ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

sabato 26 gennaio 2019

Il prezzo di questo doppio gioco

La Madonna è nata santa


Un aspetto della predicazione di Papa Francesco che suscita disagio è la sua apparente tendenza a contraddirsi, causata dal fatto che pare che egli concepiscail messaggio evangelico non nella categoria dell’universalità, ma in quella della diversità, non in quella dell’unità, ma in quella della molteplicità. E’ l’immagine della Chiesa a lui cara del poliedro e non della sfera. Non tuttraggi uguali chescondun centro, muna pluralità di facce coordinate tra di loro nelldiversità.

Sembra allora che per lui predicare a tutti non voglia dire predicare a ciascuno lo stesso messaggio identico per tutti, ma, col pretesto di predicare un messaggio adatto a ciascuno, per rendersgradito a ciascuno, e per un malinteso bisogno diaccontentare ciascunoe dire ciò che piace a lui, benché tra gli uomini esistano contradditorie idee o esigenze, non si fscrupolddire a Tizio che A è B e a Caio che A non è B.
E così tutti dovrebbero essercontenti e soddisfatti per l’aperturmentale del Papa e laccoglienzchil Papaloro riserva. «Nella Chiesa, come egli dice, c’è posto per tutti».Ma il prezzo di questo doppio gioco – che tale almeno appare–non è troppo alto? 
Dove finisce il «sì sì no no» predicatda Cristo? 
Chne è del principio dnon contraddizione e della coerenznel parlare e nel pensare? È la verità che deve conformarsi a noi, assumendo mille facce, o siamo noi che dobbiamo conformarci all’unica verità, una per tutti?
Questa incoerenza, questa apparente doppiezza o volontà di accontentare cattolici ed eretici, questo apparente considerare il falso non contrario, ma semplicemente diverso dal vero, quasi che esista un diritto alla falsità come esiste un diritto alla verità, tutto ciò sembrerebbe ispirato al modo rahneriano di concepire l’ecumenismo, ossia non come appello ai fratelli separati ad entrare nella piena comunione con la Chiesa cattolica, accogliendo tutti i dogmi della fede, secondo il dettato del decreto conciliare Unitatis Redintegratio (n.3), ma come decisione della Chiesa di esigere da tutti cristiani l’adesione a quei dogmi che tutti già condividono, cattolici ed eretici, mentre concedere libertà dipensiero riguardo a quei dogmi che sono accoltsolo dai cattolice non dai luterani, nel senso che la Chiesa, nei confronti dei luterani dovrebbeaccontentarsi che accettini dogmi che già noi cattolici abbiamoin comuncon loro.
In tal modo i luterani sarebbero liberi dcontinuare a rifiutare quei dogmi che respinse Lutero, e tra questc’è appunto il dogma dell’Immacolata. Per questo, per un luterano dire chla Madonna non è nata santa nofàalcundifficoltà,mentre è uneresia per il cattolico, salvo le precisazionche darò, ma chepurtroppil Papa, nel contesto di quelle parole, non fa; per cui,
per sapere esattamente il vero pensiero del Papa, bisogna andare a queidiscorsi dove testimonia chiaramente la fede nel dogma.
Così parlando ai cattolici l’8 dicembre scorso dice che la Madonna è immacolata, ma nel discorso successivo del 21 ai dipendenti della Santa Sede e dello Stato della Città del Vaticano, in occasione degli auguri natalizi, riferendosi a S.Giuseppe e alla Madonna, ha detto che «santi non si nasce, si diventa, e questo vale anche per loro». La Madonna, dunque, non è nata santa, ossia, a quanto sembra, non è immacolatae così è accontentato anche chi non crede a questo dogma.
Se queste parole possono sorprendere e creare disagio, occorre tuttavia tener presente che non c’è da dubitare della fede di Papa Francesco nel dogma dell’Immacolata, fede che egli ha espresso con perfetta chiarezza in più occasioni, per esempio nell’Angelus della Solennità dell’Immacolata del 2015 con le seguenti parole:
«Oggi, la festa dell’Immacolata ci fa contemplare la Madonna che, per singolare privilegio, è stata preservata dal peccato originale fin dal suo concepimento. Pur vivendo nel mondo segnato dal peccato, non ne viene toccata: Maria è nostra sorella nella sofferenza, ma non nel male e nel peccato. Anzi, il male in lei è stato sconfitto prima ancora di sfiorarla, perché Dio l’ha ricolmata di grazia (cfr Lc 1,28). L’Immacolata Concezione significa che Maria è la prima salvata dall’infinita misericordia del Padre, quale primizia della salvezza che Dio vuole donare ad ogni uomo e donna, in Cristo. Per questo l’Immacolata è diventata icona sublime della misericordia divina che ha vinto sul peccato».
Oppure all’Angelus dell’8 dicembre 2017:
