indicandoci persone e situazioni scabrose, ma purtroppo noi non abbiamo agito”? Giammai! Ed è stato proprio perché avevo ragione, in quanto ci avevo visto giusto, che sono stato sottoposto più volte ad angherie dai caporioni dell’esercito degli omertosi che mi hanno giudicato reo di negata omertà clericale. Perché come potete ben capire, l’importante è che la Chiesa domandi perdono agli ebrei, ai musulmani, ai luterani, ai pentecostali, agli indigeni … insomma: a tutti, meno che ai propri devoti sacerdoti, che a loro serio pericolo hanno rischiato all’occorrenza il tutto e per tutto, pur di cercare in qualche modo di difenderla.
Eppoi, parliamoci chiaramente,perché, specie in questo clima di soffocante mediocrità ecclesiastica, se io avessi accettato le regole omertose del gioco e tutto ciò ch’esso comporta, non solo sarei già diventato titolare di una cattedra in una università pontificia, non solo avrei avuto ben altro genere di sistemazione, non solo sarei stato immesso negli àmbiti della cosiddetta più prestigiosa carriera ecclesiastica … di più ancora: forse, dopo un breve periodo di anni, mi sarei persino ritrovano a “pavoneggiarmi” con la mitria in testa e il pastorale in mano in mezzo a un esercito di vescovi che vedono ma non vedono, che sanno ma che fingono di non sapere, che chinano il capo dinanzi ai prepotenti e che bastonano i deboli, che non di rado puniscono le vittime e difendono i carnefici. E la mia è stata — ritengo da sempre —, la scelta giusta, perché non ho mai puntato all’immediato presente, ma all’eterno, vale a dire alla salvezza della mia anima che aspira a raggiungere la visione beatifica nel mistero trinitario del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, al quale intendo guidare anche molti altri Christi fideles come pastore in cura d’anime. E per puntare all’Eterno bisogna scegliere di necessità la croce, senza la quale non c’è risurrezione.
Quando nel 2009 dissi a un membro della Congregazione per la dottrina della fede che il giovane Mons. Krzysztof Charamsa, persona amabile e bravo teologo dogmatico, era palesemente gay [cf. QUI]; quando spiegai che nei suoi studi sulla “teologia” della “sofferenza umana” [cf. QUI] avevo individuato celato dietro le righe il disagio proveniente a monte da un suo stato interiore umano-affettivo riconducibile sicuramente alla sua sessualità, ecco che per tutta risposta, questo autorevole membro, incontrando appresso l’allora mio Vescovo, lamentò che io vedevo omosessuali dovunque e che ero ossessionato dagli omosessuali nella Chiesa. Anche in quel caso, l’allora mio Vescovo, anziché rimproverarmi mi disse: «Il problema, non è che gli omosessuali li veda tu, il problema è che invece non li veda lui!».
Domanda a posteriori a dir poco lecita:dopo il pubblico coming-out di Mons. Charamsa, giunto in giovane età alla prestigiosa carica di segretario aggiunto della Commissione teologica internazionale, che cosa dovrebbe dirmi, oggi, questo allora membro della Congregazione per la dottrina della fede, promosso in seguito anche vescovo per la sua “lungimiranza” estrospettiva?
Trovo davvero impressionante che questi prelati e prelatoni, seppure consapevoli di avere sbagliato, di avere rimproverato in passato uno che aveva ragione solo perché diceva e indicava loro il vero; che sebbene consapevoli che di fatto io avevo visto giusto mentre loro di fatto no, per nessuna ragione al mondo ammetterebbero mai di essersi sbagliati, al costo di negare persino l’evidenza dei fatti. O forse perché sono troppo impegnati nella penosa “liturgia” delle scuse presentate e rivolte da Santa Madre Chiesa agli ebrei, ai musulmani, ai luterani, ai pentecostali, agli indigeni … insomma: a tutti ― come dicevo poc’anzi ― meno che ai propri devoti sacerdoti?
