ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

martedì 23 ottobre 2018

Dopo il peggio c’è sempre un altro peggio

Le colonne portanti del modernismo

Il modernismo del clero che si è infiltrato all’interno della Chiesa Cattolica, e di coloro che, per timore, opportunismo, collusione in aperta malafede, seguono pedissequamente tale clero sbandato, si regge su quattro colonne: 
1) filoprotestantesimo, teso a trasformare il cattolicesimo in un vero e proprio protestantesimo (Novus Ordo Missae, ridimensionamento della Madonna, libera interpretazione della "parola", esegesi biblica con metodo storico-critico ecc.); 
2) filocomunismo, o pauperismo ideologico, tendente a trasportare il marxismo in ambito religioso, trasformando Cristo in una specie di Che Guevara (accordo di Metz, rinuncia del CV II a condannare il comunismo ateo ed omicida, sfacciata propaganda di sinistra da parte della gerarchia negli ultimi decenni, ecc.); 

3) ecumenismo fanatico e suicida, teso al rinnegamento implicito del Cristianesimo, delle proprie radici culturali, sociali e religiose (rinuncia all'Extra Ecclesiam Nulla Salus, rifiuto delle parole di Cristo "Io sono la Via, la Verità e la Vita" e rifiuto dell'incarico affidato dal Cristo agli Apostoli all'atto della Sua Ascensione “andate fino ai confini del mondo ed annunciate il Vangelo, battezzando tutte le genti...") che considera tutte le religioni uguali, tutte portatrici di salvezza; 
4) massoneria, mirante a far scomparire il Cattolicesimo (ed il Cristianesimo) dalla faccia della terra, facendolo confluire in una religione planetaria, una melassa buonista tutta orientata al sociale, niente più di una ONLUS o di una ONG : umanitarismo laico ed ateo, dove la Trascendenza cede il posto all'immanenza, dove si distingue tra "il Cristo della storia" e "il Cristo della fede", relegando miracoli, Resurrezione, Ascensione, dogmi mariani tra le leggende messe in piedi per rafforzare la fede dei primi cristiani. 
Quattro pilastri, come i quattro cavalieri dell'Apocalisse, che stanno letteralmente distruggendo la civiltà cristiana, col rischio della sua definitiva scomparsa dalla faccia della terra. 
Oltre a ciò, il pensiero dei nuovi teologi e dei modernisti in generale è caratterizzato da due differenti approcci al problema religioso, completamente diversi da quelli che hanno caratterizzato la Chiesa preconciliare (nella quale, peraltro, erano già presenti i modernisti, ma non erano ancora riusciti a prendere nelle loro mani le leve del potere). 
Il primo tipo di approccio è l’aggiornamento al mondo, ad un mondo che corre sempre più veloce, sia in campo scientifico che politico e morale; così essi vogliono adeguarsi ad mondo in rapida evoluzione, rispetto al quale si sentono in ritardo (secondo il defunto Carlo Maria Martini la Chiesa sarebbe oggi in ritardo di 200 anni rispetto al mondo moderno); un mondo al quale credono di non aver quasi più niente da insegnare, e men che mai da redarguire o richiamare. Ciò si deve al fatto che questi attuali uomini di Chiesa non hanno più la fede, cosicché non avvertono la necessità di testimoniarla al mondo; non hanno conosciuto l’amore di Dio, e così non avvertono l’urgenza di portarlo al prossimo, di condividerlo con gli altri. Quindi, se il mondo in rapida evoluzione è il loro nuovo metro di giudizio, la loro pietra di paragone, allora essi debbono necessariamente modificare il loro concetto di peccato, di errore, di rifiuto della fede, diventando anticlericali, antiautoritari. Ma si contraddicono, poiché per far ciò si dimostrano clericali ed autoritari (con chi non accetta il loro nuovo verbo modernista).
In realtà il c.d. “aggiornamento” era un trucco dei modernisti (cospiratori rivoluzionari, imbroglioni, ciarlatani), dietro al quale si nascondeva l’intenzione di protestantizzare la Chiesa Cattolica, e la riforma liturgica ne fu l’aspetto più evidente e sconcertante. In effetti, molti modernisti delle origini erano apertamente filoprotestanti, alcuni di essi erano passati dal Cattolicesimo al protestantesimo e viceversa (in quest’ultimo caso, però, solamente per caldeggiare la causa ecumenista). Da diversi anni esisteva un movimento per la modifica della liturgia cattolica, venivano celebrate liturgie “ecumeniche”, officiate assieme da pastori protestanti e sacerdoti cattolici; oltre a ciò, ci fu il caso della comunità di Taizé, nata protestante di fatto, ma aperta a tutti, cattolici e ortodossi, quindi apertamente ecumenista (i suoi fondatori, prima di morire, si convertirono al cattolicesimo). Quindi, con l’esca dell’aggiornamento si son presi all’amo i cattolici, trasformandoli di fatto in protestanti. 
