Cari Stilumcuriali, Romana Vulneratus Curia (RVC) ha letto l’introduzione del card. Gualtiero Bassetti, Presidente della CEI, alla riunione dei vescovi. E ha voluto commentarla, almeno per quanto riguarda alcune parti. Leggete, e poi troverete alla fine una piccola aggiunta di Stilum Curiae relativa ai migranti. E a quello che dice il premier di Malta sulle ONG. Non Salvino, il premier di Malta. Forse Bassetti, la CEI accogliente, il suo organo di stampa, Avvenire farebbero bene a leggerle, quelle parole. Che, guarda caso, riguardano i trafficanti e la tratta dei nuovi schiavi…E grazie alla generosità d Lector, vi offriamo anche un sorriso (amaro…).
Caro Tosatti, il Presidente della Cei, card.Bassetti sembra essere in campagna elettorale, con un curioso e disordinato eccesso di esposizione. Soprattutto oggi 14 gennaio nel discorso introduttivo al Consiglio permanente CEI leggiamo (su VaticanInsider e Avvenire) ben tre sue comunicazioni che probabilmente potrebbero esser così interpretate:
1°- Ringraziando il Premier Conte per non aver aumentato le tasse sugli enti no profit, sembra gettare un ponte pre-elettorale ai 5stelle. (forse sa che la maggioranza dei 5stelle viene dal volontariato no profit?). Vuole forse strizzare l’occhiolino ai 5stelle per la costituzione del partito CEI per le prossime elezioni in versione anti Lega? Mi sa di si.
2°-Aprendo il consiglio permanente CEI, Bassetti scopre che l’Italia è nel Mediterraneo, dimostrando così di conoscere la geografia. Ma nello scioglilingua successivo dimostra anche di non essere esperto di retorica e di aver un modesto consigliere – ghost writer – che gli fa proferire frasi vuote strappasentimenti e annegapensieri, persino superiori alla retorica del senatore La Pira nei bei tempi passati. Frasi retoriche che lasciano intuire un’ansia di voler dire tanto, senza saper che cosadire (si legga sotto).
3°- Appellandosi ai “liberi e forti” si appropria poi di don Sturzo, lasciando supporre la volontà di voler arrivare a governare, lui, il Paese.
Comunque le considerazioni finali sono tre, come le tre comunicazioni del Presidente Cei. Prima: un alleanza con i 5stelle se la merita proprio. Seconda: Bassetti ora rischia che Tornielli faccia leggere a papa Bergoglio questo testo, chiedendogli che cosa ne capisce. Terza: Bassetti, pensando di fare il partito CEI (con i 5stelle) anti Lega, non sa che di fatto le elezioni diverrebbero un referendum su Papa Francesco. Se a questo punto Tornielli spiega al Papa tutti i rischi dei danni bassettiani alla sua chiesa, il Papa ci rimanda Galantino…
E poi un ultima osservazione sulla frase di don Sturzo. L’unico vero “libero e forte “che don Sturzo probabilmente apprezzerebbe in questo momento è mons, Carlo Maria Viganò.
Fino a qui Romana Vulneratus Curia, Ed ora, in inglese e in italiano, il Premier Muscat, da Maltatoday:
It is unacceptable for NGO rescue ships to ‘advertise’ their position outside Libyan waters, an action which prompts smugglers to send migrants out to sea, Joseph Muscat said.
The Prime Minister said Malta had no problem with rescue operations being undertaken by NGO groups but insisted they should abide by the law.
“There are instances when some of these NGOs try to make a political point by attempting to reach migrant boats before the Libyan coastguard even though the people on board may not be in a precarious state,” Muscat said.
E ‘inaccettabile che le navi di soccorso delle ONG “pubblicizzino” la propria posizione al di fuori delle acque libiche, un’azione che spinge i trafficanti a mandare i migranti in mare, ha detto Joseph Muscat.
Il primo ministro ha detto che Malta non ha avuto problemi con le operazioni di salvataggio intraprese da gruppi di ONG ma ha insistito sul fatto che dovrebbero rispettare la legge.
“Ci sono casi in cui alcune di queste ONG cercano di fare un punto politico tentando di raggiungere le imbarcazioni dei migranti prima della guardia costiera libica, anche se le persone a bordo potrebbero non essere in uno stato precario”, ha detto Muscat.
Oggi è il 139° giorno in cui il pontefice regnante non ha, ancora, risposto.
