(di Renato Cristin) Il tema dell’immigrazione è un fronte su cui si gioca una partita che riguarda il futuro del Cristianesimo in Europa. Detto in estrema sintesi: la Chiesa si trova oggi dinanzi a un dilemma dietro al quale si cela una possibile conseguenza drammatica.
Il dilemma: permettere o restringere l’ingresso in Europa di enormi masse di africani e medio-orientali che, oltre ad essere portatori di elementi culturali non assimilabili e in parte anche anti-europei, sono nella loro stragrande maggioranza di religione musulmana? La conseguenza: la forte variazione demografica farà sì che in pochi decenni ci sia una maggioranza musulmana in molti paesi europei, con le ovvie implicazioni sociali, politiche e appunto religiose.
Sul piano politico ci saranno movimenti di ispirazione islamica che competeranno con i vari partiti dello schieramento tradizionale europeo; sul piano sociale si avranno rivendicazioni sempre crescenti di autonomia legislativa in aree sempre più grandi del continente; sul piano religioso il Cristianesimo diventerà religione minoritaria e, data la carica ideologica con cui i musulmani aderiscono alla loro religione, essere cristiani diventerà una forma di testimonianza personale, anche rischiosa.
Un tempo i flussi migratori erano controllati e regolati dai vari governi nazionali, i quali decidevano quote e provenienze in base a esigenze interne e non a imposizioni esterne o estrinseche alle necessità del paese, esercitando cioè la loro normale sovranità, scegliendo immigrati compatibili con la propria identità in base appunto al principio dell’«immigrazione compatibile»: una scelta per il bene della collettività, per il bene dello Stato inteso come comunità vivente e organica di persone.
Ma l’accentuarsi della volontà ideologica sottesa alla teoria dei diritti umani ha progressivamente fatto scomparire questo principio, rifiutato e stigmatizzato oggi come espressione di razzismo: l’ONU vuole il riequilibrio demografico, ma impedisce che i singoli Stati lo decidano liberamente. E’ chiaro che si tratta di una posizione strumentale, finalizzata alla sostituzione.
In questo modo la questione migratoria viene trattata non solo in base a un’ideologia terzomondista, ma pure secondo un riduzionismo biologistico mascherato da egualitarismo solidale, che tradisce una concezione materialistica dell’uomo e un metodo positivistico di considerarlo. Incuranti delle differenze culturali, che sono l’aspetto più evidente delle differenze spirituali della vita, gli ideologi dell’ONU pianificano e appiattiscono, sradicano e rimescolano, come se stessero combinando elementi chimici o spostando oggetti inerti.
Trascurare queste diversità significa considerare l’uomo solo come entità numerica, oggettivandolo e de-individualizzandolo, negandogli quella differenza spirituale che ha formato i popoli, le loro religioni, le nazioni, la storia stessa.
Ora, al di là della giusta esortazione all’accoglienza dei profughi che fuggono dalla guerra, un’accoglienza che noi tutti sosteniamo convintamente, perché Papa Bergoglio è uno dei principali sostenitori dell’immigrazionismo positivistico targato ONU? Perché fornisce legittimazione religiosa e morale alla sostituzione? Perché nonostante la giusta critica all’uso indiscriminato della tecnica aderisce a un progetto palesemente tecnicistico?
Tutto ha inizio l’8 luglio del 2013, con il discorso di Lampedusa, nel quale, denunciando l’indifferenza verso i migranti che ha causato i morti in mare, il Papa chiedeva «perdono per coloro che con le loro decisioni a livello mondiale hanno creato situazioni che conducono a questi drammi», e al tempo stesso associava costoro a «Erode, che ha seminato morte per difendere il proprio benessere, la propria bolla di sapone. E questo continua a ripetersi» (Omelia in occasione della visita a Lampedusa, 8 luglio 2013).
Una durezza politica inusitata, che abbiamo visto spesso riaffiorare nei cinque anni successivi, fino alle recentissime dichiarazioni sulla «paura che rende pazzi» e che porta a costruire appunto «i muri della paura». In effetti, i migranti sono la preoccupazione storica ed etica principale del Pontefice, come dimostra la recentissima pubblicazione che raccoglie tutti i suoi interventi (fino al 2017) su questo tema.
