ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

giovedì 6 dicembre 2018

La sinagoga di Satana…

AL CUORE DELL'APOSTASIA


Al cuore dell’apostasia c’è l’ottimismo antropologico. Il dramma della Chiesa odierna: è in atto uno scisma e a provocarlo scientemente non sono i veri cattolici, ma quelli falsi, che si sono impadroniti del marchio di fabbrica 
di Francesco Lamendola  

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Il neoclero e tutta la neochiesa hanno sempre in bocca i poveri, i diritti civili, la giustizia sociale, l'ambiente, il clima, i cosiddetti migranti; al punto che non parlano più, o parlano poco e male, di Dio Creatore e Redentore, del peccato e della grazia, dell'umana fragilità e dell'umana superbia, del giudizio individuale e di quello finale, nonché dell'inferno e del paradiso. Il neoclero e tutta la neochiesa hanno perso di vista la trascendenza di Dio, l'onnipotenza di Dio, la redenzione che viene da Dio e da Dio solo; essi parlano e  agiscono come se l'uomo potesse risolvere da sé i suoi problemi e correggere, in qualche modo, le “imperfezioni” della natura, per non parlare, pi, degli “errori” della storia. Non è un caso che i neoteologi cattolici amino molto il teologo luterano Dietrich Bonhoeffer e, in genere, tutta la teologia protestante cosiddetta negativa, secondo la quale il fedele deve fare etsi Deus non daretur, come se Dio non ci fosse, perché il cristiano "adulto" non ha bisogno di un "Dio tappabuchi".

E invece il problema è proprio qui, in questa mancanza di umiltà, in questa pretesa di far da soli, che sta la radice ultima del problema. Il problema dell'uomo moderno è l'allontanamento da Dio e la sua folle hybris, che lo trascina alla dismisura, all'arroganza, e quindi ad una impostazione di vita inumana, perché non disposta ad accettare il limite ontologico della creatura. Per la vera dottrina cattolica, la natura è stata ferita dal Peccato originale e l'umanità, a causa di esso, ha perso quella pienezza super-naturale che lo rendeva perfetto, beninteso come creatura; e insegna che essa non potrà mai uscire dallo stato di grave imperfezione in cui versa, non potrà mai reintegrarsi pienamente nella sua natura originaria, senza l'aiuto di Dio. Questo dice, questo insegna e ha sempre insegnato, la vera dottrina cattolica; ma quel che dicono, o quel che suggeriscono con perfida astuzia, i neopreti e i neoteologi, è ben diverso: ossia che l'uomo può ricostituire la sua pienezza qui in terra, da solo; che da solo può creare un regno di giustizia e di pace: da solo, o, al massimo, vagamente ispirandosi a quel disse e fece un "profeta", come lo chiama Enzo Bianchi, di nome Gesù. Niente affatto: questa è una menzogna, ed è il travisamento totale, blasfemo, demoniaco, della vera dottrina, cioè un oltraggio alla Rivelazione. È come se, per costoro, Gesù Cristo si fosse incarnato per niente, avesse sofferto per niente, fosse morto per niente e fosse risorto per niente. Che bisogno c'era, visto che gli uomini hanno sufficienti capacità per stabilire la giustizia e la pace sulla terra? Senza contare che, nel caso degli ebrei, la neochiesa afferma chiaro e tondo che non bisogna permettersi di convertirli: lo ha recentemente ribadito anche il papa emerito, Benedetto XVI, precisando, fra lo scandalizzato e l’infastidito, che egli non ha mai inteso dire una cosa simile. Loro, i membri del popolo eletto, sono già salvi, perché hanno tuttora l'Antica Alleanza. E dunque, a che scopo Gesù Cristo è venuto nel mondo? A che scopo la sua Passione? Avrebbe potuto risparmiarsi tutto ciò.

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Il travisamento totale, blasfemo, demoniaco, della vera dottrina: viene da chiedersi a che scopo Gesù Cristo è venuto nel mondo? A che scopo la sua Passione? 

