E' il caos abbiamo pazientato anche troppo: ora basta! Sono degli abusivi, degli agenti provocatori: questo neoclero progressista, apostatico e traditore, con che diritto parla a nome dell’Italia degli Italiani e dei cattolici?
di Francesco Lamendola
Da anni li sopportiamo; non noi, ma il popolo italiano e milioni di buoni cattolici che vivono in questo Paese – e nel resto del mondo. Da anni ci catechizzano, ci impartisco sermoni e predicozzi, ci bacchettano, ci fustigano, ci rimproverano; da anni ci dipingono come delle brutte persone, egoiste, xenofobe, retrograde, incapaci di solidarietà, di apertura, di dialogo; ci rinfacciano di esser rigidi e ipocriti, insensibili e farisei, cattivi cittadini e pessimi cristiani. E noi, per anni e anni, abbiano sopportato, abbiamo pazientato; non di rado siamo andati in crisi, ci siamo sentiti in difetto, ci siamo colpevolizzati, ci siamo chiesti dove stavamo sbagliando, ci siamo ripromessi di emendarci dai nostri peggiori difetti, di sforzarci per diventare delle persone migliori e dei cattolici più “credibili”.
Inoltre, ci siamo detti che forse eravamo noi a non essere aggiornati dal punto di vista civile e pastorale; che eravamo rimasti fermi a cinquant’anni fa; che non volevamo capire che il mondo sta cambiando, e che il buon cittadino e il buon cristiano ne tiene conto, si aggiorna, si adegua, mentre noi non lo avevamo fatto. Anche su questioni puramente esegetiche, su questioni dottrinali, su questioni liturgiche, abbiamo pensato che forse era la nostra cultura ad essere antiquata, la nostra formazione cattolica ad esser bisognosa di rimettersi al passo con le ultime conquiste della filologia e degli studi biblici, con le ultime scoperte delle scienze sociali e della psicologia. Forse avevamo sbagliato a mettere al centro della teologia il pensiero di San Tommaso, e forse avevamo esagerato nel prendere la Divina Commedia troppo alla lettera, con l’inferno, il purgatorio e il paradiso quali logiche conseguenze del modo di vivere la propria vita terrena. Forse avevamo guardato troppo alla giustizia divina e non abbastanza alla sua infinita misericordia, arrogandoci il diritto di giudicare che spetta a Dio solo. Sì. certo; forse.
Ormai anche i sassi hanno capito che è tutto un imbroglio, che non c’è un briciolo di buona fede da parte di costoro; che la stanno facendo veramente sporca, sotto il nostro naso, con la nostra Chiesa, e disponendo liberamente dei suoi beni e dei suoi mezzi. Con che diritto questi signori, sfruttando i beni e i mezzi di cui la Chiesa dispone, e che sono stati accumulati, nel corso del tempo, da generazioni e generazioni di fedeli, predicano cose che non c’entrano affatto col Vangelo di Gesù?
Ma forse no. Forse non eravamo noi che stavamo sbagliando, ma loro. Loro, chi? Una minoranza di cardinali e vescovi modernisti e un certo numero di preti saccenti e mondani, degli assistenti sociali travestiti da preti (anzi neanche tanti travestiti, visto che da prete non vi vestono mai), dei marxisti fuori tempo massimo che hanno trovato in una lettura forzata del Vangelo l’ultima spiaggia dove rifugiarsi e continuare a sognare, e a predicare la rivoluzione, dopo essere stati cacciati, l’una dopo l’altra, da tutte le altre. Non cacciati da qualcun altro, ma semplicemente dai loro errori, dalla inanità delle loro utopie, dalla incolmabile distanza fra il mondo reale e il mondo allucinato dei loro vaneggiamenti millenaristi e pauperisti. Ebbene, li abbiano sopravvalutati. Sotto le loro belle sciarpe arcobaleno, dietro le loro veglie di preghiera contro l’omofobia, e al di là delle loro canoniche trasformate in centri d’accoglienza per migranti abusivi (quindi anche in basi d’appoggio per spacciare impunemente la droga in tutta Italia), falsi profughi e falsi naufraghi che non fuggono dalla guerra e dalla fame, come sempre ci ripetono i mass media di regime, ma vengono per invadere l’Europa e per soverchiare e cancellare la sua antica civiltà cristiana, nonché per africanizzarla e islamizzarla, praticamente non c’è più nulla. Non c’è cultura, non c’è profondità, non c’è serietà e, spesso, non c’è neppure la coerenza. Li abbiamo ascoltati, li abbiamo subiti, li abbiamo sopportati; ora basta. Con che diritto parlano a nome dell’Italia, costoro? Costoro non hanno patria, e del resto lo dicono: la mia patria sono loro, i poveri migranti, ha detto e scritto, chiaro e tondo, un tipico esponente di questo neoclero progressista e apostatico. Nemmeno a nome della Chiesa hanno diritto di parlare, essi che l’hanno tradita; essi che negano ai fedeli perfino la Messa del santo natale, perfino i canti natalizi e il presepio, perfino la benedizione, come ha fatto il signore argentino, a Palermo, il 15 settembre scorso, per non offendere i migranti, per non offendere gli islamici. A nome di chi parlano, e predicano, e rimproverano, e gonfiano il petto, e assumono l’aria dei