A luglio 2018 viene ribadito l’impegno a favore dell’accoglienza, «un impegno di fedeltà e di retto giudizio che ci auguriamo di portare avanti assieme ai governanti della terra e alle persone di buona volontà. Per questo seguiamo con attenzione il lavoro della comunità internazionale per rispondere alle sfide poste dalle migrazioni contemporanee» (Omelia in occasione della Santa Messa per i migranti, 6 luglio 2018).
Viene qui evocato il Global Compact, per la cui adozione Papa Bergoglio si è speso pubblicamente e ufficialmente in varie occasioni, fino ad un discorso di poche settimane fa: «la Santa Sede si è adoperata attivamente nei negoziati e per l’adozione dei due Global Compacts sui Rifugiati e sulla Migrazione sicura, ordinata e regolare. In particolare, il Patto sulle migrazioni costituisce un importante passo avanti per la comunità internazionale che, nell’ambito delle Nazioni Unite, affronta per la prima volta a livello multilaterale il tema in un documento di rilievo. Nonostante la non-obbligatorietà giuridica di questi documenti e l’assenza di vari Governi alla recente Conferenza delle Nazioni Unite a Marrakech, i due Compacts saranno importanti punti di riferimento per l’impegno politico e per l’azione concreta di organizzazioni internazionali, legislatori e politici, come pure per coloro che sono impegnati per una gestione più responsabile, coordinata e sicura delle situazioni che riguardano i rifugiati e i migranti a vario titolo» (Discorso ai membri del Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede, 7 gennaio 2019).
Questa sintonia è stata sancita dalla presenza a Marrakech del Segretario di Stato cardinale Parolin, il quale, dichiarando che «poter migrare è un diritto», mentre «la non accoglienza non è un diritto» (Intervista a RaiNews24 del 13 dicembre 2019), ha fissato un punto di non ritorno, ergendo la Chiesa a garante religioso e spirituale della politica migratoria dell’ONU, giudice delle decisioni politiche dei singoli Stati in merito all’accoglienza.
Una convergenza ovvia, poiché l’humus politico da cui è sorto il Global Compact e quello in cui si sviluppano le odierne posizioni della Chiesa sui migranti presentano uno strato di contiguità stretta. A comporre infatti la frattura tra la laicità secolarizzata per molti versi ostile al Cristianesimo dell’ideologia-ONU e l’ineliminabile religiosità della visione bergogliana è la teologia della liberazione, mediatrice occulta ma indiscutibile fra queste due posizioni, perché in essa il marxismo è presente in modo coessenziale ed è stato rivitalizzato in forma nuova.
È proprio qui infatti che si mostra la saldatura fra la Chiesa di Bergoglio e l’ONU: entrambe tendono a sostituire l’uomo occidentale con un’umanità nuova, frutto del mescolamento di popoli e dell’indebolimento dell’Occidente tradizionale, esattamente come volevano i teologi della liberazione, che teorizzavano «un’altra forma di vita, completamente diversa da quella che oggi viene imposta», alla ricerca «di un’utopia universalizzabile storicamente», che porti alla nascita di un «uomo nuovo» che possa «sostituire l’uomo vecchio, che domina come ideale della cosiddetta civiltà cristiana, nordatlantica e occidentale» (I. Ellacuria, Utopia e profetismo, in Mysterium Liberationis, I concetti fondamentali della teologia della liberazione, trad. it. Roma 1992, p. 359).
L’esortazione papale ad «accogliere, proteggere, promuovere e integrare i migranti» senza riserve, non investe infatti solo la dimensione etico-religiosa, ma si colloca nel quadro sociale, politico e perfino istituzionale, elaborando proposte concrete e operative (Messaggio per la Giornata Mondiale del migrante 2018, 15 agosto 2017).
Se tuttavia, come accade nel Global Compact, ridurre le persone a masse e spostare queste ultime come se fossero pedine è positivistico, lo è anche una prospettiva che equipara una singola persona o piccoli gruppi di persone a grandi masse, perché nell’intenzione di accogliere l’altro si finisce per accogliere tutti, infrangendo i diritti personali stessi e imponendo l’accoglienza forzata, lasciando trasparire una concezione materialistica, in cui la differenza ovvero l’identità spirituale viene affossata esattamente come nel marxismo vengono abolite con la violenza le differenze sociali e soprattutto individuali.
Papa Bergoglio sembra smarcarsi da questa identificazione, ripetendo spesso che «i migranti non sono pedine sullo scacchiere dell’umanità» (Messaggio per la Giornata mondiale del migrante 2014, 5 agosto 2013), ma la volontà immigratoria che egli manifesta è propria di una concezione naturalistica che riduce lo spirito dei popoli (il Volksgeist) e delle singole persone ad agglomerato biologico, come sostiene la dottrina marxista dell’internazionalismo.