E chiudo questa lunga “litania” con l’ultima in ordine di serie: mesi fa, previa diretta conoscenza della persona, della situazione e dei fatti, informai un vescovo toscano che un giovane uomo andava tenuto prudentemente a distanza dal contatto con gli adolescenti negli ambiti parrocchiali, perché affetto da comprovati istinti efebofili. Indirizzai presso un rispettabile presbitero di quella diocesi, dotato di esperienza psicologica, un docente di mia conoscenza ad accompagnare presso di lui uno degli ex adolescenti palpeggiati in passato da questo personaggio, mosso da un rapporto tutto da definire con la fede e la Chiesa, entrambe vissute in una sorta di dimensione estetico-decadente dal sapore di “Morte a Venezia” di Thomas Mann. Ovviamente scrissi una dettagliata informativa a questo vescovo, il quale, quando nel maggio del 2015 lo incrociai presso la plenaria della Conferenza Episcopale Italiana ― dove mi ero recato per salutare alcuni prelati e incontrare altri che mi volevano parlare ―, in risposta alla mia lettera-relazione replicò che lui non era un magistrato e che se avevo qualche cosa da denunciare dovevo rivolgermi non a lui ma alla magistratura. E pochi mesi dopo, questo vescovo, non trovò di meglio da fare che dare prova della propria massima scelleratezza ammettendo questo efebofilo, cultore del bello e dell’estetica liturgico-musicale, nel proprio seminario.
Inutile a dirsi: se questo soggetto divenisse per nostra somma disgrazia prete, ed una volta prete palpeggiasse un adolescente, io prenderò immediatamente la mia relazione inviata a suo tempo, i testimoni mandati a rendere testimonianza privata a quel vescovo e, senza alcuna esitazione, mi rivolgerò alla magistratura, ma non per denunciare l’efebofilo colto sul fatto, ma il vescovo. E nel mio esposto preciserò che non solo costui non mi ha prestato ascolto quando lo avvisai per tempo con dovizia di prove, ma che dopo essere stato informato di tutto punto sul soggetto ad altissimo rischio, reputò cosa buona e giusta ammetterlo nel proprio seminario. E vedremo, specie con i tempi che corrono oggi, con che faccia questo vescovo dirà ai magistrati che non sapeva niente; o con quale spirito oserà sostenere dinanzi ai giudici che lui non è un magistrato e che quindi, non essendo tale, non aveva alcun dovere e obbligo di vigilare sulla diocesi a lui affidata, al punto tale da ammettere senza problema una volpe dentro il pollaio, sebbene di ciò fosse stato avvisato per anticipo e con tutti i dettagli del caso.
Che la Chiesa abbia emanato documenti in materia è fuori dubbio, come è fuori dubbio che il Venerabile Pontefice Benedetto XVI scrisse una memorabile Lettera pastorale ai cattolici dell’Irlanda [cf. QUI], da me considerata uno tra i più importanti atti del suo apostolico ministero pastorale e per questo più volte riportata nel mio saggio già precedentemente citato. Documento nel quale, il Sommo Pontefice allora regnante, spiegò come e in quale pericolosa misura molti vescovi non abbiano tenuto conto, ed in che modo seguitino a non tenere conto di quelle esortazioni, proseguendo imperterriti ad ammettere nei loro seminari sempre più vuoti dei veri e propri eserciti di asessuati — nell’ipotesi migliore —, se non peggio delle persone che palesano una evidente carenza di testosterone maschile e che ricercano nell’apparato estetico, ed in specie estetico-liturgico o estetico-ecclesiastico, il loro punto di rifugio, di sfogo e purtroppo anche di sicura carriera, che di prassi e di rigore fanno, perché se da una parte mirano a riscattarsi, dall’altra mirano all’esercizio del potere sugli altri attraverso ruoli di gran rilievo.