puri, dei coerenti, dei buoni, dei generosi, degli altruisti, dei veri sacerdoti di Gesù Cristo? A nome di niente e di nessuno, questa è la verità, Sono degli abusivi, degli infiltrati, degli agenti provocatori; occupano le parrocchie, occupano i seminari al preciso scopo di diffondere il caos, di disorientare i fedeli, di disgregare la fede.Comunione ai divorziati sì, comunione no; Lutero sì, Lutero no; il diavolo esiste, il diavolo non esiste; Dio ha distrutto Sodoma, no, Dio l’ha risparmiata; il peccato sì, il peccato no; l’aborto è una faccenda che riguarda i sociologi, no, anzi, è paragonabile a un crimine di mafia, come quando si paga un sicario per ammazzare qualcuno. Parole rivoltanti, indegne, perfino per chi, secondo la vera dottrina cattolica, ritiene realmente l’aborto un peccato mortale, un delitto gravissimo contro la persona. Il caos, appunto: un giorno una cosa, il giorno dopo tutto il contrario. E avanti così. E giù bastonate a quelli che non si adeguano: ai francescani dell’Immacolata, alla Piccole Suore di Maria, alla Familia Christi; e la scomunica per i più ribelli, come don Minutella. Nessuna scomunica per quel prete di Padova che aveva trasformato la canonica in un bordello, né per quell’altro di Verona che è andato all’estero a sposarsi con un uomo; nessuna scomunica per Mc Carrick, abusatore seriale e capo di una “cupola” paramafiosa di monsignori sodomiti, e neppure per De Kesel, che, dopo aver ridotto le chiese di Bruxelles a dei deserti, ora vuole sdoganare anche il peccato contro natura; né per Sosa, che mette in dubbio le parole di Gesù attestate dai Vangeli; né per Paglia, che tesse l’elogio iperbolico delle virtù morali del defunto Pannella. Ed è logico: sono loro gli eretici, sono loro gli apostati; non vogliono farsi la loro chiesa, ma, come ha osservato un cattolico americano, Patrick Archbold, vogliono prendersi la nostra. E lo stanno già facendo.
Con che diritto parlano a nome dell’Italia, costoro? Costoro non hanno patria, e del resto lo dicono: la mia patria sono loro, i poveri migranti, ha detto e scritto, chiaro e tondo, un tipico esponente di questo neoclero progressista e apostatico.
Perciò, basta coi convenevoli, con gli scrupoli, con le incertezze. Anche noi abbiamo perso mesi e anni per capire se il signore argentino fosse papa legittimo o no; se con i cardinali alla Bassetti e con i vescovi alla Perego e con i semi-teologi alla Bianchi si debba discutere o no, se ci si debba confrontare o no. Basta: ormai anche i sassi hanno capito che è tutto un imbroglio, che non c’è un briciolo di buona fede da parte di costoro; che la stanno facendo veramente sporca, sotto il nostro naso, con la nostra Chiesa, e disponendo liberamente dei suoi beni e dei suoi mezzi. Con quale diritto il direttore dell’Avvenire caccia un teologo come Antonio Livi e lo rimpiazza con un eretico come Enzo Bianchi? Con quale diritto invita un vignettista ateo e irrispettoso verso la fede cristiana a deridere la figura di Gesù Cristo, della Madonna, dei Santi, alla faccia dei lettori e dei loro sentimenti? Con che diritto il direttore di Famiglia Cristiana fa politica ogni settimana, si scaglia contro il governo in carica, parla sempre solo dei migranti, ospita l’eretico Bianchi (ancora lui!), stravolge la vera dottrina, ci frastorna con un mare di chiacchiere che non hanno più nemmeno l’apparenza della vera fede? Nostro nonno, che andava dalle suore paoline ogni settimana a comprare l’ultimo numero di Famiglia Cristiana, e lo portava a casa dalla nonna, e lo leggevano entrambi con rispetto e giovamento spirituale, oggi non vorrebbe toccarlo neanche con un dito: ne avrebbe orrore. Con che diritto questi signori, sfruttando i beni e i mezzi di cui la Chiesa dispone, e che sono stati accumulati, nel corso del tempo, da generazioni e generazioni di fedeli, predicano cose che non c’entrano affatto col Vangelo di Gesù, irridono la virtù, svillaneggiano la fede dei semplici, magnificano le eresie, promuovono stili di vita fondati sul peccato? Con quale diritto fanno tutto questo, danno scandalo alle anime pie, fuorviano i giovani, ignari di quel che è la vera dottrina cattolica? E il direttore di Vita Pastorale, con quale diritto propaganda una pastorale che non è affatto la vera pastorale cattolica, e diffonde concetti totalmente sbagliati o fuorvianti, e semina, a sua volta, la sua buona parte di caos, di amarezza, di dolore nel cuore di migliaia di fedeli? Con quale diritto certi preti manomettono la santa Messa, saltano la preghiera fondamentale – il Credo -, aboliscono perfino la Messa, sempre in nome di un’accoglienza malintesa e fasulla, che è solo lo schermo per avallare e incoraggiare un’invasione mascherata dell’Italia da parte di milioni di africani islamici ben decisi a conquistarla e a sostituire la sua popolazione, le sue leggi, le sue tradizioni, la sua arte, il suo pensiero, la sua civiltà?