Se materialistica è l’impostazione del Global Compact su princìpi non negoziabili come il concetto di persona e la difesa della vita, l’adesione della Chiesa a questo patto è un compromesso in perdita, spiegabile con la priorità che Papa Bergoglio assegna alla lotta politica, a sua volta fondata sulla preesistente adesione al materialismo storico che la teologia della liberazione, abbandonando la metafisica e abbracciando l’azione sociale, aveva concretizzato.
Il Pontefice condanna il materialismo consumistico delle società capitalistiche, e tuttavia sostiene una forma di materialismo, quello appunto scientistico (la tecnoscienza delle migrazioni adottata dall’ONU), laicista e secolarizzante, che è infinitamente più deleterio del primo, schierando così la Chiesa su posizioni per essa sostanzialmente inedite, insostenibili e pericolose. Se la Chiesa diventa positivista, ad essere minacciato infatti è lo spirito, e se lo spirito viene disgregato, a subirne le conseguenze sarà il mondo stesso, Chiesa inclusa. (Renato Cristin)
teorema SEA WATCH
Per loro beneficio, copio e incollo:
Il personaggio intervistato dall’ottimo Machiavello è il fondatore di SeaWatch. Si chiama Harald Hopper o Hoppner, si diceva che aveva messo a disposizione 60 mila euro per comprare, insieme a un socio, un vecchio peschereccio olandese. “Questo 5 anni fa. Ora l’organizzazione ha oltre alle due unità navali (una battente bandiera olandese e l’altra neozelandese), un aereo che ha il compito di pattugliare dall’alto il Mediterraneo. Impossibile conoscere la provenienza dei soldi. Con un curiosità: tra i partner di Sea Watch e di Life Boat spicca la Fc St.Pauli, una società sportiva di Amburgo, che è stata la prima squadra a vietare l’ingresso allo stadio ai tifosi di destra”.
Naturalmente si vede subito che questo è un idealista animato da alti valori morali, che ha dedicato la vita al salvataggio e all’accoglienza dei poveri negri minorenni non accompagnati che sfuggono alle guerre e che affogano al largo delle coste libiche – si vede subito che non è quello che appare qui, un losco personaggio reticente e spaventato dall’essere stato scoperto, che deve telefonare a qualcuno prima di parlare – No, è una persona onesta e pulita. Si vede ad occhio: l’occhio con cui l’ex ministro Martina ha immediatamente visto che 17 negri della Sea Watch sono minorenni, ma appena appena – i quali infatti hanno confermato tutti di esere nati nel 2002. Lo hanno confermato al magistrato salito sulla nave. Ora, se il magistrato non sente di esesre stato preso per il k, affari suoi.
Però vediamo: se una ONG in cinque anni si compra una nave in più e un aereo privato, si può dedurre che il mestieree dei salvatori in mare rende? Parecchio? A meno che qualcuno paghi. Chi?
Comunque, un business in cui tutti vogliono entrare:
Possibile che magistratti, e i giornalisti che intervistano in ginocchio l’Apostolo del Bene Gino Strada, non ricordino che il luglio scorso si fece sfuggire una strana ammissione?
Comunque, un business in cui tutti vogliono entrare:
Possibile che magistratti, e i giornalisti che intervistano in ginocchio l’Apostolo del Bene Gino Strada, non ricordino che il luglio scorso si fece sfuggire una strana ammissione?
GINO STRADA: ‘La MOAS voleva 400mila euro per operare sulle loro navi’
Più specificatamente, il fondatore di Emergency ha sostenuto che l’organizzazione umanitaria operava in una barca di proprietà della ONG ‘Moas’ e pagava 150mila euro al mese. In seguito, la stessa MOAS ha richiesto dai 180 ai 230 mila euro e gli operatori di Emergency hanno accettato.
Più specificatamente, il fondatore di Emergency ha sostenuto che l’organizzazione umanitaria operava in una barca di proprietà della ONG ‘Moas’ e pagava 150mila euro al mese. In seguito, la stessa MOAS ha richiesto dai 180 ai 230 mila euro e gli operatori di Emergency hanno accettato.