Quando ha saputo che McCarrick era un un uomo perverso, un predatore omosessuale seriale?
È vero o non è vero che mons. Viganò l’ha avvertita il 23 giugno 2013?
Joseph Fessio, sj: “Sia un uomo. Si alzi in piedi, e risponda”.
Marco Tosatti
http://www.marcotosatti.com/2019/01/16/rvc-il-card-bassetti-in-campagna-elettorale-chiesa-ong-e-la-tratta/
I vescovi tornino ragionevoli sull'immigrazione
Recentemente si sono alzate alcune voci ecclesiastiche interessanti, riguardo il problema dell'immigrazione.
Su la Verità è intervenuto mons. Crepaldi, Vescovo di Trieste: "Bisogna distinguere tra le situazioni di fatto e quelle di diritto. Può darsi che il fenomeno delle migrazioni di fatto continui, ma nessuno può dire che sia di per sé un bene. [...] I vescovi dell'Africa invitano i loro giovani a non emigrare, e la dottrina sociale della Chiesa dice che esiste prima di tutto un diritto a "non emigrare" e a rimanere nella propria nazione e presso il proprio popolo. Del resto, si sa che dietro la marea migratoria si celano molti interessi anche geopolitici. Le migrazioni quindi non sono un bene in sé. Dipende se servono il bene dell'uomo o no".Inoltre, dice Crepaldi: "L'evangelizzazione e la promozione umana vanno insieme. Questo vuol dire anche che la promozione umana non può sostituire l'evangelizzazione. Accogliere e integrare può essere un obiettivo della politica, ma la Chiesa ha un obiettivo che va oltre: annunciare Cristo. Ritengo che oggi ci sia la tentazione a fermarsi prima dell'annuncio ".
Dice mons. Michele Crociata, siciliano e studioso dell'Islam (da non confondere con il vescovo di Latina, Mariano Crociata), a la Fede quotidiana: "Per la Chiesa effettivamente lo straniero non esiste e siamo tutti uguali davanti a Dio, senza distinzioni. Per cui giustamente la Chiesa ragiona seguendo i suoi postulati. Tuttavia, quello migratorio è un fatto che va guidato dallo Stato e dalle sue leggi e dunque la Chiesa non può e non deve interferire senza indicare allo Stato come gestire questo fenomeno, non le compete. Aggiungo che il Catechismo della Chiesa dice espressamente che si fa carità e dunque si accoglie, secondo le reali ed effettiva disponibilità. [...] Inoltre uno Stato che si rispetti deve avere cautela nel valutare e controllare chi entra, chi è e da dove viene, se ne ha diritto”.
Da notare anche la posizione sull'Islam (ricordiamo che Francesco sta per recarsi in Marocco dove ci si aspetta che darà fondo al peggior armamentario ecumenista). A domanda del giornalista sulla posizione dell'attuale pontefice, mons. Crociata risponde: "Mi sorprende che non abbiamo mai definito come islamico il terrorismo quando rivendicato e compiuto nel nome di quel credo. Probabilmente, venendo dall’Argentina, non conosce bene l’ islam o mantiene una linea di prudenza estrema".
(Intervista che invitiamo a leggere per intero qui).
Obiezione di coscienza?
Recentemente il cardinal Bagnasco ha evocato l'obiezione di coscienza riguardo il decreto sicurezza e le novità introdotte dal governo sull'immigrazione. Dice il presidente dei vescovi europei e arcivescovo di Genova che i sindaci "dovranno prendere le loro decisioni, verificarle ai livelli giusti. L’obiezione di coscienza è un principio riconosciuto. Ognuno prenderà le proprie decisioni, nel rispetto naturale dell’ordinamento".
Invocare l'obiezione di coscienza è una mezza assurdità, perché questo diritto la Chiesa lo ha sempre invocato in ambito di principi non negoziabili, principalmente su aborto ed eutanasia, dove c'è di mezzo la vita umana e l'opinione cattolica è univoca e dettata da verità di fede incontrovertibili. Va inoltre detto che Salvini pronunciò parole molto simili in occasione della legge Cirinnà, ma non ci pare che l'episcopato lo sostenesse.
Il buon Bagnasco, che su questo blog abbiamo spesso sostenuto, ha purtroppo forzato uno slittamento semantico che risulta improprio. Si parla di slittamento semantico quando nel corso dei decenni una parola evolve nel significato. L'obiezione di coscienza passa in questo caso dall'essere la pratica per cui non si accetta una legge assolutamente sbagliata ad essere il rifiuto di una legge che semplicemente non piace.
