Non stracciamoci le vesti e, soprattutto, non si straccino le vesti i grandi difensori delle mille “rivoluzioni” del durante e dopo il concilio, nel continuo – ed interminabile – aggiornamento dei LEZIONARI, ossia dei Libri che servono durante la Messa per seguire il ciclo delle Letture, perché a dirlo è il domenicano Padre Riccardo Barile in questo articolo.
Sul Purgatorio, il grande dimenticato, ne avevamo parlato qui, in tempi diremo non sospetti, ma se a confermarci, oggi, è un Padre domenicano e che fa di “mestiere” anche il liturgista, non possiamo che ringraziarlo per queste conferme. Perché di questo si tratta, di conferme. Le questioni sollevate dal reverendo Padre non sono infatti “nuove”…. sono anni che si denunciano gravissime infiltrazioni neo-protestanti all’interno dell’impianto liturgico della “nuova Messa”, non solo dei Lezionari e non solo in questo caso specifico del 2 novembre, e queste nostre denunce, come quelle di tanti altri, sono state sempre ignorate, calunniate, ma a quanto pare vale davvero il detto che la verità alla fine sa farsi strada.
Padre Riccardo Barile ci va giù pesante, senza risparmiarsi arriva a denunciare (finalmente!!) il “sospetto” che chi ha preparato i nuovi Lezionari non proveniva, forse, dal “mondo cattolico”, ma dal mondo filo-protestante…. ALLELUIA!! diremo noi, ma senza per questo provare gioia! Ciò che ferisce è che persino l’allora cardinale Ratzinger dovette lamentarsi, ecco le sue parole:
- L’opinione che parlare dell’anima non sia un discorso biblico, s’impone al punto che perfino il nuovo Missale Romanum del 1970 ha bandito il terminus “anima” dalla liturgia dei Defunti; parimenti esso è scomparso dal rituale della sepoltura…. (confermò in altro discorso il cardinale Ratzinger che della notizia all’epoca ne fu preoccupatamente “sconvolto”, da qui anche l’affermazione nell’intervista a Messori – Rapporto della fede – che una certa “protestantizzazione” della Chiesa non era una semplice favola o una esagerazione, ma una triste realtà, ndr). qui testo integrale.
Facciamo notare che la motivazione espressa dall’allora Ratzinger: il movente biblico, è il medesimo che Padre Riccardo Barile porta come prova per la sua denuncia. Ma nessuno fece niente allora, e neppure nulla è stato fatto fino ad oggi, se non altro c’è da dire che finalmente qualcuno più in alto di noi, comincia a parlarne. E allora che cosa è accaduto? Ce lo facciamo raccontare direttamente dal Padre Domenicano, ringraziandolo per aver dato voce alla nostra piccola voce, e dal cui articolo ne abbiamo fatto un audio, qui (qui invece i nostri video catechetici).
Buona riflessione
Santi e defunti, quel tabù sul Purgatorio nelle letture
ECCLESIA – 30-10-2018
di Padre Riccardo Barile O.P.
ECCLESIA – 30-10-2018
di Padre Riccardo Barile O.P.
La liturgia eucaristica del 2 novembre non riguarda né i santi del paradiso né i dannati dell’inferno: riguarda invece quelle persone/anime non così malvagie da dover dimorare nell’inferno, ma neppure così sante da essere accolte in paradiso. Eppure le letture del lezionario non offrono adeguatamente dei riferimenti. Che nella Scrittura esistono.
Allo stato attuale della vita della Chiesa, tra i discepoli di Gesù Cristo «alcuni sono pellegrini sulla terra; altri, compiuta questa vita, si purificano ancora; altri infine godono della gloria contemplando chiaramente Dio uno e trino, quale è» (LG 49).
