ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

domenica 20 gennaio 2019

Se non è zuppa è pan bagnato?

Soppressa l’Ecclesia Dei



Alla fine è giunto: il Motu Proprio “Da oltre trent’anni” del 17 gennaio 2019, entrato in vigore il 19 gennaio, abolisce la Pontificia Commissione Ecclesia Dei come istituzione autonoma e ne trasferisce le prerogative ad “una apposita sezione” della Congregazione per la Dottrina della Fede.
Se non è zuppa è pan bagnato.
Cos’è cambiato con questo nuovo Motu Proprio di Papa Francesco? Niente.

Giovanni Paolo II istituì la Pontificia Commissione Ecclesia Dei due giorni dopo le quattro consacrazioni episcopali effettuate da Mons. Lefebvre e da Mons. de Castro Mayer il 30 giugno 1988, e sulla base delle articolate manovre condotte dall’allora Cardinale Ratzinger.
Di concerto col Papa, il card. Ratzinger, Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, aveva condotto le trattative con Mons. Lefebvre per la regolarizzazione dello stato canonico della Fraternità San Pio X; trattative che miravano a dilazionare la definizione della questione, in vista della possibile prossima morte di Mons. Lefebvre e quindi della ipotizzata possibile successiva disgregazione della Fraternità.
Conscio del fatto che Mons. Lefebvre sarebbe giunto comunque alla consacrazione dei vescovi, il Card. Ratzinger condusse le trattative in modo da costringere il presule a farlo senza mandato pontificio. Entrambi sapevano che l’atto che avrebbe compiuto doverosamente Mons. Lefebvre poteva condurre alla possibile scomunica latae sententia, tant’è vero che il decreto di “scomunica” e il Motu Proprio Ecclesia Dei adflicta erano già pronti sul tavolo di Giovanni Paolo II: il decreto di scomunica in data 1 luglio 1988 e la costituzione della Pontificia Commissione Ecclesia Dei in data 2 luglio 1988.

Tale Commissione, quindi, fu generata con lo spirito punitivo-vendicativo nei confronti di Mons. Lefebvre e con le già avviate manovre del Card. Ratzinger per demolire la Fraternità San Pio X: il 18 luglio 1988 venne subito eretta la Fraternità Sacerdotale San Pietro, con i sacerdoti della Fraternità San Pio X già pronti e organizzati dal Card. Ratzinger e che avevano dato la loro disponibilità per andarsene per loro conto non appena Mons. Lefebvre avesse effettuato le consacrazioni episcopali.
La scusa puerile di volersi mettere all’obbedienza del Papa, servì a coprire la loro intenzione di seguire il Card. Ratzinger nel tentativo di disgregare la Fraternità San Pio X. L’operazione andò a male: nel 2000 la Fraternità San Pietro venne ridimensionata dalla stessa Commissione Ecclesia Dei per mano del suo Presidente il Card. Castrillon Hoyos, con il tutto diretto già da allora dalla Congregazione per la Dottrina della Fede guidata dal Card. Ratzinger. – Io ti ho fatto e io ti disfo! -

Il punto focale di tutto il movimento organizzato da Roma era costituito dal dichiarato convincimento di Giovanni Paolo II e del Card Ratzinger che «La radice di questo atto scismatico è individuabile in una incompleta e contraddittoria nozione di Tradizione» (Motu Proprio Ecclesia Dei adflicta, n° 4).
Ne conseguiva, secondo loro, che, una volta “scomunicati” i vescovi, la Fraternità San Pio X si sarebbe via via disgregata.
I fatti dimostrarono che chi aveva “una incompleta e contraddittoria nozione di Tradizione” erano Giovanni Paolo II e il Card. Ratzinger: la Fraternità San Pio X non si disgregò e Mons. Lefebvre morì, il 25 marzo 1991, dopo aver visto crescere in quei tre anni la Fraternità, che da allora si è radicata nei cinque continenti ed ha rappresentato la punta di diamante di tutto il mondo tradizionale e il “bastione della resistenza cattolica” per tutti i fedeli che vogliono rimanere legati alla Chiesa di sempre, perfino per quegli stessi Istituti promossi dal Card. Ratzinger allo scopo di svuotare la Fraternità San Pio X.