Nel corso degli ultimi anni non è mancata su certi gravi temi né la lungimiranza dei Sommi Pontefici né i documenti che danno precise direttive, come quello nel quale si esorta alla non ammissione nei seminari delle persone con tendenze omosessuali [cf. QUI]. Il problema è che quando un “sistema di governo” si trova a essere infettato proprio da queste persone ormai finite inserite nei ruoli chiave di comando, la conseguenza può essere questa: io finisco per due anni a celebrare la Santa Messa sine populo nelle Catacombe assistito dal mio allievo e collaboratore, mentre non pochi “vescovi-madama” che agiscono con l’umoralità tipica delle donne in menopausa, non trovano di meglio da fare che prendere uno dei propri prediletti gay e nominarlo direttamente rettore del seminario, altro che … non ammissione nei seminari delle persone con tendenze omosessuali! Purtroppo, in non pochi seminari e noviziati religiosi, i primi gay sono risultati essere proprio i formatori. E se non si vuol credere a me, che allora si creda alle sentenze date dai tribunali penali in vari paesi dell’Europa, inclusa l’Italia, sulla base di fatti e prove di una vergogna e di uno squallore tale da deturpare la povera Chiesa di Cristo col lancio delle peggiori sostanze organiche sul suo volto.
Quali soluzioni indicai,nelle pagine di quel mio studio? Anzitutto la soluzione ovvia: con autorità, severità e coraggio, alle vipere andava tagliata la testa. Questo scrivevo nel 2011, salvo vedere diverse di queste vipere diventare uno dietro l’altro vescovi nei successivi anni.
Come mai giudico non sbagliato ma devastante, che tutt’oggi vi siano ecclesiastici che seguitano a pensare che se uno ha tendenze omosessuali, ciò che conta è che non eserciti fisicamente la propria omosessualità? Giudico questo sbagliato perché, la morale cattolica, troppo a lungo si è incentrata solo sulla dimensione fisico-sessuale e poco su quella psicologica, dimenticando che il sesso e la sessualità è anzitutto una questione mentale, un abito mentale. E come ho affermato in passato, seguito tutt’oggi a ribadire che l’omosessuale represso, colui che non dà alcun genere di sfogo fisico ai propri impulsi sessuali, è da sempre più pericoloso di quello che perlomeno si sfoga in rapporti sessuali con altri uomini. Il represso, da me anche definito come “omosessuale psichico”, è più pericoloso perché vive in una dimensione di cattività e di sempre maggiore incattivimento che trova principalmente sfogo in tre cose: nel perverso piacere a lui derivante dal recare male agli altri, nella brama di potere e nello sfrenato carrierismo, nell’attaccamento ai soldi ed ai beni materiali. Queste persone sono inoltre ricattabili, facilmente manipolabili dai loro “benefattori”, pronti a tradire ed a violare la segretezza, se devono in tal modo rendere grazie o beneficiare i propri padrini, o più semplicemente proteggere uno dei membri della lorogaia confraternita. Per questo ribadisco: gli “omosessuali psichici” che si sono auto-repressi sono peggiori, perché in modo peggiore sfogano la propria repressione in danno della Chiesa e spesso dei preti buoni è sani, che da sempre sono le loro vittime preferite, sotto gli occhi sempre più impotenti dei vescovi e delle autorità ecclesiastiche.
Nella nostra società schizofrenica dove domina l’ideologia gender, la Chiesa sta mostrando una desolante debolezza e inadeguatezza. Per esempio: come mai, ogni volta che giornali, siti e blog della potente Lobby Gay ci sbattono in faccia gli immancabili “preti pedofili”, nessuno ha il coraggio di replicare che la maggior parte dei presunti preti pedofili, lungi dall’esser tali, in verità sono preti omosessuali, meritevoli come tali di tutte le migliori protezioni e tutele da parte di quella onnipotente madre socio-politico-economica nota come Lobby Gay?