Il testo del Vaticano II inquadra bene le celebrazioni liturgiche del 1° e del 2 novembre: noi pellegrini sulla terra celebriamo la solennità di tutti i Santi e il giorno dopo commemoriamo tutti i Defunti. Se entrambi – Santi e Defunti – hanno in comune l’essere ormai transitati da questa vita, non hanno in comune la condizione attuale: i Santi vedono il volto di Dio, mentre i Defunti “si purificano ancora”. Ne segue che diverso è il nostro atteggiamento nei loro confronti: a) i Santi sono venerati, ci si affida alla loro intercessione, ci si ispira alla loro vita come a un modello, si desidera raggiungerli un giorno in cielo; b) per i Defunti non ricorrono espressioni simili, ma si dice che la Chiesa fin dai primi tempi «coltivò con grande pietà la memoria dei defunti» offrendo suffragi – in particolare il sacrificio eucaristico – poiché è santo e salutare il pensiero di pregare per loro (cf LG 50 e anche SC 8). In estrema sintesi, preghiamo “con” i Santi, mentre preghiamo “per” i Defunti.
Fin qui il Vaticano II. Sembra scontato che la liturgia uscita dalla riforma postconciliare avrebbe dovuto adeguarsi scegliendo delle letture bibliche e producendo delle orazioni e altri testi che esprimessero fedelmente quanto sopra. Così è accaduto per i Santi. Molto meno invece è accaduto per i Defunti.
La liturgia eucaristica del 2 novembre infatti non riguarda né i santi del paradiso né i dannati dell’inferno – di questi ultimi è possibile avere compassione, ma non pregare per loro -: riguarda invece quelle persone/anime non così malvagie da dover dimorare nell’inferno, ma neppure così sante da essere accolte in paradiso. È la condizione di gran parte dei buoni cristiani viventi, con la differenza che la morte tronca la possibilità di convertirsi, meritare, migliorare ecc., per cui la misericordia divina offre un modo/tempo di purificazione definitiva in vista di essere accolti in paradiso.
Ecco dunque ciò che la liturgia del 2 novembre dovrebbe esprimere: da una parte lo stato di purificazione dai peccati non mortali e dalle radici del peccato in cui versano le anime dei defunti; dall’altra una nostra preghiera che tenga conto della condizione di coloro per i quali si prega, evitando di restare nel generico o di approdare subito al traguardo finale – la salvezza definitiva in paradiso, la risurrezione – sorvolando l’itinerario per arrivarci, cioè la purificazione.
Anche se qualche orazione potrebbe andare bene per i Santi – ad esempio: «conferma in noi la beata speranza che insieme i nostri fratelli defunti risorgeremo in Cristo a vita nuova» -, nelle orazioni del 2 novembre sono discretamente presenti cenni alla misericordia per i defunti, alle colpe da lavare e dalle quali essere liberati, al perdono da ricevere. È però significativo che nella orazione sulle offerte del formulario II l’originale latino usi il verbo “purificare”, che non viene reso nell’equivalente italiano. Il risultato è che la “purificazione” non compare mai in nessuna delle orazioni del 2 novembre. Eh sì… perché “purificazione” conduce a “purgatorio”, del quale è meglio tacere…
Dove però casca l’asino è nella scelta delle letture. Il Lezionario è considerato a ragione uno dei più eccellenti libri liturgici postconciliari. Ciò non toglie la presenza ogni tanto di qualche puntino nero e purtroppo le scelte per il 2 novembre sono un concentrato di puntini neri. Ciò premesso, cominciamo una breve analisi della situazione.
La scelta del Vangelo sul giudizio in relazione alle opere di misericordia è veramente incomprensibile, visto che il testo si conclude con: «E se ne andranno: questi al supplizio eterno, i giusti invece alla vita eterna» (Mt 25,46). Ma allora per chi preghiamo? Per i giusti che sono nella vita eterna? Non ne hanno bisogno! Per quelli andati al supplizio eterno? Non è possibile! Per altri? Ma questo brano evangelico non ne parla!
Ugualmente problematica è la ripresa del vangelo delle beatitudini, proclamate il giorno prima per i Santi: è vero che c’è un modo corretto di comprenderle – i Santi sono beati, i Defunti stanno purificandosi per diventarlo -, ma il popolo non è abitualmente recettivo di sottigliezze, per cui il rischio è che passi il messaggio che, visto l’identico vangelo per Santi e Defunti, più o meno Santi e Defunti si equivalgono. Se poi teniamo conto della disinvoltura con la quale si sceglie questo vangelo nelle esequie di persone la cui vita era abbastanza lontana dalle beatitudini, il gioco è fatto.
