ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

venerdì 18 gennaio 2019

Chrislam akbar?

Vogliamo diventare chrislamisti?
http://www.unavox.it/NuoveImmagini/Papa_Francesco/Logo_viaggio_in_Marocco_2019_francese.jpg(immagine aggiunta)
Si avvicinano i due viaggi di Francesco negli Emirati Arabi Uniti (3 – 5 febbraio) e in Marocco (30 – 31 marzo) e torna, implacabile, la retorica del dialogo, che utilizza in modo strumentale la visita di san Francesco al sultano al-Malik al-Kāmil, avvenuta a Damietta ottocento anni fa, nel 1219.
Il tentativo è quello di accreditare un parallelo tra papa Francesco e san Francesco, presentando entrambi come paladini del dialogo. Ma così si travisa la realtà storica. Perché Francesco d’Assisi non andò dal sultano per «dialogare», ma per convertirlo.
Di fronte al diluvio zuccheroso che si abbatterà su di noi nel corso dei due viaggi, occorrerà corazzarsi con l’antivirus della conoscenza. Occorrerà ricordare che oggi i cristiani sono i più perseguitati nel mondo, e lo sono, per lo più, da musulmani. E occorrerà ricordare, soprattutto, l’ambiguità dell’affermazione di Francesco in Evangelii gaudium, prontamente usata dai sostenitori dell’indifferentismo religioso per sostenere che adoriamo tutti lo stesso Dio, secondo la quale i musulmani «adorano con noi un Dio unico, misericordioso» (n. 252).
Che la frase sia quanto meno fuorviante non lo dice il sottoscritto. Lo dice il padre gesuita Samir Khalil Samir, uno dei massimi studiosi dell’Islam, il quale in un magistrale intervento osserva che quel concetto espresso dal papa va preso «con cautela». Perché se è corretto sostenere che i musulmani adorano un Dio unico e misericordioso, la frase del papa può lasciare intendere che le due concezioni di Dio siano uguali. E invece non è così. Invece, scrive il padre Samir, «nel cristianesimo Dio è Trinità nella sua essenza, pluralità unita dall’amore», e dunque «è un po’ più che sola clemenza e misericordia».
In realtà «abbiamo due concezioni abbastanza diverse dell’unicità divina». Infatti, se «quella musulmana caratterizza Dio come inaccessibile, la visione cristiana dell’unicità trinitaria sottolinea che Dio è Amore che si comunica: Padre-Figlio-Spirito, oppure Amante-Amato-Amore, come suggeriva Sant’Agostino».
Ma anche l’idea di misericordia è profondamente diversa. Il Dio dell’Islam «fa misericordia a chi vuole e non la fa a coloro a cui non vuole». Nel Corano (48:25) leggiamo infatti che «Dio fa entrare nella Sua misericordia chi Egli vuole». Niente a che fare con l’idea «Dio è Amore» (1 Giovanni 4:16).
«La misericordia – osserva ancora il padre Samir – nel caso dell’Islam è quella del ricco che si china sul povero e gli concede qualcosa. Ma il Dio cristiano è Colui che scende verso il povero per innalzarlo al suo livello; non mostra la sua ricchezza per essere rispettato (o temuto) dal povero: dona se stesso per far vivere il povero».
Molti altri sono i punti ambigui di Evangelii gaudium rispetto al rapporto tra cristianesimo e Islam, e c’è da immaginare che nel caso dei due prossimi viaggi papali saranno di nuovo sfruttati per imporre una visione fuorviante del dialogo. Per esempio, Francesco scrive che nel Corano Gesù e Maria sarebbero «oggetto di profonda venerazione», ma, a dire il vero, se la considerazione può stare in piedi nel caso di Maria (effettivamente venerata da alcune donne musulmane), Gesù non è per nulla venerato nel Corano, perché considerato un grande profeta, famoso per i suoi miracoli, ma molto inferiore a Maometto. «In realtà – scrive Samir –  tutto ciò che si dice di Gesù nel Corano è l’opposto degli insegnamenti cristiani. Egli non è Figlio di Dio: è un profeta e basta». E «non è nemmeno l’ultimo dei profeti perché invece il “sigillo dei profeti” è Maometto (Corano 33:40)». E «la rivelazione cristiana è vista solo come una tappa verso la rivelazione ultima, portata da Maometto, cioè l’Islam».
Prima di dire, come certamente sentiremo dire,  che cristiani e musulmani venerano lo stesso Dio, occorrerà poi ricordare che «l’Islam si oppone a tutti i dogmi cristiani fondamentali», ma bisognerà fare un distinguo anche in campo morale.
Quando ci verrà ricordato che i bravi musulmani, proprio come i bravi cristiani, fanno la carità e si occupano dei poveri, bisognerà rispondere che in realtà l’etica musulmana raramente è universale, come quella cristiana. Infatti, se il cristiano è chiamato a fare del bene a tutti, indipendentemente da fede, cultura e lingua del bisognoso, il musulmano è chiamato ad aiutare chi fa parte della comunità.
E quando ci diranno che sia i bravi cristiani sia i bravi musulmani digiunano, bisognerà ricordare che i due digiuni sono profondamente diversi, perché quello musulmano è di tipo legalistico ed esteriore (se fai questo, sei nel giusto), mentre quello cristiano ha come scopo l’avvicinarsi al sacrificio di Gesù sulla croce, che è qualcosa di semplicemente incomprensibile per l’Islam.
Sentiremo poi certamente dire, altro ritornello, che sia i cristiani sia i musulmani hanno i loro fondamentalisti (e infatti Evangelii gaudium lo dice), ma giustamente il padre Samir osserva: «Personalmente, non metterei i due fondamentalismi sullo stesso piano». Infatti se i fondamentalisti cristiani (i quali raramente usano le armi) sono tali al prezzo di snaturare completamente il Vangelo, i fondamentalisti musulmani possono sempre dire che Maometto fece più di sessanta guerre e che dunque, visto che Maometto è il “modello eccellente” (Corano 33:21), usare la violenza è legittimo e doveroso.
Fermiamoci qui. E facciamo un accenno al logo della visita di Francesco in Marocco: «Il logo – spiega il Vaticano – è stato scelto tra circa cinquanta disegni inviati da artisti che hanno risposto ad un concorso. Ritrae una croce e una mezzaluna, a sottolineare il carattere interreligioso tra cristiani e musulmani».
In realtà il logo è qualcosa di diverso. Basta guardare: è una croce formata utilizzando una mezzaluna. Non ritrae una croce e un a mezzaluna, ma è precisamente una fusione dei due simboli. Il che sembra confermare l’idea soggiacente a Evangelii gaudium, e cioè che, in fondo, tra le due religioni non ci sono differenze o, per lo meno, non ce ne sono di sostanziali.
A una religione ibrida del genere fece riferimento C.S. Lewis nel suo libro The Last Battle (L’ultima battaglia, romanzo finale delle Cronache di Narnia), ma anche nella realtà esiste un movimento simile: si chiama Chrislam e, nato in Nigeria negli anni Ottanta del secolo scorso,  è formato da fedeli che riconoscono come testi sacri sia la Bibbia sia il Corano.
Vogliamo dunque diventare chrislamisti?
Per quanto mi riguarda la risposta è molto semplice: no, grazie!
Aldo Maria Valli