«Oggi contempliamo la bellezza di Maria Immacolata. Il Vangelo, che narra l’episodio dell’Annunciazione, ci aiuta a capire quello che festeggiamo, soprattutto attraverso il saluto dell’angelo. Egli si rivolge a Maria con una parola non facile da tradurre, che significa “colmata di grazia”, “creata dalla grazia”, «piena di grazia» (Lc 1,28). Prima di chiamarla Maria, la chiama piena di grazia, e così rivela il nome nuovo che Dio le ha dato e che le si addice più del nome datole dai suoi genitori. Anche noi la chiamiamo così, ad ogni Ave Maria.
Che cosa vuol dire piena di grazia? Che Maria è piena della presenza di Dio. E se è interamente abitata da Dio, non c’è posto in lei per il peccato. È una cosa straordinaria, perché tutto nel mondo, purtroppo, è contaminato dal male. Ciascuno di noi, guardandosi dentro, vede dei lati oscuri. Anche i più grandi santi erano peccatori e tutte le realtà, persino le più belle, sono intaccate dal male: tutte, tranne Maria. Lei è l’unica “oasi sempre verde” dell’umanità, la sola incontaminata, creata immacolata per accogliere pienamente, con il suo “sì”, Dio che veniva nel mondo e iniziare così una storia nuova».
Espressioni equivoche del genere di quelle pronunciate il 21 dicembre, decisamente infelici, necessitano di un’attenta interpretazione, basata su di un’opportuna distinzione riguardante il concetto di santità, per cui bisogna dire: se per «santità» intendiamo lo stato di grazia, allora certamente Maria è santa non solo dalla nascita, ma dal suo concepimento. Se invece per «santità» intendiamo la pienezza finaldi santità, che ciascuno è tenuto a realizzare alla fine della sua vita, allora è chiaro che questa santità non è appartenuta alla nascita neppure alla Madonna, la quale, per tutto il corso della sua vita, ha dovuto crescere in questa santità, fino a giungere al culmine terreno finale, che corrisponde al momento della sua assunzione in cielo. Quindi è chiaro che prendendo la santità in tal senso, Maria non è nata santa.
La santità originaria di Maria è designata col termine «immacolatezza», partendo dalla metafordel peccato come macchia o come sporcizia, ossia come di qualcosa di estraneo e posticcio, che si aggiunge  al soggetto accidentalmente offuscandone la bellezza o mettendone in pericolo la salute o le condizioni igieniche. L’acqua è simbolo intuitivo della grazia battesimale, che purifica e toglie la macchia del peccato. Maria non ha avuto bisogno di essere lavata, perché era pulita sin dal momento della concezione.
È perfettamente vero che Maria, per tutto il corso della sua vita terrena, è cresciuta o hprogredito continuamente nellsantità, senza mai fermarsi o retrocedere, come invece capita a noi. Lsua santi è aumentata di giornoingiorno fino al culmine raggiunto al termine della suvita mortale. Ciò non contrasta affatto con lsua originaria immacolatezza.
Maria è così passata da una santità iniziale ad unsantità finale, molto più ricca della prima. E in ciò la suasantità assomigliallnostracon ldifferenza che noi partiamo da uno stato di colpa ereditato dal peccato originale, colpa chedev’essere tolta dal battesimo, e nasciamo con miserie e con cattivinclinazioni conseguenti al peccato originale, mentre Maria è partita con tutte le inclinazioni buone e da uno stato di grazia, la quale grazia non ha fatto che crescere per tutto il corso della sua vita.
E se Maria è stata soggetta alla sofferenza, che è di per sé conseguenza del peccato originale, ciò Dio non lo ha voluto come questa conseguenza, ma solo – così come ha fatto con suo Figlio – perché lei, innocentissima, potesse essere partecipe e collaboratrice della Croce redentrice del Figlio suo e collaboratrice del Padre.
Una cosa da notare è che limmacolatezza di Maria è strettamente unita alla sua verginità ed alla sua maternità divina. L’una e l’altra, immacolatezza e verginità, sono le condizioni della sua maternità. Per essere vicini a Dio, Essere santissimo, il «Santo dei santi», fonte e culmine di ogni santità, occorre essere santi, così come è solo il caldo che è vicino al fuoco e qualcosa è caldo perché è scaldatdalfuoco. Ora, tra tuttlcreature, esclusa l’umanità di Cristo, nessuna è più vicina a Dio di Maria, essendone la Madreed essendo dtuttlcreature la piùvicina al fuoco divino, è lpiù calda, ossia è lpiù santa. Ma esser vicini Divuol direassomigliara Lui, comgià aveva intuìto Platone, confermato da S.Giovanni (I Gv 3,2).
La santità ha la sua espressione massima nella carità. L’orizzonte nel quale si esercita la carità di Maria è  la verginità e la maternità. Voglio qui concentrare l’attenzione sulla castità di Maria, considerando l’estrema attualità della problematica e della tematica attinenti  oggi alla sessualità umana.
La castità, in generale, è temperanza, dominio di sé, controllo razionale dell’istinto sessuale, che può attuarsi o nell’astinenza, come i religiosi e i sacerdoti, o nel sano esercizio dell’atto sessuale, come nel matrimonio, essere «una sola carne», «dialogo corporeo»,  come diceva S.Giovanni Paolo II. La castità è amore, è purezza, integrità, incorruzione, completezza, armonia, perfezione, dedizione, dono di sé, segno escatologico.