Invece, se dalla liturgia dei Santi c’era una lettura da replicare per la liturgia dei Defunti, era la seconda, che si conclude: « Chiunque ha questa speranza in lui (Dio), purifica se stesso, come egli è puro» (1Gv 3,3). Già… ma collocata al 2 novembre questa espressione porta al purgatorio, parola impronunciabile…
Altre letture del 2 novembre andrebbero/vanno benissimo per i beati del cielo: ad esempio Gv 6,37-40 con la promessa della risurrezione, Is 25,6a.7-9 con la prospettiva che Dio eliminerà per sempre la morte, Ap 21,1-5a.6b-7 con la visione della Gerusalemme del cielo dove Dio asciugherà ogni lacrima.
Nelle letture che restano si accenna sì ad angosce, prove, liberazione ecc., ma intanto si tratta di brevi cenni, poi il senso letterale riguarda questa vita e non il dopo morte. Certo, chi tiene l’omelia può spiegare che queste situazioni, in modo diverso, si prolungheranno dopo la morte per chi avrà bisogno di una purificazione. Ma, visti gli attuali chiari di luna, quanti omileti si prenderanno la briga di farlo?
Alla fine qualcuno si domanderà: perché sollevare questioni del genere? Semplice: perché ci sono dei versetti biblici con relativo contesto che, o alla lettera o in senso figurato, parlano della necessità di una purificazione dopo la morte. Sono citazioni che la tradizione e la teologia (classica, “prima del concilio”) ha selezionato costituendo un corpo di testimonianze.
Ecco le principali: nulla di impuro entrerà nelle cose divine e tra i santi di Dio (Sap 7,25; Is 35,8; 52,1; Ap 21,27), un misterioso fuoco purificatore della fede (1Pt 1,7), il sacrificio di Giuda per i defunti che avevano combattuto per la causa di Dio ma che furono trovati con addosso degli idoletti (2Mac 12,38-45), il fuoco che purificherà l’opera non sempre del tutto perfetta di certi apostoli di Cristo (1Cor 3,10-15). Soprattutto le due ultime citazioni offrono brani compiuti ed elaborati in argomento.
Soprattutto 2Mac 12,38-45 (il sacrificio di Giuda per i defunti), letto alla luce della redenzione di Gesù Cristo, è di facile comprensione e di sicura efficacia pastorale e non a caso era il pezzo forte della liturgia dei defunti “prima del concilio”. E a questo punto come non sospirare: si stava meglio quando si stava peggio? Per tacere poi sui tanti testi che parlano di perdono, ma di una espiazione da compiere – e «fino all’ultimo spicciolo» (Mt 5,26) -, da collocarsi di conseguenza dopo la morte se non è avvenuta prima. Dunque scelte diverse e più specifiche erano possibili e a disposizione, mentre i redattori del Lezionario hanno scartato non “qualcuno” ma “tutti” i testi dei quali ho fornito un elenco, destando il sinistro sospetto di voler riscrivere tutto daccapo.
Leone X il 15 giugno 1520 condannò la proposizione di Lutero secondo la quale «Il purgatorio non può essere provato da nessuna Scrittura canonica» (Dz 1487). Conseguentemente il CCC al n. 1031 insegna che «La Tradizione della Chiesa, rifacendosi a certi passi della Scrittura, parla di un fuoco purificatore» e ai nn. 1031-1031 cita di fatto: 1Cor 3,15; 1Pt 1,7; 2Mac 12,46; tutti testi inclusi nell’elenco riportato poco sopra ma ignorati dal Lezionario del 2 novembre. Dal che si deduce che i compilatori del Lezionario in questo caso non vivevano nel “mondo cattolico”, ma in un “altro mondo” evidentemente filoprotestante. Ci vorrebbe un aggiustamento, perché è semplicemente assurdo che un fedele che va a Messa il 2 novembre debba ricorrere al CCC per trovare le testimonianze bibliche che rendono ragione della preghiera di quel giorno, ma delle quali è stato privato dai compilatori del Lezionario. Ci vorrebbe una “riforma della riforma”, ma guai a pronunciare questa parola!