Eppure sulla questione dell'immigrazione la Chiesa ha sempre avuto una posizione estremamente prudente, o meglio ce l'aveva fino a qualche anno fa, prima dell'era PapaFrancesco.
Ad oggi, va sottolineato, una parte preponderante dell'episcopato africano denuncia l'emigrazione delle energie migliori come l'ennesimo impoverimento che inficerà il futuro del continente. Un'operazione coloniale bella e buona. Sarebbe ora che in Italia si recuperi l'antica ragionevolezza che, per fortuna, non è scomparsa del tutto.
Su la Verità è intervenuto mons. Crepaldi, Vescovo di Trieste: "Bisogna distinguere tra le situazioni di fatto e quelle di diritto. Può darsi che il fenomeno delle migrazioni di fatto continui, ma nessuno può dire che sia di per sé un bene. [...] I vescovi dell'Africa invitano i loro giovani a non emigrare, e la dottrina sociale della Chiesa dice che esiste prima di tutto un diritto a "non emigrare" e a rimanere nella propria nazione e presso il proprio popolo. Del resto, si sa che dietro la marea migratoria si celano molti interessi anche geopolitici. Le migrazioni quindi non sono un bene in sé. Dipende se servono il bene dell'uomo o no".Inoltre, dice Crepaldi: "L'evangelizzazione e la promozione umana vanno insieme. Questo vuol dire anche che la promozione umana non può sostituire l'evangelizzazione. Accogliere e integrare può essere un obiettivo della politica, ma la Chiesa ha un obiettivo che va oltre: annunciare Cristo. Ritengo che oggi ci sia la tentazione a fermarsi prima dell'annuncio ".
Dice mons. Michele Crociata, siciliano e studioso dell'Islam (da non confondere con il vescovo di Latina, Mariano Crociata), a la Fede quotidiana: "Per la Chiesa effettivamente lo straniero non esiste e siamo tutti uguali davanti a Dio, senza distinzioni. Per cui giustamente la Chiesa ragiona seguendo i suoi postulati. Tuttavia, quello migratorio è un fatto che va guidato dallo Stato e dalle sue leggi e dunque la Chiesa non può e non deve interferire senza indicare allo Stato come gestire questo fenomeno, non le compete. Aggiungo che il Catechismo della Chiesa dice espressamente che si fa carità e dunque si accoglie, secondo le reali ed effettiva disponibilità. [...] Inoltre uno Stato che si rispetti deve avere cautela nel valutare e controllare chi entra, chi è e da dove viene, se ne ha diritto”.
Da notare anche la posizione sull'Islam (ricordiamo che Francesco sta per recarsi in Marocco dove ci si aspetta che darà fondo al peggior armamentario ecumenista). A domanda del giornalista sulla posizione dell'attuale pontefice, mons. Crociata risponde: "Mi sorprende che non abbiamo mai definito come islamico il terrorismo quando rivendicato e compiuto nel nome di quel credo. Probabilmente, venendo dall’Argentina, non conosce bene l’ islam o mantiene una linea di prudenza estrema".
(Intervista che invitiamo a leggere per intero qui).
Obiezione di coscienza?
Recentemente il cardinal Bagnasco ha evocato l'obiezione di coscienza riguardo il decreto sicurezza e le novità introdotte dal governo sull'immigrazione. Dice il presidente dei vescovi europei e arcivescovo di Genova che i sindaci "dovranno prendere le loro decisioni, verificarle ai livelli giusti. L’obiezione di coscienza è un principio riconosciuto. Ognuno prenderà le proprie decisioni, nel rispetto naturale dell’ordinamento".
Invocare l'obiezione di coscienza è una mezza assurdità, perché questo diritto la Chiesa lo ha sempre invocato in ambito di principi non negoziabili, principalmente su aborto ed eutanasia, dove c'è di mezzo la vita umana e l'opinione cattolica è univoca e dettata da verità di fede incontrovertibili. Va inoltre detto che Salvini pronunciò parole molto simili in occasione della legge Cirinnà, ma non ci pare che l'episcopato lo sostenesse.
Il buon Bagnasco, che su questo blog abbiamo spesso sostenuto, ha purtroppo forzato uno slittamento semantico che risulta improprio. Si parla di slittamento semantico quando nel corso dei decenni una parola evolve nel significato. L'obiezione di coscienza passa in questo caso dall'essere la pratica per cui non si accetta una legge assolutamente sbagliata ad essere il rifiuto di una legge che semplicemente non piace.
