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giovedì 3 gennaio 2019

“Il buio oltre la siepe”

Pell, un cardinale vittima di “razzismo” anticattolico?

Abbiamo più volte trattato della condanna per abusi risalenti agli anni ’90 del cardinale australiano George Pell (vedi anche qui). Questa interessante analisi di George Weigel, scrittore, biografo di S. Giovanni Paolo II e direttore per gli studi cattolici all’Ethics and Public Policy Center di Washington D.C, mette in luce, oltre alle già note contraddizioni relative al processo in cui questo si è svolto, l’atmosfera di pregiudizio anticattolico nei confronti del card. Pell, paragonandolo ad un altro che si celebrò negli Stati del Sud dell’America degli anni ’30.
Sottolinea anche una sospetta coincidenza temporale tra la sua incriminazione e i progressi che, su incarico di Papa Francesco, stava compiendo nel mettere ordine nelle finanze della Santa Sede.
Ecco l’articolo pubblicato il 31 dicembre scorso sul New York Post, tradotto per noi da Annarosa Rossetto.

Il cardinale George Pell, prefetto della Segreteria dell’Economia, fuori dall’Hotel Quirinale di Roma, 3 marzo 2016. Credit: Alexey Gotovskiy/CNA.
Nessuno con un minimo senso di giustizia può non indignarsi quando, ne “Il buio oltre la siepe”, una giuria a Maycomb, Alabama, si piega alla pressione sociale e condanna un uomo innocente per un crimine che non avrebbe potuto commettere.
Qualcosa di simile è avvenuto nel mondo reale il mese scorso a Melbourne, in Australia, dove il cardinale  George Pellè stato condannato falsamente e erroneamente per l’accusa di “pregressi abusi sessuali” risalenti agli anni ’90.
E’ difficile ricostruire i fatti riguardanti il caso a causa di un ordine di bavaglio ai media emesso dal giudice del processo. Pell, ex arcivescovo cattolico di Melbourne e Sydney e in seguito capo dell’ufficio finanziario del Vaticano, è stato per lungo tempo nel mirino di un giornalismo inferocito.
Il giudice del processo era giustamente preoccupato che l’apertura del procedimento avrebbe reso impossibile per Pell ottenere un processo equo per accuse che egli ha sempre negato con forza. Quell’ordine ha lasciato gli australiani a lungo al buio. Ma alcuni fatti sono noti e altri possono essere ragionevolmente dedotti.
Il primo processo al cardinale si era concluso senza che la giuria riuscisse a raggiungere il verdetto, con 10 dei 12 giurati a favore dell’assoluzione.
Nel nuovo processo, la difesa ha dimostrato nuovamente che era fisicamente impossibile che si fosse verificato il presunto abuso di due ragazzi del coro (uno ora deceduto), dati la planimetria e le misure di sicurezza della cattedrale cattolica di Melbourne e il fatto che il coro e Pell fossero in due luoghi diversi quando si presume che l’abuso si sia verificato.
Pell, inoltre, è stato sempre circondato da altre persone nella cattedrale quel giorno del 1996. Perché la polizia di Melbourne non si sia mai presa la briga di indagare su questi fatti a discolpa è uno dei tanti misteri in questa sordida faccenda.
La giuria del nuovo processo ha impiegato giorni per raggiungere un verdetto, durante il quale i giurati hanno chiesto al giudice processuale le istruzioni su come le prove dovessero essere prese in considerazione. Che un voto schiacciante per l’assoluzione al primo processo sia stato poi ribaltato in un verdetto unanime di colpevolezza, porta a concludere che la giuria ha scelto di ignorare le prove che i presunti crimini non potevano essere accaduti.
Le autorità legali possono discutere alcune delle curiosità del sistema di giustizia penale a Melbourne. Perché, ad esempio, un imputato non può richiedere un processo senza giuria con il solo giudice, quando un’atmosfera giudiziaria pregiudizievole rende virtualmente impossibile la selezione di una giuria imparziale?
Come può un crimine che si presume essere stato commesso 22 anni fa, essere sottoposto a processo senza alcuna prova che confermi che si sia verificato?
Come possono essere portate avanti delle accuse quando le autorità pubbliche avrebbero potuto facilmente determinare che il presunto abuso non sarebbe potuto accadere, perché le vittime e il presunto colpevole non sono mai stati a distanza ravvicinata, tanto meno da soli senza testimoni?
Qualsiasi giudizio sul verdetto Pell deve anche tenere pienamente conto dell’atmosfera in cui è stato giudicato il caso del cardinale. L’anti-cattolicesimo è un punto fermo della cultura australiana da decenni. I media locali hanno distorto a lungo la figura di Pell, un riformatore della Chiesa, presentandolo come un politico ecclesiastico assetato di potere, e quella caricatura lo ha reso un comodo capro espiatorio per i gravi crimini di altri sacerdoti e vescovi.
Eppure, come arcivescovo di Melbourne, Pell istituì il primo processo in Australia per indagare e risarcire le richieste di abusi sessuali da parte del clero. E come arcivescovo di Sydney, ha applicato a sé stesso dei protocolli rigorosi, facendosi da parte fino a quando le precedenti pretestuose accuse di abuso contro di lui non sono state investigate a fondo – e respinte – da una precedente corte suprema di giustizia australiana.
Per i partigiani di vario genere, tuttavia, nessuna delle pur efficaci opere di George Pell nel ripulire la Chiesa dall’orrore degli abusi sessuali aveva importanza.
I laicisti aggressivi non gli potevano perdonare il suo robusto cattolicesimo. La maggior parte dei progressisti cattolici non può tollerare la sua ortodossia. Alcuni dei nemici di Pell hanno avuto la correttezza di respingere le accuse contro di lui considerandole ridicole, e dopo la sua condanna alcuni hanno detto che era una buffonata. Ma la disgustosa atmosfera di Melbourne ricorda quella dell’Alabama rurale degli anni ’30.
Un altro aspetto di questo errore giudiziario meriterebbe un’indagine da parte di giornalisti intraprendenti. Pell è stato chiamato a Roma da Papa Francesco per ripulire le finanze del Vaticano, un’impresa erculea in cui stava facendo progressi. Poi, proprio mentre stava per arrivare a mettere le mani sulla corruzione più grave, che coinvolge centinaia di milioni di euro e i mondi ombra della finanza globale, sono state fatte queste accuse di abuso e Pell ha dovuto tornare in Australia per difendersi.
Questo tempismo è stato una pura e semplice coincidenza? A Roma i sostenitori degli sforzi riformatori di Pell con cui ho parlato pensano di no. Proprio come nella Maycomb di Harper Lee, c’è qualcosa di marcio in questa vicenda. E non è il personaggio del cardinale George Pell.
George Weigel, biografo di Giovanni Paolo II, tiene la cattedra William Simon in Studi cattolici presso l’ Ethics and Public Policy Center.
https://www.sabinopaciolla.com/pell-un-cardinale-vittima-di-razzismo-anticattolico/