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Quando si tratta di noi preti, accade infatti per incanto che i gay affetti da “puri” e “meravigliosi“ istinti omosessuali, meritevoli come tali di tutela e in caso contrario di accuse d’omofobia gridate verso chiunque osi dissentire, diventano putacaso dei pedofili. Un arcano, questo, che adesso vi spiegherò io, visto che la tremebonda autorità ecclesiastica non lo ha ancora spiegato, pur avendo a disposizione una caterva di riviste cattoliche, agenzie stampa e uffici per le comunicazioni sociali. Rasserenatevi comunque, cari cattolici, perché grazie a Dio c’è L’Isola di Patmos, giovanneo luogo dell’ultima rivelazione, con i suoi agguerriti Padri che non hanno padrini e padroniall’infuori di Nostro Signore Gesù Cristo.
La verità è che i preti si screditano in due principali modi, o meglio con le due famigerate “esse”: sesso e soldi. Beninteso: come clero, negli ultimi anni abbiamo dato il peggio di noi stessi in scandali patrimoniali ed a sfondo sessuale. Basti tornare al paradigma dell’Arciabate di Montecassino, che a quanto sino ad oggi appurato è arrivato a spendere in capricci, ed in specie in capricci di carattere sessuale, 36.000 euro in un solo mese. Prima di proseguire apro però la dolente parentesi che l’Autorità Ecclesiastica s’è guardata dall’aprire: quale genere di rapporto “malato” intercorreva tra il precedente Arciabate di Montecassino, Dom Bernardo D’Onorio [1983-2007], promosso in seguito Arcivescovo di Gaeta [2007], ed il suo successore Dom Pietro Vittorelli [2007-2013]? Perché a volere il Vittorelli prima responsabile della formazione dei monaci come maestro dei novizi e animatore vocazionale ― sempre per tornare al discorso delle volpi poste a guardia dei pollai ― appresso come suo segretario particolare, fu proprio l’allora Arciabate Bernando D’Onorio. Pertanto domando: è legittimo chiedersi dove mai avesse gli occhi e con essi la sapienza e la cristiana prudenza, quell’asessuato psichico dell’Arciabate Bernardo D’Onorio, nel porre in simili ruoli delicati una persona dalla evidente sessualità disordinata come Pietro Vittorelli? E mentre un asessuatopassava il proprio pastorale ad un sessuato disordinato, in quali faccende erano affaccendate le Autorità della Santa Sede, alle quali spetta la accettazione e poi la conferma della nomina dell’Arciabate di Montecassino? Perché, come potete ben vedere, certi drammi nascono da una diabolica catena che nessuno s’è preso ancora cura di interrompere, perché per farlo sarebbe necessario andare contro intere cordate di amici degli amici degli amici … E chi ha elementi ragionevoli per smentirmi, che mi smentisca, all’occorrenza anche a colpi di querele, non vedo l’ora di riceverne almeno una! E qualora qualche Autorità Ecclesiastica sollevasse un sospiro su quanto sin qui da me affermato, semmai accusandomi di “irriverenza” e di “inopportunità”, a mia difesa chiamerò una squadra di periti urologi, andrologi e psicologi. E dopo ch’essi avranno periziato che il D’onorio, padre partorientedel mostroVittorelli, sprizza in realtà virile testosterone maschile da tutti i pori della pelle, io mi genufletterò a chiedere pubblicamente perdono, mi ritirerò a vita privata e non scriverò più neppure un articolo, anzi non scriverò più manco il mio nome. E se proprio sarò obbligato a firmare lo farò con una “X” al fermo scopo di non scrivere, a riprova che un vero uomo e un vero prete — se proprio non vuole e non può essere omertoso — allora è bene che non scriva neppure, perché deve essere sordo, cieco, muto e anche analfabeta.