Eppure sulla questione dell'immigrazione la Chiesa ha sempre avuto una posizione estremamente prudente, o meglio ce l'aveva fino a qualche anno fa, prima dell'era PapaFrancesco.
Ad oggi, va sottolineato, una parte preponderante dell'episcopato africano denuncia l'emigrazione delle energie migliori come l'ennesimo impoverimento che inficerà il futuro del continente. Un'operazione coloniale bella e buona. Sarebbe ora che in Italia si recuperi l'antica ragionevolezza che, per fortuna, non è scomparsa del tutto.
di Francesco Filipazzi
Intervista al vescovo Crepaldi sulle Migrazioni. Ma “La Verità” sbaglia titolo.
Il quotidiano italiano “La Verità” ha pubblicato ieri lunedì 14 gennaio una intervista all’arcivescovo Giampaolo Crepaldi, presidente del nostro Osservatorio, a firma di Lorenzo Bertocchi. L’occasione era data dall’uscita in libreria del Decimo Rapporto sulla Dottrina sociale della Chiesa nel mondo dell’Osservatorio stesso, edito da Cantagalli. Purtroppo i redattori del quotidiano hanno messo un titolo sbagliato: “Non esiste un diritto ad emigrare”, come se questo emergesse dall’intervista di Mons. Crepaldi, cosa che invece non è. Già nell’Ottavo Rapporto dedicato proprio al fenomeno delle Migrazioni, il vescovo Crepaldi aveva chiarito l’insegnamento della Dottrina sociale della Chiesa sull’argomento: c’è un diritto ad emigrare, non c’è un diritto assoluto ad immigrare, ossia ad entrare in un altro Stato. Fatta eccezione per questo errore nel titolo, opera redazionale e da non attribuirsi all’autore dell’intervista, le risposte di Mons. Crepaldi meritano attenzione e per questo riportiamo qui sotto l’intervista.
Si moltiplicano gli appelli all’accoglienza, spesso anche da parte di uomini di Chiesa. Quali sono i criteri che la Dottrina sociale della Chiesa offre per affrontare il problema delle immigrazioni senza cadere nel vuoto buonismo?
Una delle vie privilegiate di esercizio della carità è la politica, la quale richiede anche l’uso della ragione perché non si limita ad azioni personali di solidarietà ma vuole costruire una società solidale, che funzioni in tale modo. Non potendo andare tutti a Lampedusa ad accogliere immigrati bisogna impegnarsi con una buona politica la quale deve sempre perseguire il bene comune, che non è solo quello degli immigrati, ma anche quello della nazione accogliente e quello del bene della comunità universale. Quindi le politiche dell’immigrazione devono considerare i bisogni di chi chiede accoglienza e nello stesso tempo interrogarsi sulle reali possibilità di integrazione oltre l’assistenza immediata e di altri problemi, come per esempio combattere la criminalità organizzata che organizza gli sbarchi, disincentivare la collusione di alcune ONG, non scaricare tutta la responsabilità sull’Italia ma favorire la collaborazione europea e mediterranea e così via. La carità personale getta spesso il cuore oltre l’ostacolo, ma la politica deve regolare l’accoglienza in modo strutturale nella tutela del bene di tutti.
Secondo il recente Decimo Rapporto del vostro Osservatorio, la questione del rapporto con l’islam assume chiaramente una rilevanza politica e deve perciò essere giudicata anche con i principi della Dottrina sociale. Cosa significa per l’integrazione dei migranti di fede islamica?
La politica che si occupa di religioni deve prima di tutto conoscere le religioni di cui si occupa, evitando di considerarle tutte uguali o tutte diverse. In altre parole, deve misurarsi con la verità delle religioni, altrimenti non esercita la propria razionalità politica. Questo è un dovere della politica che va attuato anche nei confronti dell’islam. È un compito, in un certo senso, anche della Chiesa, che non dovrebbe limitarsi al solo dialogo interreligioso o predicare una accoglienza generica e indifferentista. Anche la Chiesa dovrebbe valutare l’islam – come del resto le altre religioni – alla luce dei principi della sua Dottrina sociale.