Cina, arrestati collaboratori di Bitter Winter per aver fatto conoscere la repressione cinese verso le religioni

Su questo blog abbiamo più volte parlato della repressione attuata dal regime del Partito Comunista Cinese nei confronti dei cattolici, a motivo della loro fede. Tali notizie, spesso, le abbiamo prese dal sito di Bitter Winter (si veda, ad esempio, quiquie qui). Ora ci giunge la triste notizia che almeno 45 collaboratori di questo sito sono stati arrestati, rieducati, torturati e persino scomparsi. 
Di questa notizia ce ne parla Lin Yijiang in questo articolo che vi proponiamo.
Mani incatenate
In agosto, i vertici del Partito Comunista Cinese (PCC) hanno indicato Bitter Winter come «sito web straniero ostile» per avere pubblicato documenti segreti e informazioni sulla repressione contro le religioni e sulla violazioni dei diritti umani di cui il PCC è responsabile. Le autorità si sono poi vendicate sabotando più volte il nostro sito, e anche prendendo di mira reporter e collaboratori.

Infatti, a partire appunto da agosto, almeno 45 collaboratori di Bitter Winter che operano sul territorio cinese sono stati arrestati per avere filmato episodi di persecuzione religiosa e di violazione dei diritti umani da parte del PCC, o per averne dato notizia. Di solito i reporter vengono arrestati e interrogati con l’accusa di avere «divulgato segreti di Stato» oppure per «complicità nell’azione d’infiltrazione operata da forze straniere». Alcuni di loro sono stati inviati in «centri per l’educazione giuridica» per essere sottoposti a corsi obbligatori di indottrinamento, mentre altri sono stati torturati e abusati.

In generale, il PCC ha intensificato gli attacchi contro la libertà di stampa e contro chiunque denunci le violazioni dei diritti umani in Cina. Questo dicembre Reporters Without Borders, una associazione no-profit con sede a Parigi, in Francia, ha pubblicato un rapporto in cui la Cina figura come il Paese con il più elevato numero di giornalisti in carcere. Almeno 60 persone tra giornalisti professionisti e amatoriali sono infatti state arrestate arbitrariamente. Ma il controllo rigido esercitato dalle autorità cinesi sull’informazione pubblica rende complicato riuscire a documentare la situazione di ogni singolo giornalista scomparso: il numero potrebbe quindi essere purtroppo anche maggiore.

L’attacco ai nostri reporter ha duramente colpito Bitter Winter. A metà ottobre due nostri collaboratori sono stati arrestati nella provincia del Fujian, sulla costa sudorientale del Paese. Sono ancora in prigione. Sono stati definiti «persone di primo livello» che necessitano di essere tenute sotto osservazione particolare e quindi non hanno diritto alle visite dei familiari. Secondo informazioni raccolte all’interno del sistema repressivo cinese, la polizia li ha torturati entrambi.

Un altro nostro corrispondente, attivo nella regione dello Xinjiang, è riuscito, settimane fa, a realizzare un’inchiesta esclusiva sui campi per la trasformazione attraverso il lavoro, compresa la loro struttura interna. L’uomo è stato arrestato a fine settembre. Che fine abbia fatto ancora non si sa.

Una volta rilasciati, alcuni dei nostri collaboratori, hanno riferito degli interrogatori subiti. Uno racconta di essere stato apostrofato così: «Sei in Cina e quindi devi rispettare le leggi cinesi. Se lo Stato ritiene che tu le abbia violate, allora tu le hai violate. Se vuole condannarti a morte, per il Partito sarà come schiacciare una formica». E ancora: «Raccogliere questi materiali e raccontare questi eventi è sovversione contro il potere dello Stato; è spionaggio».

Un altro collaboratore ancora ha aggiunto: «Fornire queste notizie è molto pericoloso, ma dobbiamo far conoscere a tutto il mondo la realtà delle persecuzioni praticate dal PCC contro le fedi e gli abusi dei diritti umani che esso commette. Il Partito deve essere condannato e fermato. Penso che ce la farò e che continuerò a informare».

By |gennaio 3rd, 2019|

7 commenti:

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