ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

lunedì 24 dicembre 2018

La rocca sta cedendo

AUTUNNO DELLA CHIESA, INVERNO DELL’OCCIDENTE
Apocalisse in greco significa rivelazione. Come tutti sappiamo, è il titolo del libro finale della Bibbia. Messo da parte con imbarazzo dalla Chiesa modernista, resta come metafora di qualcosa di terribile. La rivelazione, un’apocalisse davvero, di monsignor Viganò sull’esistenza di una spaventosa rete omosessuale nella Chiesa, in grado non solo di determinare carriere, coprire abusi, ma anche di mutare profondamente la dottrina cattolica, sorprende soltanto chi non segue le vicende della più antica istituzione della terra.

Il problema è devastante, nonostante la sottovalutazione del pontefice argentino, che attribuisce ogni colpa al clericalismo. Insomma, la responsabilità del cancro è degli oncologi. Non si può guardare ai fatti raccontati senza un aspro travaglio interiore per la vastità del male commesso.
La coscienza vive con sgomento il crollo di insegnamenti bimillenari. Crollata la famiglia, accolta come normale l’omosessualità, addirittura nelle forme rivoltanti dell’efebofilia e della pedofilia, l’intera dottrina umana del cristianesimo crolla. Dal biblico “maschio e femmina li creò” all’immagine della sacra famiglia, al matrimonio sacramentale, tutto va in frantumi. Poiché il cristianesimo è l’architrave della civiltà europea ed occidentale, la frana è destinata a sconvolgere tutto e tutti.
Una civiltà ricca e rigogliosa, la nostra, si è condannata all’aridità e all’irrigidimento, i suoi capisaldi etici, spirituali, le certezze che hanno accompagnato decine di generazioni si sfaldano e l’erosione viene da dentro.
Ci sentiamo necrofori di una civiltà e di una religione che hanno oltrepassato il tramonto per raggiungere l’epilogo. Da credenti, sappiamo che la notte passerà e una nuova alba verrà. Tale è il significato purificatore degli scandali nel pensiero dell’evangelista, e la tenebra non è definitiva. Lo è, molto probabilmente, nelle nostre esistenze personali. Avvertiamo vivissima la tragedia di un mondo crollato sulle antiche credenze, le vecchie sicurezze, le venerande istituzioni in cui siamo vissuti, senza intravvedere luce alcuna.
Il sentimento più forte è il rancore per un tradimento gigantesco. Si ha il diritto di pensare: mi hanno mentito fin dall’infanzia. Non credevano affatto in ciò che ci proponevano a credere, dunque appare menzogna l’intero edificio della fede e della civiltà che ne è scaturita. Le civilizzazioni umane possono, devono mutare nel tempo, le religioni hanno come misura l’eterno. Non si possono rovesciare capisaldi della dottrina perché sgraditi allo spirito del tempo. Invece, oltre a sopportare prelati pervertiti, seminari trasformati in bordelli e ponti gettati verso tutto ciò che è stato chiamato peccato per millenni, dobbiamo ascoltare superiori gesuiti affermare che il Vangelo è poco più di una fiaba, giacché non c’erano registratori della parola di Gesù, cardinali convinti che Cristo fosse “un potente guaritore”, servi di Dio che scandalizzano asserendo che molti santi erano omosessuali.
Inutili, risibili le parole di Paolo di Tarso, Agostino, Tommaso, Pier Damiani e Caterina da Siena; il quinto evangelo è la parola di padre James Martin (servus Jesus?) con l’ausilio delle associazioni LGBT, l’uomo ha sostituito Dio, l’inferno, se c’è, è vuoto. Lo stesso Bergoglio, parlando con il neo evangelista Eugenio Scalfari, ha affermato che le anime degli empi si dissolvono. Perché, di grazia, dovrei ancora credere?
Il nuovo cristianesimo accoglie tutti i mali che aveva combattuto: le pulsioni gnostiche, secondo cui la creazione è intrinsecamente cattiva; il relativismo morale, che cambia tutto a seconda dei tempi e dei luoghi; il nichilismo, poiché non esiste la verità, tutt’ al più la sua interpretazione. Dei sette, il sacramento più in crisi è la confessione. L’uomo moderno, noi stessi, fatichiamo a raccontare il male che abbiamo dentro, pentirci e in qualche modo tentare di non perseverare nei comportamenti negativi che la tradizione chiamò peccato.
Come faremo, adesso, a confidarci con consacrati che non conosciamo, delle cui possibili condotte abbiamo orrore? La carità è cancellata e con essa forse l’enciclica di Benedetto XVI Deus Caritas Est, in cui Eros, l’amore umano si trasforma in Agape, l’amore che si conclude in Dio.
La rocca sta cedendo, lo sconcerto prevale solo in pochi spiriti inquieti, gli altri si adeguano. Autunno della Chiesa, inverno di una civiltà. Intanto, crolla il tetto della chiesa romana intitolata a San Giuseppe dei Falegnami, un simbolo della sacra famiglia. Doveva celebrarsi un matrimonio nell’antiquata modalità di unione tra un uomo e una donna. Forse, un segno della collera di Dio, ma bisognerebbe credere in Dio. Chissà se ci credono ancora i gai cardinali, i vescovi corruttori, i preti mondani.
Nella foro in alto : l’antica Chiesa di Maalula, in Siria che è stata attaccata e saccheggiata dai miliziani dei gruppi jihadisti armati ed appoggiati dall’Occidente….