Insomma, «tutta la Scrittura, ispirata da Dio, è anche utile per insegnare, convincere, correggere ed educare nella giustizia, perché l’uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona» (2Tm 3,16-17). Sì… purché le Scritture siano scelte e assemblate con criteri cattolici!
Il Purgatorio non è un’invenzione medioevale
IL GIORNO DEI MORTI (2818)
(G. Colombo: Pensieri sui Vangeli, Vol. III, Soc. Ed. Vita e Pensiero, Milano, 1939)
LE ANIME PURGANTI
Ora che la campagna è spoglia, che i cieli si fanno grigi per le nebbie, che le foglie cadono, la Santa Chiesa con un fine intuito educativo ci richiama al pensiero della morte, al pensiero dei nostri cari morti. La nostra vita sulla terra è rapida come una stagione, poi vengono le nebbie della vecchiezza, il vento autunnale e triste della fine e ci spoglia d’ogni terrestre illusione. Debemur morti nos nostraque; e noi e le nostre cose siamo destinati a morire. Quanti tra quelli stessi che conoscemmo ed amammo già sono morti. Compagni di scuola, compagni d’allegria, compagni d’armi, compagni di lavoro, sono già stati innanzi tempo presi dalla morte e condotti nell’eternità. Nella nostra stessa casa forse c’è più d’un vuoto: care persone sparite da anni, o solo da mesi, comunque sparite dalla nostra vista. – Oggi s’aprono i cancelli e noi pellegriniamo in folla su quella terra che nasconde la loro salma. Portiamo fiori e lumi, ed è questo un atto molto gentile. Ma quei fiori e quei lumi sono uno sterile simbolo se non vi aggiungiamo preghiere, elemosine, suffragi d’opere buone. Noi sappiamo, Cristiani, che se alcuno muore in grazia di Dio, ma con qualche peccato veniale non perdonato, o con qualche debito di pena temporanea non ancora scontato, non può entrare direttamente in Paradiso, ma è ritenuto in Purgatorio finché abbia pienamente soddisfatto alla divina Giustizia. Non solo, ma noi sappiamo anche un’altra verità che è molto consolante. Siccome noi, vivi e morti, formiamo tutti ancora nella Santa Chiesa una famiglia sola, possiamo noi che camminiamo sulla terra placare Dio anche per loro che più non sono qui. S. Giovanni Crisostomo rivolgeva queste esortazioni ai fedeli del suo tempo: « Perché piangete, se al defunto si può ottenere grande perdono? Non è questo un bel guadagno, un cospicuo vantaggio? Molti furono liberati con un’elemosina fatta per loro da altri; perché l’elemosina ha la virtù di togliere i peccati, se mai il morto è partito di qua con qualche venialità sulla coscienza. Vi assicuro che l’aiuto nostro per le anime non è mai vano: è Dio che vuole che ci soccorriamo l’un l’altro ». – Con questa confortante fede chiudeva gli occhi S. Monica, e morendo pregò il figlio Agostino di offrire per lei il sacrificio della Messa. E S. Agostino, come narra nelle sue Confessioni subito dopo la morte offerse per lei il sacrificio del nostro riscatto, e per lei pregò così; «Ascoltami, Dio Onnipotente: ascoltami, per Gesù Medico delle nostre ferite, che pendette dalla croce, e ora alla tua destra supplica per noi. So che ella ha usato soave misericordia ai poveri e ha rimesso i debiti ai suoi debitori. E tu rimetti ora anche a lei i debiti suoi! Condonale anche il peso di quelle miserie di cui s’è caricata nei molti anni che visse dopo il lavacro del Battesimo. Perdonala, o Signore, perdonala; te ne prego, non chiamarla al tuo giudizio ». Ecco il suffragio migliore che un figlio può mandar dietro alla madre diletta: la S. Messa, accompagnata dalla sincera e personale preghiera. È vero che i nostri cari nel Purgatorio non mancano di profonde dolcissime consolazioni, tra cui la più grande è quella d’esser certe che Dio le ama, e che andranno alla fine della loro purificazione a goderlo per sempre; ma è pur vero che fin tanto che dura la loro purificazione le anime soffrono gravissime pene. Soffrono i nostri cari morti! E noi possiamo e dobbiamo aiutarli.
