Non solo il Padre nostro, il personalismo liturgico divide
Si stanno facendo troppi cambiamenti nella Chiesa che disorientano e angosciano. Lo vediamo nella modifica del Padre Nostro (che anch'io continuerò a recitare come prima), ma anche a messa. Ognuno si comporta come meglio crede. Invece l'unità del rito esprime l'unità della Chiesa.
Molti amici e conoscenti mi dicono che non reciteranno la nuova formula del Padre Nostro ma continueranno a dire le parole tradizionali: “non ci indurre in tentazione”. I vescovi italiani hanno approvato la nuova versione durante la loro assemblea generale, ma è certo che dei fedeli – pochi o tanti che siano – non si atterranno alle nuove disposizioni. Perché? Per molti motivi: perché si stanno facendo troppi cambiamenti nella Chiesa che disorientano e in qualche caso angosciano, perché molti teologi e filologi dicono che il cambiamento non è giustificato ed anzi è controproducente, perché i vescovi in questo momento non brillano per autorevolezza e così via. Fatto sta che molti non si atterranno al nuovo Padre Nostro.
A prescindere per il momento dal merito del contendere, ossia dalla correttezza teologica e filologica del cambiamento e dalla sua opportunità liturgica, mi pongo la domanda se i vescovi abbiano tenuto conto di un aspetto della questione, ossia che un’altra divisione tra i fedeli durante la liturgia domenicale si aggiungerà alle tante già presenti.
Partecipare alla Santa Messa ormai vuol dire riscontrare i più svariati atteggiamenti liturgici dei presenti. Non mi riferisco agli abusi e agli eccessi, nonostante siano ormai molto frequenti. Mi riferisco alle messe celebrate, diciamo così, in modo accettabile. Anche in questi casi si nota la grandissima varietà di partecipazione.
Durante la consacrazione c’è chi rimane in piedi e chi si inginocchia. Tra coloro che si inginocchiano la maggior parte si rialza in piedi alle parole “Annunciamo la tua morte e la tua resurrezione…” e un’altra parte, più esigua ma non insignificante in alcune zone, rimane inginocchiata fino alla grande preghiera sacerdotale: “Per Cristo, con Cristo e in Cristo…”. Nel caso nella chiesa non ci siano gli inginocchiatoi – situazione ormai molto frequente – c’è chi si inginocchia per terra in evidente contrasto visivo con chi è rimasto in piedi.
Al momento della preghiera “Signore non son degno…” alcuni si inginocchiano nuovamente mentre la maggioranza rimane in piedi. Nell’accedere alla comunione c’è chi prende l’Ostia consacrata in mano, chi la prende in bocca ma rimanendo in piedi e chi la prende in bocca ma inginocchiandosi, qualche donna la prende indossando il velo. La maggioranza dei fedeli prende la comunione da tutti coloro che la distribuiscono, compresi i ministri straordinari, ma alcuni pensano ancora che l’Ostia consacrata possa essere presa in mano e distribuita solo dal sacerdote (che ha mani consacrate) e quindi vanno a prenderla solo da lui. In qualche caso ho anche notato che qualche fedele si sposta di fila quando si accorge che a distribuire non è il sacerdote ma un laico o una laica.
Durante la recita del Padre Nostro molti hanno preso l’abitudine di aprire le braccia come fa il sacerdote sull’altare in atteggiamento orante, mentre molti altri non lo fanno. Ci sono dei canti liturgici che hanno delle parole talmente strampalate che qualcuno si rifiuta di cantarle, facendo selezione dei canti. Spesso alle preghiere dei fedeli si invita a pregare per cause molto improprie e qualcuno non si associa alla preghiera. D’altro canto è ormai diffusissima la scelta della chiesa ove trovare una celebrazione accettabile, sicché i fedeli si dividono sia nella stessa messa tra chi si comporta in un modo e in un altro, sia tra chiesa e chiesa.
A questa situazione di divisione o di differenziazione, in ogni caso di mancanza di unità nella liturgia, ora si aggiungeranno le due ultime novità: ci sarà chi non reciterà la nuova formula del Gloria e del Padre Nostro. Tra costoro ci sarò anch’io. Anche io continuerò a chiedere a Dio di non indurmi in tentazione. Però nessuno è soddisfatto di questa situazione.