Tali sono le aberranti conseguenza di una teologia, e di una pastorale, che, fin dal Concilio Vaticano II, hanno insinuato questi pensieri, dapprima in forma cauta e quasi dubitativa, comunque senza mai assalire frontalmente la vera dottrina e il magistero dei precedenti pontefici; poi, un poco alla volta, in maniera sempre più esplicita e vistosa, perfino sfacciata, sino a raggiungere l’apice con questo papato scandaloso, con questo signore argentino che non  lascia passare ormai un giorno senza fornire ai buoni cattolici un nuovo motivo di tristezza, di confusione, di scandalo, e senza avere incrinato un altro poco la fede di molti che, sotto la raffica delle eresie spacciate per autentica dottrina, comincia a vacillare e, in parecchi casi, cede di schianto. Ma il male è incominciato con la cosiddetta riforma liturgica, condotta sotto la direzione di un arcivescovo massone, Annibale Bugnini: perché la liturgia non è la veste, ma è il cuore della fede; e, una volta incentrata la liturgia sull’uomo anziché su Dio, era inevitabile che si giungesse alla presente deriva. Quale messaggio più chiaro della secolarizzazione, per esempio, che aver “girato” la mensa eucaristia verso i fedeli?
Ci piace riportare una pagina del sacerdote e teologo Peter Lippert, ispirata alla sana e vera dottrina cattolica (da: P. Lippert, Visione cattolica del mondo; titolo originale: Die Weltanschauung des Katholizismus; traduzione dal tedesco di Ernesto Peternolli, Brescia, Morcelliana, 1931, pp. 63-65):
Il peccato originale è un dogma pel cattolico. Cosicché il pessimismo con cui la concezione cattolica del mondo considera l'attuale stato della realtà spirituale e del bene nel mondo, è non solo fondato sull'esperienza, - tutti gli uomini profondi ed esperti nella vita le hanno dato ragione in questo -, ma assurge a principio teologico. Questa condizione è la conseguenza colpevole d'una caduta da un'altezza a cui solo l'immeritata grazia aveva elevato l'uomo, a cui l'uomo non avrebbe potuto drizzare il suo sguardo, nemmeno come essere senza colpa, e che tanto più doveva riuscirgli inaccessibile, ora che era divenuto colpevole. Gli è semplicemente impossibile di riguadagnare con le proprie forze l'altezza a cui è veramente destinato e chiamato. Neppure il più sublime eroismo morale gli può concedere ciò che in sé ed essenzialmente costituisce una grazia immeritata, della quale anzi è addirittura divenuto indegno perla colpa che lo ha macchiato per la sua appartenenza alla stirpe di Sdamo. Perciò anche le sue più splendide azioni morali restano contaminate dalla macchia dell'angelo precipitato nell'inferno. Ma anche queste stesse azioni morali sublimi rimangono in complesso un sogno inadempiuto, perché alla naturale debolezza della sua difesa s'aggiunge la completa assurdità delle sue aspirazioni morali, che, prive del loro originario scopo voluto da Dio, ora si dileguano nel vuoto.
La Chiesa cattolica non crede perciò possibile un'umanità perfetta che per propria forza morale possa essere da noi creata e sviluppata. È piena di diffidenza verso gli ideali di pura umanità, anzi già nei riguardi dello stesso uomo singolo! Compassionevole e mesta essa guarda il bambino appena nato; e nota come un tale bambino entri nell'esistenza già gravato d'una colpa originale e porti così seco tutte le imperfezioni della sua natura e tutta la inanità della sua vita e delle sue aspirazioni terrene. Perciò alla Chiesa sembra una deplorevole utopia il voler confidare nel libero sviluppo di un essere umano e il volerlo trovare sempre buono e pieno di senso.
Però, in mezzo a questa oscurità, rimane una considerazione luminosa:la creazione di Dio peer sé non è distrutta. Certo l'uomo è caduto molto in basso, ma per lo meno non è caduto al di sotto del livello umano. La sua natura genuinamente umana, le meravigliose forze del suo spirito, il conoscere e il volere, si sono conservate nella loro sostanza, anche se sono state private di parecchi sussidi necessari e assoggettate a molteplici ostacoli. L'uomo non è divenuto essenzialmente perverso. Perciò, "non si può dire che tutto quanto fa un miscredente o un peccatore sia a sua volta peccato, che le virtù dei filosofi non siano che vizi, e che la libera volontà, senza l'aiuto della grazia divina sia buona solo a peccare!" (Pio V contro Michele du Bay). La creatura di Dio non è caduta nell'abisso e vi sono ancora possibilità di un rinnovamento, di un completo risanamento. Dovunque la buona volontà elevi al Dio della misericordia il suo grido "de profundis", dalle "profondità" della necessità morale e religiosa, ivi scende la sua grazia, la grazia della "copiosa redenzione" (Salmo 129).
In che cosa sbagliano, dunque, i neopreti e i neoteologi, allorché parlano sempre e solo di cose terrene, sia pure in se stesse lecite, e talvolta (ma non sempre) anche buone? Nel sopravvalutare la capacità umana di fare il bene anche senza l'aiuto della grazia. Una cosa, infatti, è difendere il concetto che non tutto quel che fa l'uomo, senza la grazia, è per se stesso male, come giustamente si preoccupa di precisare Pio V contro il radicale pessimismo di matrice luterana; e un'altra cosa, e ben diversa, è cadere nell'eccesso opposto a quello dei pessimisti, e trasformare il cristianesimo in una filosofia ottimistica basata sulla piena fiducia nelle capacità umane di creare un mondo migliore, cioè, in ultima analisi, di sostituire la propria azione a quella della grazia. La stessa sopravvalutazione dell'azione e il farla passare davanti alla preghiera, alla meditazione, alla spiritualità, è, di per se stessa, una falsificazione della vera dottrina cattolica, la quale ha sempre tenuto fermo sul punto della superiorità morale dell'atteggiamento di Maria rispetto a quello di Marta, in piena fedeltà all'insegnamento del nostro Signore Gesù Cristo.