Sui giornali ultra laicisti, sui siti e sui blog della potente Lobby Gay, chiunque può leggere le parole di fuoco scritte sull’Arciabate di Montecassino Pietro Vittorelli, riguardo il quale, agli ultra liberisti, agli omosessualisti e agli ideologi del gender che lo hanno additato alla pubblica gogna, manca però un passaggio fondamentale che in malafede ignorano: il Vittorelli non era né un pedofilo né un pericoloso bancarottiere, ma semplicemente un omosessuale impenitente, che posto in un ruolo di governo, o se preferiamo di potere, ha usato mezzi e danaro per spassarsela in giro per il mondo con giovanotti pagati un tanto a centimetro, in base alla lunghezza ed alla circonferenza del loro membro virile. Esattamente come fanno da sempre buona parte dei gay che, avendo soldi a disposizione, possono permettersi capricci pagandoli all’occorrenza con viaggi, con vestiti firmati, con soggiorni in hotels a cinque stelle … il tutto un tanto a centimetro, calcolato sia per la lunghezza sia per la circonferenza del membro virile del loro ganzo di turno. Se poi alla fine gli gira, certi gay si prendono anche un utero in affitto, pagano una donna semmai bisognosa e si fabbricano un bimbo giocattolo ad uso e consumo del loro incontenibile egoismo satanico. E sinceramente, per me, fare questo e promuovere il tutto come “diritto”, è cosa molto peggiore del sottrarre ― come ha fatto il Vittorelli ― soldi alla Caritas per pagarsi i marchettari, con buona pace del neo-papà-gay Nichi Vendola appena ritornato alle porte dei sessant’anni da una fabbrica americana di bambini con il suo compagno che a sua volta potrebbe essere suo figlio. Perché dinanzi a questa gente, non dico sarei pronto a riabilitare l’ex Arciabate di Montecassino, ma sicuramente a considerare, in debita proporzione, quanto la sua colpa sia minore. Ben maggiore è infatti la colpa di una Gianna Nannini, di un Elton John e di un Nichi Vendola che si fabbricano bambini a proprio uso e consumo. Mentre infatti il marchettaroadulto è libero e consenziente nei propri mercimoni con prelati e preti altrettanto adulti e consenzienti, un bimbo o una bimba posti in simili disumane condizioni, non sono né liberi né consenzienti di scegliere simili aberrazioni destinate a segnare tutta la loro esistenza in modo negativo e profondamente traumatico.
Domanda: se questo e altro ancora è lecito a tutti i danarosi omosessualiche sulla toccante musica di Sir Elton John strepitano “gay è bello”, perché mai non dovrebbe essere altrettanto per l’ex Arciabate di Montecassino? Mi stupisco quindi che proprio le Lobby Gay non lo abbiano protetto, né che abbiano scritto che tutto sommato è stato un grande a spassarsela come ha potuto, esattamente come sono abituati a fare i ricchi lobbisti gay.
Anziché averli protetti come omosessuali sulla base del genderista “dogma” di “fede” che “gay è bello”, proprio i lobbisti gay hanno invece letteralmente massacrato nel tempo svariati ecclesiastici, usando spesso anche il braccio armato delle Iene di Italia Uno, che sono andate a scovarli e filmarli di nascosto uno per uno. E sono quelle stesse Iene che al tempo stesso proteggono la cultura del gender, i matrimoni tra coppie dello stesso sesso ed il loro “diritto” ad adottare o fabbricarsi e comprarsi dei bambini.
Ebbene io sfido chiunquea trovarmi un membro della comunità scientifica, nell’ambito specialistico della neurologia, della neuropsicologia, della psichiatria e della psicologia clinica, disposto a sostenere che un adulto che abbia oggi un rapporto sessuale con un ragazzo consenziente di 16/17 anni, che semmai si prostituisce già da tre o quattro anni e che a 10/11 anni aveva interi archivi di film porno collezionati nel suo computer e nel suo telefono cellulare, sia un pericoloso pedofilo. Credo infatti che nessun membro della comunità scientifica asserirà mai una cosa del genere, specie sapendo a quali livelli di conoscenza e di degenerazione sessuale sono già giunti molti nostri giovani all’età di 13/14 anni.