La strategia di Giovanni Paolo II e del Card. Ratzinger risultò perdente, al punto che quando il secondo divenne Benedetto XVI si vide costretto a rimettere la scomunica dei vescovi e ad ammettere che qualunque sacerdote potesse celebrare liberamente la liturgia antica, anteriore al Vaticano II.
Astutamente, questi provvedimenti di Ratzinger-Benedetto XVI vennero presentati come atti di buona volontà e di munificenza, elementi caratteriali che non erano mai stati del Card. Ratzinger, tanto che nel Summorum Pontificum, che sembrò voler “liberalizzare” l’uso della liturgia tradizionale, Ratzinger-Benedetto XVI sancì una volta per tutte che, mentre la Messa tradizionale risalente agli Apostoli non era mai stata formalmente abrogata, la stessa non era la Messa della Chiesa, ma una sottospecie di Messa: una “forma straordinaria”, cioè una eccezione rispetto alla “forma ordinaria”: la nuova Messa inventata da Paolo VI in dispregio della Messa degli Apostoli.
La scomunica del 1988 era di per sé, non solo illusoriamente strumentale, ma canonicamente infondata, quindi inesistente; la “liberalizzazione” della liturgia tradizionale era anch’essa senza fondamento, perché tutti i sacerdoti cattolici potevano già utilizzare tale liturgia sulla base della liberatoria “perpetua” di San Pio V: Costituzione Apostolica Quo primum tempore, del 19 luglio 1570, la quale stabiliva - e stabilisce -:
«Anzi, in virtú dell'Autorità Apostolica, Noi concediamo, a tutti i sacerdoti, a tenore della presente, l’Indulto perpetuo di poter seguire, in modo generale, in qualunque Chiesa, senza scrupolo veruno di coscienza o pericolo di incorrere in alcuna pena, giudizio o censura, questo stesso Messale, di cui dunque avranno la piena facoltà di servirsi liberamente e lecitamente: così che Prelati, Amministratori, Canonici, Cappellani e tutti gli altri Sacerdoti secolari, qualunque sia il loro grado, o i Regolari, a qualunque Ordine appartengano, non siano tenuti a celebrare la Messa in maniera differente da quella che Noi abbiamo prescritta, né, d’altra parte, possano venir costretti e spinti da alcuno a cambiare questo Messale. – n° 7
«Nessuno dunque, e in nessun modo, si permetta con temerario ardimento di violare e trasgredire questo Nostro documento: facoltà, statuto, ordinamento, mandato, precetto, concessione, indulto, dichiarazione, volontà, decreto e inibizione. Che se qualcuno avrà l’audacia di attentarvi, sappia che incorrerà nell’indignazione di Dio onnipotente e dei suoi beati Apostoli Pietro e Paolo. – n° 12»

Paolo VI e i suoi successori hanno avuto l’audacia, non solo di attentarvi, ma addirittura di cassare la Messa degli Apostoli che San Pio V aveva semplicemente codificato; e il fatto di incorrere “nell’indignazione di Dio Onnipotente e dei Suoi beati Apostoli”, non inganni nessuno, poiché se tale indignazione non è stata resa manifesta nel corso della loro vita, sicuramente sarà operante dopo la loro morte.
E quando qualcuno si presenta a dire che dal 1570 al 1988 (Ecclesia Dei adflicta) e al 2007 (Summorum Pontificum), non solo sono passati 500 anni, ma sono mutate le condizioni di vita della Chiesa e dei fedeli… afferma il vero, e tuttavia è ancor più vero che quello che non può mutare e non deve mutare è l’insieme della dottrina e della liturgia della Chiesa, entrambi risalenti agli Apostoli su mandato dello stesso Signore Nostro Gesù Cristo.

Negli anni dal 1988 ad oggi, la Pontificia Commissione Ecclesia Dei ha assolto il suo mandato mettendo in difficoltà gli Istituti legati alla liturgia tradizionale e lasciando mano libera, inevitabilmente, ai vescovi che hanno continuato e continuano a combattere e ad ostacolare tale liturgia; e questo nonostante il Summorum Pontificum e in perfetta aderenza col rinnovamento-rivoluzione voluto dal Vaticano II e dai prelati modernisti che da allora dirigono la Chiesa, oggi con Ratzinger vivente e Bergoglio regnante.