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Il golpe dei Gesuiti tiene in ostaggio la vera Chiesa Cattolica? costoro hanno voglia di predicare l’umanismo? Benissimo: dovrebbero avere anche l’onestà di uscire dalla Chiesa cattolica e farsi la loro chiesa umanistica.
  
Al cuore dell’apostasia c’è l’ottimismo antropologico 

di Francesco Lamendola
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DIO, I DOTTI E I SAPIENTI

Perché Dio si nasconde ai dotti e ai sapienti? La vera scienza non può mai andare disgiunta dalla virtù, dal senso del limite e dal timor di Dio. Il vero sapere è in Cristo, viene da Cristo tutto il resto è chiacchiera e vanità 
di Francesco Lamendola  


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Amare la scienza, cercare il conoscere: cosa c'è di più bello, di più degno, di più nobile nella natura umana? Fatti non foste a viver come bruti, ammonisce Dante, per bocca di Ulisse, i suoi compagni/lettori, ma per seguir virtute e conoscenza. Appunto: virtù e conoscenza. Entrambe, non una soltanto; e la virtù prima ancora della conoscenza. La virtù è la giusta consapevolezza che l'essere umano deve avere di sé: una creatura, e sia pure una creatura posta a mezza strada fra la terra e il cielo; materiale quanto al corpo, spirituale, e perciò immortale, quanto all'anima. La vera scienza, pertanto, non può mai andare disgiunta dalla virtù, dal senso del limite e dal timor di Dio; diversamente, diverrebbe una scienza anti-umana. Il che è precisamente quanto è avvenuto e quanto continua a verificarsi, sotto i nostri occhi. L'annuncio, da parte di un genetista cinese, di aver “creato” in laboratorio due sorelle gemelle con il DNA modificato è il segno di questa aberrazione, di questo allontanamento da  Dio e di questa rivolta contro Dio. Illogica, e quindi stupida, oltre che sommamente arrogante: se Dio è l'alfa e l'omega di ogni cosa, se è il Creatore di tutto ciò che esiste, è anche, per definizione, la fonte del vero, perché è la Verità Lui stesso: e dunque, come è possibile cercare il vero senza Dio e lontano da Dio, perfino contro Dio?

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La vera scienza non può mai andare disgiunta dalla virtù, dal senso del limite e dal timor di Dio. Il vero sapere è in Cristo, viene da Cristo tutto il resto è chiacchiera e vanità.