Il secondo tipo di approccio è di tipo prettamente ecumenico, o ecumensita. In base a tale principio oggi i preti modernisti sostengono che niente ci deve distinguere, o separare, da coloro che, pur riconoscendo Cristo e proclamandosi Suoi discepoli, si sono separati dalla chiesa Cattolica nei secoli passati. Noi e loro siamo una sola Chiesa, non dobbiamo sentirci diversi gli uni dagli altri. Il nuovo concetto di unità dei cristiani (per la quale è stata addirittura istituita una settimana di preghiera, nel mese di gennaio di ogni anno) è cosa ben diversa dal tradizionale invito, rivolto a protestanti ed ortodossi, a rientrare nella Chiesa Cattolica. Così, visto che loro non arretrano di un sol passo, sono i prelati cattolici a svendere la loro identità per compiacerli, per poter raggiungere l’obiettivo che si sono proposti. Quindi, per non urtare ad esempio i protestanti si mette in soffitta la devozione mariana, si tace sui dogmi della Madonna. Come è possibile tutto questo, vien da chiedersi? L’unica spiegazione plausibile è che i nuovi padroni del vapore (vescovi, cardinali...) hanno perduto la fede, sono passati dal teocentrismo all’antropocentrismo (Paolo VI lo dichiarò apertamente nel 1969 all’ONU), come risulta evidente dall’analisi del Novus Ordo Missae (la riforma della Santa Messa) e dalla visione della nuova arte sacra, principalmente della nuova architettura sacra (chiesa cubica a Foligno, cilindrica a La Spezia, parallelepipoidale a Conegliano ecc.).
Oltre a ciò, rientra in questo secondo tipo di approccio anche la considerazione che noi cristiani non ci dobbiamo sentire migliori dei non cristiani, dobbiamo quindi smetterla di affermare che solo nel Cattolicesimo, oppure nel Cristianesimo, c’è la via per la salvezza, e questo perché oramai la Chiesa riconosce apertamente che la salvezza appartiene a tutte le religioni, che tutte hanno in loro germi di salvezza (più o meno evidenti, più o meno profondi), Pertanto non vale più il vecchio adagio “Extra Ecclesiam Nulla Salus” (anche volendo allargare il concetto di “Ecclesia” a protestanti ed ortodossi). Si può pregare tutti assieme l’unico Dio, nei confronti del Quale ci separa solo il fatto di attribuirgli nomi diversi (Jahvè, Allah, Zoroastro, ecc.); ed ecco quindi le coraggiose e profetiche riunioni interreligiose di Assisi (1986, con Giovani Paolo II, 2011 con Benedetto XVI), la preghiera interreligiosa di Pentecoste 2014, nei giardini vaticani (con i simboli cristiani accuratamente coperti per non urtare ebrei e musulmani) fino alla recente affermazione di Papa Francesco, secondo il quale l’interreligiosità è una grazia e, infine, l’intercomunione prossima ventura con i luterani e le altre sette protestanti. Da tutto ciò non può che derivare la scomparsa del carattere missionario, evangelico, della Chiesa Cattolica. “Il proselitismo? no, no, no, è una solenne sciocchezza”, parole di Papa Francesco. L’ecumenismo inteso in quest’ ampia accezione è la conseguenza della perdita della fede in Cristo come unico e solo Salvatore del mondo; infatti se si afferma che tutte le religioni sono vere, ciò significa negare che ne esiste una sola vera, una sola che ci riconduce alla Casa del Padre, al Paradiso perduto, poiché possiede la verità tutta intera (il nostro “Depositum Fidei”).
Appurata l’impossibilità di sradicare l’istinto religioso dall’animo umano (come ha dimostrato l’esperienza dei regimi comunisti) i massoni hanno rettificato i loro piani, rinunciando a soffocare l’istanza religiosa dei popoli, collocandola però su di un piano orizzontale, cioè come un’esigenza insita nell’animo umano, che non ha quindi niente di sovrannaturale. Ciò comporta inevitabilmente la negazione della Rivelazione, dell’Incarnazione e della Redenzione operata dal Cristo, quindi di tutta la dottrina cristiana; espresso in linguaggio filosofico, sarebbe il trionfo della gnosi, o gnosticismo, diverso dall’agnosticismo, teoria filosofica anch’essa, ma ben diversa. La prima rifiuta totalmente il soprannaturale, propende per lo scientismo, mettendo al centro dell’universo l’uomo (antropocentrismo), mentre la seconda afferma l’impossibilità, per l’uomo, di arrivare alla conoscenza della Verità tutta intera con la propria ragione, considerando l’esperienza religiosa come esclusivamente soggettiva, quasi mistica (un incontro tra Dio ed il singolo soggetto). Quest’ultimo aspetto porterebbe il discorso sulla teoria della cd kenosi, basata sull’epistola di San Paolo ai Filippesi, di cui i modernisti hanno fatto un loro cavallo di battaglia (ne hanno trattato, in particolare, Bulgakov e Von Balthasar). Dato il carattere cervellotico, astruso (quasi esoterico) di siffatta teoria si rimanda alla lettura di un saggio del professor Orlando Fedeli, dal titolo “Jean Guitton e il Concilio Vaticano Secondo”(Monfort, Associaçao Cultural Sao Paulo, feb. 2003).
Concludendo, con il piano teso a far confluire le attuali religioni (almeno le più importanti, quali le tre grandi religioni monoteiste) in un’unica religione mondialista, umanitaria ed antropocentrica, il nuovo ordine mondiale (NWO) auspicato dai frammassoni si estenderebbe dall’ambito civile e politico, a quello religioso. Una nuova forma di cesaropapismo, quindi, ma ben diverso da quello dell’impero romano d’oriente, poiché non più ispirato da NSGC ma dal Suo, e nostro, eterno nemico, il diavolo.
Alla base di questi due tipi di approccio dei modernisti al problema religioso sta un unico fenomeno, inconfessato ed inconfessabile, la perdita della fede. Ne aveva parlato anche Pacelli, negli anni ’30, prima di diventare Pio XII, ricordando le parole di Nostro Signore “ma il Figlio dell’Uomo, quando tornerà, troverà la fede sulla terra?”; ne parlò poi lo stesso Palo VI, affermando che con il CV II il fumo di Satana era entrato all’interno della Chiesa. Come non concordare con loro, quando si sente addirittura sostenere che “non si può pensare di evangelizzare a colpi di Vangelo”?
Catholicus
L'INCONTRO DI GUBBIO
Chiesa & loggia in dialogo, triste gnosi massonica