Adesso si guarda alla soppressione dell’Ecclesia Dei come ad una novità e si dimentica che è dal 1988 che il potere reale, diretto e indiretto, lo detiene la Congregazione per la Dottrina della Fede, come d’altronde è giusto che sia: Ratzinger ha voluto la Commissione e Ratzinger l’ha sempre diretta da cardinale e da papa.
Per quanto riguarda la Fraternità San Pio X, essa ha sempre discusso con la Congregazione per la Dottrina della Fede, sia al tempo di Mons. Lefebvre, sia al tempo di Mons. Fellay, sia oggi col nuovo Superiore Don Davide Pagliarani.
Per quanto riguarda gli altri Istituti cosiddetti impropriamente “Ecclesia Dei”, essi sono sempre dipesi dalla stessa Congregazione e la Commissione è spesso servita a palleggiare le responsabilità e ad aprire e chiudere tatticamente delle possibilità.
Se poi si guarda al nuovo pontificato di Francesco-Bergoglio è chiaro a tutti che, Commissione o no, Congregazione o no, il nuovo Papa argentino fa e disfa come gli pare, utilizzando tutti gli strumenti gerarchici utili ad annegare ogni aspirazione e a demolire ogni istituzione che si richiamino al mantenimento della liturgia e della dottrina della Chiesa di sempre.

Nihil novi sub sole, e ancor meno sotto la caligine e il fumo di Satana che avvolgono mortalmente la Chiesa cattolica a partire dal Vaticano II e fino a quando Dio vorrà.




Roma - Palazzo della Congregazione per la Dottrina della Fede,
prospiciente sulla piazzetta del Sant'Uffizio.
Le finestre a piano terra a destra del portone d'ingresso, attengono agli uffici della Commissione Ecclesia Dei, ai quali si può accedere anche dall'interno, per la portineria del Palazzo della Congregazione.

di Giovanni Servodio
http://www.unavox.it/ArtDiversi/DIV2778_Servodio_Soppressa_Ecclesia_Dei.html

L’ABATE FARIA COMMENTA I DUE MOTU PROPRIO. CHE PASTICCIO…


Marco Tosatti
Cari amici e nemici di Stilum Curiae, l’abate Faria ci ha scritto un breve commento sui due Motu Proprio con cui il Pontefice regnante ha decretato la fine della Commissione Ecclesia Dei suscitando l’entusiasmo dei liturgisti avanguardisti – pugnal fra i denti e bomba a mano – alla Andrea Grillo e le perplessità di molti. Un dettaglio m ha colpito: e cioè il punto in cui si parla di mons. Guido Pozzo, e si dice: “affidandogli soltanto (sottolineatura nostra) il compito della specifica cura dell’amministrazione economica della Cappella stessa da svolgere sotto la guida del Maestro delle Celebrazioni e Responsabile della Cappella Musicale Pontificia”. Come a voler dissipare la paura che l’ex segretario di Ecclesia Dei potesse infilare chissà come chissà dove pericolosissimi germi di Liturgia antica…Ma ecco l’abate Faria. 
Ho letto i due recenti Motu Proprio del Pontefice e per questo condivido alcune osservazioni. Quello sull’Ecclesia Dei lascia aperta la questione di come il Pontefice desidera interfacciarsi con il mondo tradizionalista, molto più vasto e variegato di quello che alcuni suoi collaboratori potrebbero suggerirgli. Spero il Santo Padre saprà rispondere a coloro che vedono in questo un ridimensionamento dell’attenzione pastorale della Chiesa per questa “periferia”. O le periferie non sono tutte uguali? La misericordia si applica in alcuni casi ma non in altri? Eppure, leggendo il liturgista Andrea Grillo sul suo blog, sembra proprio che il Papa con questo Motu Proprio voglia togliere di mezzo questa “afflizione” della commissione Ecclesia Dei, spedendo il suo responsabile Guido Pozzo da una afflizione all’altra, mettendolo come amministratore (?!?) di quello che rimane della Cappella Musicale Pontificia, il cui indirizzo “liturgico, pastorale, spirituale, artistico ed educativo” ora verrà svolto da un liturgista, per quanto di alto profilo, piuttosto che da un musicista. Tra l’altro per quello che riguarda la Cappella Musicale Pontificia, ci sono molti nodi in sospeso ai quali il Motu Proprio non ha risposto, suscitando una certa apprensione in coloro che con dolore seguono la recente evoluzione del prestigioso complesso vocale.
Interessante l’articolo sul “Corriere”  sulla situazione della Sistina, un articolo che fa veramente riflettere sulla differenza profonda fra la Chiesa come corpo di Cristo e la Chiesa come sistema che protegge alcuni suoi membri a scapito della verità, della carità e della giustizia.
Abate Faria
20 Gennaio 2019 Pubblicato da  4 Commenti --

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