È facile rispondere a tali interrogativi; non ne hanno alcun diritto, perciò, d’ora in poi, smettiamo di usare i guanti con costoro; vanno trattati come meritano, per quel che sono. E quando un cardinale come Maradiaga ci viene a parlare della chiesa dei poveri, lui si intascava 35.000 euro al mese, i giornalisti dovrebbero innalzarlo, i fedeli dovrebbero alzarsi in piedi, i sacerdoti dovrebbero chiedergli; come mai, eminenza, lei predica la Chiesa dei poveri, ma vive da ricco? E dunque, parliamo di cifre. Quanto guadagna un prete alle prime armi? Almeno 1.000 euro netti al mese Non è molto, ma, con la crisi di lavoro che c’è, non è poi neanche tanto male. E un parroco? 1.200 euro. E un vescovo? Fino a 3.000. E un cardinale? Dai 5.000 in su. Sono cifre ufficiali, e parlano da sole.Nell’Italia dei disoccupati, e a fronte di una conclamata volontà di essere più evangelici, più misericordiosi, più accoglienti con i poveri del Sud del mondo, questi signori non vivono affatto nelle strettezze, anzi, nemmeno in sobrietà. Pertanto, ogni volta che aprono bocca, ogni volta che si azzardano a far la morale, ogni volta che sgridano la gente e alzano il ditino, con aria di rimprovero, nelle chiese, nei seminari, nelle facoltà teologiche, in televisione, alla radio, dovunque: ogni volta, bisognerebbe interromperli e domandare loro: quanto guadagna, eminenza? Quanti euro prende al mese, monsignore? e lei, reverendo, che ha sempre i poveri in bocca, che stigmatizza la cattiveria e l’egoismo dei ministri e dei politici che dicono basta agli sbarchi dei falsi profughi e dei falsi naufraghi, quanto prende alla fine del mese? E quanto sudore della fronte le costa andare in giro a fare bei discorsi? Quanti di questi poveri africani si è preso nella sua casa, nel suo palazzo? Quanti ne ha messi nei suoi appartamenti privati? Ma come, neppure uno? No? E allora faccia il favore di stare zitto e di non romperci gli orecchi coi suoi discorsi. Lei è solo un impostore, un fannullone, un parassita. Lei predica l’accoglienza, ma la scarica sulle spalle degli altri; lei dice agli africani: venite qui da noi, ma ha sulla coscienza tutti quelli che muoiono in mare; lei invita gli italiani a essere più accoglienti e generosi, ma porta la colpa di quel che succede nei quartieri degradati, di quel che fanno i falsi profughi dediti alla delinquenza: anche di quella ragazza uccisa, tagliata a pezzi e chiusa in una valigia dai mafiosi nigeriani del cartello della droga. Non direttamente, si capisce; ma ne ha una parte di responsabilità morale. Sissignore. Ognuno si deve prendere le proprie responsabilità. Se lei predica l’accoglienza indiscriminata, questi sono i risultati, e sono sotto gli occhi di tutti. È la realtà a darle torto, caro monsignor cialtrone. Lei non è degno di fare il prete, tanto meno il vescovo o il cardinale. Lei andrebbe sbattuto fuori a calci nel culo: lei, pingue signore azzimato e profumato; lei e quelli come lei, che razzolano nel fango coi loro amanti maschi, coi loro seminaristi impuberi, e intanto venite qui a far la morale agli italiani che faticano a mettere insieme il pranzo con la cena, che faticano a pagare l’affitto e le bollette, che hanno subito quattro, sei, otto visite dai ladri e dai rapinatori nella casa e nel negozio; lei, che ha un segretario privato, un autista, un cuoco, un giardiniere, caro monsignore, è una vergogna vivente: avesse almeno la decenza di starsene zitto! Avesse almeno quel minimo di pudore di tenere, in pubblico, un profilo basso, di non attirare l’attenzione su di sé. E invece vuol montare in cattedra e fare la morale a tutti quanti; vuole rimproverare la gente che lavora, e ha una famiglia da mantenere, e l’accusa di essere egoista, razzista, di aver dimenticato l’emigrazione dei nostri nonni e bisnonni. I quali, però, non erano finti profughi: erano onesti lavoratori che andavano all’estero in cerca di lavoro, quasi sempre mal pagato, spesso pericoloso. Non pretendevamo nulla; non facevano lo sciopero della fame perché il menu non era di loro gusto; e non si facevano certo mantenere a sbafo, né si permettevano di offendere le leggi e le tradizioni dei paesi che li ospitavano e consentivano loro di guadagnarsi onestamente un piatto di minestra. I nostri nonni erano tutta un’altra cosa. Lo tenga bene a mente, monsignore dei miei stivali, e si sciacqui la bocca quando li nomina.
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