L’integrazione autentica richiede questa valutazione, nel rispetto di tutti, compreso l’islam che certamente non ha interesse ad essere considerato diversamente da quello che è. Per conoscere una religione però, bisogno rifarsi alla sua teologia, alla sua visione di Dio, la quale richiede sempre al fedele una coerenza rispetto ai suoi principi. Questa coerenza teologica si impone sempre, prima o dopo. Le discussioni sull’islam “moderato” o “europeo” qui cadono.
Ecco perché non bisogna far finta che nella teologia islamica non ci siano elementi che rendono difficile l’integrazione. Ne elenco alcuni: l’idea di Dio come Volontà, le sue leggi come decreti a cui obbedire alla lettera, l’impossibilità di un diritto naturale, la coincidenza tra legge islamica e legge civile, la distinzione antropologica tra categorie di persone, la priorità della Umma sull’umanità allargata, l’espansione come conquista… Illudersi che queste ed altre caratteristiche possano mutare è ingenuo, come pensare che un cattolico possa rinunciare alla Trinità di Dio e alla incarnazione di Gesù.
Per qualcuno sembra che il fenomeno dell’immigrazione sia ineluttabile e l’unica soluzione sia la società multietnica fatta di diverse culture e religioni. Lei che ne pensa?
Bisogna distinguere tra le situazione di fatto e quelle di diritto. Può darsi che il fenomeno delle migrazioni e delle immigrazioni di fatto continui, ma nessuno può dire che sia in sé un bene. I vescovi dell’Africa invitano i loro giovani a non emigrare e la Dottrina sociale della Chiesa dice che esiste prima di tutto un diritto a “non emigrare” e a rimanere nella propria nazione e presso il proprio popolo. Del resto, si sa che dietro la marea migratoria ci celano molti interessi anche geopolitici. Le migrazioni non sono quindi un bene in sé, la cosa dipende se servono il bene dell’uomo o no, e se non sono un bene in sé non sono nemmeno ineluttabili, anche se il giudizio di fatto oggi sembra dirci così.
Lo stesso dicasi per la società multireligiosa: non è un bene in sé, essa è a servizio del bene comune, che rimane il fine ultimo della comunità politica. Ci sono religioni che propongono e impongono prassi contrarie al bene dell’uomo, come la superiorità del maschio sulla femmina o le mutilazioni genitali. Dire che è un bene in sé significa rinunciare a valutare le religioni con un criterio di verità.
In un celebre discorso pronunciato 9 giorni dopo l’attacco alle torri gemelle di New York, il cardinale Giacomo Biffi disse che a proposito dell’immigrazione «dovere statutario del popolo di Dio e compito di ogni battezzato è di far conoscere Gesù di Nazaret, il Figlio di Dio morto per noi e risorto, e il suo necessario messaggio di salvezza». Questo compito della comunità cristiana non viene messo un po’ in secondo piano oggi?
L’evangelizzazione e la promozione umana vanno insieme. Questo vuol dire anche che la promozione umana non può sostituire l’evangelizzazione. Accogliere e integrare può essere l’obiettivo della politica, ma la Chiesa ha un obiettivo che va oltre: annunciare Cristo. Ritengo che oggi ci sia la tentazione di fermarsi prima dell’annuncio.
Sempre secondo Biffi «poiché non è pensabile che si possano accogliere tutti, è ovvio che si imponga una selezione» e indicava chiaramente che «la responsabilità di scegliere non può essere che dello Stato italiano, non di altri». Sembra buon senso, eppure oggi sembra sostituito da un “ecumenismo” dal sapore “politico”. Sbagliava forse il cardinale Biffi?
Come dicevo sopra, l’ecumenismo politico che accoglie tutte le religioni indiscriminatamente, significa l’abdicazione della politica al proprio dovere di perseguire il bene comune, che non è una semplice convivenza ma una convivenza ordinata. Ci sono aspetti delle religioni che mettono in pericolo questa convivenza ordinata. Bisogna però anche rovesciare il ragionamento: la ragione politica occidentale si è indebolita e tollera ormai tutto. Essa nasconde questa sua debolezza trasformando in valore la sua indifferenza religiosa. Il debole, come diceva Nietzsche, si difende trasformando in virtù la propria miseria. Così fa anche l’Europa che chiama tolleranza religiosa l’indifferentismo religioso. La politica deve essere tollerante ma non può tollerare il male da qualsiasi parte esso venga, comprese le religioni. Le politiche religiose, fatta salva la dignità delle persone, devono tenere conto di queste differenze sia nell’accogliere che nell’integrare e non può mai fare di ogni erba un fascio.
Lorenzo Bertocchi
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