A Roma c’è un ospedale che cura malattie infettive anche legate all’apparato sessuale. Ora io invito chiunque a fare quattro chiacchiere con gli specialisti di questo ospedale, che è il San Gallicano, perché sarà loro premura spiegare quanti adolescenti di ambo i sessi in fascia d’età compresa tra i 14 ed i 16 anni giungono con gravi infezioni per avere praticato cosucce amene che, come noto e risaputo, sono proprio … “tipiche” della “prima adolescenza”, per esempio i rapporti cosiddetti anali, i rapporti cosiddetti orali, i rapporti cosiddetti di gruppo dove basta una sola persona infetta per trasmettere l’infezione a tutti, od il contatto della bocca e della lingua con la vagina e con l’orifizio anale … e via dicendo …
Per salvarmi dalla disapprovazione di quei pochi soggetti pronti a manifestare scandalo dinanzi a certi dettagli legati alla sfera sessuale forniti da un prete, chiarisco e preciso che volendo essere capito da tutti in certi miei scritti, indirizzati al grande pubblico e non solo ai teologi o agli specialisti, mettermi a sfoggiare latinismi clinici, che pure conosco, per indicare l’esistenza di precise realtà, sarebbe cosa non opportuna, se non rasente il ridicolo e soprattutto quello spirito pudibondo che non va mai confuso col valore umano, sociale e cristiano del pudore. Se infatti dei ragazzini e delle ragazzine di 14 anni finiscono con gravi infezioni al San Gallicano perché una ragazzina già navigata ha trasmesso una infezione alla bocca di un coetaneo che gli ha cacciato la lingua nella vagina e nell’orifizio anale, capite bene che è inutile usare eufemismi. E se questo accade, credo sia urgente porsi qualche serio quesito, specie poi se uno di questi adolescenti si lascia palpeggiare ben volentieri da un prete in cambio dell’Ipad nuovo, che volendo possiamo e dobbiamo anche chiamare perverso e pervertito, che dobbiamo isolare, condannare e sospendere dall’esercizio del sacro ministero, sempre però indicandolo col suo vero nome, che è quello di “omosessuale”, non quello di “pedofilo”, al massimo possiamo indicarlo come efebofilo. E come omosessuale, o come efebofilo, questo prete, secondo le tendenze contemporanee, andrebbe anche tutelato e se attaccato protetto con una levata di scudi da parte della Lobby Gay al grido di “omofobo, omofobo!” diretto verso chiunque osi mettere in discussione i suoi legittimi gusti sessuali.
Dal ludico discorso sugli orifizi e dalle malattie infettive dei minori più navigati di quanto non lo fossero i cinquantenni di mezzo secolo fa, vorrei concludere passando ad una risposta data dal Vicario Generale di Sua Santità per la Diocesi di Roma, Cardinale Agostino Vallini, riguardo il quale rimando alle immagini video in cui egli risponde, nella propria veste di Presidente della Conferenza Episcopale del Lazio, riguardo le prodezze dell’ex Arciabate di Montecassino, che come tale fu per diversi anni membro della Conferenza Episcopale Italiana e quindi della locale Conferenza Episcopale del Lazio. Il Cardinale Vallini, noto anche come il più grande canonista del mondo, dinanzi alle gesta del Vittorelli, facendo uso di un linguaggio tipico dei politicanti e non dei pastori in cura d’anime, riferendosi unicamente a degli illeciti patrimoniali ha dichiarato che se la magistratura riscontrerà gli elementi per procedere con una condanna, in tal caso la Chiesa di Cassino si costituirà parte civile attraverso una azione risarcitoria (!?) [cf. filmato con intervista QUI]. Insomma: erano anni che il Vittorelli conduceva una vita non consona, che frequentava i più discussi salotti romani, che si assentava come e quando voleva dall’abbazia, che faceva vacanze lussuose; ma soprattutto era palese a chiunque che le sue pose ed il suo modo di porgersi erano più simili alle movenze di una principessa capricciosaanziché ad un uomo formatosi nel rigore del chiostro monastico, ma soprattutto ad un uomo. E nonostante tutto questo, qualcuno vuol farci credere che nessuno sapeva … che nessuno si era mai accorto di niente?