Poco dopo, la stessa MOAS ha fatto sapere che la Croce Rossa era pronta a dare 400mila euro al mese e da allora l’organizzazione fondata da Strada è stata costretta a mollare”.
Se una organizzazione benefica volta a curare i feriti nel mondo spende 230 mila al mese per accogliere migranti, si può dire che essa “investe” quei quatrini perché si aspetta un “rendimento” magggiore? Quanto maggiore? Sicuramente più dei 400 mila che la Croce Rossa è disposta ad investire per stare su una nave ONG.
Magari è un teorema troppo azzardato riconoscere che lo scopo di lucro è un movente dei “salvataggi”? Basta spulciare sul web e trovare che : “Emergency, al 31 dicembre 2015, ha chiuso un bilancio dove i ricavi sono del 33% circa superiori al 2014. Gli utili sono di 7 milioni di euro. Ma la cosa che colpisce di più, su un bilancio di questa portata, è la “liquidità”. In pratica, quanto ha in “pancia”, di non investito, Emergency. Ben 19 milioni di euro: 13 milioni e 776mila euro in depositi bancari o postali”. Una Onlus da quotare in Borsa, commenta il giornalista.
Dev’esserci qualcosa di vero, perché (grazie Francesca Totolo che l’ha ricordato) la Sea Watch ebbe tanta furia di strappare alla Guardia Costiera libica i “migranti” che dettaguardia costiera aveva già recuperato, da provocare ” 5 migranti morti nel tentativo di raggiungere #SeaWatch. (Tutto confermato da @EUNAVFORMED_OHQ)
Fancesca Totolo può fornire ai magistrati una quantità di interessanti indizi
Ma facciamola corta.
Finalmente la Sea Watch ha ottenuto il permesso di attraccare in Sicilia e scaricare maggiorennni e i fanciulli, così duramente provati da 10 giorni a bordo , come è stato documentato dall’occhio infallibile di Martina, dalla Prestigiacomo, dalle decine di giornalisti che sono riusciti a commuoverci raccogliendo le voci di questi adolescenti e infanti non accompagnati. Grazie ai tg, abbiamo seguito giorno per giorno, col fiato sospeso, l’inesorabile intasarsi del terzo WC della nave, che avvicinava il momento dell’emergenza sanitaria che avebbe piegato lo spietato Salvini a consentire lo sbarco per sventare una strage epidemia da cacca infetta.
Finalmente la Sea Watch ha ottenuto il permesso di attraccare in Sicilia e scaricare maggiorennni e i fanciulli, così duramente provati da 10 giorni a bordo , come è stato documentato dall’occhio infallibile di Martina, dalla Prestigiacomo, dalle decine di giornalisti che sono riusciti a commuoverci raccogliendo le voci di questi adolescenti e infanti non accompagnati. Grazie ai tg, abbiamo seguito giorno per giorno, col fiato sospeso, l’inesorabile intasarsi del terzo WC della nave, che avvicinava il momento dell’emergenza sanitaria che avebbe piegato lo spietato Salvini a consentire lo sbarco per sventare una strage epidemia da cacca infetta.
Era imminente, signori, il “SOS da cesso intasato” – una novità assoluta nelle storie di mare e di costa, ignorata da Melville non meno che da Conrad, che entrambi conoscevano le funzioni del bugliolo…
Infine “l’Europa” ha consentito la spartizione dei 47 “migranti”. E dunque la Sea Watch avrà fretta di sbarcarli, direte voi – non fosse che per disintasare le toiletese. Invece no.
Il comandante della Sea Watch vuole sbarcae a Siracusa, dove c’è tanta accogliena pronta a festeggiarli. Il PDintero sul molo, trepidante per le foto opportunities.
Una volta ricevuto l’ordine di sbarcare a Catania,la nave ha avuto dei problemi. Qualcosa alle ancora, che non vogliono venire sù. Loro non hanno più tanta fretta di affidare il dolente carico umano alle cure dei medici e dei soccorritori. Mandano messaggi in cui si legge che hanno la morte nel cuore.
Infine “l’Europa” ha consentito la spartizione dei 47 “migranti”. E dunque la Sea Watch avrà fretta di sbarcarli, direte voi – non fosse che per disintasare le toiletese. Invece no.
Il comandante della Sea Watch vuole sbarcae a Siracusa, dove c’è tanta accogliena pronta a festeggiarli. Il PDintero sul molo, trepidante per le foto opportunities.