La verginità di Maria, come risulta chiaramente dal suo proposito espresso all’Angelo (Lc 1,35), non è una semplice «verginità spirituale». Certo, innanzitutto è questo; ma non è solo questo, come farneticano alcuni, ma è una vera e propria verginità fisicaante partum, in partu post partum. Questa è verità di fede.
Questa verginità rappresenta il fatto che lo spirito, nel comunicare con un altro spirito, penetra ed attraversa la materia, supera la sua impenetrabilità fisica l’ostacolo frapposto dalla materia. La comunione spirituale crea un’interpenetrazione tri due comunicanti, sì da formare, al limite, almeno intenzionalmente, una cosa sola.Viceversa, i corpi, anchquando sunisconointimamente in perfetta corrispondenzreciproca, come per esempio nell’unione sessuale o nei composti chimici, non possono fondersicompletamente trdloro, ma l’uno resta sempre fuori dell’altro.
È chiaro, quindi, che quando Gesù parla dell’unione tra l’uome ldonna comedi «una sola carne» (Gen 2,24), non vuol dire che Paolo non resti Paolo e Francesca non resti Francesca. Quando invece chiede al Padre che i discepoli «siano una cosa sola» (Gv 17,21-22), chiede un’unità intenzionalmente assoluta, pur restando sempre ovviamente la distinzione reale degli individui tra di loro e da Dio.
Così i Padri hanno osservato che Cristo esce dal seno di Maria (in partulasciando integro e intatto il suo imene(post partum), perché in precedenza (ante partum) in quel seno era già entrato lo Spirito Santo per fecondarla, senznulltoccare o mutare o corrompere. Similmente Gesù Risorto entra nel cenacolo passando attraverso la porta chiusa.
Per questo, Maria viene chiamata «hortus conclusus» (Ct 4,12). Ella apre a Dio e non all’uomo, non perchèdisprezzi il contatto con l’uomo, ma perché lo stima tanto, che, nella sua insuperabile vicinanza a Dio e nella sua verginità,  vuol farsi mediatrice e santificatrice del retto rapporto uomo-donna. Non ha voluto conoscere uomo, per ottenere a tutti un amore casto.  Come il suo divin Figlio, la Madonna non ha bisogno di purificare se stessa, ma purifica gli altri.
D’altra parte, quando Cristo dice che Dio è Padre, non intende dire che è maschio; per cui, per generare il Figlio – qui Maometto ha equivocato –, il Padre non ha bisogno di unirsi fisicamente a una donnae sarebbe blasfemil solo pensarlodatche Dio è purissimo Spirito senza materia e genera il Figlio solo spiritualmente. Per cui Maria è certamente fecondata, ma solo per opera dello Spirito Santo, che è il Germe fecondante del Padre.
Qui sta la spiegazione radicale dellscelta verginaldi Maria: «non conosco uomo» (andra u ghinoskoLc 1,35). Maria abbraccia la verginità perché sente in lei fortissimo il desiderio, l’«infocato desiderio», direbbe S.Caterina, di unione con quel Dio Spirito, che può essere compreso, gustato e avvicinato solo dagli amanti dello spirito, a prescindere dal sesso.
La verginità di Maria è certo modello dell’astinenzsessuale consacrata, siessail voto dcastità del Religioso o ilcelibato sacerdotale. Ma a guardar le cose più da vicino, ci accorgeremo che c’è una grande differenza di motivazione fra le due scelte. Mentre, come ho detto, Maria è motivata dal suo bisogno del Dio Spirito – è la Donna dello Spirito Santo –,  in uno stato di vita santa, che prosegue lo stato edenico, la castità consacrata di chi vive nello stato di natura decaduta, è motivata dal bisogno di una superiore libertà spirituale, che viceversa è ostacolata dalla ribellione della carne. Da qui la necessità del pudore, della cautela, della disciplina, delle penitenze, delle austerità, della rinuncia, dell’ascesi, del sacrificio, della mortificazione, della fuga dalle occasioni.
Occorre fare molta attenzione a non fraintendere l’immacolatezza verginale di Maria. Un antico inno mariano loda la Madonna con queste parole: «Inviolata, intacta et casta es, Maria». L’impressione che possono far sorgere è che esse facciano riferimento a un’idea, secondo la quale l’unione sessuale tra uomo e donna comporterebbe unacerta quale impurità, violazione o corruzione, mentrelverginità sarebbe segno di purità, immacolatezza, incorruttibilità ed inviolabilità.
Non dobbiamo dimenticare, invece, se ce ne fosse bisogno, che la castità consacrata non supponl’idea platonica che l’anima deve liberarsi dal corpo, ma al contrario l’astinenza è praticata proprio in vista di preparare le condizioni morali e psicologiche della resurrezione. Per essa si è certi di ritrovare il «centuplo» (Mt 19,29) di quell’uno che per amore di Cristo si è lasciato.
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