Avrei pure un’altra domanda da rivolgere a quanti oggi si stracciano le vesti perché a loro dire non sapevano niente. Questa la domanda: gli agenti della squadra anti-narcotici, quanto tempo prima dello scoppio dello scandalo, fecero trapelare in modo discreto alle Autorità Ecclesiastiche che questa principessa-prelato usava droghe? Perché in via del tutto informale e riservatissima, con me alcuni addetti della anti-narcotici, si consultarono agli inizi del 2012, trovandosi a trattare il delicatissimo caso di questo prelato alquanto in vista che tra l’altro acquistava illecitamente e deteneva altrettanto illecitamente sostanze stupefacenti quali ecstasy, cocaina e crack. E oltre a fare niente, cosa fece l’Autorità Ecclesiastica, seppure informata? Forse cominciò a preparare il rito dello straccio delle vesti e dell’addolorato “non sapevamo”, da usare nel giorno in cui sarebbe scoppiato l’inevitabile scandalo pubblico, come prova il video qui riprodotto dal quale sprizza tutta l’immane sofferenza del Presidente della Conferenza Episcopale del Lazio, primo in testa a tutti nel … non sapere niente? [cf. filmato con intervista QUI]
Sinceramente, sul piano della morale cattolica e del Diritto Canonico, l’appropriazione e lo sperpero dei soldi, nel caso di specie testé richiamato è solo la conseguenza di disordini molto più gravi e tutti quanti riassunti nella vita dissoluta del Vittorelli, che con atteggiamenti ed espressioni tali da nauseare persino il dissacrante Marchese de Sade, nelle telefonate e nei numerosi messaggi intercettati attraverso i quali comunicava con i marchettarigay suoi fornitori di servizi sessuali più o meno forti, soleva definire la droga, il sesso e il vizio come “Paradiso”. Naturalmente mai nessun tribunale italiano condannerà l’ex Arciabate di Montecassino per avere praticato in lungo e in largo l’omosessualità, né per l’uso personale di droghe, né per avere avuto attorno a sé una corte di giovanotti, né per avere ricercato nei siti gay giovanotti adulti e consenzienti che fossero particolarmente dotati in mezzo alle gambe, perché nulla di tutto questo è perseguito ed è perseguibile dal Codice di Diritto Penale.
Ecco quindi la mia domanda precisa e per nulla nebulosa rivolta al più grande canonista del mondo: non è che per caso, in attesa della sentenza del tribunale penale italiano, il tribunale ecclesiastico, nel foro delle sue competenze, avrebbe già dovuto agire e procedere da tempo attraverso severissime pene canoniche erogate a carico di questo indegno ecclesiastico finito per somma disgrazia dell’intera cattolicità a capo e guida della storica abbazia madre dell’Occidente? E una volta erogate queste pene canoniche, non sarebbe stato opportuno darne pubblica notizia, per chiarire in che modo e all’occorrenza con quale severità la Chiesa cala la misericordiosa scure su certi suoi figli indegni e forieri di immani scandali pubblici? Nulla di tutto questo è però avvenuto, perché il Cardinale Vallini, che a quanto pare sembra essere emblema dell’iper-garantismo giuridico e che forse s’è scoperto d’improvviso più liberale di Cavour, più garibaldino di Garibaldi e più repubblicano di Mazzini, del tutto dimentico di essere stato per anni anche Presidente del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica, dichiara e precisa di essere in attesa del … giudizio del tribunale penale dello Stato affinché sia poi valutato come agire (!?).