Lo scrittore anti-islam attacca: "Papa Francesco sta sbagliando tutto"

Boualem Sansal, che è l'autore di "2084", non ha dubbi: Papa Francesco, giustificando l'islam, sta sbagliando tutto. L'accusa dello scrittore


Boualem Sansal non ha alcun dubbio: Papa Francesco, dialogando con l'islam senza tenere conto delle distorsioni fondamentaliste, rischia di contribuire alla scomparsa della civiltà occidentale.
A riportare la riflessione dell'autore di "2084" è stato il quotidiano La Verità.
In queste prime fasi del 2019, Bergoglio è stato accusato da più parti: i cattolici conservatori sostengono che il Vaticano non stia affrontando il dramma della pedofila come dovrebbe. Almeno tre porporati hanno contraddetto il papa sulla radice degli abusi: il Santo Padre ha individuato nel "clericalismo" la causa principale degli scandali emersi. Per il cardinale Mueller, l'ex prefetto della Congregazione della Dottrina della Fede, volendo citare un caso, le due questioni non sono correlate, mentre per una parte di associazionismo laico le responsabilità vanno ricercate nella selezione dei futuri consacrati all'interno dei seminari. Ma è stato il viaggio in Marocco, quello che si terrà alla fine di marzo, ad alimentare a sua volta la polemica attorno all'operato del vescovo di Roma, più che la dialettica, e riguardo al dialogo interreligioso che il pontefice della Chiesa cattolica sta promuovendo con la religione musulmana.
Il simbolo scelto per la visita apostolica nella nazione africana ha sollevato qualche critica. Si tratta di una croce cristiana innestata all'interno di una mezzaluna islamica. I conservatori ritengono che la Santa Sede non debba lanciare alcun messaggio di subordinazione nei confronti di una confessione religiosa che - è una tesi che conosciamo - rimane molto distante da quella del Vecchio Continente. E della stessa opinione sembra Boualem Sansal quando scrive che il pontefice sembra avallare: "l' idea che un'alternanza religiosa in seno alla società sia una cosa possibile, dopo tutto, persino auspicabile, perché no? In politica - aggiunge lo scrittore - , l' alternanza al potere è un progresso democratico, perché non può essere lo stesso nella religione? Cambiare presidente o cambiare dio, che differenza fa?".
La pastorale del pontefice della Chiesa cattolica, insomma, alla stregua di un democraticismo esasperato, dove la fraternità religiosa assume un valore preponderante. Sembra averlo notato pure la massoneria spagnola, che ha ringraziato il Santo Padre via Twitter. Sansal, dal canto suo, pensa che l'ex arcivescovo di Buenos Aires stia facendo lo stesso errore delle cancellerie europee: "Non si può fare a meno di vedere - aggiunge lo scrittore nell'articolo pubblicato per Revue des Deux Monde - che il suo discorso è un 'copia e incolla' del discorso dei dirigenti occidentali, che parlano tutti dell' islam com' è conveniente parlarne, con deferenza, emozione e convinzione. Talvolta, egli va più lontano, come quando cita la violenza cattolica o persino quella coniugale per relativizzare la violenza islamica e in qualche modo scusarla...". Il Papa, in sintesi, avrebbe assunto l'atteggiamento di un leader buonista, ignaro dei pericoli comportati dal giustificazionismo.

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