MAGIS EST CREDENDUM MARIAE VERACI, QUAM MODERNISTARUM TURBAE FALLACI
Che Bergoglio non incontri il plauso dei conservatori, è cosa nota. Com’è noto che molti di essi considerano regnante Pontefice non l’inquilino del resort Santa Marta, ma quello del monastero Mater Ecclesiae. Alla deplorazione del primo si unisce quasi sempre un accorato ricordo del secondo, le cui dimissioni sarebbero frutto di oscure trame, tali da rendere invalida l’abdicazione. Questa tesi fantasiosa, ancorché ripetutamente smentita dall’interessato, nutre le speranze dei nostalgici del fine teologo, i quali vagheggiano il suo ritorno quando finalmente dovesse esser fatta luce sulla congiura della Mafia di San Gallo.
A questi paladini del conservatorismo ho più volte fatto notare che tra i due Papi la differenza consiste unicamente nel linguaggio e nel comportamento esteriore, mentre li accomuna la medesima ideologia. Don Rodrigo e il Griso: l’uno speculatore intellettuale, l’altro esecutore materiale. Ma entrambi al servizio della stessa causa: l’idolo conciliare, l’intoccabile totem modernista, il Moloch del progressismo. L’ottimo Redaelli ha evidenziato diffusamente le eresie del professore tedesco, mai ritrattate e tuttora fatte oggetto di studio nei Seminarj e negli Atenei Pontificj. Dell’argentino non occorre elencar la congerie di spropositi, che aumenta giorno dopo giorno come i carboni che gli si accumulano sul capo.
Ma l’entusiasmo della fazione ratzingeriana si trova oggi in un empasse che sono curioso di veder come si evolverà.
Lo scorso Luglio la rivista Communio ha pubblicato uno scritto del fine teologo, peraltro non destinato alla divulgazione, in cui egli pareva sostenere che si potesse ipotizzare un «dialogo sulla comprensione di Gesù di Nazareth», considerato «il compito che ci pone l’ora presente». Questo intervento era stato giudicato severamente da alcuni esponenti del progressismo più estremo e ovviamente dalla Sinagoga. Entrambi consideravano le parole di Ratzinger come una riformulazione moderna della persecuzione cattolica degli Ebrei, e come una vanificazione della Nostra Aetate, caposaldo della corrente ereticale conciliare che nega la dottrina della sostituzione, ossia il fatto che l’Antica Alleanza di Dio col popolo che fu l’eletto sia stata abrogata dalla Nuova ed Eterna Alleanza inaugurata dal Sacrificio del Salvatore sul Golgota.
Un semplice Cattolico sprovveduto avrebbe potuto in qualche modo rallegrarsi per questa inaspettata resipiscenza dell’Emerito, forse da attribuirsi alla meditazione dei Novissimi ed alla consapevolezza di esser prossimo al sacello ed al conseguente, immediato Giudizio particolare. Ma l’ingenuo e pio Cattolico è ripiombato nella realtà quando, a mezzo stampa, è stata diffusa una veemente smentita di Ratzinger. «Stupidaggini grottesche che non hanno nulla a che vedere con quanto ho detto in merito» (qui - qui - qui): parole inequivocabili, a rettifica dell’intollerabile insinuazione che Benedetto XVI possa aver solo auspicato che il comando di Cristo di predicare a tutte le nazioni e di battezzarle nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo possa in qualche maniera esser inteso valido anche per gli Ebrei.
L’intervento di Ratzinger verteva sul documento che nel 2015 la Commissione della Santa Sede per i rapporti con l’Ebraismo aveva redatto. In quel documento, pubblicato in occasione del cinquantesimo anniversario della Nostra Aetate, si legge: «È facile capire che la cosiddetta ‘missione rivolta agli ebrei’ è una questione molto spinosa e sensibile per gli ebrei, poiché, ai loro occhi, riguarda l’esistenza stessa del popolo ebraico. Anche per i cristiani è un tema delicato, poiché considerano di fondamentale importanza il ruolo salvifico universale di Gesù Cristo e la conseguente missione universale della Chiesa. La Chiesa deve dunque comprendere l’evangelizzazione rivolta agli ebrei, che credono nell’unico Dio, in maniera diversa rispetto a quella diretta a coloro che appartengono ad altre religioni o hanno altre visioni del mondo. Ciò significa concretamente che la Chiesa cattolica non conduce né incoraggia alcuna missione istituzionale rivolta specificamente agli ebrei. Fermo restando questo rifiuto - per principio - di una missione istituzionale diretta agli ebrei, i cristiani sono chiamati a rendere testimonianza della loro fede in Gesù Cristo anche davanti agli ebrei; devono farlo però con umiltà e sensibilità, riconoscendo che gli ebrei sono portatori della Parola di Dio e tenendo presente la grande tragedia della Shoah».
Non sto qui a dilungarmi con discettazioni sull’aberrazione della rinunzia all’annuncio di Cristo, e Cristo crocifisso, agli eredi di coloro che ne hanno invocato il Sangue su si sé e sui proprj figli. Il Nuovo Testamento, i Santi Padri, l’ininterrotto Magistero dei Romani Pontefici ed il consenso dei teologi, assieme alla voce della divina Liturgia condannano senza appello i maldestri tentativi di modificare la dottrina cattolica da parte dei Novatori.
Ma, per chi avesse potuto credere che l’Emerito abbia anche solo auspicato una qualche forma di proselitismo nei confronti degli Ebrei, ecco giunta la smentita, con la quale il desideratus del conservatorismo cattolico ha pagato l’ennesimo tributo alla Sinagoga - e al Concilio, ça va sans dire - e bollato qualsivoglia insinuazione come «stupidaggini grottesche». Il che ricorda significativamente un’altra frase, pronunziata dal Sedicente: «Il proselitismo è una solenne sciocchezza, non ha senso».
Come si comporteranno ora i moderati, i prudentissimi, gli arrampicatori di specchj, i teorizzatori del complotto contro il pio vegliardo, vittima dei congiurati bergogliani?
Un’altra maschera è caduta.
Copyright MMXVIII - Cesare Baronio
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