I . I MORTI SOFFRONO
Un giovanetto di nome Giuseppe, un giorno, fu calato in una cisterna, e, sopra, i suoi undici fratelli vi gettarono una pietra con rimbombo, perché non potesse uscire più. Poi vi sedettero sopra mangiando, e bevendo il vino dei loro fiaschi. Comedentes et bibentes vinum in phialis. Giuseppe singhiozzava nel fondo della cisterna, ove non scendeva una boccata d’aria, ove non filtrava un filo di luce: in una cisterna stretta e profonda, umida e muffolente. Singhiozzava; ma i suoi fratelli, sopra, mangiavano e bevevano e non potevano udire il suo grido straziante. Lui moriva, essi se la godevano. Lui in prigione, essi nella libertà delle loro case e dei loro campi. Lui senza pane e senz’acqua, essi pieni di carne e di vino. Comedentes et bibentes vinum in phialis. Questa scena angosciosa si ripete ogni giorno, anche oggi. Nel carcere del Purgatorio c’è qualche nostro fratello, un amico, forse il babbo, forse la mamma nostra che soffre; e noi non ci ricordiamo mai di loro che sono morti. Noi ci divertiamo, bevendo e mangiando, mentr’essi soffrono tormenti più struggenti della fame e della sete. Ricordiamoli i morti perché soffrono. Che cosa soffrono? Soffrono misteriose pene, più o meno gravi, ma che sono sempre cagione d’acuto dolore. Ma la sofferenza più affliggente è il ritardo che li disgiunge da Dio. Qui sulla terra l’anima che si allontana da Dio, immersa com’è nei sensi, può non penare, può cercare conforto nelle creature. Ma nell’eternità non sarà più così: non solo l’uomo non potrà cercare un surrogato alle creature, ma si accenderà nella sua anima un bisogno, anzi una fame di felicità divina, di congiungimento nella visione col suo Signore. Pensate allora la dolorosa aspirazione delle anime purganti: sentirsi fatte per Dio, sentirsi ormai giunte al sicuro porto, e vedersi rattenute dall’entrare in patria, impedite dell’abbraccio divino! È la penosa speranza dell’ammalato a cui il medico assicurò la guarigione, ma che intanto deve stare immobile per mesi nel letto. È la tensione acerba dell’assetato che quando crede d’essere giunto alla fonte d’acqua viva, s’accorge ch’essa gli scorre ancora molto lontana. È l’attesa struggente del prigioniero di guerra, che giunto il giorno di rimpatriare e d’abbracciare la vecchia madre e la sposa e i figliuolini, si vede messo in quarantena per una certa sua infezione. « Miseri noi: credevamo d’essere giunti al termine, ed ecco il cammino ci si allunga davanti… ». Così sospirano con pacato dolore le anime sante del Purgatorio.
2. NOI LI POSSIAMO ALLEVIARE
Uno degli episodi più pietosi delle Sacre Scritture è quello del paralitico sotto i portici della piscina probatica. V’era a Gerusalemme una vasca con cinque portici in giro: ed ogni anno quell’acqua, scossa da un Angelo, acquistava una virtù miracolosa, che qualunque malato per primo vi si fosse immerso ne sarebbe riuscito sanato perfettamente. Ed eran già 38 anni che un povero paralitico era là ad aspettare la guarigione. Smorto per tanto soffrire, le carni incadaverite, le vesti luride, invocava con gemiti e con lacrime la pietà della gente. A guarirlo, non si richiedevano medici specialisti che venissero da lontano, non si richiedeva danaro, non medicina preziosa e rara. Bastava soltanto che qualcuno, appena l’Angelo commoveva l’acque, gli desse un tuffo. Eppure, dopo 38 anni ch’era là, non uno gli aveva saputo fare quel piacere. E quando Gesù passò sotto il portico, quel poverino ruppe in singhiozzi, dicendo: a Domine, hominem non habeo! ». O Signore, non ho proprio nessuno! – Anche molte anime del Purgatorio ripetono il grido del paralitico: « Signore, non ho proprio nessuno! nessuno che si ricordi di me, nessuno che preghi, che faccia pregare… ». E son anni e