La deviazione ha origini antiche, risale a Guglielmo di Ockham e al XIV secolo; in seguito, non fa che approfondirsi e, per così dire, perfezionarsi. La scienza moderna cerca il sapere non più per amore di Dio, cioè per conoscere Dio (la filosofia e la teologia) e le sue creature (le scienze matematiche e naturali), ma per spingersi sempre oltre, senza una finalità che non sia il dominio sulle cose e la glorificazione di se stesso. Vedete come sono grande?, dice lo scienziato moderno, posso manipolare la materia; posso costruire astronavi che si spingono nelle profondità dello spazio; non c'è nulla che resista alle mie conquiste, alla mia intelligenza. Non tutti gli scienziati moderni ragionano così; solo gli stupidi: cioè la maggioranza. Siamo, purtroppo, nelle mani di un pugno di scienziati stupidi e arroganti, bravi soltanto fare calcoli ed esperimenti, ma totalmente incapaci di riflettere sul significato complessivo di quel che stanno facendo. Vi è sempre stata e vi è tuttora, in piena modernità, una minoranza di scienziati che possiede sia il senso del limite umano, sia il senso del mistero divino. Infatti è solo la vera scienza, cioè il giusto approccio intellettuale e spirituale, che mette lo scienziato di fronte al mistero abissale della piccolezza umana e dell'onnipotenza divina. Non è un caso che un grande scienziato, Blaise Pascal, alle soglie della scienza moderna, abbia ammonito: l'uomo ha bisogno di esercitare l'esprit de géometrie, ma anche l'esprit de finesse, se vuole che la sua sete di conoscere non lo porti fuori strada. E un altro granissimo scienziato,Pavel Florenskij (1882-1937), matematico e fisico di prim'ordine, autore di uno dei più profondi e affascinanti sistemi di teologia: perché egli era anche un sacerdote ortodosso e sempre, in tutta la sua vita di uomo e di scienziato, ebbe presente che a nulla vale una scienza disgiunta dall'amore e dal timor di Dio. Prima di essere messo davanti al plotone d'esecuzione di un carcere sovietico, la spietata dittatura staliniana ne aveva sfruttato sino all'ultimo le doti geniali di scienziato, facendolo lavorare come ingegnere e come ricercatore scientifico; ma Florenskij non aveva mai capitolato e, come pensatore, non si era mai allontanato di un millimetro dalla sua profonda fede cristiana: il vero sapere è in Cristo, viene da Cristo, ritorna a Cristo: tutto il resto è chiacchiera e vanità. E questo era il punto d'arrivo di un grandissimo uomo di scienza, di una delle menti matematiche più acute del XX secolo: altro che lo scientismo a un tanto il chilo di gente come gli esponenti del C.I.C.A.P., Margherita Hack (pace all'anima sua), Piero Angela, Piergiorgio Odifreddi, Massimo Polidoro, Roberto Vacca, Umberto Eco (pace anche a lui). Sono i divulgatori banali di una visione piattamente materialista che screditano la vera scienza agli occhi del pubblico; i veri e grandi scienziati e matematici, come Pascal, come Florenskij, come Fantappié, come Medi, come Zichichi, hanno invece, vivissimo, il senso del limite e il senso del mistero; e ce l'hanno proprio perché sanno cos'è realmente la matematica, cos'è la fisica, cos'è la scienza.

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Pavel Florenskij

L'uomo moderno, suggestionato dagli scienziati stupidi e dai divulgatori scientifici ancor più stupidi di loro, ha un atteggiamento schizofrenico di fronte alla scienza: da un lato la teme, perché vede, o intuisce, che, a causa di essa, l'umanità è esposta a dei gravissimi pericoli, e finanche alla distruzione totale; dall'altro la venera, come i selvaggi venerano il loro totem, e si inchina davanti agli uomini in camice bianco, come essi si inchinano davanti allo stregone, poiché da essi si aspettano la salvezza, in particolare quando sono colpiti da una malattia. Ma la vera scienza non deve essere né temuta, né adorata: essa è solo uno strumento. Nessuno, che sia sano di mente, teme o adora uno strumento in se stesso: lo strumento serve a fare qualcosa, e dunque bisogna rivolgere l'attenzione verso lo scopo cui lo strumento è diretto. La vera scienza porta l'uomo verso la verità, e la Verità ultima è Dio; la falsa scienza lo allontana da Lui e lo fa smarrire nel labirinto delle cose finite, delle cose transitorie, che egli, nella sua ignoranza e nel suo accecamento, scambia per ciò che non sono: i fini ultimi della sua ricerca. Essendo uno strumento, la vera scienza non è, in se stessa, né buona né cattiva: non bisogna tenerla e non bisogna neppure sopravvalutarla. Quella che va temuta è la cattiva scienza, atea e materialista, suscettibile di provocare all'uomo le più grandi sofferenze, e, ultimamente, grazie alla scoperta della possibilità di manipolare il DNA, di arrecargli il supremo oltraggio: giocare con i suoi cromosomi come un bambino capriccioso gioca con i suoi balocchi. Florenskij, che è stato un grandissimo scienziato, sempre teneva a mente che l'oggetto finale di ogni conoscenza è, per definizione, Dio; che Dio si è rivelato agli uomini nella Persona di Gesù Cristo; che noi possiamo conoscere la verità nella misura e nelle modalità che Egli ci consente e non in quelle che stabiliamo noi. 