Ecco, io spero che nessuno, nelle alte sfere politiche e amministrative della Repubblica Italiana, scopra che in casa nostra abbiamo un canonista di tal fatta, perché potrebbero “rubarcelo” per nominarlo prima Presidente della Suprema Corte di Cassazione e poi appresso senatore a vita.
Detto questo adesso capite, cari lettori e lettrici de L’Isola di Patmos, a chi siamo in mano da anni e anni? Siamo in mano a delle biciclette che si mettono sulla pista dell’autodromo di Monza nella sicura convinzione di poter correre come delle Ferrari. Siamo in mano a persone avviluppate dalla più desolante mediocrità ma al tempo stesso convinte che il Popolo di Dio sia composto da villici beoti del contado incapaci di capire e cogliere la immane gravità dei loro giri di parole, come appunto il più grande canonista del mondo che asserisce di attendere la sentenza di condanna dello Stato — riguardo reati a sfondo patrimoniale — per poi vedere eventualmente come procedere a carico di un prelato che ha gestito la propria vita come s’essa fosse stata un lupanare dell’antica Pompei; un vivere comprovato che però, se non sarà dichiarato tale dal tribunale dello Stato, nulla potestil tribunale ecclesiastico?
Poste queste premesse,io potrei tranquillamente prendere e mettere in atto la canzone di Lucio Battisti che motteggia «Dieci ragazze per me, posson bastare» [cf. QUI]. E nessuno potrebbe dirmi niente e meno che mai sanzionarmi canonicamente, perché se dinanzi al Vittorelli che s’è ripassato giovanotti in lungo e in largo, il Vicario Generale di Sua Santità per la Diocesi di Roma, Presidente della Conferenza Episcopale del Lazio, oltre che più grande canonista del mondo e già Presidente del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica, dichiara di attendere di sapere dalla sentenza del tribunale penale italiano se vi sono figure di reato di rilievo squisitamente patrimoniale per poi eventualmente agire, sorvolando su una vita improntata su una immoralità che ha veramente del satanico; ciò premesso capite bene che io posso spassarmela senza alcun problema morale con dieci ragazze, che come diceva il Battisti «posson bastare». Il tutto senza che alcuna legge ecclesiastica mi persegua canonicamente, a meno che il tribunale penale italiano non stabilisca che per un prete, spassarsela con dieci ragazze, è reato; ma non credo che lo stabilisca mai, semmai potrebbero darmi un diploma di benemerenza e forse la cittadinanza onoraria del luogo in cui il fattaccio s’è svolto, qualora dimostrassi di averle rette e rallegrate tutte quante.
Memore che a certi caporioni nessun Caso Spotlight insegna niente e che tutt’oggi pretendono di seguitare a stracciarsi le vesti al falso grido addolorato del “non sapevamo”, auguro nell’anno giubilare al più grande canonista del mondo di poter terminare quanto prima il proprio mandato come Vicario Generale di Sua Santità, dedicando il tempo di vita che la grazia di Dio deciderà di concedergli, a chiedere perdono a Cristo per i danni da lui recati alla Chiesa, in particolare alla Chiesa del Vescovo di Roma, al quale forse qualcuno, dalla sua efficiente Segreteria di Stato, farebbe bene a stampare e portare questo mio scritto, perché sin quando ai Vallini ed ai loro adulanti scagnozziin carriera si permetterà di bastonare i preti come me, i danni che di conseguenza ne deriveranno alla Chiesa saranno sempre più incalcolabili e irreversibili.
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dall’Isola di Patmos, 3 marzo 2016
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Appendice postuma [7 marzo 2016]
SEGNALIAMO CON PIACERE UN ARTICOLO COMPARSO SU SIR (SERVIZIO INFORMAZIONE RELIGIOSA) ALCUNI GIORNI DOPO LA PUBBLICAZIONE DI QUESTO NOSTRO ARTICOLO DI ARIEL S. LEVI di GUALDO
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