Una volta ricevuto l’ordine di sbarcare a Catania,la nave ha avuto dei problemi. Qualcosa alle ancora, che non vogliono venire sù. Loro non hanno più tanta fretta di affidare il dolente carico umano alle cure dei medici e dei soccorritori. Mandano messaggi in cui si legge che hanno la morte nel cuore.
Ci è stato chiesto di andare a Catania scortati dalla Guardia Costiera. Non siamo ancora partiti per un problema all’ancora che stiamo cercando di risolvere con 2 tecnici mandati dalla Capitaneria. Non ci è pervenuta comunicazione scritta su POS. Lo sbarco è previsto domattina.
14:13 – 30 gen 2019
14:13 – 30 gen 2019
Ovviamente stanno spingendo per il trasbordo dei migranti su motovedette italiane, per evitare “problemi”, commenta la Totolo, che è malfidente.
Perché a Catania il procuratore è Zuccaro. I “problemi”: temono che questo faccia sequestrare la nave, sai le spese.
Perché a Catania il procuratore è Zuccaro. I “problemi”: temono che questo faccia sequestrare la nave, sai le spese.
Poche ore dopo, rassegnati, dirigono verso Catania. E mandano un messaggio disperato che dice:
Sea-Watch International
@seawatch_intl
@seawatch_intl
We have to go to Catania now. That means, we are moving away from a port of safety, towards a port where there is a prosecutor, known for his agenda regarding sea rescue NGOs. If this is not a political move, we don’t know what is. We hope for the best and expect the worst.
14:55 – 30 gen 2019
14:55 – 30 gen 2019
@SeaWatchItaly: “Dobbiamo andare a #Catania.Ciò significa che ci stiamo allontanando da un porto sicuro, per un porto dove c’è un Procuratore noto per i suoi pregiudizio sulle ONG di salvataggio in mare” .
Giustamente la Totolo sottolinea cosa intenda la Sea Watch per “porto sicuro”: una concezione di “sicuro” mai prima indicata nelle marinerie di salvatori. Qualunque porto italiota, purché non sia Catania. Non è “sicuro”, quello.
…” Quindi un “porto sicuro” per #SeaWatch non è quello dove ha giurisdizione #Zuccaro? Da quando la Procura etnea tortura i migranti?
…” Quindi un “porto sicuro” per #SeaWatch non è quello dove ha giurisdizione #Zuccaro? Da quando la Procura etnea tortura i migranti?
Ma no, perché preoccuparsi. Ci sono i media già pronti a montare una campagna di linciaggio contro il procuratore Zuccaro, come hanno già fatto in passato. Ci sono mgistrati pronti a cassare le sue decisioni, per liberare le nave mandarle a raccogliere i negru, 800 mila, che aspettano sofferenti nelle carceri libiche, col telefonino in carica, il messaggio dell’ONG di riferimento. Si parte! Si parte”!
Appena arriva la primavera, la Sea Watch – dissequestrata per ordine del GIP o GAP o GUP – ne porterà 600 per volta.E poi altri 600, e seicento, e seicento. E sappiamo già come finirà, vero? Anzi, lo ha detto alla BBC proprio uno di loro povere vittime che scappano dalla guerra per venire da Martina:
Parla trafficante nigeriano: “Faccio un sacco di soldi, basta telefonare”, grazie a Ong – VIDEO
Lui è Igharo, un trafficante nigeriano che sta facendo soldi grazie si suoi colleghi delle ONG e dello Stato italiano. E’ stato intervistato dalla BBC, come una celebrità, e ha spiegato quanto sia facile, ormai, traghettare i clandestini verso l’Italia. E noi tutti sappiamo perché.
I soldi, tanti, li fa esportando in Italia migliaia di suoi connazionali: che non fuggono dalla guerra, ma pagano profumatamente lui e altri trafficanti, per attraversare prima il deserto del Sahara fino in Libia, poi sul barcone per poche miglia, fino alle navi delle Ong:
Quando gli è stato chiesto se sentisse quello che sta facendo come sbagliato, il nigeriano ha detto: “Non è sbagliato perché non costringo nessuno”. E ha ragione: pagano, e fanno parte della borghesia locale.
“Nessuno dei miei passeggeri è stato costretto a venire in Libia, la famiglie sono sempre state consapevoli del loro viaggio, anche quando sapevano che era 50/50 il rischio”.
Io non so ma chiedo ai magistrati esperti, se non vedono in questi fatti un “Teorema”.
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