L’assolutizzazione del dialogo è già di per sé massonico e con la Massoneria la Chiesa non ha niente in comune perché sostituisce alla realtà una prospettiva razionalista, punta su un generico umanesimo universalista e su una visione gnostica e sincretistica della verità. Riflessioni sulla terza puntata tra Chiesa & Massoneria. Temendo il peggio di una quarta tappa. 
                                      L'evento di Gubbio
A Gubbio, come da noi anticipato c’è stata la terza puntata della nuova telenovela del dialogo tra Chiesa cattolica e Massoneria, dopo l’articolo di Ravasi sul Sole 24 Ore (prima puntata) e dopo il convegno di Siracusa presente il vescovo locale (seconda puntata). In attesa di una (triste) quarta puntata facciamo qualche (triste) considerazione.
L’incontro di Gubbio, a detta del locale presidente Acli di Fossato Sante Pirrami e del Gran Maestro Bisi si è basato su una concezione del dialogo come qualcosa di primaria importanza e sul dovere di “cominciare dalle cose che abbiamo in comune”, come si legge nel comunicato delle Acli che riassume (vedi qui), negli stessi entusiastici termini del Grande Oriente d’Italia (vedi qui), i risultati del colloquio.
L’assolutizzazione del dialogo, però, è già di per sé massonico e con la Massoneria la Chiesa non ha niente in comune: strano che questi due elementari aspetti siano sfuggiti. Il dialogo che comincia da se stesso e non dai contenuti perché se cominciasse dai contenuti non partirebbe nemmeno, è già massonico perché sostituisce alla realtà una prospettiva razionalista, punta su un generico umanesimo universalista e su una visione sincretistica della verità che è nell’anima della Massoneria ed è tra i suoi obiettivi primari. Per il cattolico il dialogo si fa a partire da dei contenuti e se ci si accorge che questi non lo permettono lo si blocca, e non si modificano i contenuti per renderlo possibile. La prassi non può venire prima della dottrina. Avviene invece prima della dottrina nella visione massonica che è una forma di razionalismo, ossia di adattamento della verità alle proprie categorie. In altre parole è una forma di relativismo, per la qual cosa i Pontefici hanno sempre condannato la Massoneria, che rimane condannata tuttora, nonostante Ravasi, il vescovo di Siracusa e le Acli di Fossato.
Del resto, è massonico anche il modo con cui si è prodotta dentro la Chiesa questa nuova telenovela del dialogo col Compasso. Il processo è partito “di fatto”, senza un cambiamento dottrinale. Nessuno ha formalmente dichiarato che l’enciclica Humanus genus del 20 aprile 1884 , tanto per citarne una, è dottrinalmente superata. Ci si è piuttosto premurati di avviare un processo dall’interno della Chiesa, fingendo di non essere contro di essa, in modo che siano gli stessi cattolici ad aprire al dialogo, facendo entrare le idee massoniche aprendo loro la porta dall’interno. È il metodo del modernismo, che in fondo era uno scampolo egregio di Massoneria.