anni che gemono là; e per strapparle dal fuoco non occorre enorme fatica, e neppure grosse somme di danaro: ma basta una preghiera detta col cuore, basta una Comunione fervorosa, una santa Messa ascoltata o fatta celebrare… Ed è un dovere d’amore ricordarsi, è un dovere di giustizia. Chi sono quelle povere anime? forse i nostri fratelli, le sorelle, le spose, i padri, le mamme… Oh vi ricordate di quel giorno, di quella notte in cui morirono? Là, sul letto, disteso: già ne’ suoi occhi dilatati v’era l’immagine della morte. Ardeva accanto una candela benedetta, quella dell’agonia. Egli non poteva parlare più, già la morte gli sigillava le labbra per sempre: eppure qualche cosa voleva pur dirci, che tremava tutto: «Ricordati di me, quando sarò morto!». E noi scoppiammo in pianto, e tra i singhiozzi abbiamo giurato, in faccia alla morte, di non scordarlo più. Invece dopo qualche settimana noi ci demmo pace; e chi è morto, giace. « Ricordati di me, che tu mi puoi aiutare! ». Non la sentite questa voce alla sera, quando invece di fermarvi in casa a rispondere il Rosario voi uscite a chiacchierare, a giocare? Non la sentite questa voce alla mattina presto, quando suonano le campane della Messa, dell’Ufficio, e voi poltrite nelle piume del letto? Non la sentite questa voce che vi supplica di cambiar vita, di frequentare i Sacramenti, di lasciare quella relazione? – Non la sentite questa voce a scongiurarvi che facciate un po’ d’elemosina, che procuriate una S. Messa, un Ufficio di suffragio? Eppure dovreste sentirla: forse, quei campi che voi lavorate, quella che voi abitate, quel gruzzolo di danaro che avete alla banca, è il frutto del sudore dei vostri morti. Siete obbligati, per giustizia, a ricordarli!
CONCLUSIONE
Dall’esilio S. Giovanni poteva finalmente rientrare in Efeso. Entrando egli nella sua città incontrò un funerale: portavano a seppellire il corpo di Drusiana, la quale aveva sempre seguiti i suoi ammaestramenti. Come la gente s’accorse della presenza dell’apostolo, a gran voce diceva : « Benedetto tu che nel nome di Dio ritorni! ». Allora le vedove che Drusiana aveva in vita racconsolate, i poveri che aveva nutrito, gli orfani a cui aveva fatto da madre, circondarono l’Evangelista, e col pianto nella voce cominciarono a supplicarlo: « O santo Giovanni! vedi che portiamo Drusiana morta a seppellire: ella ci ha confortati, ci ha dato da mangiare, ci ha protetti, ed ora è morta, senza poterti rivedere, che pur lo desiderava tanto ». S. Giovanni fu commosso da quelle preghiere ardenti. Fermò il funerale, fece deporre in terra la bara, e con chiara voce disse davanti a tutti: « Drusiana! per l’amore che portasti agli orfani, per l’elemosina che facesti ai poveri, per l’aiuto che prodigasti alle vedove, il mio Signor Gesù Cristo ti risusciti ». E subito ella si levò dalla bara, sì che pareva non resuscitata da morte, ma destata da dormire (BATTELLI, Leggende cristiane). – Verrà un giorno, e per quanto sia tardi non è lontano, che noi pure porteranno a seppellire. Ma la nostra anima, nuda e sola, convien che vada al tribunale di Cristo. Oh, se durante questa vita ci saremo ricordati dei poveri morti, allora molte anime si faranno intorno a Gesù giudice e a gran voce diranno: « Signore! ricordati che costui mi ha alleviato il fuoco del Purgatorio, con le sue preghiere, con le mortificazioni, con l’elemosina. Signore! ricordati di quelle Messe e di quegli Uffici che m’ha fatto celebrare, ricordati delle Comunioni, delle elemosine che faceva in mio suffragio ». E Gesù non saprà resistere a queste suppliche e ci dirà: « Per la misericordia che hai avuto dei poveri morti, anch’io ti faccio misericordia: vieni presto in Paradiso ».
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