La liturgia attorno al sacrificio dell’altare in qualche modo ci associa alla eterna liturgia di lode che le anime beate rivolgono a Dio insieme agli angeli, alla Vergine Maria e ai santi. Ora, non credo che la lode celeste a Dio non sia univoca e all’unisono perché in quella dimensione Dio è ”tutto in tutti” e le anime beate lo vedono “così come Egli è”. L’unità nel rito, assumere gli stessi atteggiamenti, pronunciare le stesse parole, rispettare gli stessi tempi compresi i silenzi, volgere lo sguardo verso gli stessi luoghi, essere orientati tutti verso lo stesso punto esprimono l’unità della Chiesa intera, pellegrinante e trionfante, a Dio che sull’altare rinnova la creazione.
-UNA TRADUZIONE, TANTI SIGNIFICATI di Riccardo Barile
http://www.lanuovabq.it/it/non-solo-il-padre-nostro-il-personalismo-liturgico-divide
Il Papa elogia Ratzinger, ma cosa pensa l'emerito del "Padre nostro"?
Papa Francesco ha elogiato Ratzinger nel corso della consegna del "premio" intitolato al teologo tedesco. Cresce il dibattito sul "Padre Nostro". Bergoglio e Benedetto XVI hanno la stessa visione della "Preghiera del Signore"?
Papa Francesco ha elogiato Ratzinger nel corso della consegna del "premio" intitolato al teologo tedesco. Cresce il dibattito sul "Padre Nostro". Bergoglio e Benedetto XVI hanno la stessa visione della "Preghiera del Signore"?
Papa Francesco ha sempre sostenuto la necessità di modificare il "Padre nostro".
La Cei, approvando la terza versione del Messale Romano, ha certificato di concordare con il Santo Padre. Alla Santa Sede ora spetta la ratifica definitiva. "Non abbandonarci alla tentazione" sarà, salvo sorprese, sarà la nuova formulazione di "non indurci in tentazione". Ma se ne discute.
Il cosiddetto "fronte tradizionalista" non ci sta e comunica che proseguirà nel recitare la preghiera secondo quanto stabilito in precedenza. Alcuni, i più oltranzisti, la diranno in latino, come hanno sempre fatto. Stefano Fontana, che è il direttore dell'Osservatorio internazionale Cardinale Van Thuan, ha parlato di "personalismo liturgico".
La svolta del pontefice argentino, insomma, non è stata recepita con soddisfazione teologica da tutti. Questa mattina, poi, il Santo Padre ha conferito il "premio Ratzinger" del 2018: "Il suo - ha detto Bergoglio riferendosi al papa emerito, come riportato da AciStampa - è uno spirito che guarda con consapevolezza e con coraggio ai problemi del nostro tempo, e sa attingere dall’ascolto della Scrittura nella tradizione viva della Chiesa la sapienza necessaria per un dialogo costruttivo con la cultura di oggi".
Il pontefice argentino ha voluto ricordare, come fa di consueto, l'importanza del pensiero del suo predecessore. Ma coloro che sostengono l'esistenza di profonde differenze tra i due pontefici non hanno resistito: Papa Francesco e Benedetto XVI avrebbero una visione differente sulla Preghiera del Signore.
Per Ratzinger "non indurci in tentazione" significherebbe domandare a Dio di non consentire a Satana di mettere l'uomo nella condizione di poter essere tentato. "Non mi pare che Benedetto XVI ne avesse parlato", dice un'autorevole fonte conservatrice a IlGiornale.it. A dire il vero Benedetto XVI aveva affrontato la questione nel suo "Gesù di Nazareth": "Con essa - aveva scritto in quel celebre libro - diciamo a Dio: "So che ho bisogno di prove affinché la mia natura si purifichi. Se tu decidi di sottopormi a queste prove, se – come nel caso di Giobbe – dai un po’ di mano libera al Maligno, allora pensa, per favore, alla misura limitata delle mie forze. Non credermi troppo capace. Non tracciare ampi i confini entro i quali posso essere tentato, e siimi vicino con la tua mano protettrice quando la prova diventa troppo ardua per me".
Se Dio non consente al demonio di tentare l'essere umano, in sintesi, il diavolo non può fare nulla. Ecco perché "non indurci in tentazione" non sarebbe una dicitura errata. Vale la pena sottolineare che delle parziali modifiche erano state apportate dall'assemblea dei vescovi italiani anche sotto il pontificato del teologo tedesco. Le modifiche liturgiche, prescindendo dal pensiero promosso dagli ultimi due papi, continuano a suscitare dibattito all'interno della Chiesa cattolica.
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