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Pavel Florenskij, filosofo, matematico e martire russo

Florenskij è partito dal testo di Matteo, 11, 27-30:
27 Tutto mi è stato dato dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare. 28 Venite a me, voi tutti, che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò. 29 Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per le vostre anime. 30 Il mio giogo infatti è dolce e il mio carico leggero.

Per sviluppare una riflessione, nella sua opera più importante, La colonna e il fondamento della verità. Saggio di teodicea ortodossa in dodici lettere (traduzione italiana a cura di Natalino Valentini, Torino, San Paolo, 2010, pp. 20-21):
Presso il corpo incorrotto del beato Sergio, che sempre placa l’anima inquieta, in ogni giorno e in ogni ora sentiamo la preghiera che promette pace anche alla ragione turbata. Tutto il brano evangelico (Mt 11, 27-30) che si legge nell’Ufficio (Moleben’) del santo ha un sogno focato soprattutto conoscitivo, oso dire teoretico-conoscitivo, gnoseologico. Questo significato appare tanto più chiaro se notiamo che l’oggetto di tutto il capitolo 11 del Vangelo di Matteo è il problema della conoscenza, dell’insufficienza di ogni conoscenza razionalistica e della necessità di una conoscenza spirituale. Sì, Dio ha “nascosto” tutto ciò che unicamente si può dire degno di essere conosciuto “ai dotti e ai sapienti” e lo ha rivelato ai piccoli” (Mt 11, 26). Sarebbe violenza ingiustificata alla parola di Dio interpretare “i dotti e i sapienti” come “pseudo dotti” e “pseudo sapienti” ma che poi in realtà tali non sono, come anche ravvisare nei “piccoli”  dei sapienti virtuosi. Il Signore senza alcuna ironia ha detto proprio quello che voleva dire: la vera sapienza umana, la vera razionalità umana sono insufficienti proprio in quanto umane. Allo stesso tempo l’”infanzia” mentale, il difetto di quella ricchezza mentale, la quale impedisce di entrare nel Regno dei Cieli, può essere la condizione per acquisire la sapienza spirituale. La pienezza di tutto è in Gesù Cristo e perciò si può ottenere la sapienza solo per Lui e da Lui. Tutti gli sforzi umani tormentosamente compiuti dai poveri sapienti per attingere la conoscenza sono vani. Come goffi cammelli essi sono oberati dalle loro conoscenze, e come acqua salmastra la scienza può soltanto acuire la sete del sapere senza mai dissetare l’intelletto ardente. Invece il “giogo soave” del Signore e il suo “peso leggero” danno all’intelletto ciò che non dà (né può dare) il peso crudele, gravoso e molesto della scienza. Ecco perché presso la tomba che effonde grazia continuano a risuonare, come sorgente perenne di acqua viva, le parole divine: “Tutto è stato dato a me dal Padre mio: e nessuno conosce il Figlio se non il Padre; e nessuno conosce il Padre eccetto il Figlio e colui al quale il Figlio avrà voluto rivelarlo. Venite a me voi tutti che siete affaticati e oppressi, e Io vi ristorerò. Prendete su di voi il mio giogo, e imparate da me, perché sono mite e umile di cuore; e troverete pace per le anime vostre; il mio giogo infatti è dolce e il mio carico leggero (Mt 11, 27-30).
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Galileo Galilei

Perché Dio si nasconde ai dotti e ai sapienti?

di Francesco Lamendola 
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