Cosa c’è in comune tra Chiesa cattolica e Massoneria su cui far leva per un dialogo che non sia disputa? Se a Gubbio ci fosse stata una disputa, che è la vera ed unica forma seria di dialogo che non sia da bar sport (ne sapevano qualcosa Socrate e i Medievali delle quaestiones disputatae), niente da dire: ci si misura con argomentazioni e contro-argomentazioni per confutare la tesi dell’avversario. Il dialogo come disputa parte da tesi contrapposte, il dialogo mieloso e ideologico come quello di Gubbio ha voluto invece partire da quanto c’è in comune. Ora, appunto, cosa c’è in comune?
La visione massonica del Dio architetto somiglierebbe alla nozione cattolica del Dio creatore. Ma così non è, con buona pace di Ravasi, del vescovo di Siracusa e del presidente della Acli di Fossato. Nella visione massonica del dio-architetto con il compasso in mano c’è la versione razionalista del deismo: Dio sarebbe un assioma di geometria, Dio sarebbe una formula, Dio sarebbe una ipotesi, Dio sarebbe una espressione logica. Non sarebbe nemmeno il “Dio dei filosofi”, con cui la Chiesa in virtù della ragione naturale può, anzi deve, avere dei rapporti. Sarebbe piuttosto il Dio della Cabbala, il Dio di Pico della Mirandola, il Prestigiatore dell’Universo, il Dio funzione-algebrica, il Dio formula magica. Questo Dio non ha niente a che fare non solo con il “Dio di Abramo Isacco e Giacobbe”, ma nemmeno col Dio di Aristotele. E dovrebbe averne col Dio dei cattolici?
Il dio dei  Liberi Muratori non è il Dio-Logos, è il Dio-Gnosi. Ed è molto preoccupante che dietro la Massoneria i cattolici oggi non siano più in grado di individuare la Gnosi eterna. Contro di essa avevano lottato Ireneo e Agostino con la forza della fede, i Domenicani con la forza della predicazione, Simon de Montfort con la forza della spada, i Padri del Concilio di Tento con la forza del dogma, Leone XIII e Pio X con la forza della condanna. Il razionalismo gnostico presente nella Massoneria vuole appiattire tutte le religioni nel culto di un generico Grande Orologiaio, vuole eliminare tutti i dogmi riducendoli a valori genericamente umani, intende demitizzare in senso immanentistico ogni fede, vuole orientare l’etica  verso un umanesimo universalistico costituito da un comune denominatore umano stabilito a tavolino, predica un amore universale senza verità, una prassi senza dottrina e, appunto, un dialogo senza contenuti. 
Dialogo senza contenuti che a Gubbio, è stato proposto con particolare forza non da un massone ma nientemeno che da don Gianni Giacomelli, Priore del Monastero di Fante Avellana, credo certamente all’insaputa di San Pier Damiani. Il blocco nei rapporti tra Chiesa e Massoneria sarebbe dovuta, secondo lui, alla “paura per il diverso”. Di scarsissima originalità questa tesi che oggi sentiamo ripeterci fino alla nausea e, per di più, senza vergognarsi di tanta povertà e pedanteria. Tesi comunque senz’altro massonica, perché togliere le diversità significa togliere la realtà, che è fatta di cose (analogicamente) diverse, e appiattirla in una realtà “pensata”. Il disprezzo per la realtà è prettamente gnostico ed è massonico perché gnostico.
Dopo il peggio c’è sempre un altro peggio. Una volta c’era il dialogo con i Comunisti, ora c’è quello con i Massoni. Vi prego, abbiate pietà: “arridatece armeno er dialogo cor comunismo”.

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