di Roberto Pecchioli
Roberto Pecchioli 
Fonte: Il Pensiero Forte


https://www.controinformazione.info/autunno-della-chiesa-inverno-delloccidente-2/

Il segreto di Natale

Su, venite intorno al presepe che vi svelo il segreto di Natale. È un segreto semplice, banale, risaputo, ma nessuno ci bada. Ve lo dico a rovescio: provate a festeggiare Natale solo tra coetanei, di qualunque età voi siate. E provate a festeggiarlo solo tra persone dello stesso sesso, amici o coppie omosex, non importa. Non sarà Natale. Qualunque altra festa, magari pure Capodanno, può funzionare anche così ma Natale no. È la festa zero/cento.
Non è Natale senza vecchi né bambini. Manca qualcosa di essenziale, di familiare, di nuovo e d’antico. E non solo perché i vecchi e i bambini sono poi i veri credenti nel Natale, per tradizione o per magia, per stupore o per nostalgia. Né solo perché le due categorie estreme sono più prossime al cielo, più vicine all’ingresso e all’uscita, e magari usano ancora pregare, credono ai miracoli e agli eventi naturali che diventano soprannaturali. Ma perché il Natale è la festa che unisce le generazioni, i sessi, le famiglie, i cugini, le zie, le quattro età della vita: l’infanzia, la giovinezza, la maturità e la vecchiaia. Gli Indispensabili sono loro, gli opposti estremisti, i piccoli e i vecchi. Non è Natale senza di loro. Nonostante la retorica umanitaria che vorrebbe fare del presepe una specie di congresso dell’Onu sui migranti, Natale è la festa del Nostrano, non dell’Estraneo, ma del Consanguineo, della Prossimità. In una parola della famiglia di sempre.
Poi, magari, a Natale ti annoi, i pranzi ti sfondano e ti rompono, sogni l’evasione, a subire i giochi di Natale ti senti un detenuto in celia d’isolamento, non sopporti nonni e nipoti e la loro santa alleanza per infliggerti la tombola. Ma quando poi non ci sono, avverti un buco come una mangiatoia nel tuo cuore. Un abisso. E in processione senza di loro, chi porta il Bambino, chi vi costringe a cantare? A costo di adottarli, non dico di noleggiarli, procuratevi per Natale vecchi e bambini, anziché preoccuparvi solo dell’abbacchio e dei bengala.
In una pubblicità, Fiorello dice che Natale sono i regali; beh, provate a far sparire, come fa lui, i nonni e i nipoti con i loro occhi spalancati sulle luci, e provate a riempirvi solo di pacchi e pacchetti. Non sarà Natale ma una festa qualunque, anzi qualunque altro shopping. Natale sono loro, perché sono la proiezione nella vita di ogni giorno del Bambino, del Vecchio Padre, della Madre Ragazza, della Sacra Famiglia. E di una comunità, di un mondo che si muove per loro, e cerca da lontano quel punto di luce e di calore. Natale sono loro, vecchi e bambini, oltre che padri e madri, angeli che cantano sospesi da un filo sulla grotta e animali caloriferi, gente comune e sovrani lontani.
E invece molti italiani festeggeranno, festeggeremo, il Natale senza vecchi e senza bambini. E vivranno, vivremo il Natale nel ricordo di antichi Natali favolosi, con le nonne registe del presepe e delle processioni domestiche, e i nipoti affascinati dalla magia delle luci, dei personaggi, degli angeli svolazzanti, del bue e l’asinello, dei Re Magi. A cominciare dal più piccolo che si sentiva per la prima volta in vita sua investito da un compito solenne, portare il Bambinello in processione. Lui, collega appena più grande e portatore del Protagonista.
Non sarà così per molti italiani, perché le famiglie sono spezzatini a geometria variabile, gli impegni di ciascuno sono difficili da conciliare, bambini non ne nascono, e i vecchi a volte si dimenticano. No, non sono loro a dimenticarsi di Natale per arteriosclerosi o anche peggio; ma i famigliari che sfuggono al loro lento e faticoso esistere, non vogliono deprimersi e rispecchiarsi nel loro futuro…
Per tutti coloro che non avranno più generazioni a festeggiare il Natale riunite in un solo corpo mistico e puerile, Natale sarà un Natale in contumacia, d’amore latitante, un Natale in cui più forte conterà l’assenza. Dolce e amaro, sarà la festa della Nostalgia.
MV, Il Tempo 24 dicembre 2018
http://www.marcelloveneziani.com/articoli/il-segreto-di-natale/

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